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Conosciamo meglio il disturbo socio-pragmatico-comunicativo

Caratteristiche, comorbilità, epidemiologia e decorso clinico di un disturbo che comporta difficoltà persistenti nell’utilizzo sociale del linguaggio e della comunicazione

Definizione e caratteristiche clinico-diagnostiche

Il disturbo socio-pragmatico comunicativo, in acronimo DSPC, è un disturbo del neurosviluppo inserito nel raggruppamento clinico dei disturbi della comunicazione, insieme al disturbo del linguaggio, al disturbo foneticofonologico e al disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia.
Il DSPC è caratterizzato da un deficit primario della pragmatica o dell’utilizzo sociale del linguaggio e della comunicazione. Questi pazienti mostrano difficoltà persistenti nella comunicazione verbale e non verbale.

La comunicazione è utilizzata, in modo non adeguato al contesto, per scopi sociali, quali lo scambiarsi informazioni e il salutarsi. È compromessa la capacità di adattare la comunicazione per renderla comprensibile a chi la ascolta, per cui il paziente può parlare nello stesso modo in differenti contesti e con diversi interlocutori; può essere troppo formale in situazioni ludiche o eccessivamente informale in contesti ufficiali. La comunicazione in una palestra con gli amici può essere uguale a quella a scuola o al lavoro. Sono presenti difficoltà nel seguire le regole all’interno di una conversazione o durante un resoconto narrativo. Il paziente può non riuscire a rispettare l’alternanza del turno (ad esempio, non coglie i segnali del cambio turno) e non è in grado di effettuare una riparazione nella comunicazione (ad esempio, riformulazione della frase) quando ciò che dice non viene compreso correttamente.

I segnali verbali e non verbali che regolano l’interazione sono utilizzati in modo inefficace o non sono utilizzati. Lo sguardo, i gesti, le espressioni facciali, la postura, il volume della voce e la prosodia non vengono usati adeguatamente per modulare lo scambio comunicativo. È compromessa la capacità di leggere e inferire in un’interazione gli aspetti impliciti e i significati non letterali, ambigui e molteplici del linguaggio (metafore, frasi idiomatiche, ironia e scherzi, ecc.), che possono essere compresi solo facendo riferimento al contesto. Il paziente ha difficoltà a fare inferenze integrando i segnali non verbali, con quelli verbali e declinandoli in quello specifica situazione comunicativa. Egli potrebbe cercare di spiegare a un gruppo di botanici come coltivare le rose senza considerare la loro competenza in materia o potrebbe non capire metonimie come «leggere Dante» e chiedersi come si possa leggere una persona, non facendo quindi riferimento alla Divina Commedia.

I deficit della comunicazione sociale presenti in questi pazienti ne compromettono in maniera significativa il funzionamento interpersonale, scolastico e lavorativo, in quanto interferiscono non solo sulle abilità comunicative ma, a cascata, sulle relazioni sociali, in modo da influenzare tutte le aree di vita dei pazienti. Nel percorso diagnostico bisogna valutare che questa sintomatologia non venga meglio spiegata da deficit cognitivi o disturbi del linguaggio.

Comorbilità

Il disturbo socio-pragmatico comunicativo può presentarsi in comorbilità con altri disturbi del neurosviluppo, quali i disturbi del linguaggio, la disabilità intellettiva, il disturbo da deficit di attenzione/iperattività e disturbi specifici dell’apprendimento.
I dati sulla comorbilità derivano in gran parte dagli studi sul pragmatic language impairment (PLI) e sulla compromissione delle abilità pragmatiche nei disturbi del neurosviluppo, in quanto ad oggi abbiamo poche ricerche che indagano la comorbilità del DSPC. Particolarmente frequente è riscontrare in questi pazienti una storia di ritardo del linguaggio o di deficit nella strutturazione morfosintattica del linguaggio. Un altro caso specifico riguarda il disturbo dell’apprendimento non verbale, che, pur non essendo ancora riconosciuto ufficialmente, evidenzia importanti compromissioni nell’area comunicativo-pragmatica. Inoltre, recenti studi hanno evidenziato come alterazioni pragmatiche caratterizzino non solo i prodromi di alcuni disturbi psicotici quali la schizofrenia, ma anche le loro manifestazioni cliniche. Inoltre, difficoltà dell’area pragmatica si riscontrano nel disturbo ossessivo compulsivo, nell’epilessia e nei disturbi del comportamento.

Epidemiologia e decorso clinico

Il DSPC può essere diagnosticato a partire dai 4 anni, quando lo sviluppo del linguaggio e dell’eloquio dovrebbe essere sufficientemente stabilizzato da non interferire con gli aspetti pragmatici, consentendo di identificare le alterazioni socio-comunicative specifiche di questo disturbo.
Allo stato attuale, non sono ancora chiari i dati di incidenza e prevalenza del disturbo, considerata la recente introduzione dei suoi criteri diagnostici e le definizioni variabili che lo hanno preceduto. Kim e colleghi hanno riportato una prevalenza del DSPC in circa lo 0,5% di un campione di 55.266 bambini coreani tra i 7 e i 12 anni di età. Indipendentemente dalla categorizzazione diagnostica, uno studio su 1.396 bambini della scuola dell’infanzia ha evidenziato che alterazioni della pragmatica possono essere presenti nel 7,5% dei bambini, con un rapporto maschi/femmine di 2,6:1.
L’evoluzione del disturbo è molto variabile e appare influenzata dalla precocità dell’esordio e dalla sua gravità. Le forme lievi che esordiscono in adolescenza, con la maggiore complessità delle richieste linguistiche e sociali, appaiono avere una migliore prognosi. Le forme precoci e in cui il deficit è più grave compromettono maggiormente le relazioni sociali e mostrano quindi un decorso peggiore, con il perdurare della sintomatologia in età adulta.

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