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Andrea e il dolore dell'errore - Erickson 1

Andrea e il dolore dell'errore

Nessun atto della nostra vita cognitiva è slegato dalle emozioni che proviamo

Un tempo ero convinta che le nostre «decisioni intelligenti» da esseri pensanti dipendessero dalle complesse funzioni del nostro «cervello sinistro», quello generalmente considerato predominante, che regola il linguaggio e altre importanti funzioni cognitive: un sistema che chi si occupa di apprendimento conosce molto bene. 

Ne ero convinta, fino a quando ho incontrato Andrea. Andrea allora aveva 9 anni; io e i miei collaboratori eravamo riusciti a vincere i suoi molti errori di scrittura, lettura e calcolo. Un successo! 

Poi lui mi ha guardata negli occhi e mi ha chiesto: «Adesso, per piacere, mi togli che mi fanno male?». Sono rimasta senza parole. Che cosa intendeva dicendo che gli errori gli facevano ancora male? Mi sono resa conto in quel momento che la relazione tra fare errori e sentirne la sofferenza non è così evidente e che mi ero occupata fino a quel momento dell’errore, ma non della sofferenza che esso determinava nei bambini. Ero sconvolta, come se un terremoto interno stesse facendo traballare la mia architettura di scienziato. 

Quindi a far stare male i bambini forse non era l’errore, perché, tolto l’errore, com’era possibile che la sofferenza restasse? E allora dove doveva essere rivolto l’aiuto che loro mi chiedevano: sull’errore o sulla sofferenza? E perché provavano sofferenza?

Per rispondere a questi interrogativi, ho cominciato a riflettere sul rapporto tra l’emisfero sinistro e il destro, e ho scoperto qualcosa di sorprendente per me.

Noi siamo una sinfonia

Indagando sul rapporto fra gli emisferi dal punto di vista della neurobiologia sistemica, ho capito che fino a quel momento molti avevano proposto visioni parziali della scienza: avevano fatto pensare che il nostro organismo funzionasse secondo un principio di non contraddizione (se succede una cosa, non può succederne contemporaneamente un’altra). 

In realtà non è così: nel nostro cervello nessuna funzione è silente a tutte le altre, anzi, in questo sistema straordinario tutto si può attivare contemporaneamente, ma in misura e intensità differenti a seconda dello scopo di attivazione, come accadrebbe in un’orchestra che suona una sinfonia. In sostanza, non c’è nessun atto della vita psichica che sia solitario: è specifico, ma non isolato. Proprio come gli occhi sono un’altra cosa rispetto ai piedi, ma fanno parte dello stesso organismo vivente e possono agire nello stesso momento per scopi diversi.

Riflettere e indagare su questo mi ha portata a verificare che nessun atto della nostra vita cognitiva è slegato dalle emozioni che proviamo.

Questo testo è tratto dal libro "Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere" di Daniela Lucangeli.

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