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Psicomotricità e educazione in natura: quale relazione?

La voglia di riappropriarsi di spazi aperti è cresciuta molto negli ultimi anni. Vediamo in che modo le esperienze di educazione in natura possono integrare le potenzialità della pratica psicomotoria

Negli ultimi anni, soprattutto in questo periodo storico che ha portato i bambini a crescere ancora di più all'interno di spazi chiusi, è andata via via fortificandosi non solo la voglia, ma anche la necessità di riappropriarsi degli spazi ampi e aperti offerti dai contesti naturali. In questo contesto, è interessante pensare alla diffusione che hanno avuto le esperienze di educazione in natura.

In Europa, nonostante l'ampia letteratura a riguardo, le scuole di educazione in natura rappresentano ancora un'entità eterogenea, priva di un modello unico e definito. Ciononostante, esse sono accomunate da un approccio che mette il bambino al centro, promuovendo le sue competenze di sperimentazione, di adattamento e sociali. Dal testo Educare in natura di Lucia Carpi, "la filosofia alla base di tutte le scuole nel bosco è che «se conosci ami, se ami proteggi»: l’obiettivo educativo è, allora, favorire nei bambini la conoscenza e l’amore per la natura, affinché, un giorno, possano averne cura; facendo ciò si intende più in generale nutrire il senso di appartenenza all’armonia cosmica di cui ciascun essere umano fa parte e in questo modo si vuole trasmettere l’amore per la vita e per gli altri."

Ma cosa accade alla relazione educativa quando si esprime all’aperto e quali cambiamenti possiamo osservare nelle potenzialità psicomotorie di questa dimensione educativa ancora poco esplorata?

Se dal punto pedagogico il dibattito è sempre attuale rispetto alla possibilità di una progettualità e dell'efficacia dell'educazione in natura, anche in un'ottica psicomotoria è interessante chiedersi se e come si possano utilizzare le competenze della psicomotricità anche in contesti differenti dal classico setting in cui gli psicomotricisti sono abituati a lavorare.
Nel testo Educare in natura, Lucia Carpi fornisce utili spunti di riflessione ad educatori e psicomotricisti per riflettere e trovare risposte a queste domande, sottolineando ad esempio come già di per sé l'ambiente naturale offra delle potenzialità rispetto agli spazi aperti e ampi, ai materiali e alle nuove occasioni sensoriali offerte in maniera spontanea dalla natura ai bambini.

Non è difficile dunque pensare a come questi nuovi ambienti possano valorizzare aree di sviluppo come l’acquisizione delle autonomie, l’integrazione personale e quella gruppale.

Il ruolo della psicomotricità all'interno dei progetti di educazione in natura

L'importanza di basarsi sul sapere psicomotorio nella progettazione di interventi educativi in contesti naturali deriva dal fatto che è proprio della psicomotricità individuare i modi più adeguati per intervenire a supporto di una crescita armonica del bambino nei diversi contesti possibili.

Tanto più in un contesto non strutturato come quello naturale, che chiede a gran voce uno sguardo globale ed integrato della persona, e nello specifico del soggetto in età evolutiva, la psicomotricità può fornire una metodologia di integrazione corpo-mente, "lontano dalle logiche della prestazione". La psicomotricità infatti suggerisce i modi attraverso cui facilitare la strutturazione, attraverso il movimento nello spazio ed il gioco spontaneo, la costruzione di un Io in relazione con il mondo circostante.

L'idea non è quella di estendere la pratica psicomotoria all'aperto, dove le caratteristiche dell'ambiente e degli strumenti renderebbero il setting di complessa strutturazione; bensì sottolineare l'importanza di includere le conoscenze e gli strumenti relazionali dell'approccio psicomotorio nella formazione degli educatori e nella fase di pianificazione e formulazione di un progetto educativo in natura.

Tra gli obiettivi della pedagogia in natura troviamo, in generale nel contesto europeo e nello specifico del panorama italiano:
1. fare conoscenza diretta dell’ambiente e maturare un senso di rispetto per esso;
2. esprimersi in modo globale a livello personale e sociale nei linguaggi tipicamente dell’infanzia, ovvero motorio, simbolico, rappresentativo;
3. fare esperienze pratiche che coinvolgano pienamente la sensorialità;
4. fare esperienza delle dimensioni esplorative e di adattamento al cambiamento e all’imprevisto;
5. ruolo maggiormente attivo nell’apprendimento;
6. acquisizione facilitata delle autonomie;
7. aumento dello stato di benessere psicofisico.

Come può la psicomotricità contribuire agli obiettivi della pedagogia in natura?

A seconda degli elementi che andiamo a considerare rispetto alla pedagogia in natura, la psicomotricità può dare contributi molto specifici.
Il rischio, legato all'imprevedibilità di un ambiente naturale, da un punto di vista psicomotorio diventa occasione educativa quando la sicurezza è garantita dall’adulto, non è un'imposizione normativa, e si esprime come una giusta protezione «che si declini con il giusto spazio di sperimentazione e di esplorazione, che quindi preveda un certo grado di rischio» come afferma Ferruccio Cartacci nel volume Movimento e gioco al nido.

Come sottolineato da Lucia Carpi: "Questa visione psicomotoria della sicurezza va quindi ben oltre la sicurezza fisica, così come va oltre anche all’apprendimento cognitivo del rischio stesso; essa mette l’accento sull’indispensabile accoglienza del mondo emozionale del bambino e sulla conseguente necessità di competenze professionali atte all’elaborazione delle emozioni e, senza le quali, l’apprendimento diventa, nella migliore delle ipotesi, esclusivamente mentale e perciò non integrato a pieno."

Tutte le riflessioni qui presentate e ulteriori osservazioni che possono nascerne, non devono essere tuttavia riassunte con il concetto che educazione in natura e psicomotricità possono sostituirsi l’una all’altra: se anche fosse possibile, ciò rischierebbe di portare alla perdita di importanti opportunità educative e del mancato ascolto di un diritto profondo dei bambini come quello di essere educati nella pluralità degli sguardi.

"Lo sguardo psicomotorio, specializzato nella relazione e nella comunicazione affettiva ha la peculiarità di saper leggere, tradurre e rispecchiare in modo strutturante i significati dei linguaggi della spontaneità infantile." Per questo, l'approccio della psicomotricità può fornire un utile contributo al nuovo modo di osservare e rispondere ai bisogni dei bambini, dal punto di vista dell'educazione in natura, soprattutto negli ultimi tempi.

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