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Rinforzare le difese degli alunni - Erickson 1

Rinforzare le difese degli alunni

Ci sono tanti modi con cui un insegnante può sostenere il benessere in classe

Durante l’atto del trasmettere competenze un insegnante ha alla propria portata molti strumenti per sostenere il benessere dei ragazzi. Può, per esempio, astenersi dall’essere giudice temibile (alleato dell’errore contro il bambino) per essere invece alleato del bambino di fronte alle sue fatiche; può sforzarsi di insegnare in modo coinvolgente e appassionante, costellando le nozioni di emozioni positive; può incoraggiare l’autostima degli alunni con il tocco, lo sguardo, il sorriso, il tono della voce, la certezza dell’affetto. 

Può concentrare il suo intervento sull’aiuto, la facilitazione - dove occorre - e su quella warm cognition di cui nei miei interventi parlo spesso, la cognizione emotiva, anziché su un processo meccanico di somministrazione (io lo chiamo «ingozzamento») e valutazione; può cercare di motivare i ragazzi allo studio autonomo proponendo loro sfide che siano stimolanti, ma non soverchianti. 

Può adottare una didattica che sia realmente in sinergia con i meccanismi dell’intelligenza e dei suoi specifici domini di funzione.

Tutti questi comportamenti forniscono ai ragazzi quelli che potremmo definire anticorpi contro il disagio a scuola, rinforzano le loro difese per affrontare le difficoltà che incontreranno nel loro percorso, sostengono il loro benessere e la loro capacità di vivere l’esperienza scolastica con emozioni positive.

Non ho usato l’immagine degli anticorpi per caso: l’ho fatto pensando alle parole che ho ascoltato, durante un convegno dell’IARLD, dalla studiosa Malka Magalit. Lei ci ha parlato della metafora del respiro, che si rivela particolarmente adatta per l’argomento in questione.

Sappiamo tutti che ogni organismo vivente respira; ciascuno di noi lo fa: ogni volta che inspira porta l’aria dentro di sé. Il meccanismo del sistema cardiovascolare fa sì che l’ossigeno contenuto in essa, attraverso il sangue, vada a nutrire tutte le cellule dell’organismo - un processo imprescindibile per la sopravvivenza, che avviene in un tempo misurabile in millisecondi - lì avviene uno scambio: al posto dell’ossigeno vengono recuperate altre sostanze, fra cui delle tossine e dei batteri, che verranno emesse nel momento dell’espirazione nel sistema ambiente.

Ora, secondo la studiosa l’intelligenza umana, che è distribuita e sociale, adotta un meccanismo molto simile: nel momento in cui io ti spiego una cosa, l’informazione entra dentro i tuoi sistemi, li nutre, ne è modificata e viene poi restituita all’ambiente sociale in una forma differente. E le «tossine»?

Facciamo un passo indietro, immaginiamo che io abbia l’influenza e mi trovi in una stanza affollata: espirando emetterò anche una grande quantità di micro-organismi nocivi e, se i presenti non hanno delle difese immunitarie forti, rischiano di ammalarsi; se ciò capitasse tutti i giorni, chi è in quella stanza si ammalerebbe in continuazione. A meno che abbia delle difese sufficientemente resistenti per non essere contagiato. 

Questa metafora ci illumina sul fatto che per poter assimilare positivamente il pensiero altrui i bambini devono poter sviluppare adeguati sistemi di filtro.

Se chi sta con i bambini tante ore al giorno e insegna loro a pensare (dalle lettere ai numeri, al mondo, all’universo, fino al loro cuore) è pieno di patogeni — fuor di metafora, se comunica noia, se odia il suo lavoro, se intimorisce, se ha un atteggiamento distaccato e giudicante, ma anche se è portatore di bias, di distorsioni nell’interpretazione della realtà — rischia di ledere il benessere e la capacità di apprendimento dei suoi allievi associando sensazioni negative alle nozioni che insegna e all’esperienza scolastica in generale.

Viceversa, un insegnante rinforzerà le «difese» di uno studente se saprà supportare quei processi di autoregolazione emozionale che permettono di proteggersi dalle «tossicità» psicosociali della mente condivisa, dentro quell’organismo che ogni classe è.

Questo testo è tratto dal libro "Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere" di Daniela Lucangeli.

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