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Che visione hanno di sé gli studenti neurodivergenti? Ecco come l’educazione inclusiva può aiutarli a sbloccare le proprie potenzialità latenti 1

Che visione hanno di sé gli studenti neurodivergenti? Ecco come l’educazione inclusiva può aiutarli a sbloccare le proprie potenzialità latenti

Una nuova prospettiva sulla neurodiversità che aiuta gli studenti e le studentesse neurodivergenti a guadagnare sicurezza e senso di autoefficacia

Le interferenze che influiscono sulla visione che gli studenti neurodivergenti – soggetti con sviluppo neurologico naturalmente atipico – hanno di sé si ripercuotono anche sulla qualità delle loro strategie metacognitive, così come sulle loro esperienze di vita quotidiana. Sostenendo l’educazione inclusiva si implementano le pratiche di riprogettazione ambientale e metodologica, consentendo all’apprendente di massimizzare la qualità della propria visione di sé.

Una nuova prospettiva sulla neurodiversità

L’interesse internazionale riguardo i Disturbi del Neurosviluppo continua ad aumentare (Maccione, 2020); l’ultimo trentennio, in particolare, ha condotto a un miglioramento delle esperienze di studio di soggetti neurodivergenti all’interno di ambienti d’apprendimento linguistico improntati all’accessibilità (Daloiso, & Paita, 2023).

Studi recenti (Armstrong, 2011; Singer, 2017;) hanno evidenziato che le accezioni cliniche che si celano dietro alla correlazione neurodiversità-disabilità sono, nella maggior parte dei casi, la conseguenza di  diagnosi categorizzanti e denigratorie di condizioni neurologiche che si allontanano dagli standard di normalità culturalmente e storicamente determinati.

A proposito di questo, Armstrong (2011) riflette su come, prima degli anni ’70, la maggior parte dei  professionisti nel campo dell’istruzione non fosse a conoscenza di condizioni neurologiche quali l’autismo o l’Asperger. Nella prospettiva sociologica dell’attivista Judy Singer (2017), non si può più parlare di “broken brains”, ovvero di “cervelli guasti”: con ciò non si nega l’esistenza dei disturbi cognitivi che spesso rendono faticoso l’inserimento sociale di soggetti neurodivergenti.

L’intenzione della “nuova” Neurodiversità, intesa come movimento sociale, è quella di contrastare la tendenza a una prospettiva disease-based – di stampo tradizionalmente biomedico – con una controtendenza bio-psico-sociale che metta al primo posto le unicità qualitative e l’interazione con l’ambiente, piuttosto che le differenze neurologiche.

I benefici dell’educazione inclusiva e gli ostacoli incontrati da apprendenti non neurotipici

L’educazione inclusiva di studenti con neurodiversità si traduce in pratiche di riprogettazione degli ambienti e dei metodi d’insegnamento che consentono ad ogni studente di massimizzare la qualità delle proprie strategie d’apprendimento attraverso risorse flessibili, coinvolgenti e innovative.
Questo è dimostrato, ad esempio, dalla diffusione di metodologie didattiche basate sul Game-Based Learning (Mattiassi, Ghirarduzzi, & Bacaro, 2023).

 Nei sistemi educativi internazionali esistono tuttavia numerosi ostacoli all’autonomia d’apprendimento che conducono spesso a comportamenti impulsivi e rinunciatari da parte degli apprendenti, oltre che ad una negativizzazione dell’immagine di sé dovuta dalla percezione sminuita della propria diversità.
Ad esempio, nel caso di apprendenti di lingue straniere nello spettro autistico, è stata individuata una triad of impairments (Wire, 2005) formata da:

  • difficoltà nell’interazione sociale
  • difficoltà nella comunicazione
  • difficoltà nella flessibilità cognitiva e immaginativa

Nonostante sia stato dimostrato che molti soggetti neurodivergenti possiedono abilità linguistiche adeguate o superiori alla norma (Sparapani et al., 2016; Estes et al., 2011), il rapporto one-to-one resta faticoso, perché le abilità interpersonali sono intaccate da difficoltà nell’interpretazione delle espressioni facciali e delle emozioni.                                                                                                                                             
Questo comporta una tendenza all’isolamento e/o al disinteresse verso i lavori di gruppo o in coppia, sebbene sia stato dimostrato che le classi di lingua straniera sono fra le poche occasioni in cui questi apprendenti interagiscono con i compagni di classe e migliorano le proprie abilità sociali e comunicative (Wire, 2005).

Anche in presenza di difficoltà comunicative (prosodia incerta, mutismo selettivo, ecolalia, ecc.) che portano allo sviluppo di difficoltà emotive quali l’ansia sociale, oppositività, rischio d’emarginazione e bullismo, molti studenti con ASD hanno comunque una comprensione linguistica più che adeguata.

Infine, uno degli aspetti più invalidanti riguarda il dover affrontare autonomamente il cambiamento ambientale che il passaggio dall’educazione scolastica a quella accademica comporta. Si segnalano tendenze alla distrazione, all’affaticamento cognitivo, alla mancanza di spazi personali dedicati alla desensibilizzazione sensoriale; o la difficoltà nel seguire le lezioni senza supporti visivi e/o multimediali.

Per queste ragioni, si ritiene che una classe improntata a uno scaffolding linguistico reiterato e al supporto di tecnologie per lo studio permetta agli apprendenti di guadagnare sicurezza e senso di autoefficacia, abbassando i livelli di stress e soggezione, e dando spazio a una comunicazione più efficace (Wire, 2005).

Conclusioni

L’ingresso della Neurodiversità nel novero dei movimenti sociali riconosciuti a livello internazionale è, oltre che etico – come lo sono stati l’inclusione delle differenze di genere, cultura, etnia e orientamento sessuale – doveroso. Difatti, per raggiungere un’equità di studio, occorre ricolmare il baratro creato dall’azione erosiva della segregazione e della marginalizzazione di soggetti non neurotipici nelle società occidentali.

Riferimenti bibliografici

Armstrong, T. (2011). The Power of Neurodiversity: Unleashing the Advantages of Your Differently Wired Brain, (pub- lished in Hardcover as Neurodiversity). Da Capo Lifelong Books.

Daloiso, M., & Paita, M. (2023). APPRENDIMENTO DELLE LINGUE E BISOGNI SPECIALI: METAFORE DEL SÉ E DELL’ALTRO IN UN GRUPPO DI STUDENTI UNIVERSITARI. Italiano LinguaDue, 15(1), 625-643.

Estes, A., Rivera, V., Bryan, M., Cali, P., & Dawson, G. (2011). Discrepancies between academic achievement and intellectual ability in higher-functioning school-aged children with autism spectrum disorder. Journal of autism and developmental disorders, 41(8), 1044-1052.

Maccione, M. (2020). Videomodeling e autismo, Erickson.

Mattiassi, A., Ghirarduzzi, A., & Bacaro, G. (2023). L’Universal Game Design for Learning: una metodologia innova- tiva da integrare nei curricola scolastici e universitari. QuaderniCIRD. Rivista del Centro Interdipartimentale per la Ricerca Didattica dell’Università di Trieste.

Singer, J. (2017). NeuroDiversity: The birth of an idea. np: Judy Singer.

Sparapani, N., Morgan, L., Reinhardt, V. P., Schatschneider, C.,& Wetherby, A. M. (2016). Evaluation of classroom active engagement in elementary students with autism spectrum disorder. Journal of autism and developmental disor- ders, 46(3), 782-796.

Wire, V. (2005). Autistic spectrum disorders and learning foreign languages. Support for Learning, 20(3), 123-128.

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