Specialità e normalità: come gestire il dilemma per rendere la scuola più equa e inclusiva

Strategie per far dialogare il principio della specialità con quello delle normalità nella pratica educativa

Specialità e normalità: come gestire il dilemma per rendere la scuola più equa e inclusiva

Una scuola inclusiva si impegna su due fronti: l’apprendimento e la partecipazione di tutti gli alunni e tutte le alunne. Si tratta di costruire ambienti di apprendimento in cui ciascuno e ciascuna possa sviluppare al massimo i propri talenti ed il proprio potenziale, e possa anche partecipare e sentirsi parte attiva di una comunità, in termini sia di sviluppo di relazioni sociali significative sia di possibilità e capacità di prendere decisioni. 

Realizzare una scuola pienamente inclusiva in presenza di alunni e alunne con Bisogni Educativi Speciali, significa confrontarsi con il dilemma della differenza identificato inizialmente da Martha Minow e poi approfondito da Brahm Norwich. 

Il dilemma illustra l’inevitabile scelta tra, da un lato, l’identificazione di alcuni soggetti attraverso categorie che danno un diritto individuale a ricevere disposizioni/misure specifiche, con il rischio di stigmatizzare, e, dall’altro, l’offerta di proposte e dispositivi comuni a tutti e tutte, con il rischio di non riuscire a fornire ciò che è necessario per alcuni soggetti. 

Gestire questo dilemma non è semplice. Ianes e Demo in “Specialità e normalità?” propongono di far dialogare il principio della specialità con quello della normalità. Ciò implica:

  • Decostruire la dicotomia rigida di normalità versus specialità: la specialità è intesa come unicità di ognuno/a, risultante dalla interazione delle differenze individuali con i contesti di vita. La specialità, in questa prospettiva, entra nella normalità riconoscendo come le differenze siano caratteristiche di ognuno/a e non segno dell’alterità di pochi/e. Si passa quindi da uno sguardo che etichetta e separa (Nella mia classe ci sono un alunno 104, tre DSA e due con altri BES), a uno sguardo che riconosce l’unicità di ogni alunno e ogni alunna (Sara, Seydou, Francesco, Amina, Sofia, Hassan, …..) e ne cerca di comprendere le caratteristiche specifiche in un’ottica di orientamento al funzionamento e non al deficit. 
  • Costruire la dialogica, «correggersi e sorreggersi»: la normalità, anche quando è volta ad accogliere l’unicità di ciascuna persona come normale stato delle cose, rischia di livellare le differenze in una visione naif «Tutti diversi, tutti uguali!». La specialità evidenzia come gli ostacoli che alunne e alunni diversi incontrano nel loro percorso formativo, non siamo affatto uguali. La specialità corregge quindi la normalità guidandola a riconoscere, oltre alle differenze individuali di ognuno, anche le situazioni di marginalizzazione e vulnerabilità che caratterizzano alcuni alunni e alcune alunne.

Da questa dialogica della normalità e specialità Ianes e Demo individuano alcune traiettorie di lavoro per la progettazione e realizzazione dell’offerta formativa e degli interventi didattici:

  • Progettare in un’ottica di pluralità e flessibilità: l’idea di una proposta didattica unica, per tutti gli alunni e tutte le alunne, calibrata sul livello medio di competenza, viene messa in discussione a favore di un’offerta formativa plurale e flessibile. Ciò si ricollega alla proposta di didattica universale promossa da Erickson, e centrata su alcuni principi chiave come la differenziazione didattica, la crescita di autonomia, autodeterminazione e libertà di scelta di alunni e alunne, la crescita della loro consapevolezza, lo sviluppo della loro creatività, e la cura delle competenze emotive e del gruppo.
  • Ricontestualizzare nella normalità gli interventi speciali: si riconosce l’importanza di progettare interventi speciali per contrastare marginalità e vulnerabilità, ma in una prospettiva per cui lo speciale diventa il più possibile normale. Ciò significa che gli interventi speciali vengono inseriti in un modus operandi plurale e si diffondono nella normalità delle situazioni -  uno strumento «tecnico», un approccio o una strategia «speciale» non è utilizzata solo per alcuni alunni/e, in contesti speciali, o solo da personale speciale. Gli interventi speciali vengono pensati e progettati non come qualcosa di «altro», di qualitativamente diverso, ma come un’estensione delle normali pratiche educative e formative. 
  • Costruire la dialogica con la partecipazione di alunni ed alunne: viene sottolineata l’importanza di coinvolgere ed ascoltare la voce di bambini, bambine e  adolescenti per co-costruire insieme a loro soluzioni ed interventi. Si tratta quindi di dare forma a pratiche di insegnamento e di sostegno che tengono conto dell’opinione e dei feedback di alunne ed alunni. Ciò richiede di ridefinire profondamente il ruolo dell’adulto per consentire una partecipazione autentica.