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I mini gialli dei dettati 2
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Search-ME - Erickson 7 Autismo e disabilità
Un’attività utile per lo sviluppo della socializzazione tra coetanei, in modo particolare in presenza di ragazzi con disturbi del neurosviluppo
L’attività di musicoterapia, che all’interno del contesto scolastico può essere presentata come «attività per lo sviluppo della socializzazione mediata dalla musica», è una delle attività ritenute adatte per accompagnare processi di inclusione per bambini e ragazzi con Disturbi dello Spettro Autistico (ASD) con altri coetanei. Questa attività può essere proposta all’interno del progetto di rete esistente, come delineato nel modello SEAI (Supporto Emotivo e Attivazione dell’Intersoggettività) e nel modello italiano di intervento, e deve essere condivisa con il Consiglio di classe e supportata dagli insegnanti di riferimento dei bambini/ragazzi con ASD. L’attività deve essere intesa come integrativa del percorso di didattica inclusiva, con la finalità specifica di sviluppare e mantenere le abilità sociali a supporto del percorso di sviluppo e degli apprendimenti previsti dal Progetto Educativo Individualizzato (PEI). Si devono indicare uno spazio e del tempo per il progetto, il numero dei compagni che partecipano al gruppo, la durata delle singole attività e dell’intero percorso. Due sono i possibili percorsi da attivare a scuola. Attività di piccolo gruppo di preadolescenti/adolescenti con strumenti idiofoni e a percussione di semplice utilizzo, che permettano ai giovani di proseguire con la conduzione dell’insegnante di riferimento. Sono attività che possono presentare affinità con le tecniche del drum circle con conduzione (tecnica con cui un gruppo di individui suona delle percussioni per costruire un prodotto musicale o ritmico), in cui si dà inizialmente spazio alle competenze e alla sensibilità musicale dei bambini/ragazzi con ASD. Le attività possono essere iniziate imitando le produzioni del compagno con ASD e si può procedere stabilendo dei turni di conduzione del ritmo da parte dei pari. È un’attività di apprendimento cooperativo fra pari che deve prevedere tempi precisi di attuazione anche in base alle capacità dell’alunno con ASD. Attività di gruppo musicale inclusive per ragazzi adolescenti con ASD nel caso in cui ci siano soggetti che abbiano competenze musicali di base su specifici strumenti. Particolare attenzione, in questo tipo di attività, deve essere posta alla possibilità dei bambini/ragazzi con ASD di mantenere i tempi di attenzione necessari alle attività in piccolo gruppo, alle difficoltà nella regolazione emotiva e ai segnali di disagio manifestati con comportamenti anomali o poco regolati. Gradualmente, quando sarà raggiunto un buon adattamento alla situazione, il musicoterapeuta lascerà spazio alle interazioni spontanee nel gruppo, in modo che bambini o adolescenti possano vivere questa attività come una scelta condivisa, al fine di strutturare relazioni autentiche, che possano essere generalizzate naturalmente in altri momenti della giornata scolastica.
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
La classe è come un’orchestra in cui si impara a prestare ascolto alla voce di tutti
È importante insegnare Musica a partire dalla scuola dell’infanzia — e, se si potesse, anche dal nido — per dare continuità a questa strada nell’età evolutiva. La Musica accompagna lo sviluppo dell’essere umano.  Un bambino che fin dalla sua infanzia cresce in un «bagno musicale» svilupperà senza dubbio una capacità d’ascolto più attiva. Quindi, come insegnarla? Con quale obiettivo? Per creare musicisti o alimentare esseri umani sensibili alla vita e al rispetto? Le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione del 2012, sulla Musica sottolineano: “La musica, componente fondamentale e universale dell’esperienza umana, offre uno spazio simbolico e relazionale propizio all’attivazione di processi di cooperazione e socializzazione, all’acquisizione di strumenti di conoscenza, alla valorizzazione della creatività e della partecipazione, allo sviluppo del senso di appartenenza auna comunità, nonché all’interazione fra culture diverse.” Stare in un’orchestra insegna a prestare ascolto alla voce di tutti. Questo l’ho provato pienamente solo con i bambini, suonando con loro. Un insegnante che non conosce la Musica non deve privarsi dell’opportunità che la vita gli sta dando, ossia di cominciare ad apprendere e sperimentare partendo da lui stesso. È essenziale porsi sempre delle domande sempre: se vuoi essere un buon musicista a scuola, i tuoi studi possono costituire il tuo patrimonio culturale, ma non devi smettere di stupirti davanti a quello che un bambino può insegnarti. Essere «musicale» vuol dire essere in armonia con i gesti che compi, far sì che tutto sia sempre fluido, offrendo possibilità di creazione soprattutto a quei bambini che vengono spesso «classificati» da parole che non fanno altro che bloccare la loro possibilità di evolvere. Un bambino non va mai giudicato: bisogna pensare sempre di essere, per ben più di un secondo, al suo posto, chiedendoci come raggiungerlo attraverso una comunicazione musicale che lo rivaluti positivamente agli occhi di tutti. Selo spartito che stiamo sperimentando in classe lo blocca, è necessario cercare di visualizzare velocemente ciò che costituisce il «giusto» per lui: che sia un gesto, un’espressione, un’intonazione, una proposta ritmica o semplicemente la difficoltà stessa. È bene prendere questa difficoltà e renderla di tutti, perché nessuno si senta incapace o isolato nel realizzare qualcosa. Teniamo sempre presente, nelle nostre azioni di insegnanti, che i bambini faranno sempre di tutto per renderci felici, per realizzare la lezione o il momento di condivisione con i genitori. Si è «Maestro/a di Musica» se si ha «seminato» questa espressione. L’insegnamento la alimenta di ora in ora. Fare pratica e avere insegnanti che ci accompagnano non solo nelle parole è fondamentale, come è fondamentale avere qualcuno con cui confrontarsi perché vive la classe come noi, la scuola come noi, la stanchezza come noi.
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Caratteristiche e punti di forza di una forma di espressione artistica che ritroviamo anche nei disegni infantili
La metafora utilizzata da Jean Dubuffet - il pittore francese considerato l'ideatore dell’Art Brut - per descrivere la creazione di un’opera Brut fa sorridere. Per lui realizzare un’immagine autentica equivale a «mangiare un’aringa»: quei pesci infatti si mangiano crudi, appena pescati, senza alcuna particolare preparazione. E dunque solo nell’immediatezza del riversare le proprie impressioni sul foglio l’autore farà confluire il suo pensiero e la sua visione. Quella è arte, perché parte dal vero, e non viene assoggettata ad alcun compromesso. In questa riflessione l’aspetto culturale non ha alcuna forza trainante e, al contrario, lascia spazio — tra gli altri — a tre particolari atteggiamenti, quello del rispetto, dell’ascolto, e dell’amore che conducono anzitutto a una creazione fine a se stessa. Per Dubuffet è infatti fondamentale «nutrirsi [...] dei tracciati istintivi. Rispettare gli impulsi, le spontaneità ancestrali della mano umana quando traccia i suoi segni». Il carattere istintivo che connota le espressioni di Art Brut è un elemento di non poco rilievo nella produzione artistica dove spesso sono la misura e il confronto con i modelli e la storia dell’arte a dare più o meno valore a una creazione. Un altro elemento significativo della produzione artistica Brut è lo spaesamento, inteso come percorso attraverso l’ignoto: quanto non conosco diventa terreno di gioco, di esplorazione, di meraviglia. Dubuffet invita ad abbandonare, ad esempio, la ricerca della prospettiva visuale poiché limita la libertà: la propria espressione artistica deve poter muovere liberamente i piani spaziali, non trovare costrizioni, al fine di mostrare oggetti sovrapposti o giustapposti a seconda delle esigenze della rappresentazione. Egli mette in guardia dalle espressioni artistiche che raffigurano il mondo come potrebbe farlo una macchina fotografica: quelle creazioni sono per lui prive di inventiva e non conducono colui che le osserva a porsi delle domande e a divertirsi nella fruizione. Poteva mancare un inno all’errore nella trattazione di un’espressione creativa che vuole liberarsi dalle aspettative dell’accademia, dalle generalizzazioni culturali, dalla più banale delle espressioni «si è sempre fatto così»? Certo che no! Questo aspetto di «non giudizio», di accoglienza autentica è strettamente connesso al nucleo, al senso dell’Art Brut. Dubuffet afferma di sentirsi incline all’errore, tanto che non si angoscia per il fatto di lasciare nei suoi quadri macchie involontarie, maldestre imperfezioni, forme false, colori mal riusciti... Quest’aspetto così umano, e così universale - siamo tutti, in fin dei conti, inclini all’errore! - che solitamente viene additato e malvisto, nel contesto dell’Art Brut diventa un punto di forza: sottolinea la spontaneità e l’autenticità di un fare creativo che non sottostà a norme e a giudizi provenienti dall’esterno. Quanto sforzo ci richiede lasciare il segno del ripensamento, le sbavature, le macchie di colore sulla superficie dei nostri lavori? E quanto spesso ci aspettiamo che i bambini, nelle loro espressioni creative, non lascino alcuna traccia di errori, perché «bisogna stare attenti»? Confrontarsi con l’Art Brut è una sfida, un esercizio di pazienza e di accoglienza non solo dell’altro e del diverso ma anche dell’estraneo, ossia di ciò che non avremmo mai pensato di poter vedere disegnato o dipinto su un foglio, scolpito con materiali modellabili oppure assemblato. È, in fin dei conti, anche un esercizio di libertà!
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Search-ME - Erickson 8 Musica arte e altre discipline
Perché un avvicinamento precoce alla musica favorisce sia lo sviluppo cognitivo che lo sviluppo emotivo-sociale del bambino
Il processo evolutivo di un bambino è costituito da progressive conquiste di abilità, che sono sostenute, oltre che dalla maturazione fisica, anche da un graduale sviluppo cognitivo e sociale. L’esperienza musicale vissuta già a partire dai primissimi anni di vita del bambino può aiutare a porre le basi e a influenzare significativamente le successive conquiste linguistiche, relazionali e cognitive. La musica rappresenta infatti un canale comunicativo vicino al bambino: è un elemento facilmente utilizzabile anche come comunicazione informale (si pensi al diverso utilizzo della voce, delle espressioni facciali, del corpo in movimento). Attraverso la sperimentazione musicale, il bambino impara a produrre, a esporsi e a mettersi in gioco in prima persona. Inizia a differenziarsi dall’adulto di riferimento e a relazionarsi con personalità altre da sé. Nella prima infanzia ogni suono può trasformarsi in strumento comunicativo, unico e privilegiato, grazie al quale entrare in relazione con l’altro. Numerosi studi e ricerche hanno sottolineato l’influenza della musica nel processo di crescita del bambino, con riferimento specifico a due ambiti: cognitivo emozionale-sociale Per quanto riguarda la sfera cognitiva, si è visto come, grazie alla pratica musicale, è possibile favorire lo sviluppo di memoria, concentrazione, attenzione, linguaggio verbale, pensiero logico, creatività, capacità discriminatoria, oltre che della decodifica dei codici utilizzati. Per la sfera emozionale/sociale, la musica diventa invece un mezzo di espressione del proprio essere, favorisce l’acquisizione di regole sociali e dà la possibilità di mettersi in gioco; aiuta a superare i propri limiti e stimola a riconoscere, gestire ed esprimere i propri stati emotivi. Tramite un precoce avvicinamento al linguaggio musicale si possono rafforzare nel bambino: la capacità di relazione intra e interpersonale; il senso di autostima e di fiducia; l’autonomia; il benessere personale e l’autoapprendimento; la motivazione ad apprendere; la padronanza delle emozioni. Si tratta di benefici che possono essere stimolati nel bambino attraverso una pratica musicale precoce: ciò però può avvenire solo partendo dalla conoscenza delle competenze e delle abilità dei piccoli legate nei diversi stadi di sviluppo. Senza tali conoscenze, l’adulto rischia di far vivere al bambino un’esperienza musicale vuota, forzata e non costruttiva, ottenendo come risultato l’allontanamento del piccolo dall’utilizzo consapevole e appropriato del mezzo musicale.
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Search-ME - Erickson 9 Didattica
Un'insegnante di scuola primaria spiega le ragioni teoriche e le ricadute didattiche della realizzazione di un laboratorio teatrale con le ombre nel contesto scolastico
Allestire un laboratorio di Teatro delle ombre nella scuola primaria vuol dire in sintesi predisporre il contesto alla creazione di narrazioni sviluppate a partire da questo linguaggio evocativo e suggestivo, che lavora per sottrazione e che richiede la continua attivazione di tutti i soggetti in campo. Le storie che scaturiscono da un lavoro sulle ombre possono essere sia legate al mondo dell’immaginario e della fantasia, sia introspettive e connesse alla dimensione interiore del bambino, di come percepisce la propria immagine di sé, nei suoi aspetti di luce e di ombra. Approfondita la definizione di laboratorio teatrale delle ombre, proviamo ora a valutarne le ricadute didattiche nel contesto scolastico della scuola primaria. Facendo riferimento alle Indicazioni Nazionali del 2012, i traguardi individuabili all’interno dei processi di apprendimento attivati nel laboratorio proposto sono relativi allo sviluppo delle competenze delle aree disciplinari di Italiano, Arte e Immagine e Educazione fisica. Certamente, questi sono solo alcuni dei traguardi che potranno essere inclusi in fase di progettazione dall’insegnante; altri potranno essere da questo valutati in base a differenti scelte progettuali (come per esempio, i traguardi di Storia e di Scienze). Entrando nello specifico della disciplina legata allo sviluppo delle competenze nella lingua madre, si delineano due traguardi, inerenti agli aspetti orali e a quelli scritti della produzione verbale. Nello specifico, si fa riferimento alla competenza dell’alunno «di partecipare a scambi comunicativi in modo chiaro e pertinente e alla competenza di scrivere brevi testi coerenti e coesi all’interno di situazioni autentiche» proposte dal contesto scolastico. I testi fantastici, in particolare, sono scelti per la sperimentazione delle potenzialità espressive della lingua italiana, anche in relazione ad altri linguaggi al fine di produrre testi multimediali. In quest’ottica, il laboratorio teatrale delle ombre attiva percorsi in cui mettere alla prova le proprie competenze comunicative al fine di produrre testi narrativi che possano essere compresi da un pubblico di spettatori. La possibilità di inserire il lavoro in un contesto di senso per i bambini porta questi ultimi a lavorare sulle proprie produzioni tendendo ai principi di completezza, chiarezza e coesione necessari affinché una narrazione sia comprensibile a un pubblico. Inoltre, la presenza di un gruppo di lavoro che scambia le parti di attore-spettatore permette uno scambio di visioni che si integrano tra di loro per raggiungere gli scopi preposti nel laboratorio. I traguardi di sviluppo delle competenze artistiche, invece, fanno riferimento alla capacità di esprimersi e comunicare in modo creativo e personale. Tra i traguardi di sviluppo, si annovera quello di saper utilizzare conoscenze e abilità per produrre tipologie di testi visivi, tra i quali anche quelli narrativi, rielaborando le immagini con molteplici tecniche, tra queste anche quella audiovisiva e multimediale. Nella trasposizione del Teatro delle ombre in Arte e Immagine, la tecnica di produzione di immagini d’ombra è quindi inserita in un quadro più ampio di analisi e rielaborazione delle immagini e di interazione con gli altri linguaggi. Infine, non dimentichiamo che anche il corpo è soggetto preso in causa all’interno di un laboratorio che rende il «fare» un perno centrale del processo di apprendimento. Per questa ragione, il laboratorio include nel suo orizzonte il traguardo di sviluppo legato alla disciplina di Educazione fisica che vede tra i suoi obiettivi quello di «Utilizzare il linguaggio corporeo e motorio per comunicare ed esprimere i propri stati d’animo, anche attraverso la drammatizzazione e le esperienze ritmico-musicali e coreutiche». L’uso del codice cinestetico come modalità comunicativa ed espressiva ben si coniuga con il lavoro di ricerca di completamento della sagoma d’ombra e di acquisizione di abilità espressive in un contesto che lavora per sottrazione. Come rendere il mostro arrabbiato in un mostro gioioso? Come esprimere con la propria ombra corporea la tristezza, la gioia, la rabbia se in ombra non è visibile la mimica facciale? Queste e altre domande sono buoni spunti di partenza per un lavoro che vede il corpo e le emozioni protagoniste del processo di apprendimento all’interno del contesto laboratoriale.
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Search-ME - Erickson 10 Didattica
Alessandra Falconi, esperta di educazione ai media e creatività digitale, spiega gli obiettivi che è possibile raggiungere con la realizzazione di percorsi creativi con i bambini
«Creare» è un verbo che richiama almeno sette possibilità del fare: far capire che conoscere è possibile; far manipolare piccole parti di un mondo che può essere descritto; far costruire i propri concetti perché l’oggetto pone interrogativi reali; fare per spiegare: prima faccio previsioni, poi osservo, verifico, annoto, cerco di capire, modifico, immagino, scopro delle variabili; fare è l’urgenza di avere da dire che spinge il bambino a cercare le parole precise; fare esperienze: «vi è apprendimento tutte le volte che un’esperienza lascia una traccia... che sarà poi ampliata, trasformata, rielaborata, connessa con altre ogni qualvolta il problema si ripresenterà» fare è saper pazientare: il tempo che la tempera si asciughi, che il compagno mi passi le forbici, che il seme diventi piantina... fare è l’unica premessa del riuscire: perché far dire a un bambino «Non ci riesco»? Le eventuali difficoltà possono essere gestite e affrontate, si può chiedere aiuto e supporto. Alberto Manzi, l’indimenticabile maestro di Non è mai troppo tardi, da cui ho rielaborato questa lista, scriveva che «“creatività” non significa vivere nel mondo dei sogni, della fantasia sfrenata senza limiti, ma saper riconoscere un problema e realizzare i modi per trovare la soluzione del problema stesso. Solo chi è in possesso di tale capacità può essere sicuro di riuscire ad affrontare con successo ogni imprevisto». Questa definizione palesa il confine dell’esperienza vissuta da tanti docenti durante questo lungo periodo di pandemia. Una situazione imprevista ha attivato la creatività degli insegnanti per affrontare l’emergenza, cercando ogni leva possibile per tenere in equilibrio il «buono» e il «fondamentale» della scuola. La competenza, ma anche la fantasia, la professionalità così come l’immaginazione hanno dato forma a idee, progetti e percorsi che hanno tenuto in vita l’idea di una scuola come possibilità di scoperta collettiva e appassionante del mondo. Anche quando il mondo sembrava avere ben poco da dare agli alunni e alle alunne. Nuovi percorsi creativi sono nati dall’urgenza di recuperare l’esperienza del creare e immaginare anche in una scuola a distanza e dematerializzata. E alcune insegnanti ci hanno mostrato come raggiungere obiettivi importanti: il bisogno di sostenere l’espressività: comunicare e condividere quello che si stava vivendo, il forte bisogno di relazioni quotidiane, potersi esprimere attraverso esperienze grafico-visive libere dall’ansia della valutazione; l’accessibilità delle esperienze proposte: tutti i bambini e le bambine hanno partecipato. Realizzare una mostra degli oggetti più brutti che si hanno in casa oppure il museo delle «cose gialle»... Queste proposte hanno avuto anche il merito di far sorridere, di ricreare piccole complicità tra adulti, bambini e ragazzi, come avveniva nel contesto della classe; la sostenibilità dei «compiti» assegnati: comporre ritratti con gli scarti della cucina, fotografare classificando per colore... erano consegne possibili per tutti, senza provocare divari o diseguaglianze nella possibilità di vivere e condividere queste esperienze; il recupero della dimensione collettiva: è fondamentale trovare il modo di coltivare e proteggere la gioia dell’imparare insieme. Bambini e bambine, dalle loro camerette collegate, rischiavano una scuola esclusivamente «in solitaria». Recuperare, almeno parzialmente, qualcosa di un «noi» che è mancato a tutti, grandi e piccoli, è sempre necessario e urgente. Come ci ricorda Manzi, «L’apprendimento è più efficace se viene fatto in maniera creativa, ossia se spinge a immaginare, ad osservare, a dimostrare, a esplorare, a sperimentare, a verificare». Occorre allora saper progettare la manipolazione di strumenti e cose, il dialogo concreto con gli oggetti, con i materiali, affinché il bagaglio culturale dell’alunno (le sue conoscenze pregresse) possa emergere e lasciarsi modificare e precisare dalle nuove esperienze che dovrebbero ristrutturare tutto il suo sapere. Qualcosa di saputo e qualcosa di sconosciuto sono costantemente in tensione: è da qui che possiamo osservare il mettersi al lavoro della creatività, dell’immaginazione, della fantasia. Sollecitare l’immaginazione è importante non solo perché è proprio l’immaginazione ad essere necessaria allo sviluppo di nuove ipotesi e di nuove possibilità di capire, ma anche perché crea nel bambino una «abitudine» al pensare in modo creativo. La stessa creazione artistica, ben lontana dall’essere un «lavoretto», diventa un modo per guardare e capire: è il prodotto intermedio o finale (in ogni caso momentaneamente, mai in modo definitivo) di un percorso di ricerca che il bambino ha fatto. Ma può anche essere la stessa modalità di ricerca: può il fare arte e lavorare ai manufatti essere paragonato anche al fare scienza con i suoi specifici strumenti? Può essere un modo per fare domande al mondo? Alberto Manzi ci invita a considerare quanto sia importante questo «lavoro visivo» per il bambino e per i suoi processi cognitivi, per lo sviluppo percettivo ed emotivo, per la crescita della coscienza sociale, per la sua evoluzione creativa.
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