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Che cos’è e come si articola la Contextual Schema Therapy

Domande e risposte su uno dei principali trattamenti evidence based per affrontare i disturbi di personalità

 

 

Che cos’è la Schema Therapy?

La Schema Therapy è uno dei principali trattamenti evidence-based per il trattamento dei disturbi di personalità. Questo modello si fonda su due concetti cardine:

  • Schema, ovvero una rappresentazione di sé, la modalità attraverso la quale ciascuno si rappresenta. È una rappresentazione fatta di emozioni, sensazioni, ricordi e che dà agli individui il senso di sé. Gli schemi nascono nel nostro ambiente di sviluppo, non solo genitoriale, ma allargato al contesto socioculturale che ci circonda.

  • Stile di coping, cioè lo stile comportamentale utilizzato per gestire il dolore causato da bisogni base che in infanzia non hanno trovato risposta (bisogno di attaccamento e bisogno di riconoscimento). Vengono individuati 3 fondamentali stili di coping:

    • Resa allo schema, dove ci si comporta come se lo schema fosse vero. Se lo schema è di fallimento, il soggetto si comporterà in coerenza con questo schema di fallimento/incapacità;

    • Stile evitante, dove non vengono intraprese azioni al fine di evitare l’attivazione dello schema;

    • Ipercompensazione dello schema, in cui il comportamento è dettato dall’agire al contrario dello schema (per esempio, se lo schema è di fallimento, l’individuo attuerà un comportamento di infallibilità, autonomia).

 

 

Schema Therapy e Contextual Schema Therapy: quali differenze

Nel tempo sono nate nuove diramazioni della Schema Therapy: quella per gruppi, per coppie, per età evolutiva. Un’evoluzione molto importante è stata quella verso la Contextual Schema Therapy, che pone l’attenzione alle terapie cognitivo-comportamentali di terza generazione, concentrandosi maggiormente sugli elementi del processo terapeutico più che sul contenuto tipico del cognitivismo. Per una semplificazione in termini di utilizzo da parte dei terapeuti, i 5 bisogni di base individuati da Young vengono ristrutturati in due bisogni primari che diventano centrali: il bisogno di attaccamento ed il bisogno di riconoscimento. Inizialmente la Schema Therapy faceva riferimento a 18 schemi. Già nel 2003 Young stesso iniziò a parlare di “mode”. È un concetto assimilabile al concetto di stato mentale: più schemi attivi possono generare più stili di coping che sfociano nello stato mentale della persona; è lo stato mentale ad orientare il comportamento e la modalità di percezione dell’altro, che viene letto e visto alla luce degli schemi e del mode in cui la persona si trova. I mode vengono classificati in gruppi, di cui i principali sono il mode bambino, i mode critici e doverizzanti, i mode di coping, ed il mode dell’adulto funzionale (quest’ultimo è quello che viene proposto in terapia). La CST vede il cuore della terapia e dell’approccio nel mode bambino, che a sua volta si suddivide in mode vulnerabile e mode arrabbiato. I bisogni fondamentali si trovano in linea generale in un continuum tra bisogno di attaccamento e riconoscimento, i due bisogni di base. Se l’equilibrio in questo continuum manca propendendo per uno solo, si attivano i mode critici e doverizzanti per rispondere ad un bisogno. Nella vita adulta però questi mode generano conflitto. Si sviluppano quindi i mode di coping, che ricalcano le naturali reazioni di qualsiasi essere vivente di fronte alla minaccia (attacco, fuga, freezing, overo mode di ipercompensazione, sottomissione, evitamento passivo – distacco - o attivo - indugiare in comportamenti ripetitivi, dipendenze).

 

 

Per quali patologie è indicata la Contextual Schema Therapy?

La Contextual Schema Therapy nasce per trattare i disturbi della personalità. È un approccio che richiede molto tempo e quindi non è il gold standard quando ci sono altre terapie efficaci e funzionali per un paziente (es. disturbo di panico). Si può utilizzare anche con pazienti che non hanno un disturbo di personalità, ma che hanno già fatto terapie senza trovare benefici. In questi casi è possibile, infatti, che ci sia una struttura di personalità che impatta molto le esperienze attuali.

 

 

Qual è l’obiettivo della Contextual Schema Therapy?

La Contextual Schema Therapy ha come scopo quello di sostenere la parte sana del paziente, il “mode dell’adulto funzionale”. Quando il paziente entra nel mode bambino trova direttamente il mode critico e doverizzante che aveva a suo tempo adottato in mancanza di risposta ai bisogni di base. La terapia, attraverso il terapeuta e il modello fornito dal terapeuta, porta il paziente alla costruzione di una figura di adulto sano che egli interiorizza “detronizzando” le parti critiche e doverizzanti. Il terapeuta diventa un modello sano relazionale che il paziente fa proprio. Si costruiscono nuovi stili di mode/coping per gestire in modo sano i bisogni.

 

 

Cosa sono i mode nella Contextual Schema Therapy?

Il concetto di “mode” è simile a quello di stato mentale: più schemi possono generare più stili di coping che sfociano nello stato mentale della persona. Il mode è lo stato mentale che orienta il comportamento e la modalità di percezione dell’altro. I principali mode individuati dalla Contextual Schema Therapy sono il mode bambino, i mode critici e doverizzanti, i mode di coping, ed il mode dell’adulto funzionale.

 

 

Quali sono le fasi del progetto di Contextual Schema Therapy?

Esistono prevalentemente due fasi: la fase di assessment e la fase di trattamento. Nella fase di assessment, si fa una valutazione in cui si cerca di individuare gli schemi, i mode, e se ne costruisce una mappa. La pianificazione del trattamento viene condivisa con il paziente e dipende fortemente dalla personalità del paziente stesso: non c’è un modello di pianificazione standard.

 

 

Quanto dura un percorso di Contextual Schema Therapy?

La Contextual Schema Therapy dura un minimo di 2 anni. È un percorso lungo proprio perché ci sono delle dinamiche interne radicate, costruite tempo fa e che quindi richiedono tempo per essere sostituite dall’adulto funzionale.

 

 

Cos’è la tecnica delle sedie?

In Schema Therapy manca il setting tipico delle scrivanie. Il paziente ed il terapeuta sono dalla stessa parte e interagiscono. Nella tecnica delle sedie, ogni sedia rappresenta un mode, ed il paziente, sedendosi su una data sedia, assume il punto di vista di quel mode per comprenderlo. L’adulto sano invece sta in piedi, fianco a fianco, perché viene dato potere all’adulto funzionale, che può muovere le sedie /mode per gestirle meglio. La prospettiva dello stare in piedi è importante: fisicamente muoversi muove anche le idee e le prospettive.

 

 

Si possono fare sedute di Schema Therapy online?

Nonostante sia preferibile lavorare in studio, il periodo storico che stiamo vivendo ha richiesto ai terapeuti creatività per attuare sedute online. Occorrono delle attenzioni specifiche, come posizionare correttamente il pc per riprendere interamente la scena. L’online dà comunque delle opportunità, rispetto alle sedute in presenza, come la possibilità di vedere sé stessi nella telecamera e far diventare quella immagine di noi stessi un mode. L’elemento fondamentale è la creatività.

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