IT
I mini gialli dei dettati 2
Carrello
Spedizioni veloci
Pagamenti sicuri
Totale:

Il tuo carrello è vuoto

|*** Libro Quantità:
Articoli e appuntamenti suggeriti

Tematica
Argomento
Utile in caso di
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Non vi è alcun filtro disponibile, allarga la tua ricerca per ottenere più risultati
Non vi è alcun filtro disponibile, allarga la tua ricerca per ottenere più risultati
Filtra
Filtra per
Tematica
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Argomento
Utile in caso di
Risultati trovati: 22
Search-ME - Erickson 1 Cultura
Che cosa hanno in comune il processo creativo e quello del cambiamento?
Le capacità creative dell’essere umano ci hanno procuratobenefici enormi nel corso della storia in termini di comodità della nostra vita,salute del nostro corpo e complessità delle nostre culture.Ma allo stesso tempo ci hanno condotti a un punto critico: il mondo sta attraversando cambiamenti rivoluzionari.  La rivoluzione di cui abbiamo bisogno richiede di resettare completamente i nostri sistemi sociali, richiede di avere una nuova e più ampia concezione delle capacità umane e di abbracciare la ricchezza della diversità dei talenti. Si basa sul credere nel valore dell’individuo, nel diritto all’auto-determinazione, nel nostro potenziale di evoluzione e nell’importanza della responsabilità civica e del rispetto per gli altri.  E soprattutto questa rivoluzione parte dall’istruzione. L’istruzione efficace è sempre un equilibrio fra rigore e libertà, tradizione e innovazione, individuo e gruppo, teoria e pratica, mondo interiore e mondo esteriore. C’è bisogno urgente di trovare questo equilibrio. Per farlo ci vogliono coraggio e immaginazione e abbiamo entrambi in abbondanza. Per cambiare il mondo occorre agire e si comincia da se stessi: quello che succede nelle scuole ha effetti diretti su ognuno, perché influenza le generazioni di bambini e ragazzi che un giorno modelleranno la società.  In questo senso ognuno di noi è coinvolto nell’istruzione, - che sia uno studente, un genitore, un insegnante, un amministratore o un imprenditore, - e ha la possibilità di attuare un cambiamento.  Il punto migliore da cui partire per iniziare a pensare a come cambiare l’istruzione è esattamente quello in cui si è. Se sei un insegnante sai che il tuo non è soltanto un lavoro o una professione: è una vocazione. Il modo migliore per compiere quotidianamente cambiamenti nel sistema scolastico è impegnarsi a usare la propria competenza per guidare gli studenti, aiutarli a trovare uno scopo e metterli nelle condizioni di credere in se stessi. Se sei un dirigente scolastico il tuo scopo dev’essere quello di creare una comunità nella quale tutte le persone che ne fanno parte condividano gli stessi obiettivi. Per farlo devi essere in grado di guardare oltre le convenzioni fossilizzate del sistema. Se sei un genitore hai il compito di sostenere tuo figlio e creare le opportunità per lui di scoprire e seguire la propria strada. Tuo figlio avrà maggiori probabilità di farlo se eviterai di pensare che tutta la responsabilità della sua istruzione sia della scuola e degli insegnanti, ma che questa si integra con gli aspetti della vita familiare. Attivati quindi per creare una relazione sana e positiva con il sistema scolastico, partecipando attivamente alla cultura della scuola.  Se sei uno studente devi sapere che l’intero sistema educativo è fatto per te, anche se spesso hai la sensazione che non sia così. Tra tutti i soggetti coinvolti nel cambiamento del sistema scolastico tu e i tuoi compagni siete quelli per i quali la posta in gioco è più alta. Avete già iniziato a dimostrarci che siete appassionati e determinati con i grandi movimenti per i diritti delle persone e dell’ambiente. Per attuare un radicale cambiamento è essenziale che conosciate i vostri diritti e che usiate l’era di grande connessione che state vivendo per farli valere. Per nessuno il passaggio dall’idea al cambiamento è facile: come quello creativo, anche quello del cambiamento è un processo costante di azione, improvvisazione, valutazione e ri-orientamento, alla luce dell’esperienza e delle circostanze. Le idee che stanno dietro a questa rivoluzione non sono nuove, ma stanno prendendo sempre più forza: creiamo i mondi in cui viviamo e possiamo ri-crearli.
Leggi di più
Search-ME - Erickson 2 Didattica
Un’insegnante della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo “Rodari Alighieri Spalatro” di Vieste racconta il progetto sviluppato con i suoi alunni in memoria di Sir Ken Robinson
La scuola non è una catena di montaggio, gli alunni sono tutti “pezzi unici”! Entrano nella scuola molto piccoli, ognuno con la sua personalità e con i suoi talenti, spesso ancora nascosti (anche a se stessi) e, in molti casi, ne escono impoveriti di immaginazione e creatività. Il percorso di studi è fin da subito, per tutti, rigido e abbastanza scontato almeno fino ai 13 anni. Quando finalmente diventano liberi di scegliere il loro indirizzo di studi, le cose paradossalmente peggiorano: il sistema si fa ancora più rigido e salgono i numeri della dispersione scolastica. Certificazioni e diplomi, conseguiti (spesso a fatica) al termine del percorso scolastico, dovrebbero raccontarci chi è e cosa sa fare quel piccolo uomo o quella piccola donna che stiamo per consegnare alla vita da adulto con gli strumenti (si spera) per poterla affrontare, ma spesso quei numeri e quelle parole non raccontano la verità. Come è possibile testare le competenze di un ragazzo o una ragazza adottando metodologie didattiche per lo più tradizionali e basandoci su un sistema di insegnamento e apprendimento (anacronisticamente, ahimè) nozionistico? Come è possibile farlo o farla appassionare alla scuola puntando solo sulla motivazione estrinseca, cioè l’ottenimento di buoni voti e del famigerato pezzo di carta? La standardizzazione dell'insegnamento contro cui sir Ken Robinson, anglosassone di nascita ma vissuto a lungo negli States, si è battuto per tutta la vita, checché se ne dica, è ancora molto forte anche da noi e continua a far danni. Tutti conoscono Ken Robinson, i suoi Ted Talks hanno raggiunto visualizzazioni record! Il suo mantra? La scuola (così com'è) uccide la creatività, occorre cambiare i paradigmi dell'educazione! L'eredità che ci ha lasciato quest'uomo è preziosa, i suoi libri (editi in Italia da Erickson) dovrebbero essere letti da tutti gli educatori. Attenzione però, perché leggere Ken Robinson (il mio preferito è “The Element”) può avere effetti collaterali! Il suo messaggio, infatti, è rivoluzionario e chiama in causa tutti gli insegnanti. Le rivoluzioni, dice Robinson, non aspettavano direttive, vengono dal basso. L'istruzione è la nostra grande speranza, un'istruzione nuovo stile, adeguata alle sfide che abbiamo davanti a noi e ai veri talenti che tutti noi abbiamo dentro, si legge in “Scuola creativa”. I talenti, le passioni, quelli che troppo spesso la scuola ignora o sottovaluta, dovrebbero essere invece il punto di partenza, la scintilla per accendere nei nostri studenti l’amore per la conoscenza, la rampa di lancio della loro creatività. Per come la vedo io, rincara Robinson, lo scopo dell'istruzione è mettere gli studenti nelle condizioni di comprendere il mondo che li circonda e i talenti che hanno dentro di sé così che possano diventare persone realizzate e cittadini attivi e compassionevoli. Per celebrare Ken Robinson, io e i miei studenti della classe 1a B dell’Istituto Comprensivo “Rodari Alighieri Spalatro” di Vieste, siamo partiti da qui. Il modo in cui egli stesso si è presentato, tramite i suoi video, lo ha reso subito simpatico a tutti. La sua ironia oltrepassa le barriere linguistiche e la sua visione di scuola apre orizzonti mai immaginati prima, accende speranze tra chi è seduto nei banchi, ancor più in questo difficile tempo di pandemia. E allora, come lo stesso Ken ci avrebbe esortato a fare, abbiamo usato la nostra immaginazione per rappresentare, attraverso un video, la scuola ideale. Ognuno ha parlato delle sue passioni, scoprendo inaspettatamente di condividerle con altri. Se la scuola riuscisse ad assecondare le inclinazioni di tutti, è il messaggio dei ragazzi, sarebbe più bello andarci! Ma il loop alla fine si interrompe e salta fuori qualcosa di inaspettato. È lo spunto per lanciare un appello alla scuola, agli insegnanti, agli adulti. Grazie a Ken Robinson per averci fatto divertire, immaginare e sperare una scuola migliore!
Leggi di più
Search-ME - Erickson 3 Didattica
Un’insegnante della Fondazione Istituto Marymount di Roma racconta il progetto sviluppato con gli alunni della scuola dell’infanzia e della scuola primaria in memoria di Sir Ken Robinson
La creatività è sempre stata al centro della mia attività didattica. Ho avuto l’opportunità di ascoltare dal vivo Sir Ken Robinson qualche anno fa al Bett Show di Londra. Da allora ho fatto mio quanto diceva che bisogna offrire occasioni frequenti ai bambini e ai ragazzi di allenare la loro creatività. Allenare perché tutti siamo persone creative, ma col passare del tempo ne perdiamo la pratica. La creatività è invece importantissima perché è quella dote che ti permette di affrontare i problemi quotidiani della vita, e soprattutto di rialzarti anche nei momenti più duri. La partecipazione a “Imagine If…” è stata un’opportunità di esercitare la creatività per i bambini della nostra scuola, Fondazione Istituto Marymount di Roma. La concomitanza con il cambio di valutazione e la fine del quadrimestre mi ha convinto a presentare la proposta come libera sia ai colleghi che ai bambini, chi ha avuto la possibilità ha partecipato, per chi non è riuscito stavolta costruiremo sicuramente altre occasioni. Ne abbiamo bisogno per costruire il nostro futuro, sono i nostri bambini di oggi che dovranno inventare soluzioni per il mondo che noi abbiamo costruito per loro, e non abbiamo fatto proprio questo gran lavoro… quindi cerchiamo di offrire loro ogni occasione possibile perché possano esprimere le loro idee. In questo progetto una bambina di 5 anni alla domanda “Che cos'è la creatività secondo voi?”, ha risposto “La creatività è quella cosa che ispira la nostra immaginazione a fare cose”, ecco per me in questa frase c’è davvero l’essenza di tutto. https://spark.adobe.com/page/9rzi7XPR4PvSj/
Leggi di più
Search-ME - Erickson 4 Didattica
Un’insegnante del liceo STEAM international di Bologna racconta il progetto sviluppato con i suoi studenti in memoria di Sir Ken Robinson
Far conoscere il lavoro di Ken Robinson ad un gruppo di adolescenti non è stato difficile: Robinson è stato un grande comunicatore, ribelle ed empatico, i suoi Ted sono convincenti e la sua visione della scuola è chiara e comprensibile a tutti. Dopo aver presentato l’opportunità di partecipare alle celebrazioni per il suo compleanno, ho proposto agli studenti e alle studentesse una piccola esplorazione del suo sito e poi la visione del suo Ted più famoso: “Perché la scuola uccide la creatività?”. Hanno condiviso nell’ambiente online le loro idee su questo tema e così abbiamo rotto il ghiaccio. Ecco alcune delle loro osservazioni: “Sono d'accordo con quello Ken cerca di spiegare anche se nella scuola che ho scelto è diverso, per fortuna” (Alessandro K.) “Lui sostiene che la scuola ci indirizza a concentrarci su un aspetto teorico e non su tutte le altre potenzialità del nostro corpo, che vengono addirittura penalizzate” (Alessandro S.) “Quando si diventa adulti non si riesce più ad andare contro tendenza perché si è quasi sottomessi da una forza più grande che è la società” (Andrea B.) “Lui pensa che tutti i ragazzi nascano con un talento ma alla fine del percorso scolastico lo perdiamo” (Anna Caterina S.) “Da bambini non si ha paura di sbagliare perché non si sa la risposta esatta. Ecco perché la scuola uccide la creatività, perché risponde alle domande prima che noi possiamo pensarci” (Elisa S.) “Ken Robinson pensa che la scuola non ha subito nessun cambiamento in tutti questi anni e secondo la mia opinione è un'osservazione molto veritiera” (Giulio P.) “La scuola non tiene in considerazione il valore della diversità fra le persone e ignora che ogni individuo ha propensioni e creatività diverse che porterebbero ad approfondire e a studiare con passione trovando così la giusta strada verso il futuro” (Jacopo DVP) “La scuola non ci insegna a sbagliare” (Mattia S.) Ho poi proposto il video sul “Cambiamento dei paradigmi dell’educazione” e ho chiesto agli studenti di estrarre i suggerimenti di innovazioni possibili dati dall’autore e di commentarli: anche qui le riflessioni sono state puntuali e interessanti. Infine, hanno potuto vedere il video, che Robinson aveva realizzato quattro anni dopo il primo Ted, partecipando in modo interattivo grazie ad una app e si sono fatti domande sul loro futuro, le loro passioni, i loro sogni. Alla fine di questo breve percorso conoscitivo, è stato proposto alla classe di produrre un elaborato sul tema: “Immagina se…a scuola potessi sviluppare una tua passione”. Hanno potuto scegliere se lavorare da soli, in coppia o in piccolo gruppo e anche il formato del prodotto: una rappresentazione grafica, un video-intervento, un Meme, un testo, un poster, un fumetto. La sfida è stata raccolta e ora la condividiamo con la comunità dei docenti e degli studenti. Ecco gli elaborati proposti dai ragazzi e dalle ragazze. Video (Alessandro Sica) Fumetto (Camilla Poloni, Anna Caterina Struchel, Martina Garuti, Beatrice Odorico) Presentazione (Francesco Taliercio, Chiara Tivoli, Elisa Stivaletta, Leonardo Lottini) Video (Alessandro Martelli-Francesco Felletti Spadazzi) Meme1 e Meme2 (Vittorio Landi-Mattia Mazzoni) Presentazione (Elena Cavicchi) Video (Giulio Pongetti-Andrea Brunetti) Poster (Vittoria Trivellato Codicè) Video (Federico Stanzani-Mattia Settepani-Alessandro Kindt-Federica Chiodo) Testo e Poster (Jacopo De Vito Piscicelli e Martina Berna Nasca) Video (Lorenzo Fantini)
Leggi di più
Search-ME - Erickson 5 Saggistica
Un tema di cui è urgente, fondamentale, decisivo parlare con le giovani generazioni, soprattutto per chi si occupa di educazione
Da circa dieci anni sono stati creati enti e meccanismi di controllo e monitoraggio sulla correttezza della comunicazione e anche sulla qualità dell’immagine e della presenza femminile nei media, nella pubblicità e in tv, ma chi si occupa di comunicazione e formazione sa che misoginia e stereotipi sessisti sono la dominanza nell’ambito dell’hate speech nei social, luogo privilegiato di relazione e formazione culturale dei giovani, che da due generazioni attingono informazioni, sapere, e quindi anche materiale emotivo, dal web. E sa anche che quando si vuole ferire, insultare, dileggiare, umiliare una donna le parole che si usano sono, sempre, quelle che investono la sua sessualità. È un dato di fatto: sex e porn sono le parole più digitate dai computer del pianeta Terra, nelle stringhe di qualunque motore di ricerca. Dal punto di vista di chi fa educazione basterebbe questo fatto acclarato per prendere atto che di sessualità è urgente, fondamentale, decisivo parlare con le giovani generazioni. Come in modo eloquente spiegano Miguel Picker e Chyng Sun nel loro documentario del 2008 The price of pleasure, inquietante viaggio nel mondo della produzione statunitense di materiale pornografico, due generazioni di bambine e bambini, con l’avvento dell’era digitale, hanno formato il loro immaginario e attinto informazioni sulla sessualità prioritariamente attraverso il mondo della pornografia on line. Un immaginario per lo più violento e disumanizzante, che mostra in particolare il corpo femminile come territorio da predare, umiliare, e che veicola sessualità umana priva di empatia, di curiosità e di contesto relazionale. Tanto per essere chiara e diretta: le due parole usate come insulti, perfino adoperate come scherzo leggero, più sentite in tutti gli istituti scolastici nei quali sono entrata negli ultimi due decenni, a partire dalle medie inferiori, sono frocio e troia. Nel primo caso l’ho sentito dire come insulto verso i maschi non dominanti, mentre nel secondo il depotenziamento è generale e riguarda tutte le femmine della specie, non un gruppo specifico denigrato per il proprio orientamento sessuale. È così: non c’è modo più efficace per insultare e diminuire l’autorevolezza di una donna (e per traslato con lei tutte le altre) che riferirsi a quella donna tirando in ballo le sue (presunte) abitudini sessuali. Non importa se è una postina, una dentista, la terza carica di uno Stato, una ministra o una scienziata. Ragionare insieme, sin dalla più tenera età, di corpi, relazione, rispetto: una questione di buon senso, verrebbe da pensare, perché affrontare il discorso della sessualità nelle varie età della vita serve certamente a prevenire non solo gravidanze precoci e indesiderate, oltre che malattie sessualmente trasmesse, ma soprattutto educa alla convivenza pacifica tra le persone e nelle collettività, avendo l’educazione una potente funzione preventiva nei confronti della velenosa piaga della violenza maschile sulle donne, che è alla base di ulteriori violenze nel contesto umano. Quindi (sempre secondo quel buon senso) se la famiglia non riesce, come accade a volte, a svolgere la sua primaria funzione educativa, ecco che la scuola, in alleanza con il mondo sportivo, l’associazionismo, la politica nelle sue varie espressioni dovrebbe, in un paese civile, essere mobilitata permanentemente per affrontare questo tema: per risolvere i problemi, certo, ma soprattutto (e in positivo) per cogliere l’occasione straordinaria di comunicazione e confronto tra generazioni diverse, come avviene a scuola. Mettere al centro il corpo, le emozioni, le relazioni, il piacere, la scelta di ogni essere umano di costruire una vita il più possibile condivisa, serena e ricca emotivamente dovrebbe essere uno degli obiettivi di maggiore interesse per una collettività che voglia vivere in pace e armonia. Ma, in Italia, a provare a parlare di sessualità a scuola precipiti in un vespaio senza fine. Nel 2015, nella discussa legge chiamata «La Buona scuola», è stato inserito un passaggio, il comma 6, che assicura «l’attuazione dei principi di pari opportunità, promuovendo l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni». Nulla di più o di meno rispetto alle leggi che già esistono sul tema della parità di genere e le pari opportunità, o la definizione di violenza sessuale; eppure di educazione sessuale si discute sin dagli anni Settanta, e l’Italia è uno dei pochissimi paesi dell’Unione Europea in cui non è obbligatorio insegnarla nelle scuole. Nella realtà, quindi, non esiste un obbligo automatico a dedicare sufficienti ore per la formazione sull’argomento. Oltre a quel comma (che non è però vincolante), c’è solo la volontà delle direzioni scolastiche e del personale insegnante. Facendo ricerca on line, e lavorando sul campo, ci si imbatte nei racconti da parte di giovani delle scuole superiori sulla fantasiosa discrezionalità scolastica circa il tema «sessualità». Un esempio preso dalla rete: nel sito Vice.com, in un report proprio sull’educazione sessuale, si racconta che gli adulti «spiegano» tranquillamente alle classi che «l’unico modo sicuro per evitare gravidanze è l’astinenza, o meglio, se tenete le gambe chiuse non vi dovete preoccupare». Parole intercorse non decenni fa, ma ai giorni nostri, nel terzo millennio. 
Leggi di più
Search-ME - Erickson 6 Cultura
Un’esposizione di illustrazioni sul tema dell’inclusione visitabile nelle sedi Erickson di Trento e di Roma
Quest’anno, in occasione del nostro 35° compleanno, abbiamo chiesto a 10 illustratrici ed illustratori che collaborano con noi di interpretare il tema dell’inclusione in una loro opera. Elenia Beretta, Silvia Bonanni, Giovanni Colaneri, Antongionata Ferrari, Ale Giorgini, Elisa Marzano, Giulia Orecchia, Lucio Schiavon, Daniela Tieni e Pia Valentinis hanno raccolto il nostro invito, proponendo alcune tavole illustrate che mettono in evidenza il valore della diversità. Ne è nata un’esposizione: “(Di)segni di inclusione”, che abbiamo allestito nelle nostre due sedi Erickson di Trento e di Roma, visitabile anche in questi giorni.  Qui sotto vi presentiamo qualcuno dei lavori di questa mostra, per riflettere ancora un momento sul tema dell’inclusione. «L’inclusione come meta di un viaggio, come filo che unisce soggetti e oggetti diversi, come occasione di incontro, confronto, arricchimento. Sono questi i concetti che affiorano dall’esposizione. Emerge che ognuno, nella propria diversità, deve essere messo nelle condizioni di stare bene assieme agli altri. A modo suo» Dario Ianes e Fabio Folgheraiter #riflettere
Leggi di più
;