Da dove nasce il bullismo omofobico?

Da dove nasce il bullismo omofobico?

Il bullismo è un fenomeno complesso e multicausale. Quello di cui si parla, poi, è caratterizzato da rappresentazioni tradizionali e complementari tra i generi che garantiscono una posizione privilegiata al maschile. Per sostenere questa strutturazione, vanno negate quelle esistenze che sembrano minacciarla simbolicamente, come le persone trans e non binarie. E poiché la complementarità maschile/femminile è considerata naturale perché strutturata sull’eterosessualità, vanno negate anche tutte le fantasie, i desideri, i comportamenti, le identità e i gruppi che non si attengano alla norma eterosessuale: dalle persone omosessuali ai ragazzi semplicemente timidi e impacciati con le ragazze. Tale dispositivo eteronormativo produce il bullismo omo/bi/transfobico quando incontra alcune precise condizioni: l’identità maschile, l’età adolescenziale, un contesto di socialità forte come a scuola.

Il maschile appare compromesso con l’omo/bi/transfobia più del femminile perché è maggiormente condizionato da un ordine sociale e simbolico — il patriarcato — grazie al quale gode di una serie di privilegi. Si tratta inoltre di una maschilità adolescente, cioè ancora in formazione, bisognosa di conferme dal gruppo dei pari. A differenza dell’identità di genere femminile, convenzionalmente affermata con le prime mestruazioni e poi non più messa in dubbio, lo sviluppo maschile non conosce un evento simbolico unico, parimenti riconosciuto. L’appartenenza al maschile è qualcosa da dimostrare continuamente anche perché continuamente messa in dubbio dai pari. Esistono tanti scherzi tra ragazzi che giocano proprio sull’affermazione della propria maschilità e sulla messa in dubbio di quella dell’altro. Non è poi un caso che nei gabinetti dei ragazzi siano spesso graffiti dei falli, cosa che non ha certo corrispettivo nei bagni femminili. Il fallo simboleggia il privilegio maschile: disegnarlo su un muro ha una funzione di citazione pubblica della maschilità. L’adolescenza maschile si trova a confrontarsi con questo orizzonte di dominio e di fallocrazia, in una società però in cui il femminismo e il movimento LGBT+ hanno messo in crisi la rappresentazione patriarcale del guerriero, del «duro», del maschio dominante.

Nella formazione adolescenziale della maschilità, il bullismo omo/bi/transfobico costituisce allora un’utile «scorciatoia» Anziché affrontare i propri compiti di sviluppo, una minoranza dei ragazzi trova utile assumere pubblicamente atteggiamenti discriminatori ai danni delle persone che sono o che sono ritenute LGBT+, le quali — incarnando il ruolo di contraltare della virilità — confermano indirettamente l’adeguatezza del bullo alle norme machiste. L’aggressività è inoltre una delle prime caratteristiche che associamo alla maschilità e il bullo recita un ruolo certo sanzionabile, ma non discordante dal modello tradizionale del «vero uomo». Tali dinamiche avvengono poi a scuola perché questa è il solo luogo dove centinaia di adolescenti si incontrano quotidianamente, dove ciascuno/a osserva gli altri e si sottopone allo sguardo altrui, in una socialità tra pari dove ci si gioca la propria reputazione sociale. Poiché le preoccupazioni principali dell’adolescenza sono il riconoscimento della propria adeguatezza di genere e della propria desiderabilità sessuale, appare chiaro perché sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale si concentri il tipo di bullismo di cui parliamo. Così come si spiega il fatto che tale vittimizzazione avvenga in pubblico: poiché al centro del fenomeno c’è l’affermazione della reputazione maschile del bullo, è necessario che questi abbia un pubblico di spettatori che possa fornirgli riconoscimento, un riconoscimento che proviene dagli altri maschi prima ancora che dalle ragazze (cosa che spiega la caratterizzazione intra-genere del bullismo).

 

Autori e autrici

Giuseppe Burgio
Autore

Università «Kore» di Enna