Tutto per la scuola
Concorso Docenti PNRR2
Formazione: i più richiesti
Collana: Il Margine / Pinova
In questo agile saggio Anil Ananthaswamy si interroga sul paradosso del sé, e sulle malattie che lo rivelano, coniugando al rigore scientifico l’attenzione per l’esperienza individuale, ricordandoci la domanda che da sempre neuroscienze e uomo cercano di rispondere: che cosa vuol dire «io»?
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Preambolo
1. Il morto vivente
2. Il disfacimento della propria storia
3. L’uomo che voleva liberarsi di una gamba
4. Dimmi che ci sono
5. Mi sembra di essere in un sogno
6. I primi passi del sé
7. Quando si è fuori di sé
8. Non essere nessuno, qui e ora
Epilogo
Postfazione
Bibliografia
Ringraziamenti
Sindrome di Cotard, schizofrenia, morbo di Alzheimer, epilessia sono «patologie del sé», modi di esistere in cui viene meno la cristallina equivalenza di pensiero ed essere postulata da Cartesio, «penso, dunque sono», e la persona sperimenta un io che non coincide con le certezze che abitualmente le consentono di credersi se stessa: la capacità di ricordare quello che ha vissuto, la padronanza dei suoi pensieri e delle sue azioni, la percezione di abitare un corpo, di occupare un punto preciso nello spazio, di avere un’identità che resta stabile nel tempo… Ma, se non è nel corpo né nei sensi né nella memoria, dove si trova il sé? E quale realtà o continuità possiamo attribuirgli, dal momento che sappiamo solo ciò che non è?
L’uomo che non c’era parte da qui: dagli interrogativi a cui epistemologie differenti non hanno ancora saputo rispondere definitivamente, rimandandoci alla certezza che mente e corpo intrecciano tra loro relazioni complesse e mutanti, che i processi neuronali aggiornano il nostro Sé continuamente, e che la percezione di continuità che abbiamo del nostro essere noi stessi potrebbe di per sé essere un’illusione.
Perché il Sé è allo stesso tempo ovunque, eppure da nessuna parte, nel nostro cervello.
Traduzione di Gabriele Lo Iacono