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I mini gialli dei dettati 2
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Risultati trovati: 88
Search-ME - Erickson 1 Cultura
Il documentario sulla vita di Martina Caironi e Piergiorgio Cattani premiato agli Italian Paralympic Awards 2019
Due persone con storie diverse, ma che si trovano entrambe a confrontarsi con un evento sconvolgente, che inevitabilmente incide sul loro percorso di vita. Da una parte, un incidente in moto che porta all’amputazione di una gamba. Dall’altra, una patologia invalidante come la distrofia. Due eventi che potrebbero annientare una persona, ma ai quali i due protagonisti riescono a reagire positivamente, senza chiudersi in se stessi, anzi inventandosi o reinventandosi dei percorsi controcorrente e a trovare una propria, peculiare e felice, realizzazione.   Le due persone in questione sono Martina Caironi, atleta paralimpica con protesi alla gamba sinistra, vincitrice di numerose medaglie alle Paralimpiadi e ai mondiali paralimpici sia nei 100 metri che nel salto in lungo, e Piergiorgio Cattani, scrittore, giornalista e direttore del portale www.unimondo.org, da un po’ di tempo attivo anche in politica.   Dalle loro storie è nato un documentario: “Niente sta scritto” di Marco Zuin, già conosciuto e premiato a livello internazionale per altri lavori di regia. Il messaggio di “Niente sta scritto” è che la vita riserva sorprese, positive e negative, ma che, grazie alle persone, alle relazioni, ai desideri, ai sogni, all’impegno concreto e anche alle difficoltà impreviste, anche un’esistenza segnata da eventi sconvolgenti, come una malattia o un incidente, può dipanarsi secondo i propri desideri. Nulla è scontato, nel bene e nel male, “Niente sta scritto”, come dice Lawrence d’Arabia nell’omonimo kolossal del 1962.   Il documentario “Niente sta scritto” è stato a sua volta apprezzato ed è in attesa di essere premiato giovedì 13 giugno durante la Cerimonia degli Italian Paralympic Awards 2019. Siamo felici, come Erickson, di aver partecipato alla realizzazione di questo progetto.  
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Search-ME - Erickson 2 Didattica
Come ripartire alla grande da dove ci eravamo lasciati
L’inizio del nuovo anno scolastico è il momento migliore per porre al centro dell’attenzione di alunni e insegnanti il benessere relazionale e lo sviluppo delle abilità sociali. I nostri alunni tornano a scuola carichi di emozioni e aspettative, con un bagaglio di esperienze, avventure, amicizie, conoscenze che la lunga pausa estiva ha lasciato loro. Ognuno ha vissuto la sua estate: c’è chi si è frequentato, chi non si è più visto, chi ha provato nostalgia per qualche compagno, chi proprio non aveva voglia di riprendere con la solita routine. Alle volte il gruppo cambia: qualcuno si trasferisce lontano e qualcuno di nuovo arriva nel quartiere.  COSA FARE NELLE PRIME SETTIMANE DI SCUOLA In questo periodo è importante dedicare tempo a riconsolidare le relazioni e il clima di classe, per lavorare poi con serenità nella costruzione delle diverse competenze richieste dal curricolo. Il tempo dell’accoglienza e della cura alla relazione è un tempo funzionale all’apprendimento; se risulta più facile programmare attività volte a questo obiettivo nelle prime settimane, è nella costanza degli interventi che il gruppo sviluppa la capacità di lavorare in sinergia e in modo funzionale, come una grande macchina complessa fatta di ingranaggi diversi ma proprio per questo importanti gli uni per gli altri. I bambini e le bambine passano gran parte del loro tempo nella scuola, l’interazione e convivenza con più compagni caratterizza le intense giornate di attività dentro e fuori dall’aula.  L’incremento della complessità nella gestione delle classi è esperienza quotidiana e innegabile di ogni insegnante che, con più o meno consapevolezza, si trova a «tessere i fili» in una trama a diversi e intrecciati ancoraggi - alunni, famiglia, comunità, colleghi, istituzione scolastica, contenuti di apprendimento, motivazione, bisogni educativi speciali - con grande delicatezza per mantenere un equilibrio che è spesso instabile.  BENESSERE (E MALESSERE) A SCUOLA Le recenti ricerche, condotte in Italia da una Commissione ministeriale che si occupa del benessere (e malessere) a scuola, confermano l’alert lanciato dall’OMS rispetto a una sempre più precoce condizione di vulnerabilità dell’umore e della sfera emozionale nei bambini e che prosegue nei gradi successivi con una demotivazione scolastica importante.  È esperienza quotidiana dell’insegnante essere sollecitato nel suo ruolo educativo a rispondere con efficacia a diversificate difficoltà: gestione dei conflitti, mediazione di comunicazioni difficili, sostegno ai bambini e bambine che non sanno rispondere adeguatamente in situazione di frustrazione, risposte a comportamenti oppositivi, problematicità che emergono per le più svariate motivazioni.  Si riscontrano sempre più bisogni differenziati nei bambini e nelle bambine, non solo dal punto di vista cognitivo, ma anche da quello emotivo-affettivo e dell’autocontrollo. La scuola ha dunque il compito di trovare strumenti efficaci e consapevoli capaci di dare risultati per lo sviluppo delle competenze formative, per il benessere e per la vita dei suoi alunni.  L’IMPORTANZA DELLE LIFE SKILLS Riuscire a far lavorare costruttivamente i bambini e le bambine insieme è un traguardo, non un punto di partenza, come spesso si pensa; in molti casi, per l’impostazione attuale della società e della famiglia, la scuola diventa il primo luogo dove i bambini e le bambine interagiscono in uno spazio sociale regolamentato e quindi bisogna aiutarli anche a raggiungere le competenze sociali.  Per usare le parole di Kurt Lewin, «il gruppo è qualcosa di più, o meglio dire, qualcosa di diverso, della somma delle singole parti». Strumento prezioso per questo obiettivo sono le life skills, competenze sociali e relazionali che permettono agli alunni di affrontare in modo efficiente le esigenze di vita quotidiana e che sono state riconosciute nel 1993 dal Dipartimento di Salute Mentale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel documento Life skills education in schools, come tecniche privilegiate per la promozione dell’educazione alla salute a partire dall’ambito scolastico. Inoltre, queste competenze aderiscono in pieno a due importanti punti chiave della didattica inclusiva: attivazione della risorsa compagni ed emozioni-variabili psicologiche nell’apprendimento.  
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Search-ME - Erickson 3 Gioco
Mille idee per inventare storie infinite e raccontarle
Come stimolare creatività e fantasia nei bambini? Inventare storie è senza dubbio un’attività utile in questo senso.  Ideata e illustrata da Giulia Orecchia, una delle più famose illustratrici italiane, Le mille e una storia è una semplice scatola che ha il potere di dar vita a interi universi, grazie ai materiali che stimolano la creatività e la fantasia. Le mille e una storia propone tanti giochi, come la Tombola delle storie, mappe e carte, che si possono intrecciare, modificare e reinventare all’infinito: i bambini inventeranno sempre nuove storie, sviluppando così linguaggio e abilità narrative. Potranno giocare sia a casa che a scuola, sfidandosi tra loro o collaborando per scrivere un’unica storia.  Quando l’unico limite è la fantasia, tutto diventa possibile: i più piccoli potranno battere i grandi e i grandi sfidare i più piccoli. Cosa aspetti? Inventa la tua storia!
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Search-ME - Erickson 4 Didattica
Un compito impegnativo, ma fondamentale per favorire l’apprendimento
 Accompagnare un bambino nella sua crescita emotiva è un compito impegnativo. Aggressività, demotivazione, carenza di autocontrollo, difficoltà nel rispettare le regole o accettare le proprie frustrazioni dell’apprendere sono solo alcuni dei problemi frequentemente riscontrati in classe. Ricordiamoci, però, che le emozioni non sono solo questo. Sono anche gioia, affetto, orgoglio e soddisfazione per un successo o sorpresa per un gesto inaspettato. La scuola riveste un ruolo fondamentale nell’educazione alle emozioni, un percorso di apprendimento che va di pari passo con quello disciplinare. Da tempo, infatti, la ricerca ha avvalorato l’importanza delle emozioni nell’apprendimento, facendo venir meno l’assunto storico di un ipotetico primato della cognizione sull’affettività. Di qui l’importanza di definire dei percorsi strutturati ed espliciti di educazione alle emozioni che hanno come traguardo la competenza sentimentale, ovvero la capacità comprendere ed esprimere in modo consapevolmente regolato il proprio stato emotivo. Un itinerario intenzionale e di qualità educa il bambino a saper riconoscere le proprie e altrui emozioni, ad aprirsi alla reciprocità nella relazione e a formare le cosiddette competenze personali, abilità che permettono ad ognuno di leggere la propria e altrui interiorità, ma anche di saper elaborare le emozioni negative. Infine, il curricolo emotivo promuove la riflessione metaemotiva, un processo che “distanzia” dai propri vissuti emotivi e permette di autoregolarli. Tale processo può avere luogo attraverso vari linguaggi e fare quindi riferimento a diverse discipline. La letteratura, per esempio, permette di attingere a prodotti di esemplare rappresentazione del sentire (poesie, romanzi, etc.) e a diversi generi (autobiografia, diario, etc.). Un altro medium efficace che potrebbe essere utilizzato in un percorso di educazione emotiva è l’illustrazione. I disegni e le immagini offrono un’alternativa all’espressione verbale e possono dirigere le emozioni represse in canali più creativi. Ma anche l’espressione corporea, passando da vie meno codificate convenzionalmente, rappresenta un interessante linguaggio attraverso cui esplorare forme diverse di espressione della vita affettiva. Nel programmare le attività e gli strumenti di un’educazione socio-affettiva, abbondano i materiali per la scuola primaria, mentre è molto meno ampia e varia l’offerta per la fascia d’età che va dalla secondaria di 1° grado a quella di 2° grado. Anche - e potremmo dire, soprattutto - i giovani adolescenti incontrano difficoltà nel riconoscere le proprie emozioni e dar loro un nome. È, dunque, importante che i docenti forniscano strumenti utili per la comprensione dell’origine e delle caratteristiche delle emozioni e per la gestione degli stati d’animo, anche di quelli legati alle tematiche più “spinose” che affiorano durante il periodo dell’adolescenza.
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Search-ME - Erickson 5 Genitori e figli
Un momento importante nella relazione tra genitori e figli che può diventare occasione di crescita
Capiterà a tutti i genitori di chiedersi “quando?” e “come?” svelare ai bambini la verità su Babbo Natale. Inutile dire che se esiste la perfetta ricetta dei biscottoni gingerman da mettere sull’albero di Natale non esiste un’altrettanta ricetta per svelare il segreto più grande ai nostri bambini, sono troppe le variabili in gioco. Ma forse ancora una volta, coloro i quali si sono dedicati allo studio della psicologia dello sviluppo, ci possono dare degli spunti di riflessione da integrare con valori e modalità che sono diverse in ogni famiglia. Sembra chiaro, dalle ricerche fatte nell’ambito, che la maggior parte dei bambini scopre gradualmente e da solo la verità su Babbo Natale (circa il 54%). I bambini non sembranoriportare particolari sentimenti negativi dopo la scoperta e sembra che siano propensi a nutrire sentimenti di protezione nei confronti dei bambini che non sanno diventando quindi complici degli adulti nel mantenere il segreto. Dalle ricerche emerge che sono invece i genitori a riportare forti sentimenti negativi di tristezza e malinconia quando annunciano la realtà ai loro bambini. L’interpretazione di questo dato è strettamente di natura psicologica, per i genitori questo evento sembra infatti segnare la fine di un’epoca, la fine della fanciullezza e l’inizio del cammino che li condurrà ad affrontare assieme l’adolescenza prima, l’età adulta poi e quindi la trasformazione della famiglia e del ruolo genitoriale. La dottoressa Nadia Bruschweiler-Stern pediatra e psichiatra suggerisce di vivere il momento della scoperta come un’ennesima fase di confronto genitori-figli, in cui si rafforzano e si costruiscono legami e si condividono valori. La dottoressa consiglia di non negare la realtà quando i bambini pongono domande schiette e precise ma suggerisce di coinvolgerli nel ragionamento, chiedendo loro cosa pensano, quali sono gli indizi che hanno colto e che idea si sono fatti in merito. In questo modo il genitore può rendersi conto se si tratta solo piccoli dubbi e quindi sia magari il caso di posticipare la scoperta o se invece i ragionamenti siano davvero fondati e svelare il segreto risulti a quel punto la scelta più onesta che il bambino si aspetta.  Dire al bambino la verità, con delicatezza, coinvolgimento e intimità può rappresentare un momento significativo per la famiglia, un’opportunità per rafforzare sentimenti di fiducia reciproca. I genitori possono scegliere di accompagnare i propri bambini con il dialogo a vedere attraverso questa storia impossibile, scoprendo i valori che questi personaggi portano ogni anno nelle loro vite. Quell’uomo barbuto e cicciottello, quella donna vecchietta malandata rappresentano valori concreti come altruismo, sorpresa, complicità, importanza per le piccole cose e tempo per l’altro; valori che ci conducono oltre il consumismo che ci affanna permettendoci di trasformare il luccichio della magia in piccole azioni concrete. Con questa visione il Natale si arricchisce di quel senso di direzione che vogliamo poter dare alla nostra vita e alla nostra famiglia, nonostante la presenza di ostacoli che possono bloccarci.  Il benessere psicologico, secondo Winnicott, è legato alla capacità dell’individuo di vivere nel campo intermedio tra sogno e realtà, questo significa crescere in modo creativo e il mese di dicembre po' essere il pretesto per avvicinare anche chi sa al mondo dei sogni.
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Search-ME - Erickson 6 Relazioni
L’autrice Elisabetta Mauti racconta come funziona il libro-gioco per imparare a litigare “come si deve”
La moderna pedagogia insegna che litigare fa bene (come dice il titolo di un famoso libro di Daniele Novara), perché il litigio consente ai bambini di esercitarsi allo scontro e, se ben gestito, di crescere e di sperimentare diverse modalità relazionali. Certo, la lite non è la strada migliore per relazionarsi, ma dovrebbe rappresentare un passaggio da superare per arrivare, pian piano, a modelli di interazione più evoluti. Ma come fare per rendere il litigio occasione di crescita? Un buono strumento è quello della parola, grazie alla quale l’adulto ragiona con il suo bambino sugli effetti del litigio: ciò che produce fuori e dentro di lui. Il libro “Ha cominciato lui!” permette ai bambini, seguendo le avventure del piccolo Tito e dei suoi fratelli, di fare quello che non sono in grado di mettere in atto quando le stesse cose capitano a loro, ossia riderci sopra e prendere le distanze. Si tratta di un libro-gioco, con tante decisioni da prendere. Ciascuna di esse conduce a un bivio, dove il giovane lettore dovrà decidere che strada prendere, contraddistinta da cartellini di diverso colore. Una scelta multipla di alternative aspetta il lettore che riceverà un feedback sui suoi comportamenti. Sarà sempre possibile tornare indietro, compiere una scelta differente, modificare il percorso della storia. La presenza dell’adulto è importante, per capire insieme cosa è possibile fare in ogni situazione, senza per questo limitare le proprie scelte, ma anzi spingendosi ogni volta a vedere che cosa potrebbe succedere cambiando percorso. Nel libro, come nella vita, le strategie sono tante; alcune portano il protagonista a muoversi in modo indipendente, altre a trovare un accordo o un compromesso, altre ancora a combattere contro i nemici o perfino a darsela a gambe! Già sapere che la prima reazione non è l’unica strada possibile aiuta i bambini a ragionare in un mondo ricco di sfumature e di possibilità. Il gioco riesce davvero quando saranno capaci di fare loro queste strategie e — alla bisogna — «esportarle» anche a scuola, con gli amici o con i fratelli. Tutto è pretesto per costruire un legame con il nostro bambino, fatto di parole e suggerimenti, finalizzati sempre a ragionare insieme sul mondo e sul modo migliore per affrontarlo. Questo libro vuole essere uno strumento per giocare insieme e divertirsi, mettendo allo stesso tempo a fattore comune idee, ipotesi e ragionamenti per spingere i giovani lettori a trovare sempre nuove alternative. Ecco l’inizio del libro “Ha cominciato lui!” e le prima scelte...   #immaginare
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