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I mini gialli dei dettati 2
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Costruire motivazione, grinta e autoefficacia

La lezione dello sport per imparare ad esprimere appieno il proprio potenziale superando i blocchi mentali

In una carriera atletica, come nella vita, se si parte troppo forte non si arriva alla fine, non si riesce a esprimere fino in fondo il proprio potenziale: l’essenza dell’atletica leggera è la sfida con se stessi, l’esaltazione della ricerca dei propri limiti e del tentativo di superarli.

Non c’è modo migliore di aiutare un atleta ad acquisire sicurezza che facendolo «inciampare» in un successo e portarlo così a scoprire di saper padroneggiare una situazione meglio di quanto avrebbe immaginato.

Da questo principio qualcuno ha ricavato una tecnica, sviluppando una serie di strategie che si basano su logiche non ordinarie. Attraverso di esse, si sono potuti superare gli schemi talvolta rigidi del pensiero razionale a cui forse ci affidiamo troppo e che finisce per bloccare la nostra creatività e la nostra possibilità di cambiamento. Le tecniche che si basano su logiche non ordinarie consentono di aggirare la cosiddetta resistenza al cambiamento e sono molto utili in presenza di un blocco mentale e della performance e per abbattere i limiti mentali, interrompendo sforzi e tentativi, magari guidati dal buon senso e razionalmente fondati, ma che si siano rivelati improduttivi.

Per questo motivo, ritengo che un lavoro sull’autoefficacia possa avvalersi, oltre che delle tecniche di stampo cognitivo-comportamentale anche di tecniche, altrettanto rigorose e scientificamente fondate come il Problem Solving Strategico.

Imparare ad applicare il Problem Solving Strategico

L’approccio strategico è tale perché mette in primo piano la comprensione dei meccanismi che mantengono e alimentano un problema e si focalizza sulle strategie che possono invece aiutare una persona a superarlo, talvolta uscendo dagli schemi e interrompendo comportamenti che non sono risultati efficaci. 

Rispetto ad altri approcci della psicologia, l’attenzione si sposta dalla ricerca della causa del problema ai tentativi compiuti nell’affrontarlo.

Soprattutto quando il soggetto vede il problema sempre dalla stessa (limitata) prospettiva e insiste nell’applicare strategie inefficaci, replicando sempre gli stessi comportamenti, diventa vittima della propria rigidità. Molto spesso si tende a ripetere le stesse soluzioni anche quando evidentemente inefficaci, perché queste hanno funzionato in passato o, semplicemente, perché non richiedono alla persona di uscire dalla propria area di comfort o di mettere in discussione le proprie illusorie certezze. Infatti, ricorrere a strategie diverse da quelle abituali mette la persona nella condizione di perdere momentaneamente il proprio equilibrio. 

Molte tecniche sviluppate in ambito strategico mirano a superare la resistenza al cambiamento portando il paziente, nel caso della psicoterapia, o il performer, nel caso del problem solving applicato all’alta prestazione, a sperimentare «esperienze emozionali correttive».

Sarà proprio questo tipo di esperienza che, funzionando come uno shock positivo, permetterà alla persona di cambiare, talvolta in modo graduale, in altri casi in modo addirittura «catastrofico».

Da qui nasce la tecnica dello scenario oltre il problema, che consiste nel domandarsi quale sarebbe lo scenario, riguardo alla situazione da cambiare, una volta che il problema fosse completamente risolto o, nel caso di miglioramenti da ottenere, una volta che l’obiettivo fosse completamente raggiunto.

Comportandoci come se fossimo già oltre il problema, come se fossimo più sicuri, finiamo per esserlo davvero. Come fece Alì nel celebre incontro contro George Foreman.

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