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I mini gialli dei dettati 2
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L’educazione civica prende forma all’aperto

Esempi di cittadinanza attiva dentro e fuori la scuola per diventare membri consapevoli della comunità

Da quando nella scuola si parla di educazione alla cittadinanza gli insegnanti si sono trovati di fronte una sorta di «materia» sui generis, incerta tra la dimensione disciplinare vera e propria e il costituirsi come esperienza trasversale nella quale s’intrecciano aspetti cognitivi, affettivi, motivazionali e conoscenze, competenze, valori e comportamenti. In modo simile, ciò è accaduto nella lunga storia dell’educazione ambientale e alla sostenibilità.

Qual è quindi lo scenario nel quale si trova oggi la scuola che deve formare bambini e ragazzi come cittadini consapevoli? 

Credo che il cittadino consapevole sia colui che ha una postura, un modo di essere e di pensare legato al sapersi muovere nello spazio comune: prestare ascolto al mondo che ci circonda, essere vigili su quello che ci accade, interagire con gli altri con empatia, prestando fiducia. Quello che bambini e ragazzi chiedono, in modo sempre più consapevole, è di entrare davvero nell’ambiente di vita quotidiano, con i conflitti reali, le cose che non vanno o quelle che invece sono in buon equilibrio. Questo è l’ambiente di vita che merita di essere preso in considerazione attraverso progetti e azioni dove i bambini siano autenticamente presenti.

Prendiamo ad esempio il giardino scolastico o il parchetto pubblico lì vicino, che per i bambini e le bambine è uno spazio importante: per molti di loro rappresenta lo spazio privilegiato per sperimentare l’autonomia nelle relazioni con i compagni e costruire un rapporto positivo, interessato, curioso e consapevole con il mondo naturale che li circonda. 

Sono moltissimi i progetti delle scuole che prendono in considerazione i giardini come occasioni didattiche, ma non si tratta solo di pulire le aree verdi o di aggiustare gli arredi urbani.

La collaborazione tra persone, enti e istituzioni porta a risultati concreti, che permettono di sperimentare la soddisfazione di aver costruito un servizio utile alla comunità e riqualificato il “bene comune”. 

Quello che fa davvero la differenza nei diversi progetti è partire dai bambini, da quello che fanno nei momenti liberi, da quello che scopriamo di loro osservandoli in modo attento e consapevole, metodicamente.

Il giardino scolastico

Già nel lontano 1999 nelle scuole primarie Ciari e Garibaldi di Casalecchio di Reno (Bo), dopo un lungo lavoro di progettazione e realizzazione partecipata con tutta la comunità scolastica, si è arrivati alla riqualificazione dello spazio scolastico esterno in collaborazione con il Comune, poi aperto a tutti, nell’ottica di gestione del “bene comune”. I bambini hanno così scoperto che per realizzare un sogno condiviso bisogna andare a fondo nella comprensione delle visioni altrui, del buon senso e delle regole, del fattibile e del non realizzabile.

La comunità educante

Con lo stesso modo di intendere la partecipazione e l’idea di comunità educante, attraverso un Patto di collaborazione gli ospiti di un centro di salute mentale a Ravenna, i famigliari, le tre scuole vicine, la parrocchia e il Comune si sono attivati per trasformare e rendere vitale lo spazio esterno al centro di cura. Nel 2011 è stato poi inaugurato il nuovo Giardino dedicato a Franco Basaglia, rendendo concreta l’idea che contaminando le competenze cliniche con il tessuto comunitario tutto il mondo può diventare terapeutico, e che sia possibile seminare interesse verso l’utilizzo del verde pubblico come tecnica di partecipazione attiva di una comunità alla realizzazione della salute pubblica.

Soluzioni condivise per problemi comuni

Un’altra grande opportunità di fare educazione civica sono i Pedibus, diffusi a macchia d’olio in moltissime scuole. È stato il caso di un altro progetto nel comune di Cesena, che ha visto coinvolti il Comune, i bambini della scuola, i ragazzi ospiti della casa di accoglienza «La Fenice» e cittadini volontari nella riqualificazione del sottopassaggio che doveva condurre i bambini a scuola. 

Il risultato non è stato solo quello di rendere bello uno spazio e rallegrare i passanti: l’esperienza ha rinforzato la coesione, il senso di appartenenza alla comunità e di responsabilità, la collaborazione attiva e la percezione di poter intervenire sulla realtà. Si è messa in pratica quella che Schenetti e Guerra definiscono «un’educazione che parta dai problemi legati al territorio locale, percepiti come rilevanti dai bambini e dagli adulti di riferimento, cercando di mantenere un rapporto continuativo tra scuola e territorio».

Per ritrovare una scuola oltre la scuola ogni percorso di apprendimento non può che nascere dal desiderio.

È ciò che ci spinge a iniziare qualsiasi cammino ed è ciò ci fa guardare al futuro con maggior fiducia, perché aprire uno spiraglio alla possibilità di immaginare ci fa costruire un ponte verso il futuro. Dobbiamo farci guidare dai bambini: inesauribile fonte di immaginazione e di soluzioni inedite.

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