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Aiuto a distanza

L’impatto delle tecnologie sulle relazioni di aiuto

Uno studio condotto da alcuni ricercatori canadesi nel 2012 ha indagato come la comunicazione virtuale (mail, messaggi di testo, social network, ecc.) irrompe nel lavoro sociale tradizionale, e quali sono le implicazioni pratiche, etiche, legali per la pratica professionale, l’organizzazione dei servizi e le policy. Queste dimensioni sono state indagate raccogliendo la prospettiva di un campione di operatori sociali impegnati in differenti servizi di una grande città canadese. Nonostante le differenze legate allo specifico contesto geografico, emergono aspetti di interesse anche per il nostro contesto, soprattutto dopo la spinta che la situazione pandemica ha prodotto rispetto all’utilizzo della comunicazione virtuale nel nostro lavoro.

I partecipanti alla ricerca hanno parlato di «acque torbide» in riferimento alle implicazioni etiche e ai possibili dilemmi derivanti dall’uso della comunicazione virtuale nella pratica, e tali dimensioni hanno trovato ampio spazio nelle loro riflessioni.
La prima preoccupazione è di non riuscire a garantire la riservatezza e la privacy necessarie. Gli operatori intervistati hanno riportato di non sentirsi a proprio agio con questo tipo di strumenti: alcuni sottolineano come si sentano responsabili della riservatezza all’interno della relazione, ma come questi mezzi non gli consentano di esserlo.
Il tema della protezione della privacy del professionista e della sensazione di «intrusione» è un altro tema significativo che emerge. L’utilizzo di mail, Skype, dei messaggi di testo, contribuiscono a sostenere la percezione che gli operatori siano disponibili a ogni ora del giorno. Gli operatori cercano di definire orari e disponibilità, nello sforzo di dare dei chiari limiti e confini, ma la disponibilità ad accedere a questi tipi di comunicazione sembra minare questi sforzi.

Mentre le implicazioni etiche poste dall’incorporare tali strumenti nella pratica sono state sottolineate soprattutto rispetto al loro impatto sulla riservatezza, la maggior parte degli operatori intervistati sostiene la necessità di tenerne conto e di misurarsi con queste nuove modalità all’interno della pratica.
Tra questi strumenti, l’uso dei blog e social network viene visto con più scetticismo e con maggior criticità rispetto ad altre modalità di comunicazione. Per esempio, alcuni riportano come difficile da gestire le richieste di amicizia su Facebook da parte delle persone, anche in virtù dell’assenza di regolamenti chiari o linee guida. Su questo punto, tuttavia, altri operatori sostengono la necessità che ognuno debba scegliere come gestire questi aspetti della relazione, vedendo altrimenti un rischio di intrusione ulteriore e una forzatura dall’esterno su come gestire aspetti della propria vita personali, come appunto l’utilizzo dei social network.

Se da un lato si avverte la necessità di avere regolamenti o indicazioni chiare nei codici etici per aiutare gli operatori ad affrontare i dilemmi che questi nuovi strumenti pongono, dall’altro vi è la consapevolezza che non sia possibile regolamentare tutto. Dato che la relazione è il cuore della pratica del lavoro sociale, è inevitabile che zone grigie e confini si intreccino continuamente.

L’articolo completo “Aiuto a distanza” è disponibile sul numero di giugno 2021 della rivista Erickson “Lavoro sociale”

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