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I mini gialli dei dettati 2
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Risultati trovati: 21
Search-ME - Erickson 1 Cultura
Il documentario sulla vita di Martina Caironi e Piergiorgio Cattani premiato agli Italian Paralympic Awards 2019
Due persone con storie diverse, ma che si trovano entrambe a confrontarsi con un evento sconvolgente, che inevitabilmente incide sul loro percorso di vita. Da una parte, un incidente in moto che porta all’amputazione di una gamba. Dall’altra, una patologia invalidante come la distrofia. Due eventi che potrebbero annientare una persona, ma ai quali i due protagonisti riescono a reagire positivamente, senza chiudersi in se stessi, anzi inventandosi o reinventandosi dei percorsi controcorrente e a trovare una propria, peculiare e felice, realizzazione.   Le due persone in questione sono Martina Caironi, atleta paralimpica con protesi alla gamba sinistra, vincitrice di numerose medaglie alle Paralimpiadi e ai mondiali paralimpici sia nei 100 metri che nel salto in lungo, e Piergiorgio Cattani, scrittore, giornalista e direttore del portale www.unimondo.org, da un po’ di tempo attivo anche in politica.   Dalle loro storie è nato un documentario: “Niente sta scritto” di Marco Zuin, già conosciuto e premiato a livello internazionale per altri lavori di regia. Il messaggio di “Niente sta scritto” è che la vita riserva sorprese, positive e negative, ma che, grazie alle persone, alle relazioni, ai desideri, ai sogni, all’impegno concreto e anche alle difficoltà impreviste, anche un’esistenza segnata da eventi sconvolgenti, come una malattia o un incidente, può dipanarsi secondo i propri desideri. Nulla è scontato, nel bene e nel male, “Niente sta scritto”, come dice Lawrence d’Arabia nell’omonimo kolossal del 1962.   Il documentario “Niente sta scritto” è stato a sua volta apprezzato ed è in attesa di essere premiato giovedì 13 giugno durante la Cerimonia degli Italian Paralympic Awards 2019. Siamo felici, come Erickson, di aver partecipato alla realizzazione di questo progetto.  
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Search-ME - Erickson 2 Saggistica
In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale ricordiamo l’artista Gino Sandri. Talento precoce, nel 1924 – a 32 anni - viene internato in un istituto psichiatrico, dove continua a disegnare. Abbiamo selezionato i 7 ritratti più emozionanti.
Il 10 ottobre ricorre la Giornata Mondiale della Salute Mentale. Una data che è occasione preziosa per sensibilizzare sulla malattia mentale per superare pregiudizi, stigma e paure legati al disagio psichico che ancora oggi sono purtroppo fortemente radicati nella nostra società. Contrastare stigma e pregiudizi Un modo efficace per sensibilizzare è portare testimonianze e storie di vita vissuta. Così oggi cerchiamo di contrastare stigma e pregiudizi raccontando un uomo e un artista che ha dovuto fare i conti con stigma e pregiudizi per gran parte della sua esistenza. Parliamo di Gino Sandri, illustratore, pittore e scrittore, la cui vicenda è stata riportata alla luce dal libro La libertà mi sorrida a cura di Paolo Conti. Un testo che presenta un’ampia e inedita raccolta di disegni e scritti di Sandri, offrendo uno spaccato fedele di un’esperienza artistica e umana unica nel suo genere. «Riportare alla luce il caso di Gino Sandri per alcuni è portare al dominio dell’arte un artista dimenticato perché buttato nelle immondezze dei manicomi; per me è riproporre all’attenzione dell’homo sapiens sapiens il problema di come sia potuto accadere il phénomène humain del manicomio». Con queste parole lo psichiatra Vittorino Andreoli spiega l’importanza di dare visibilità, ai giorni nostri, alla figura e all’opera di Gino Sandri. Un talento spezzato dal manicomio Gino Sandri (1892-1959) è stato un disegnatore di grande talento, formatosi all’Accademia di Belle Arti di Brera. Apprezzato illustratore, collabora già a vent’anni con le case editrici Hoepli e Barzini. Nel 1924, per iniziativa delle milizie fasciste, viene internato in un istituto psichiatrico e scompare dall’attenzione di critica e pubblico. Durante l’esperienza manicomiale, Sandri continua comunque a disegnare e a scrivere, scegliendo come soggetti elettivi i volti e le vite di persone ferite dalla malattia e dall’abbandono, vittime, come lui, di un’istituzione emarginante e violenta. «Il modo in cui l’artista Gino Sandri tratteggia la follia dei degenti negli ospedali psichiatrici è intriso di una dolente pietas: a differenza di altre immagini di pazzi sparse nella pittura italiana fra Ottocento e Novecento, i ritratti di Sandri sono generati da un coinvolgimento diretto e sofferto con la somma tristezza da cui si sentiva circondato e di cui egli stesso era vittima». Gianfranco Ravasi, teologo Il disegno lo tiene vivo La storia di Sandri è controversa, se è vero che, come ricorda il teologo Gianfranco Ravasi nelle pagine introduttive del libro, il regime fascista «amava rubricare come folli i pensatori e gli attori liberi nella scena cupa della repressione». In manicomio, dove Sandri morirà abbandonato nel 1959, il disegno lo impegna, lo tiene vivo. «Il talento artistico – scrive Ravasi – lo difende da un abbrutimento disperato nella segregazione impostagli». E ciò che disegna (e scrive) rappresenta un documento straordinario sull’istituzione manicomiale, che in Italia vedrà la fine nel 1978 grazie alla Legge 180, anche se molti Istituti sono rimasti in funzione fino a metà degli anni Novanta e ancora oggi diverse realtà psichiatriche riproducono modelli manicomiali. Aspetti, questi, che nella Giornata Mondiale della Salute Mentale ci impongono una riflessione e ci devono spingere a non dimenticare la terribile esperienza dei manicomi affinché non si ripeta. Nella storia italiana del genio e della follia Gino Sandri occupa un posto del tutto particolare: negli anni segnati dal regime fascista fino alla morte avvenuta nel 1959 darà vita a una sorprendente e forse unica galleria di ritratti “dall’interno”. Giorgio Bedoni, psichiatra e docente all’Accademia di Belle Arti di Brera In quasi trent’anni di reclusione, sono oltre 500 i ritratti realizzati da Sandri in manicomio (anche se il numero si riferisce solo ai ritratti ritrovati, ed è plausibile pensare che fossero in realtà molti di più). In queste opere Sandri si rivela come una sorta di «anti Lombroso», come fa notare lo psichiatra Giorgio Bedoni. A differenza del padre della criminologia moderna, egli infatti non tratteggia «tipi degenerati, grotteschi criminali e uomini di genio», ma «figure dolenti di vinti perduti alla vita». Riportiamo una selezione dei 7 ritratti più emozionanti di Gino Sandri, con le note originali segnate dall’autore sul retro delle opere, tutte catalogate con cura certosina da Paolo Conti.
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Search-ME - Erickson 3 Lavoro sociale
Dal welfare «provvidenza» al welfare «tutti nella stessa barca»
Scandagliando la letteratura e il pensiero contemporaneo, mi pare che sia possibile concepire lo Stato sociale (vale a dire la responsabilità pubblica in ordine al welfare) secondo tre codici alternativi: a) Il codice del welfare «provvidenza» Ti salviamo noi! b) Il codice del welfare «supermercato» Salvatevi voi! c) Il codice del welfare «tutti nella stessa barca» Salviamoci assieme! Il welfare «provvidenza» Il welfare «provvidenza» ci riporta allo schema classico socialdemocratico o burocratico. Lo Stato con tutti i suoi servizi, anche convenzionati, dice al cittadino: «Vi salviamo noi!». Di fronte ai problemi esistenziali, dice:   Tu aspetta e vedrai che io Pubblica amministrazione mi accorgerò dei tuoi problemi e te li risolverò. Addirittura forse già me ne accorgerò ancora prima che essi insorgano. Farò prevenzione e, perciò, tu ora non avrai neanche il fastidio di ringraziarmi.   Se siamo d’accordo nel dire che questo è lo schema di pensiero del vecchio Welfare state (un welfare a sussidiarietà rovesciata), dobbiamo riconoscere che al fondo esso permane dentro molti modelli che pretendono di superarlo. Non è solo una fissa dei servizi pubblici. Lo troviamo ancora incarnato nelle mentalità della maggioranza dei professionisti attuali e di molte organizzazioni di Terzo settore. Il welfare «supermercato» Il welfare «supermercato» è invece conforme allo schema neoliberale/ commerciale. Lo Stato dice ai cittadini: «Salvatevi voi!». Di fronte ai problemi esistenziali, dice:   Stai attento tu, alla tua vita. Se hai un problema, arrangiati, ovvero compra le prestazioni che ti servono; se non hai i soldi usa quelli dei miei trasferimenti monetari (sussidi, pensioni, indennità, ecc.) ed eventualmente io integrerò con «buoni» o voucher e persino ti farò affiancare da un case manager per personalizzare le prestazioni, aiutandoti a comprare quelle giuste. Questa ideologia ha agito come un detonatore sui Welfare state occidentali e nordici in particolare (si pensi alla riforma Thatcher nel Regno Unito). Di fatto esse hanno generato modi di pensare e soluzioni pratiche (modelli) che hanno irrorato di cinismo e di menefreghismo gli schemi della protezione sociale. Il valore del denaro è stato messo davanti al senso ultimo di quelle prassi. Il pensiero liberista è drasticamente contrapposto al «welfare di Stato». Se andiamo a vedere bene, tuttavia, è evidente che anch’esso, con l’enfasi sull’erogazione delle prestazioni standard, riproduce la dicotomia «salvatore/disgraziato» tipica di schemi assistenziali paternalisti e clinici.  Il welfare «tutti nella stessa barca» Il welfare «tutti nella stessa barca» è invece conforme a uno schema di reciprocità relazionale. Lo Stato (in questo caso davvero «sociale») dice al cittadino: «Ci salviamo assieme!» (siamo tutti in difficoltà). Di fronte ai problemi esistenziali, effonde culturalmente questa intuizione:   La vita umana è unica e preziosa e infine tragica per tutti. Chi ha avuto la sventura di trascorrerla patendo gravi problemi, ha avuto anche la fortuna di sperimentarla nel suo senso più profondo e intimo. Come dice Pascal, «solo chi sa che cosa vuol dire essere miserabile è un grande uomo». Dunque, io Stato mi adopererò per costruire le condizioni organizzative e strategiche affinché le pietre scartate (gli utenti e le famiglie) siano davvero testate d’angolo o comunque pietre utili, come tutte, per costruire assieme con le istituzioni il senso di un «vivere comune» adeguato e sobrio. Questo genere di pensiero parte dalla constatazione che le difficoltà e i disagi ci siano in ogni uomo e in ogni organizzazione, dunque anche dentro i sistemi di welfare. Questo paradigma direbbe pertanto che i sistemi organizzati per le cure umane possono funzionare (restituire effettivamente queste cure) solo se accettano culturalmente e organizzativamente di «farsi curare» dalle persone curate. Questo sarebbe senz’altro un modo dirompente e davvero nuovo di pensare al welfare. Impegno davvero nuovo e ragguardevole sarebbe di consentire istituzionalmente che l’umanità delle persone sofferenti si potesse tradurre in pratiche sociali (umanamente, finanziariamente e managerialmente) perseguibili.
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Search-ME - Erickson 4 Didattica
Un’insegnante della Fondazione Istituto Marymount di Roma racconta il progetto sviluppato con gli alunni della scuola dell’infanzia e della scuola primaria in memoria di Sir Ken Robinson
La creatività è sempre stata al centro della mia attività didattica. Ho avuto l’opportunità di ascoltare dal vivo Sir Ken Robinson qualche anno fa al Bett Show di Londra. Da allora ho fatto mio quanto diceva che bisogna offrire occasioni frequenti ai bambini e ai ragazzi di allenare la loro creatività. Allenare perché tutti siamo persone creative, ma col passare del tempo ne perdiamo la pratica. La creatività è invece importantissima perché è quella dote che ti permette di affrontare i problemi quotidiani della vita, e soprattutto di rialzarti anche nei momenti più duri. La partecipazione a “Imagine If…” è stata un’opportunità di esercitare la creatività per i bambini della nostra scuola, Fondazione Istituto Marymount di Roma. La concomitanza con il cambio di valutazione e la fine del quadrimestre mi ha convinto a presentare la proposta come libera sia ai colleghi che ai bambini, chi ha avuto la possibilità ha partecipato, per chi non è riuscito stavolta costruiremo sicuramente altre occasioni. Ne abbiamo bisogno per costruire il nostro futuro, sono i nostri bambini di oggi che dovranno inventare soluzioni per il mondo che noi abbiamo costruito per loro, e non abbiamo fatto proprio questo gran lavoro… quindi cerchiamo di offrire loro ogni occasione possibile perché possano esprimere le loro idee. In questo progetto una bambina di 5 anni alla domanda “Che cos'è la creatività secondo voi?”, ha risposto “La creatività è quella cosa che ispira la nostra immaginazione a fare cose”, ecco per me in questa frase c’è davvero l’essenza di tutto. https://spark.adobe.com/page/9rzi7XPR4PvSj/
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Search-ME - Erickson 5 Didattica
Un’insegnante del liceo STEAM international di Bologna racconta il progetto sviluppato con i suoi studenti in memoria di Sir Ken Robinson
Far conoscere il lavoro di Ken Robinson ad un gruppo di adolescenti non è stato difficile: Robinson è stato un grande comunicatore, ribelle ed empatico, i suoi Ted sono convincenti e la sua visione della scuola è chiara e comprensibile a tutti. Dopo aver presentato l’opportunità di partecipare alle celebrazioni per il suo compleanno, ho proposto agli studenti e alle studentesse una piccola esplorazione del suo sito e poi la visione del suo Ted più famoso: “Perché la scuola uccide la creatività?”. Hanno condiviso nell’ambiente online le loro idee su questo tema e così abbiamo rotto il ghiaccio. Ecco alcune delle loro osservazioni: “Sono d'accordo con quello Ken cerca di spiegare anche se nella scuola che ho scelto è diverso, per fortuna” (Alessandro K.) “Lui sostiene che la scuola ci indirizza a concentrarci su un aspetto teorico e non su tutte le altre potenzialità del nostro corpo, che vengono addirittura penalizzate” (Alessandro S.) “Quando si diventa adulti non si riesce più ad andare contro tendenza perché si è quasi sottomessi da una forza più grande che è la società” (Andrea B.) “Lui pensa che tutti i ragazzi nascano con un talento ma alla fine del percorso scolastico lo perdiamo” (Anna Caterina S.) “Da bambini non si ha paura di sbagliare perché non si sa la risposta esatta. Ecco perché la scuola uccide la creatività, perché risponde alle domande prima che noi possiamo pensarci” (Elisa S.) “Ken Robinson pensa che la scuola non ha subito nessun cambiamento in tutti questi anni e secondo la mia opinione è un'osservazione molto veritiera” (Giulio P.) “La scuola non tiene in considerazione il valore della diversità fra le persone e ignora che ogni individuo ha propensioni e creatività diverse che porterebbero ad approfondire e a studiare con passione trovando così la giusta strada verso il futuro” (Jacopo DVP) “La scuola non ci insegna a sbagliare” (Mattia S.) Ho poi proposto il video sul “Cambiamento dei paradigmi dell’educazione” e ho chiesto agli studenti di estrarre i suggerimenti di innovazioni possibili dati dall’autore e di commentarli: anche qui le riflessioni sono state puntuali e interessanti. Infine, hanno potuto vedere il video, che Robinson aveva realizzato quattro anni dopo il primo Ted, partecipando in modo interattivo grazie ad una app e si sono fatti domande sul loro futuro, le loro passioni, i loro sogni. Alla fine di questo breve percorso conoscitivo, è stato proposto alla classe di produrre un elaborato sul tema: “Immagina se…a scuola potessi sviluppare una tua passione”. Hanno potuto scegliere se lavorare da soli, in coppia o in piccolo gruppo e anche il formato del prodotto: una rappresentazione grafica, un video-intervento, un Meme, un testo, un poster, un fumetto. La sfida è stata raccolta e ora la condividiamo con la comunità dei docenti e degli studenti. Ecco gli elaborati proposti dai ragazzi e dalle ragazze. Video (Alessandro Sica) Fumetto (Camilla Poloni, Anna Caterina Struchel, Martina Garuti, Beatrice Odorico) Presentazione (Francesco Taliercio, Chiara Tivoli, Elisa Stivaletta, Leonardo Lottini) Video (Alessandro Martelli-Francesco Felletti Spadazzi) Meme1 e Meme2 (Vittorio Landi-Mattia Mazzoni) Presentazione (Elena Cavicchi) Video (Giulio Pongetti-Andrea Brunetti) Poster (Vittoria Trivellato Codicè) Video (Federico Stanzani-Mattia Settepani-Alessandro Kindt-Federica Chiodo) Testo e Poster (Jacopo De Vito Piscicelli e Martina Berna Nasca) Video (Lorenzo Fantini)
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Search-ME - Erickson 6 Didattica
Un’insegnante della scuola secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo “Rodari Alighieri Spalatro” di Vieste racconta il progetto sviluppato con i suoi alunni in memoria di Sir Ken Robinson
La scuola non è una catena di montaggio, gli alunni sono tutti “pezzi unici”! Entrano nella scuola molto piccoli, ognuno con la sua personalità e con i suoi talenti, spesso ancora nascosti (anche a se stessi) e, in molti casi, ne escono impoveriti di immaginazione e creatività. Il percorso di studi è fin da subito, per tutti, rigido e abbastanza scontato almeno fino ai 13 anni. Quando finalmente diventano liberi di scegliere il loro indirizzo di studi, le cose paradossalmente peggiorano: il sistema si fa ancora più rigido e salgono i numeri della dispersione scolastica. Certificazioni e diplomi, conseguiti (spesso a fatica) al termine del percorso scolastico, dovrebbero raccontarci chi è e cosa sa fare quel piccolo uomo o quella piccola donna che stiamo per consegnare alla vita da adulto con gli strumenti (si spera) per poterla affrontare, ma spesso quei numeri e quelle parole non raccontano la verità. Come è possibile testare le competenze di un ragazzo o una ragazza adottando metodologie didattiche per lo più tradizionali e basandoci su un sistema di insegnamento e apprendimento (anacronisticamente, ahimè) nozionistico? Come è possibile farlo o farla appassionare alla scuola puntando solo sulla motivazione estrinseca, cioè l’ottenimento di buoni voti e del famigerato pezzo di carta? La standardizzazione dell'insegnamento contro cui sir Ken Robinson, anglosassone di nascita ma vissuto a lungo negli States, si è battuto per tutta la vita, checché se ne dica, è ancora molto forte anche da noi e continua a far danni. Tutti conoscono Ken Robinson, i suoi Ted Talks hanno raggiunto visualizzazioni record! Il suo mantra? La scuola (così com'è) uccide la creatività, occorre cambiare i paradigmi dell'educazione! L'eredità che ci ha lasciato quest'uomo è preziosa, i suoi libri (editi in Italia da Erickson) dovrebbero essere letti da tutti gli educatori. Attenzione però, perché leggere Ken Robinson (il mio preferito è “The Element”) può avere effetti collaterali! Il suo messaggio, infatti, è rivoluzionario e chiama in causa tutti gli insegnanti. Le rivoluzioni, dice Robinson, non aspettavano direttive, vengono dal basso. L'istruzione è la nostra grande speranza, un'istruzione nuovo stile, adeguata alle sfide che abbiamo davanti a noi e ai veri talenti che tutti noi abbiamo dentro, si legge in “Scuola creativa”. I talenti, le passioni, quelli che troppo spesso la scuola ignora o sottovaluta, dovrebbero essere invece il punto di partenza, la scintilla per accendere nei nostri studenti l’amore per la conoscenza, la rampa di lancio della loro creatività. Per come la vedo io, rincara Robinson, lo scopo dell'istruzione è mettere gli studenti nelle condizioni di comprendere il mondo che li circonda e i talenti che hanno dentro di sé così che possano diventare persone realizzate e cittadini attivi e compassionevoli. Per celebrare Ken Robinson, io e i miei studenti della classe 1a B dell’Istituto Comprensivo “Rodari Alighieri Spalatro” di Vieste, siamo partiti da qui. Il modo in cui egli stesso si è presentato, tramite i suoi video, lo ha reso subito simpatico a tutti. La sua ironia oltrepassa le barriere linguistiche e la sua visione di scuola apre orizzonti mai immaginati prima, accende speranze tra chi è seduto nei banchi, ancor più in questo difficile tempo di pandemia. E allora, come lo stesso Ken ci avrebbe esortato a fare, abbiamo usato la nostra immaginazione per rappresentare, attraverso un video, la scuola ideale. Ognuno ha parlato delle sue passioni, scoprendo inaspettatamente di condividerle con altri. Se la scuola riuscisse ad assecondare le inclinazioni di tutti, è il messaggio dei ragazzi, sarebbe più bello andarci! Ma il loop alla fine si interrompe e salta fuori qualcosa di inaspettato. È lo spunto per lanciare un appello alla scuola, agli insegnanti, agli adulti. Grazie a Ken Robinson per averci fatto divertire, immaginare e sperare una scuola migliore!
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