Finalità e organizzazione del curricolo nelle Indicazioni-2025

Finalità e organizzazione del curricolo nelle Indicazioni-2025

1. Finalità della scuola dell’infanzia

La Premessa della bozza delle Indicazioni-2025 si chiude con queste ultime tre parti:

  • Finalità della scuola dell’infanzia e del primo ciclo

  • Profilo dello studente

  • L’organizzazione del curricolo

Per quanto concerne le finalità della scuola dell’infanzia, le nuove Indicazioni risultano abbastanza sintetiche. Si tratta di un testo che presenta un’impostazione molto diversa da tutti quelli precedenti.

Si riprendono, senza fornire descrizioni o definizioni, le finalità orientate alla maturazione dell’identità personale, alla progressiva conquista dell’autonomia e allo sviluppo di competenze personali. Non viene ripresa la promozione della cittadinanza.

Per comprendere la differenza tra le vigenti Indicazioni e i Materiali del 2025, può tornare utile confrontare i due testi. Nel Documento del 2012, si sottolinea l’importanza delle quattro finalità, che venivano così descritte.

Consolidare l’identità significa vivere serenamente tutte le dimensioni del proprio io, stare bene, essere rassicurati nella molteplicità del proprio fare e sentire, sentirsi sicuri in un ambiente sociale allargato, imparare a conoscersi e ad essere riconosciuti come persona unica e irripetibile. Vuol dire sperimentare diversi ruoli e forme di identità: quelle di figlio, alunno, compagno, maschio o femmina, abitante di un territorio, membro di un gruppo, appartenente a una comunità sempre più ampia e plurale, caratterizzata da valori comuni, abitudini, linguaggi, riti, ruoli.

Sviluppare l’autonomia significa avere fiducia in sé e fidarsi degli altri; provare soddisfazione nel fare da sé e saper chiedere aiuto o poter esprimere insoddisfazione e frustrazione elaborando progressivamente risposte e strategie; esprimere sentimenti ed emozioni; partecipare alle decisioni esprimendo opinioni, imparando ad operare scelte e ad assumere comportamenti e atteggiamenti sempre più consapevoli.

Acquisire competenze significa giocare, muoversi, manipolare, curiosare, domandare, imparare a riflettere sull’esperienza attraverso l’esplorazione, l’osservazione e il confronto tra proprietà, quantità, caratteristiche, fatti; significa ascoltare, e comprendere, narrazioni e discorsi, raccontare e rievocare azioni ed esperienze e tradurle in tracce personali e condivise; essere in grado di descrivere, rappresentare e immaginare, «ripetere», con simulazioni e giochi di ruolo, situazioni ed eventi con linguaggi diversi.

Vivere le prime esperienze di cittadinanza significa scoprire l’altro da sé e attribuire progressiva importanza agli altri e ai loro bisogni; rendersi sempre meglio conto della necessità di stabilire regole condivise; implica il primo esercizio del dialogo che è fondato sulla reciprocità dell’ascolto, l’attenzione al punto di vista dell’altro e alle diversità di genere, il primo riconoscimento di diritti e doveri uguali per tutti; significa porre le fondamenta di un comportamento eticamente orientato, rispettoso degli altri, dell’ambiente e della natura.

Nella proposta delle attuali Indicazioni, leggiamo:

 

In un’ottica di continuità educativa verticale e orizzontale e nel rispetto della libertà di ciascuno, la scuola dell’infanzia si pone come principali finalità la maturazione dell’identità personale, la progressiva conquista dell’autonomia (in termini di autodirezione e autoregolazione, iniziativa personale, cura di sé), lo sviluppo di competenze personali, una crescita armonica ed equilibrata, il benessere psicofisico, la costruzione di relazioni sociali positive (secondo modalità amicali, partecipative e cooperative), la collaborazione con gli altri per il raggiungimento di un obiettivo comune (anche nella prospettiva dell’educazione civica), lo sviluppo di competenze comunicative, linguistiche ed espressive, l’avvio al pensiero riflessivo.

 

Vengono fatti solo alcuni veloci cenni al sistema integrato 0-6 anni (Decreto legislativo n. 65/2017), alle Linee Pedagogiche per il sistema integrato zerosei, adottate con il D.M. 22 novembre 2021, n. 334 e ai primi Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia (D.M. 24 febbraio 2022, n. 43).

La fascia zerosei è stato il segmento maggiormente finanziato dal 2018 a oggi e, nonostante i ritardi e i tagli, è oggetto di rilevanti investimenti previsti nel Piano Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Relativamente alla promozione della cittadinanza, c’è una sottolineatura nella parte riguardante i campi di esperienza, in cui si afferma che, secondo quanto contenuto nella

 

legge 92/2019 e ripreso dalle Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica (Decreto Ministeriale 7 settembre 2024), i campi di esperienza promuovono “iniziative di sensibilizzazione alla cittadinanza”, relative ai temi dell’identità personale, del rispetto di sé e degli altri, del senso di appartenenza ad una comunità più ampia, della salute, dell’alimentazione e dell’igiene, del benessere, della sicurezza, della prima conoscenza dei fenomeni culturali, dei diritti e dei doveri, della cura del patrimonio artistico e culturale, del decoro urbano.

 

Stiamo parlando di un settore educativo di primaria importanza tanto che, pur non essendo obbligatorio, l’Unione Europea nella Raccomandazione del 7 luglio 2022, relativa alla revisione degli obiettivi di Barcellona in materia di educazione e cura della prima infanzia, auspica di innalzare sensibilmente la frequenza dei bambini nella fascia 0-6 anni, in tutti i Paesi membri. In particolare, nella Raccomandazione si afferma che gli Stati devono fornire «servizi di educazione e cura della prima infanzia di alta qualità», garantendo entro il 2030 che almeno il 50% utilizzi asili nido e servizi affini da o a 3 anni e almeno il 96% frequenti la scuola dell’infanzia.

2. Finalità del primo ciclo di istruzione

Estremamente sintetiche sono anche le finalità del primo ciclo di istruzione. A questo proposito si afferma:

 

in continuità con le finalità della scuola dell’infanzia, la finalità principale della scuola del primo ciclo è l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità fondamentali per sviluppare le competenze culturali di base nella prospettiva dello sviluppo integrale della persona e dei suoi talenti.

 

La scuola primaria e secondaria di primo grado, nello spirito assegnato loro dalla Costituzione (articolo 34), svolgono l’insostituibile funzione pubblica finalizzata alla formazione di ogni persona e alla crescita civile e sociale del Paese.

Vengono richiamati alcuni principi fondamentali della Costituzione, sottolineando che l’art. 30 auspica una stretta collaborazione tra scuola e famiglia, l’art. 33 tutela la libertà di insegnamento e l’art. 117 assicura alle istituzioni scolastiche il compito di elaborare il curricolo di istituto nell’esercizio di «una parte decisiva dell’autonomia che la repubblica attribuisce loro».

Per garantire a tutti i cittadini pari condizioni di accesso all’istruzione e un servizio di qualità,

 

lo Stato stabilisce le norme generali cui devono attenersi tutte le scuole, siano esse statali o paritarie. Tali norme comprendono: la fissazione degli obiettivi generali del processo formativo e degli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli studenti; le discipline di insegnamento e gli orari obbligatori; gli standard relativi alla qualità del servizio; i sistemi di valutazione e controllo del servizio stesso.

 

 Le Nuove Indicazioni nazionali fissano:

  • gli obiettivi generali;

  • gli obiettivi specifici di apprendimento;

  • le relative competenze di uscita degli allievi per ciascun campo di esperienza e disciplina.

Inoltre, vengono suggerite conoscenze, indicazioni metodologiche, moduli di apprendimento interdisciplinari e ipotesi di ibridazioni tecnologiche per agevolare il lavoro di progettazione del curricolo verticale di istituto.

Come nelle Indicazioni 2012, anche nell’attuale testo si afferma che il nostro sistema scolastico assume come orizzonte di riferimento verso cui tendere il quadro delle competenze-chiave per l’apprendimento permanente definite dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea (Raccomandazione del 22 maggio 2018, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE il 4 giugno 2018). Nel caso delle Indicazioni 2012, le competenze facevano riferimento alla Raccomandazione dell’UE del 2006.

Le competenze descritte nella Raccomandazione del 2018 sono:

  • competenza alfabetica funzionale;

  • competenza multilinguistica;

  • competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria;

  • competenza digitale;

  • competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare;

  • competenza in materia di cittadinanza;

  • competenza imprenditoriale;

  • competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali.

In base al principio di sussidiarietà stabilito nel Trattato di Maastricht del 1992, ognuno dei 27 Paesi dell’Unione si rifà a sistemi d’istruzione diversi tra loro. Rimane, in ogni caso, l’impegno a far conseguire tali competenze «a tutti i cittadini europei di qualsiasi età, indipendentemente dalle caratteristiche proprie di ogni sistema scolastico nazionale».

3. Il profilo dello studente

Il sottotitolo del paragrafo è il seguente: Il profilo descrive, in forma essenziale, le competenze riferite alle discipline di insegnamento e al pieno esercizio della cittadinanza che un ragazzo/una ragazza dovrebbe dimostrare di possedere al termine del primo ciclo di istruzione.

L’elenco delle competenze è frutto del Decreto Ministeriale n. 14 del 14 del 30 gennaio 2024, relativo all’adozione dei modelli di certificazione delle competenze, con integrazioni tratte:

  • dalla Raccomandazione Europea 6.2018;

  • dal Quadro comune di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER);

  • dal Framework DigComp 2.2

Con il D.M. n. 14/2024, il Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) ha provveduto ad armonizzare i molteplici modelli di certificazione oggi in uso, in relazione alle competenze chiave per l’apprendimento permanente. Nell’articolo 1 del decreto ministeriale si afferma che

 

le istituzioni scolastiche statali e paritarie del primo e del secondo ciclo di istruzione e i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA) certificano l’acquisizione delle competenze progressivamente acquisite dagli studenti e dagli adulti attraverso i modelli di cui al presente decreto.

 

La Raccomandazione europea del maggio 2018 ha rivisto e aggiornato quelle precedenti del 2006, mentre il Quadro comune di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER) riguarda i livelli di competenza delle lingue comunitarie, nel quale sono descritti sei livelli di padronanza di una lingua straniera (si veda Figura1):

  • A1. Base. 1-30.

  • A2. Elementare. 31-40.

  • B1. Intermedio. 41-50.

  • B2. Intermedio superiore. 51-60.

  • C1. Avanzato. 61-70.

  • C2. Padronanza. 71-100.

 

FIG. 1 Livelli di padronanza del Quadro Comune Europeo delle lingue straniere

Il Framework DigComp 2.2 è relativo al quadro delle competenze digitali, articolato in 4 livelli: Base, Intermedio, Avanzato, Altamente specializzato.

Dall’integrazione dei riferimenti sopra richiamati (D.M. n. 14/2024; Raccomandazione europea del 2018; QCER; DigComp 2.2), emerge il seguente quadro di riferimento del Profilo dello studente al termine del primo ciclo di istruzione:

 

Competenza alfabetica funzionale

Creare, esprimere e interpretare concetti, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale che scritta (comprensione orale, espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta).

Comprendere i punti chiave di un discorso complesso, riguardo sia temi concreti sia astratti, integrando con argomentazioni sulla base di quanto è noto.

Interagire adeguatamente e in modo creativo utilizzando materiali visivi, sonori e digitali e in vari contesti culturali e sociali quali istruzione e formazione, lavoro, vita domestica e tempo libero.

 

Competenza multilinguistica

Utilizzare la lingua inglese a livello elementare in forma orale e scritta (comprensione orale e scritta, produzione scritta e produzione/interazione orale) in semplici situazioni di vita quotidiana relative ad ambiti di immediata rilevanza e su argomenti familiari e abituali, compresi contenuti di studio di altre discipline.

Riconoscere le più evidenti somiglianze e differenze tra le lingue e le culture oggetto di studio.

Utilizzare una seconda lingua comunitaria a livello elementare in forma orale e scritta (comprensione orale e scritta, produzione scritta e produzione/interazione orale) in semplici situazioni di vita quotidiana in aree che riguardano bisogni immediati o argomenti molto familiari.

 

Competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria

Utilizzare le conoscenze matematiche e scientifico-tecnologiche per analizzare dati e fatti della realtà e per verificare l’attendibilità di analisi quantitative proposte da altri.

Utilizzare il pensiero logico-scientifico per affrontare problemi e situazioni sulla base di elementi certi.

Avere consapevolezza dei limiti delle affermazioni che riguardano situazioni complesse.

 

Competenza digitale

Utilizzare con consapevolezza e responsabilità le tecnologie digitali per ricercare, produrre ed elaborare dati e informazioni.

Interagire con gli altri sapendo scegliere i mezzi di comunicazione digitali adeguati a un determinato contesto.

 

Competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare

Avere cura e rispetto di sé, degli altri e dell’ambiente come presupposto di uno stile di vita sano e corretto.

Organizzare nuove conoscenze pianificando il modo in cui apprenderle con atteggiamento funzionale all’obiettivo di interesse.

Portare a compimento il lavoro iniziato, da soli o insieme ad altri.

 

Competenza in materia di cittadinanza

Comprendere la necessità di una convivenza civile, pacifica e solidale per la costruzione del bene comune e agire in modo coerente.

Esprimere le proprie personali opinioni e sensibilità nel rispetto di sé e degli altri.

Partecipare nelle forme possibili alla vita civica e sociale, grazie alla comprensione delle strutture e dei concetti sociali, economici, giuridici e politici di base.

Riconoscere e apprezzare le diverse identità, le tradizioni culturali e religiose in un’ottica di dialogo e di rispetto reciproco.

Assumere atteggiamenti rispettosi dell’ambiente, dei beni comuni sulla base dei principi di sostenibilità e salvaguardia.

 

Competenza imprenditoriale

Dimostrare spirito di iniziativa, produrre idee e progetti creativi.

Assumersi le proprie responsabilità, chiedere aiuto e fornirlo quando necessario.

Riflettere su se stessi e misurarsi con le novità e gli imprevisti.

Orientare le proprie scelte in modo consapevole.

 

Competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali

Conoscere le espressioni (lingua, patrimonio, tradizioni) progressivamente più ampie – locali, regionali, nazionali, europee e mondiali – della propria cultura.

Comprendere l’influenza reciproca tra culture e sulle idee dei singoli individui.

Apprezzare la diversità dei modi per comunicazione idee – testi scritti (stampati e digitali), teatro, cinema, danza, giochi, arte e design, musica, riti, architettura e loro forme ibride.

Maturare consapevolezza dell’identità personale e del patrimonio storico e geografico all’interno di un mondo caratterizzato da diversità.

 

4. L’organizzazione del curricolo

Un dispositivo per «pensare» l’insegnamento

Le Indicazioni nazionali 2025, come quelle del 2012, «si offrono come un chiaro quadro di riferimento per la progettazione del curricolo verticale delle scuole».

Costituiscono, pertanto,

 

un testo aperto, dinamico, integrato nelle conoscenze che sono sistematizzate seguendo un’architettura che mette in dialogo i saperi psico-pedagogici e didattici generali con le didattiche delle discipline per fornire agli insegnanti, i veri curriculum makers del progetto formativo, le basi irrinunciabili per la costruzione del curricolo. Il curricolo è, infatti, il dispositivo per pensare l’insegnamento in funzione del ‘far apprendere’ i saperi fondamentali a soggetti in crescita che vanno iniziati sia al valore dei saperi stessi, alla loro specificità cognitiva, sia alle valenze formative di cui sono portatori. In questi obiettivi risiede il senso della scuola, col suo corpo di insegnanti impegnati a costruire tutte le possibili condizioni affinché gli studenti imparino.

 

Dalle parole della citazione emerge un profilo del docente «costruttore» del curricolo, a tal punto che la scuola, come depositaria di tale funzione, sembra essere collocata in una posizione più defilata, nonostante costituisca il luogo per eccellenza in cui gli alunni incontrano la struttura dei saperi essenziali. Per questo, deve essere prestata una particolare cura affinché tutte le discipline del curricolo siano effettivamente apprese.

Si sottolinea nel testo delle Indicazioni che tale cura deve essere indirizzata a una «relazione triangolare» tra l’insegnante, gli allievi e i saperi. All’insegnante viene richiesta una solida preparazione culturale (nemo dat quod non habet) e uno spiccato tratto educativo.

Si insegna, infatti, attraverso la «viva testimonianza» del maestro. Come si afferma nelle prime parti della Premessa generale,

 

l’allievo non sceglie di desiderare di imparare, sceglie il modello che sa stimolarlo in tale direzione. E il ‘modello’ è l’esempio di un maestro, esempio fondamentale affinché il desiderio dell’allievo non resti allo stato di pura tensione psicologica ma si orienti verso degli oggetti definiti che sono le esperienze e i contenuti del curricolo.

 

Per «pensare l’insegnamento», occorre integrare nel processo formativo dello studente tre dimensioni:

  • la conoscenza teorica e astratta (istruzione), che permette agli individui di orientarsi criticamente nel sapere e di costruire mappe concettuali per interpretare la complessità del mondo;

  • lo sviluppo di competenze e abilità operative (formazione), che consente di trasformare il sapere in azione, generando valore nei contesti professionali e sociali;

  • la costruzione di un’identità etica e relazionale (educazione), in cui l’individuo si forma come persona attraverso l’interiorizzazione di valori, norme e criteri di condotta che regolano la vita collettiva e sostengono la coesione sociale.

Le strategie didattiche, dunque, devono valorizzare tali dimensioni, che devono poggiare su un «corpo» di saperi fondamentali finalizzati a realizzare una piena efficacia dei processi di insegnamento-apprendimento.

Ogni scuola è tenuta a predisporre il curricolo verticale di istituto all’interno del Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) con riferimento:

  • al profilo dello studente al termine del primo ciclo di istruzione;

  • agli obiettivi generali, agli obiettivi specifici di apprendimento e alle competenze attese, esplicitati per ogni disciplina.

Infine, si ribadisce che quanto suggerito dalle Nuove Indicazioni è rispettoso delle autonomie delle scuole e dei raccordi possibili con i rispettivi territori.

 

Non multa, sed multum

Il tema delle conoscenze essenziali, posto circa trent’anni fa dalla Commissione dei Saggi, nominata dal ministro Luigi Berlinguer, è stato ripreso in tutti i testi successivi, senza conseguire risultati visibili. Anche le attuali Indicazioni ripropongono la stessa istanza, anche se la parte legata alle discipline sembra andare in tutt’altra direzione. Si conferma, infatti, una visione enciclopedica del sapere scolastico, difficilmente superabile. La parte contenutistica è decisamente soverchiante.

In ogni caso, nei Materiali per il dibattito, si sottolinea che il curricolo verticale deve essere costruito sulle «conoscenze essenziali» e il principio da seguire è quello del «non multa, sed multum». Gli estensori del testo sostengono che

 

non occorre insegnare tante cose (di italiano, di arte, di musica, di matematica, di tecnologia ecc.), non sempre comprese dagli studenti, ma poche ed essenziali conoscenze, approfondite in aula con grande accuratezza e dovizia di esperienze di apprendimento. Dilatare a dismisura la quantità di conoscenze da insegnare diluisce, infatti, la sostanza di quanto i discenti possono apprendere: occorre dunque scegliere conoscenze rilevanti (sul piano culturale), significative (sul piano scientifico), essenziali (sul piano formativo).

 

A sostegno di questo criterio, nelle Indicazioni 2025, le discipline, non aggregate in aree precostituite (come nelle Indicazioni 2012), sono presentate seguendo una struttura ad «alta leggibilità», articolata in:

  • premessa culturale disciplinare (perché si studia la disciplina, la contestualizzazione dello studio, i riferimenti culturale e le finalità di studio della disciplina medesima);

  • finalità della disciplina (comprensive degli obiettivi generalidel processo formativo), Osa (obiettivi specifici di apprendimento), competenze attese al termine della scuola primaria e secondaria di primo grado, suggerimenti in termini di conoscenze, metodologie, moduli interdisciplinari di apprendimento, ipotesi di ibridazione tecnologica del curricolo verticale.

In ogni disciplina le conoscenze sono aggregate per nuclei fondanti (concetti ritenuti fondamentali in ogni disciplina) verticalizzati nei gradi per agevolare il lavoro di progettazione del curricolo;

  • traiettorie per l’innovazione. Si tratta di una novità delle Nuove Indicazioni, che sono state concepite a supporto del lavoro progettuale del curricolo verticale di istituto, nel massimo rispetto dell’autonomia e della creatività degli insegnanti e della collegialità del processo decisionale scolastico Si tratta di conoscenzesuggerimenti metodologico-didattici, esempi di moduli interdisciplinari e ibridazioni tecnologiche del curricolo. (Si veda Figura 2).

 

FIG. 2 L’articolazione delle discipline nelle Indicazioni 2025.

Dall’interazione fra questi tre momenti (premessa culturale disciplinare, obiettivi generali, traiettorie per l’innovazione), secondo gli estensori del testo delle Indicazioni 2025, deve emergere l’idea di scuola «intesa come presidio dei saperi da insegnare e laboratorio per la costruzione di culture educative e di apprendimenti attivi e partecipati». Una scuola, dunque, di cultura che richiede agli studenti consapevolezza dei diritti, ma anche dei doveri.

Il curricolo che ogni scuola è tenuta ad elaborare, deve rispondere a quattro domande guida:

  • Quali obiettivi conseguire?

  • Quali esperienze progettare per far sì che gli obiettivi di apprendimento vengano conseguiti?

  • Come possono essere organizzate efficacemente le esperienze si apprendimento?

  • Come accertare che gli obiettivi siano stati raggiunti?

Nelle Indicazioni si afferma con una certa enfasi che

 

insegnanti e dirigenti scolastici sono i ‘costruttori’ di un ‘curricolo reale, vissuto’, frutto della necessaria negoziazione - in virtù delle proprie conoscenze pratiche personali – fra Nuove Indicazioni (ciò che in letteratura chiamasi curricolo formale), ‘curricolo familiare e comunitario’ (ciò che in letteratura chiamasi curricolo nascosto o implicito) ‘portato’ in classe dagli studenti, e curricolo di istituto (frutto delle scelte della scuola che calibra la sua offerta a seconda dei contesti) allo scopo di soddisfare, in primis, i bisogni formativi e apprenditivi dei discenti.

 

Per le istituzioni scolastiche, l’elaborazione del curricolo dovrà rispettare due vincoli prescrittivi presenti nelle Indicazioni:

  • la definizione delle competenze attese per ogni singola disciplina;

  • gli obiettivi specifici di apprendimento.

Si tratta di aspetti fondamentali per la verifica periodica e finale degli apprendimenti e per lo svolgimento degli esami al termine del primo e del secondo ciclo di istruzione.

La predispone del curricolo d’istituto, si sottolinea nel testo, è

 

un lavoro pratico, non sempre rendicontabile, altamente decisionale, espressione del lavoro vivo degli insegnanti e dell’impegno di scuole che sono comunità educanti e professionali insieme.

5. La valutazione. Un atto di valorizzazione

La valutazione degli apprendimenti nella scuola del primo ciclo si configura come un processo collegiale che deve accompagnare lo studente nella costruzione della propria identità. Si tratta di un

 

atto pedagogicoculturale regolativo che pone al centro la valorizzazione dello studente e il riconoscimento della sua unicità.

 

Anche se non viene detto esplicitamente, si avalla una funzione formativa della valutazione stessa, perché non si limita a misurare ciò che l’alunno «sa o sa fare», ma costituisce un importante strumento che mira a «far emergere progressi, criticità, potenzialità inespresse».

È finalizzata principalmente a orientare, sostenere la crescita di ogni alunno e a riconoscere le potenzialità di ciascuno. Per gli insegnanti valutare, in questa prospettiva, significa accompagnare, promuovere fiducia nelle proprie capacità e alimentare il desiderio di apprendere e crescere.

Vengono richiamate le funzioni diagnostica, iniziale, in itinere e finale della valutazione, che rappresentano, «nel loro farsi», uno strumento di dialogo continuo con la famiglia. I docenti sono poi invitati a evitare il rischio di «cadere in una logica sommativa e selettiva». Al contrario,

 

occorre invece adottare modalità valutative che sappiano cogliere la complessità e la profondità del processo educativo e capaci di far dialogare dimensioni nazionali e locali, interpretando e adattando le Indicazioni nazionali alla personalizzazione dei percorsi.

 

Il tutto senza appesantire inutilmente l’attività dei docenti con «pratiche burocratiche eccessive».

Le Indicazioni nazionali 2025 intendono promuovere una cultura della valutazione il cui fine ultimo resti sempre quello di sostenere l’apprendimento, promuovere la crescita e valorizzare le potenzialità individuali.

A sostegno di una valutazione per l’apprendimento, vengono suggeriti due requisiti fondamentali: la documentazione e l’osservazione, strumenti essenziali che consentono di «raccogliere, organizzare e interpretare dati, sulla base di specifici indicatori».

 

L’osservazione, accompagnata da strumenti adeguati (ad es. rubriche, griglie di osservazione, scale, ecc.), favorisce la costruzione di criteri intersoggettivi per la formulazione di giudizi valutativi e può supportare un processo trasparente e condiviso con studenti e famiglie. In questa prospettiva, la valutazione non può essere considerata un atto individuale, ma il risultato di un processo collegiale, in cui il confronto tra docenti consente di definire criteri comuni e condivisi, assicurando equità e coerenza nel processo di presa di decisione. La documentazione e il lavoro collegiale dei docenti su indicatori, criteri e strumenti della valutazione diventano, quindi, un supporto essenziale per una cultura valutativa basata sulla corresponsabilità

 

L’ultima parte del paragrafo relativo alla valutazione si occupa della certificazione delle competenze, al termine della scuola primaria e secondaria di primo grado. Essa «rappresenta il momento in cui il profilo dello studente trova espressione e sintesi».

Le competenze, si afferma nel testo,

 

richiedono un processo di osservazione e valutazione sistematica e rigorosamente documentata, integrando fonti di evidenza diverse e coinvolgendo attivamente l'alunno nella riflessione sul proprio apprendimento. Per questo motivo, è fondamentale alleggerire l’impianto valutativo, ridurre gli adempimenti burocratici e favorire pratiche documentali che restituiscano una rappresentazione autentica del percorso scolastico.

 

La loro certificazione presuppone, pertanto, un attento processo osservativo, capace di evidenziare «il grado di autonomia, flessibilità e spirito critico dello studente in ambienti e situazioni complesse».

Essa, infatti, non si esaurisce in una «mera attestazione formale»; al contrario, è finalizzata a rappresentare il percorso che l’alunno sta compiendo, in una visione proiettata al futuro.

Gli insegnanti devono «tenere insieme» il quadro delineato nelle Indicazioni nazionali e le peculiarità dei «contesti locali e degli studenti».

Per quanto concerne la certificazione delle competenze, si rammenta che, con il Decreto ministeriale 30 gennaio 2024, n. 14 (Adozione dei modelli di certificazione delle competenze), che ha ripreso quanto contenuto nel testo delle Linee guida sull’orientamento (D.M. 22 dicembre 2022, n. 328), il MIM ha introdotto un modello unico di certificazione per la scuola primaria, secondaria di I grado, assolvimento dell’obbligo di istruzione e primo livello degli adulti che frequentano i CPIA (Centri provinciali per l'istruzione degli adulti) relativamente a coloro che conseguono il diploma di «licenza media» (si veda Figura 3). 

 

FIG. 3 Il modello di certificazione (in assolvimento dell’obbligo di istruzione) di cui al D.M. n. 14/2024.

La certificazione, redatta in sede di scrutinio finale dai docenti della classe e dal consiglio di classe, nel primo ciclo di istruzione, è consegnata alla famiglia. Una copia deve essere trasmessa all’istituzione scolastica del grado successivo. Per gli studenti che superano l’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione deve essere inserita anche nell’E-Portfolio orientativo personale delle competenze di cui al decreto ministeriale 22 dicembre 2022, n. 328 (Rondanini, 2025).

6. Osservazioni critiche

Relativamente alla parte delle Indicazioni, commentata nel presente contributo, possiamo avanzare le seguenti riflessioni critiche.

La prima. Il gruppo incaricato di elaborare le parti delle Indicazioni riguardanti la scuola dell’infanzia era composto da tre esperte: una dirigente scolastica e due insegnanti. A differenza degli altri gruppi di lavoro, non è indicata una coordinatrice, ma solo tre persone. Decisamente sottodimensionata questa sottocommissione! Si pensi che il gruppo riguardante le discipline STEM risulta composto da un coordinatore e da ben 24 esperti!

Viene offerta, probabilmente non voluta, un’immagine di scuola «minore» rispetto ai gradi successivi. Il fatto poi che, tra le finalità della scuola dell’infanzia, non figuri la promozione della cittadinanza, è molto grave. Questa non è una dimenticanza, ma una precisa intenzionalità.

Si è cittadini sin da piccoli, anche quando, nel caso dei bambini stranieri di seconda generazione nati in Italia, non si è in possesso della cittadinanza giuridica. Esiste, infatti, una cittadinanza sociale che si acquisisce nelle relazioni con gli altri coetanei, negli asili nido, nella scuola dell’infanzia e nei successivi gradi scolastici. La cittadinanza, oltre che un diritto (anche a determinate condizioni), è uno status che non può essere ignorato in un documento-cardine come le Indicazioni nazionali.

Il bambino è un cittadino che deve essere educato al senso di responsabilità del bene comune, del rispetto di sé e degli altri, indipendentemente dalle sue origini e dalle convinzioni della famiglia d’appartenenza.

Nelle Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei si sottolinea che la presenza di bambini e genitori che provengono da altre culture amplia gli spazi del dialogo interreligioso, dell’accoglienza, della democrazia e dei valori costituzionali non negoziabili. Si afferma

 

In questo modo i servizi educativi e le scuole dell’infanzia si caratterizzano come un importante fattore di inclusione e coesione sociale e di promozione di cittadinanza democratica. Gli stessi bambini percepiscono la continuità tra casa e scuola e sentono che il loro presente e futuro sono argomenti di grande interesse nei discorsi tra adulti per loro importanti (genitori e insegnanti).

 

Peraltro la competenza in materia di cittadinanza costituisce una delle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente definite dalla Raccomandazione del Consiglio europeo del 22 maggio 2018 ed è delineata come quella che fa da sfondo a tutte le altre. Si riferisce, infatti, alla capacità di agire da cittadini responsabili e di partecipare pienamente alla vita civica e sociale, in base alla comprensione delle strutture e dei concetti sociali, economici, giuridici e politici oltre che dell’evoluzione a livello globale e della sostenibilità.

La seconda. Come già accennato, relativamente alle finalità della scuola dell’infanzia, mentre da un lato si insiste sulla progettazione di un curricolo verticale, dall’altro manca un qualsiasi riferimento al raccordo con i servizi educativi 0-3 anni. Infatti, le Linee pedagogiche per la scuola dell’infanzia e gli Orientamenti per i servizi educativi 0-3 risultano solo sporadicamente accennati.

Come ha sottolineato Laura Donà in «Scuola 7»,

 

si avverte anche il rischio di leggere alcuni passaggi sulla scuola dell’infanzia come una sorta di percorso preparatorio alla scuola primaria e non come un segmento identitario, specifico per la fascia tresei anni, focalizzato sulla valorizzazione delle dimensioni di sviluppo in relazione ai sistemi simbolico-culturali, in cui i campi di esperienza costituiscono gli strumenti di esplorazione ed esperienza (Donà, 2025).

 

Il fragile collegamento della bozza con le recenti Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei adottate con D.M. n. 334/2021, così rilevanti per un segmento sul quale anche il PNRR si è concentrato, si è limitato alle suggestioni alle dimensioni della professionalità docente, mentre non vengono presi in considerazione i contenuti sul tempo e sullo spazio. È necessario recuperare gli spunti di riflessione offerti sia dallo spazio come «terzo educatore» che dal tempo come «variabile pedagogica».

La terza. Nella parte della premessa dedicata al curricolo (paragrafo: Non multa sed multum), si afferma che insegnanti e dirigenti scolastici sono i costruttori di un curricolo reale, distinguendo tre forme:

  • curricolo formale (costituito dalle Indicazioni nazionali);

  • curricolo implicito (nascosto) riferendosi in modo improprio a un «curricolo familiare e comunitario», portato in classe dagli studenti;

  • curricolo di istituto (frutto delle scelte della scuola che calibra la sua offerta a seconda dei contesti) .

Le Indicazioni nazionali, dunque, costituiscono il curricolo formale? Nell’attuale testo del 2012, le Indicazioni costituiscono «il quadro di riferimento per la progettazione curricolare affidata alle scuole». Le Indicazioni, pertanto, non si configurano come un curricolo, che è di competenza delle scuole autonome. Infatti, con l’attribuzione dell’autonomia alle istituzioni scolastiche, è stata superata l’impostazione dei tradizionali Programmi didattici, con una netta distinzione tra il livello nazionale e quello delle singole scuole.

Siccome nel testo del 2025 si sottolinea che le Indicazioni sono finalizzate alla progettazione del curricolo d’istituto, non si comprendono le ragioni di questa annotazione, che rischia di essere fuorviante. Le Indicazioni nazionali, in veste di curricolo, possono, ad esempio, orientare le case editrici nella predisposizione dei libri di testo, che dovranno riportare episodi legati alla Bibbia, ai poemi omerici, ma anche ai prigionieri dello Spielberg, ai Martiri di Belfiore, alla Piccola vedetta lombarda, ecc.

Per curricolo implicito poi fino a oggi si è sempre intesa la capacità degli insegnanti di organizzare gli spazi e articolare i tempi delle attività. Il curricolo implicito, dagli Orientamenti della scuola dell’infanzia del 1991 fino a oggi, si è configurato come la dimensione organizzativo-didattica del curricolo d’istituto.

 L’idea di un curricolo implicito o nascosto, centrato sui vissuti cognitivo-affettivi che gli alunni maturano nei contesti non formali e informali, rappresenta una novità, che può essere anche condivisa. Tale configurazione, però, richiede da parte dei docenti un’attività di valorizzazione di questo «sapere inesperto» che deve essere esplicitata chiaramente nel testo. Sicuramente una didattica trasmissiva, frequentemente accarezzata nelle Indicazioni 2025, va in tutt’altra direzione rispetto a una prospettiva di questo genere.

La quarta. In molte parti del documento si avverte una certa distanza tra le affermazioni generali e le parti che vengono declinate nell’insegnamento delle discipline. L’adagio di Quintiliano Non multa se multum si scontra con un quadro delle conoscenze talmente ampio da disconfermare questo principio così decantato.

Inoltre, se i contenuti di insegnamento sono indicati dal Ministero, viene messa seriamente in pericolo la libertà di insegnamento del docente, che certamente non è assoluta (si rischierebbe di scivolare sull’idea di libertà dall’insegnamento!), ma che non può neanche limitarsi a essere una «cinghia di trasmissione» di scelte operate altrove.

I suggerimenti operativi che troviamo dopo ogni descrizione delle discipline appaiono come un apparato fuori luogo e, per certi aspetti limitante, con la presentazione di contenuti e opere discutibili, quali la serie TV Il trono di spade.

Implicitamente si avalla l’immagine di un insegnante scarsamente preparato se occorre soccorrerlo con consigli di questa natura.

L’ipertrofia contenutistica si pone soprattutto per l’insegnamento della storia. Infatti, più che proporre un quadro di riferimento, le Indicazioni-2025 si attestano su conoscenze prescrittive, che l’insegnante deve narrare coinvolgendo l’alunno anche sul piano emotivo.

Bambine e bambini al primo anno della primaria devono cominciare un percorso che li porti a scoprire «le radici della cultura occidentale attraverso alcune grandi narrazioni: p. es. Bibbia, Iliade, Odissea, Eneide (in forma molto semplificata)».

Nel secondo anno dovranno confrontarsi con avvenimenti e personaggi del Risorgimento. I contenuti che l’insegnante deve affrontare sono i seguenti:

  • L’Italia come sistema ecologico ed ecostorico complesso e frutto della storia;

  • la nascita dell’Italia: da molti Stati regionali una sola nazione libera e indipendente;

  • Mameli e l’inno nazionale (spiegazione del contenuto), poesie e canti del Risorgimento;

  • racconti del Risorgimento (p. es.: gli incarcerati nello Spielberg, le cinque giornate di Milano, i martiri di Belfiore, La piccola vedetta lombarda, Anita Garibaldi, i Mille).

  • monarchia o Repubblica: due modelli politici (spiegati in modo elementare);

  • essere cittadini: la Costituzione, i diritti, le elezioni, le tasse;

  • che cosa decide chi governa il tuo comune.

Se proprio vogliamo proporre figure esemplari, eroi dei nostri giorni, perché non valorizzare la memoria di figure come padre Kolbe, Salvo D’Acquisto, don Giuseppe Diana, don Pino Puglisi, Peppino Impastato, Rosario Livatino e chissà quanti altri.

Si propone un’idea di scuola anacronistica, che mortifica gli insegnanti migliori, quelli che hanno saputo integrare e valorizzare il meglio del passato promuovendo innovazioni proiettate verso il futuro.

Si avalla implicitamente una didattica di tipo trasmissivo-contenutistica che con l’adagio di Quintiliano non ha nulla a che vedere.

La quintaNel paragrafo La valutazione. Un atto di valorizzazione, si afferma che essa si configura come

 

un processo educativo complesso, dinamico, collegiale e multidimensionale, che accompagna lo studente nella costruzione della propria identità e nel riconoscimento delle proprie potenzialità. In quanto atto pedagogicoculturale regolativo che pone al centro la valorizzazione dello studente e il riconoscimento della sua unicità, la valutazione, come noto, non si esaurisce nel rilevare e misurare ciò che l’alunno sa o sa fare, ma diviene strumento che mira a far emergere progressi, criticità e potenzialità inespresse.

 

La valutazione, intesa come «atto di valorizzazione» dello studente, ma anche dell’insegante, è più che condivisibile, com’è sottoscrivibile la sua natura pedagogica, culturale e regolativa. Sono però espressioni che andrebbero tradotte con più chiarezza e coerenza.

Innanzitutto, intendere la valutazione come atto e processo insieme è in parte contraddittorio. L’atto è un gesto ultimato che l’insegnante compie verso lo studente. Il processo, al contrario, è un percorso evolutivo, flessibile, che si sviluppa mediante strategie di confronto e di supporto tra docente e discente. Una forma di valutazione autentica, ad esempio, è proprio la co-valutazione tra insegnante e alunno.

Va meglio esplicitato anche il concetto regolativo della valutazione, che riguarda la «messa a punto» dell’insegnamento. La valutazione in itinere è formativa in quanto dà forma all’insegnamento stesso. Il docente concretizza tale valutazione nel momento in cui mette a fuoco i punti critici del proprio agire educativo e didattico. In questo senso, «regola» il proprio intervento calibrandolo maggiormente sulle reali potenzialità degli alunni, favorendo anche i processi di autovalutazione degli stessi. Nell’articolo 1 del Decreto legislativo 62/2017 si sottolinea che la valutazione, oltre a perseguire una finalità formativa ed educativa, «promuove l’autovalutazione di ogni studente in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze». 

Della parola «autovalutazione» però, nel paragrafo La valutazione. Un atto di valorizzazione, c’è una fugace traccia solo in nota in cui si sottolinea che

 

la documentazione diventa anche un mezzo importantissimo per sviluppare la consapevolezza metacognitiva e capacità autovalutative negli studenti, in quanto favorisce l’autoregolazione dell’apprendimento (si pensi, a titolo esemplificativo, all’utilizzo del portfolio come dispositivo documentale autovalutativo).

 

Un apprendimento è realmente significativo e concorre alla crescita della persona quando è accompagnato anche da un processo metacognitivo, che regola il percorso individuale. Perché questo accada, occorre che a ogni alunno sia offerta la possibilità di riflettere sui suoi punti di forza e di debolezza, sulle risorse possedute ma anche sulle carenze. Questa competenza autovalutiva ha bisogno di tempi lunghi e, proprio per questo, deve essere avviata sin dai primi abbi della scuola.

La sesta. Nella parte relativa alle Indicazioni per la scuola dell’infanzia nel paragrafo Di fronte alle sfide del nostrotempo si accenna alla presenza di bambini e alunni con background migratorio. Però, la dimensione multiculturale della società italiana viene appena sfiorata e la stessa educazione interculturale non assume alcuna rilevanza, anche se, di fatto, tale realtà costituisce un aspetto strutturale della società italiana. Si pensi ai problemi dei bambini stranieri nati nel nostro Paese, a quelli di recente immigrazione, ma anche alle difficoltà che incontrano le seconde e le terze generazioni di immigrati.

Alla complessità dell’attuale periodo sono dedicate poche righe confinate in un conciso elenco in cui campeggiano le «nuove modalità di fare famiglia e di essere genitori (in ragione delle differenze legate a scelte culturali, etiche, personali)».

Seguono i problemi riguardanti la sostenibilità, la lotta alle disuguaglianze e alle nuove povertà, l’inclusione, l’interculturalità e il plurilinguismo, la diffusione dei nuovi media, la cultura digitale e l’intelligenza artificiale.

 

Nel quadro del Sistema integrato “zerosei”, la generalizzazione del servizio didattico e formativo svolto dalla scuola dell’infanzia rappresenta un importante traguardo che implica l’esercizio dei principi di sussidiarietà orizzontale e verticale e di corresponsabilità educativa fra scuola e famiglia.

 

Si tratta di un cenno allo «zerosei», istituito ai sensi del Decreto legislativo n. 65/2017 e alle Linee pedagogiche per il Sistema integrato “zerosei”, approvate con Decreto Ministeriale n. 334 del 22 novembre 2021. Decisamente poco, considerata l’importanza di questo nuovo assetto istituzionale che promuove una collaborazione ravvicinata tra soggetti statali, comunali, paritari e privati, che presuppone un’attenzione di enorme rilevanza. La prima e la seconda infanzia, infatti, anche nell’ambito delle politiche dell’Unione europea, sono spesso oggetto di decisioni tese a sviluppare un segmento educativo di primaria importanza per il futuro dei ragazzi.

La settima. Le Indicazioni 2025 rischiano di avallare una visione meccanica dell’apprendimento. Il magister deve fornire conoscenze legate alla nostra tradizione, come si faceva nella scuola dei «miei tempi».

L’enfasi sulla bella scrittura, sul corsivo, l’uso della «carta e penna», la lettura ad alta voce, il rispetto dei margini, ecc., costituiscono per determinate fasce di alunni dei passaggi preclusi. Pensiamo agli allievi con disturbi specifici di apprendimento, con bisogni educativi speciali, e, più in generale, a studenti che ritengono a loro più congeniale l’utilizzo del computer o di altre soluzioni. Si dà spazio a un apprendimento formale. Il corsivo, ad esempio, per gli alunni con DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimendo) comporta uno sforzo che va a scapito dell’ideazione del pensiero, perché dal punto di vista della fluenza dei caratteri è più complicato dello stampato.

In una classe possono convivere alunni che utilizzano forme diverse di scrittura, quelle che sentono di padroneggiare meglio.

Peraltro, stiamo parlando di scelte che attengono alla libertà di insegnamento dei docenti. Per quale motivo un documento nazionale deve entrare nel merito di una materia che esula dalle proprie competenze?

Il D.P.R. n. 275/1999, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, è molto chiaro. All’articolo 8 si afferma che il Ministro della Pubblica Istruzione 

 

definisce, per i diversi tipi e indirizzi di studio:

a) gli obiettivi generali del processo formativo;

b) gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni;

c) le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale.

 

La sovrastruttura prescrittiva, anche sul piano delle strategie didattiche, presente nelle Indicazioni 2025 confligge palesemente con questi principi esplicitati nel D.P.R. 275/1999 e finirà, inevitabilmente, per alimentare una sterile conflittualità che non gioverà né agli insegnanti né agli alunni.

 

Bibliografia di riferimento

Donà L. 2025, Scuola dell’infanzia e nuove Indicazioni 2025, «Scuola7», n. 423, Napoli, Tecnodid. URL: https://www.scuola7.it/2025/423/scuola-dellinfanzia-e-nuove-indicazioni-2025/

Rondanini L. (2025), La certificazione delle competenze, Grandangolo, Erickson (voce: Valutazione). URL: https://www.erickson.it/it/mondo-erickson/la-certificazione-delle-competenze