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I mini gialli dei dettati 2
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L’intervento psicomotorio come sistema complesso per contrastare le povertà educative

Corporeità e dimensione ludica sono le chiavi per la costruzione di contesti educativi equi

Abbiamo ripetuto quanto il gioco sia il canale di comunicazione preferenziale per il bambino: è il suo modo di aprirsi agli altri e di trasformare il mondo. Ogni essere umano, qualunque sia la condizione socio-economica o il background culturale, conosce la dimensione del gioco: si tratta di un bisogno primario dell’uomo. Come insegna Huizinga: «Si possono negare quasi tutte le astrazioni: la giustizia, la bellezza, la verità, la bontà, lo spirito, Dio. Si può negare la serietà, ma non si può negare il gioco». Per questo acquisire competenze intorno al senso e al significato delle manifestazioni spontanee del gioco è un atto democratico, di apertura  verso ogni individuo: qualunque bambino, se accompagnato nell’esplorazione del proprio gioco, può maturare competenze e, soprattutto, riconoscere una dimensione di benessere per sé stesso, con gli altri. 

Essere consapevoli delle qualità educative del gioco è una importante azione di contrasto alla povertà educativa che dovrebbe essere patrimonio di educatrici/educatori, insegnanti, operatori sociali e genitori. 

Le Indicazioni nazionali ci dicono che «l’educazione alla cittadinanza viene promossa attraverso esperienze significative che consentano di apprendere il concreto prendersi cura di sé stessi, degli altri e dell’ambiente e che favoriscano forme di cooperazione e solidarietà» (Comitato scientifico nazionale per le indicazioni nazionali del Ministero dell’istruzione, 2012, p. 6). Che cosa meglio del gioco spontaneo e cooperativo si muove verso questa direzione già a partire dall’infanzia? 

Se si parte fin da piccolissimi a valorizzare le specificità di ciascuno in un’ottica di possibile fioritura futura delle risorse di tutti, potremo dire che da educatori avremo contribuito a diminuire lo svantaggio sociale di partenza da cui alcuni bambini partono fin dalla nascita. In quest’ottica si può strutturare un intervento con approccio psicomotorio in un servizio 0-6 anni, nella convinzione che corporeità e dimensione ludica, capisaldi della filosofia psicomotoria, siano chiavi rivelatrici per la costruzione di contesti educativi equi.

I contesti di deprivazione non solo materiale ma anche educativa possono essere causa di disagi di vario tipo nei bambini. 

Lavorando in quartieri di marginalità ci è capitato di notare come alcuni educatori individuino molto precocemente fragilità particolari in bambini che vivono situazioni di povertà materiale ed educativa. Capita che i genitori di questi bambini vengano immediatamente indirizzati ai servizi sanitari del territorio per una prima valutazione neuro-psichiatrica. Si parla di bambini che nella maggior parte dei casi non verrebbero presi in carico dai servizi pubblici di neuropsichiatria a livello terapeutico è risaputo inoltre quanto i servizi di neuropsichiatria siano in grande sofferenza a livello nazionale con lunghissime liste d’attesa per la presa in carico. In situazione di deprivazione economica e socio-culturale la soluzione dovrebbe risiedere in offerta di stimoli educativi continuativi a questi bambini, prima che le fragilità si trasformino in disagi persistenti, a partire dalla scuola e aprendosi alle opportunità che sempre più il Terzo settore cerca di costruire sui territori. Parliamo ad esempio di bambini esposti a più di due lingue ma in una situazione non adeguatamente monitorata che generalmente mostrano immaturità dal punto di vista linguistico. Come psicomotricisti ci siamo molto interrogati su questo tema e dalla nostra prospettiva professionale riteniamo che un adeguato accompagnamento allo sguardo psicomotorio dentro la scuola possa sostenere educatrici ed educatori ad aumentare le risorse professionali per rispondere prontamente a bambini in difficoltà a causa di ipo-stimolazione a livello sociale, educativo, culturale.

Quali sono quindi gli obiettivi della proposta psicomotoria a scuola?

  • Accrescere competenze di educatrici ed educatori a scuola nel riconoscere segnali predittivi di possibile disagio educativo (scuola dell’infanzia).
  • Accrescere la competenza di dialogo con il territorio per il sostegno di bambini ipo-stimolati: se stimolati correttamente, è possibile prevenire il futuro manifestarsi di disagi di vario tipo.
  • Attivare uno sguardo particolare sul lavoro di raccordo tra scuola dell’infanzia e scuola primaria.
  • Supportare il collegio nell’ottimizzare le risorse già presenti nel corpo docente.
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