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I mini gialli dei dettati 2
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L’ambiente ci educa, educhiamoci nell’ambiente

I vantaggi della didattica all’aperto per un’educazione di qualità e di benessere per alunne, alunni e insegnanti

Non è un mistero che l’ambiente in cui ci muoviamo ci condiziona nell’umore e nei comportamenti: un ambiente curato, luminoso, accogliente supporta il buon umore, ci spinge a un maggior rispetto degli spazi e degli oggetti, richiama l’attenzione verso la bellezza, facilita la socialità. Ambienti grigi, claustrofobici o dispersivi, poco curati, ci intristiscono, persino ci innervosiscono, trasmettono un senso di sconforto cui è difficile opporre resistenza, non farsene permeare. Se dunque l’ambiente ha questo impatto perché non impegnarci di più a renderlo accogliente, bello, luminoso? E perché non sfruttare al meglio quanto già è disponibile: gli spazi esterni, la natura, la luce solare?

Banchi come isole tristi

Banchetti tutti separati, distanti, da cui è possibile solo scrutare la schiena dei propri compagni, se non si è ancora più isolati come capita a chi è relegato in prima fila, o l’insegnante di turno appaiono oggi un retaggio di tempi che furono -e non nel senso del vintage, che un suo fascino comunque lo manifesta: richiamano piuttosto alla mente l’immagine di piccole isole tristi di bambini e bambine silenziosi inchiodati alle proprie seggioline e curvi sui banchi con la penna in mano e un quadernino aperto…immagine di per sé decisamente ormai desueta in quanto pochi dei più piccoli si piegano oggigiorno a questo trattamento. E quindi urla, disobbedienza, agitazione, distrazioni continue, malumori, e segnalazioni in aumento di casi di sindromi di iperattività per chi si alza, si sgranchisce, ha meno predisposizione a reprimere il bisogno di muoversi, socializzare, esplorare…

Ma perché non usare questa “voglia” - bisogno naturale di muoversi, socializzare, esplorare per la crescita e l’apprendimento, invece che cercare di controllarla, sanzionarla, reprimerla (per altro, con sempre più scarsi risultati)?

Se vogliamo volgerla a vantaggio di una educazione di qualità e di benessere degli/lle studenti e degli insegnanti, perché non sfruttare quanto già ci è messo a disposizione come ad esempio gli spazi esterni? (Senza togliere l’enfasi alla necessità di curare gli ambienti scolastici per mantenerli o renderli sempre più belli, accoglienti, confortevoli).

Che sia un contesto urbano o di campagna, di pianura, mare o montagna, sempre la vita esterna alla scuola avrà da offrire materiali per l’osservazione, la discussione, la formulazione di ipotesi, il racconto di storie, l’ascolto attivo con tutti i sensi.

Didattica all’aria aperta

Parliamo dunque di didattica all’aria aperta, fuori dall’aria un po’ viziata che giocoforza si respira nelle aule chiuse, per quanto possiamo spalancarne le finestre. Una didattica in un ambiente naturale, che sia sociale come una piazza cittadina o un giardino o (più) naturale come un sentiero di campagna, una riva di fiume, una spiaggia…

Ma a questo punto mi sorge spontanea una domanda: perché ancora oggi la scuola all’aria aperta a molti fa subito pensare al gioco e il gioco a disimpegno, a perdita di tempo? Quali pregiudizi sono radicati in noi come insegnanti e genitori, che ci fanno riconnettere serietà e apprendimento al chiuso di una stanza, al lavoro individuale, allo sforzo della volontà pensato come antiteticamente inconciliabile al piacere di studiare e alla curiosità spontanea per il sapere?

Si rende necessario un costante lavoro di autoriflessione sul nostro agire educativo come adulti e come professionisti della scuola se il nostro scopo è quello di coltivare la curiosità naturale di bambini/e e ragazzi/e, riconnettere la scuola con la vita reale, decostruire la falsa antinomia tra fatica e piacere delle attività.

Chi può negare che non sia faticoso, impegnativo, giocare una partita di qualche sport che ci piaccia? Eppure sarebbe difficile negare che è anche e primariamente divertimento.

Fuori dalla classe, dentro le materie

La didattica all’aria aperta ci fa si uscire dagli spazi ristretti scolastici, ma non per questo ci fa uscire dalle materie della scuola. Al contrario! Gli ambienti esterni ci offrono materiali reali, concreti per affrontare le scienze naturali, la storia, i problemi di matematica, questioni di geografia; per affinare i linguaggi espressivi, praticare i principi delle scienze motorie...Insomma, ci aiuta ad allenarci a leggere il libro del mondo coltivando i saperi disciplinari e interdisciplinari.

Piccoli esploratori di grandi cose (e viceversa: grandi esploratori di piccole cose)

All’aria aperta, si può ad esempio:

- Coltivare la curiosità naturale di bambini/e e ragazzi/e e posare i primi mattoni del pensiero scientifico e filosofico… semplicemente osservando il mondo “là fuori”

- Ri-conoscere e ri-conoscersi: risvegliare i sensi, connettersi con le emozioni, ri-scoprire il corpo, così spesso castigato in orari, regole, divise, spazi pre-definiti che lo disciplinano a restare sullo sfondo, quasi non ci appartenesse, un qualcosa da controllare e contrastare

- Coltivare il benessere e il senso del bello

- Coltivare il pensiero out of the box: liberare la fantasia, lasciar entrare la realtà nelle sue dimensioni esperienziali, esplorarla attraverso attività espressive e scientifiche

- Realizzare tanti giochi per apprendere e sfruttare tanti apprendimenti per giocare.

“Facciamo scuola all’aperto”: un libro per la scuola primaria

Tante idee possono essere attinte da “Facciamo scuola all’aperto” di Antonio Di Pietro, un testo-manuale che offre preziosi spunti e indicazioni per una didattica ludica all’aperto per le scuole primarie.Dice Michela Schenetti nella prefazione: “Alla scuola oggi non possiamo che chiedere di offrire ai bambini ciò che la società sembra non essere più in grado di garantire: tempi lenti, spazi interni ed esterni in cui realizzare campi d’esperienza inusuali, ostacoli da affrontare per scoprire le proprie potenzialità. Alla scuola dobbiamo chiedere di garantire avventure educative che consentano agli insegnanti di assumersi la responsabilità di sfuggire ai principi di conformità. e omologazione per aprirsi alla dimensione della ricerca, del piacere e della bellezza. E nel farlo riscoprire il valore di ciò che sempre più difficilmente entra nelle nostre vite: il valore dei corpi in gioco.”

E se chiediamo questo alla scuola, essa può rispondere, ad esempio sperimentando anche solo qualcuna delle belle, divertenti, istruttive attività che questo libro spiega, illustra, suggerisce, e seguendo l’invito che offre a cambiare collocazione e prospettiva: si può fare scuola all’aperto, si può fare scuola giocando, si può imparare divertendo ci si può divertire imparando. Dunque, perché non farlo?

Tiziana Chiappelli, PhD, si occupa di ricerca nel campo dell'educazione e dei processi di inclusione con particolare attenzione alle minoranze, alle diversità culturali e linguistiche e alla sperimentazione di strategie di didattica attiva sia in Italia che a livello internazionale (in particolare Nord Africa e America Latina). È formatrice di docenti con focus su percorsi partecipativi e di cittadinanza, pari opportunità e genere. Ha coordinato e coordina progetti di ricerca e interventi socio-educativi in collaborazione con scuole ed enti pubblici e del privato sociale.

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