Nei panni dello studente ad una prova di lingua

Affrontare un esame di una lingua che non si padroneggia ad alto livello, da parte degli insegnanti, significa vivere un’esperienza educativa importante, con tanti vantaggi. Vediamo insieme quali

Nei panni dello studente ad una prova di lingua

Di seguito illustriamo un modo per abitare stati emozionali simili a quelli dei nostri alunni e come avvicinarsi a loro. Non si tratta di una tecnica fittizia o di una simulazione, ma di una vera e propria esperienza educativa per il docente di lingua seconda o straniera. Vi presentiamo, allo stesso tempo, la medesima come uno strumento di formazione professionale e crescita personale.

L’esperienza educativa

L’esperienza educativa consente di mettere le “mani in pasta”, di trovarsi calati in una situazione non fittizia (diversamente, per esempio, da quello che succede con i role-play e le drammatizzazioni) e di dover agire (e non fingere, simulare e immaginare) per il raggiungimento di un obiettivo concreto, uno scopo reale

Un’esperienza stimola tutta la persona, mettendo in atto una serie complessa di conoscenze, competenze e abilità, favorendo altresì l’interiorizzazione dell’evento vissuto, l’apertura mentale e l’apprendimento. A tal proposito, è necessario ricordare che “In completa indipendenza dal desiderio o dall’intenzione ogni esperienza continua a vivere nelle esperienze future.” (Dewey 2014: 14).

L’esame di lingua per un docente

In genere, i docenti di lingua seconda o straniera sono abituati a seguire corsi di aggiornamento professionale sulla propria materia o discipline affini e complementari, ma quanti affrontano esami delle lingue in cui non si sentono ferrati? In effetti, può non rappresentare sempre un’esperienza piacevole, perché si deve uscire dalla zona di comfort, si può altresì correre il rischio di vivere una brutta figura ed avere l’impressione di “perdere la faccia”.

E se invece si sostenesse l’esame senza troppi pensieri e lo si vedesse come un’opportunità in più di formazione professionale e crescita personale? 

Formazione professionale e crescita personale

Innanzitutto, l’insegnante che sostiene un esame di una lingua che non padroneggia ad alti livelli si trova in una condizione analoga a quella dei suoi studenti e, per questo motivo, può provare emozioni simili alle loro e può capirli meglio; può anche cambiare prospettiva e sviluppare una maggiore competenza empatica. Boella (2006: 90) ci insegna che “L’empatia deve essere fatta accadere, deve essere praticata, soprattutto deve essere riconosciuta nella varietà delle esperienze di relazione che accompagnano l’esistenza di ciascuno”.

Cercare di vivere stati d’animo somiglianti a quelli dei nostri allievi ci aiuta anche a trovare gli strumenti, le tecniche e i metodi per guidarli meglio in vista di prove, verifiche ed esami; è possibile far leva sulle giuste emozioni, interpretare correttamente i segnali (gesti, voce, parole, espressioni del volto e postura) che gli alunni ci lanciano e reagire più efficacemente ad essi.

Altrettanto importante è il fatto che l’esaminatore rappresenta un esempio, è come se fosse il nostro “alter ego”, e da lui possiamo imparare. L’occasione si rivela quindi preziosa per osservarlo e ascoltarlo con attenzione, per individuare i suoi aspetti positivi (per esempio, se usa strategie e tecniche particolari per mettere il candidato a suo agio e favorire il dialogo) e quelli negativi (per esempio, se trasmette ansia relativa ad un eventuale ritardo della prova e la paura di dover modificare il cronoprogramma).

Considerazioni finali

Sulla base della nostra esperienza, sottoporsi ad un esame di lingua che non si usa frequentemente e diversa da quella che si insegna permette di:

  • attivare l’(auto)osservazione e l’(auto)ascolto;
  • favorire la decostruzione di convinzioni radicate, pregiudizi e stereotipi;
  • facilitare il decentramento e la transitività cognitiva; 
  • diminuire la distanza tra docente e studente e, pertanto, 
  • renderci insegnanti e persone migliori

In altre parole, si tratta di un esperimento che ci consente di entrare in un dialogo per “guardare meglio gli altri grazie ad uno sguardo più attento ma, prima ancora, di guardare meglio noi stessi attraverso gli altri, potendo disporre di angolazioni plurali e inaspettate” (Balboni, Caon 2015: 157).

Riferimenti bibliografici

Balboni P. E., Caon F. (2015), La comunicazione interculturale, Marsilio, Venezia. 
Boella L. (2006), Sentire l’altro: conoscere e praticare l’empatia, Raffaello Cortina, Milano. 
Dewey J. (2014), Esperienza e Educazione, Raffaello Cortina, Milano.