La «giocosità» è un dispositivo motivazionale che i bambini ricercano continuamente e in autonomia, è una spinta che porta a tentare un po’, a provocare l’imprevisto, ad accogliere l’inaspettato, a ricercare le novità, a saperne di più. Cercare di carpire i «segreti del gioco» permette a noi adulti di agire con un atteggiamento ludico, leggero e profondo, non solo nei momenti esperienziali, ma anche quando si riflette, si spiega, si dialoga.
L’inatteso è un aspetto centrale della ludicità. Non c’è gioco se tutto accade in modo prestabilito e preconfezionato. L’auspicio è quello di proporre esperienze ludiche senza un «accanimento didattico» che schiacci la giocosità.
Fare proposte andando dove ti porta il gioco, che è contemporaneamente vincolo e libertà, significa intervenire nella giusta misura sostenendo la presa d’iniziativa, rilanciare alcune idee(non tutte, ma neanche nessuna), favorire l’autoregolazione, valorizzare la relazione fra bambini e ambiente, sospendere il giudizio, programmare i fuori programma(zione)... senza perdere gli obiettivi plausibili, mantenendo l’intenzionalità. Non è facile, ma perché non provarci?
Se facciamo scuola in una prospettiva di educazione attiva, ricercando un equilibrio fra il fare e il pensare, la dimensione ludica ci viene incontro senza farci perdere il ruolo.
Se pratichiamo didattica attiva sarà inevitabile trovarsi a valutare, di situazione in situazione, quali possano essere gli ambienti d’apprendimento più adeguati, considerando di pari dignità sia quelli interni sia quelli esterni.
Michela Schenetti, nel libro Didattica all’aperto per la primaria, scrive: «Praticare un’educazione attiva all’aperto spinge a pensare a una scuola in grado di abitare con flessibilità nuovi spazi all’aperto e a vedere nella relazione con il territorio un’importante opportunità di rinnovamento. Nel farlo consente a educatori e insegnanti di innovare la propria professionalità, di rendere i confini disciplinari permeabili e di concorrere a dare corpo a quel “benessere” che consente a tutti di stare a scuola con piacere, così come dovrebbe essere».
I bambini sono persone e valorizzare le soggettività significa anche prendere sul serio quel loro modo giocoso di conoscere il mondo. Un mondo dove mettersi in cammino, da comprendere con la testa, con le mani, con i piedi, con il cuore. Un mondo là fuori.