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Utopia di Tommaso Moro è un «libello», come lo definisce il suo autore, aureo e ironico, dedicato alla ricerca di quale sia la forma migliore di governo. Un’opera che, pur avendo compiuto cinquecento anni, non ha perso la sua originaria freschezza, vitalità e forza visionaria.
Utopia di Tommaso Moro è un «libello», come lo definisce il suo autore, aureo e ironico, dedicato alla ricerca di quale sia la forma migliore di governo. Un’opera che, pur avendo compiuto cinquecento anni, non ha perso la sua originaria freschezza, vitalità e forza visionaria.
Utopia di Tommaso Moro è un «libello», come lo definisce il suo autore, aureo e ironico, dedicato alla ricerca di quale sia la forma migliore di governo. Un’opera che, pur avendo compiuto cinquecento anni, non ha perso la sua originaria freschezza, vitalità e forza visionaria.
La struttura politica, sociale ed economica del mondo immaginato da More è solo il pretesto narrativo per trascinare il lettore in una straordinaria occasione di autocritica: l’autore usa la sua isola di Utopia per analizzare, in modo ironico, le basi stesse della convivenza comune, quelle...
La struttura politica, sociale ed economica del mondo immaginato da More è solo il pretesto narrativo per trascinare il lettore in una straordinaria occasione di autocritica: l’autore usa la sua isola di Utopia per analizzare, in modo ironico, le basi stesse della convivenza comune, quelle difficilissime, se non impossibili, da modificare, il sentimento del possesso, l’attaccamento ai beni materiali, l’avidità, la proprietà privata, la propensione al furto (e le condizioni che inducono ad esso), la condanna di coloro che contraddicono il nostro concetto di normalità.
Un manifesto per tutti gli inguaribili sognatori della «città ideale», in cui siano bandite la sopraffazione, la diseguaglianza e l’intolleranza. Un luogo, l’isola di Utopia, che può significare sia la contrazione di «Eutopia», luogo felice e ottimo, sia la storpiatura di «Outopia», luogo che non c’è, che non si trova sulle cartine geografiche, ma che esiste nella mente e nei cuori di chi si impegna a farla vivere, e che, proprio per questo, e necessario prendere con serietà.
Traduzione di Maria Lia Guardini
La struttura politica, sociale ed economica del mondo immaginato da More è solo il pretesto narrativo per trascinare il lettore in una straordinaria occasione di autocritica: l’autore usa la sua isola di Utopia per analizzare, in modo ironico, le basi stesse della convivenza comune, quelle...
La struttura politica, sociale ed economica del mondo immaginato da More è solo il pretesto narrativo per trascinare il lettore in una straordinaria occasione di autocritica: l’autore usa la sua isola di Utopia per analizzare, in modo ironico, le basi stesse della convivenza comune, quelle difficilissime, se non impossibili, da modificare, il sentimento del possesso, l’attaccamento ai beni materiali, l’avidità, la proprietà privata, la propensione al furto (e le condizioni che inducono ad esso), la condanna di coloro che contraddicono il nostro concetto di normalità.
Un manifesto per tutti gli inguaribili sognatori della «città ideale», in cui siano bandite la sopraffazione, la diseguaglianza e l’intolleranza. Un luogo, l’isola di Utopia, che può significare sia la contrazione di «Eutopia», luogo felice e ottimo, sia la storpiatura di «Outopia», luogo che non c’è, che non si trova sulle cartine geografiche, ma che esiste nella mente e nei cuori di chi si impegna a farla vivere, e che, proprio per questo, e necessario prendere con serietà.
Traduzione di Maria Lia Guardini
La struttura politica, sociale ed economica del mondo immaginato da More è solo il pretesto narrativo per trascinare il lettore in una straordinaria occasione di autocritica: l’autore usa la sua isola di Utopia per analizzare, in modo ironico, le basi stesse della convivenza comune, quelle...
La struttura politica, sociale ed economica del mondo immaginato da More è solo il pretesto narrativo per trascinare il lettore in una straordinaria occasione di autocritica: l’autore usa la sua isola di Utopia per analizzare, in modo ironico, le basi stesse della convivenza comune, quelle difficilissime, se non impossibili, da modificare, il sentimento del possesso, l’attaccamento ai beni materiali, l’avidità, la proprietà privata, la propensione al furto (e le condizioni che inducono ad esso), la condanna di coloro che contraddicono il nostro concetto di normalità.
Un manifesto per tutti gli inguaribili sognatori della «città ideale», in cui siano bandite la sopraffazione, la diseguaglianza e l’intolleranza. Un luogo, l’isola di Utopia, che può significare sia la contrazione di «Eutopia», luogo felice e ottimo, sia la storpiatura di «Outopia», luogo che non c’è, che non si trova sulle cartine geografiche, ma che esiste nella mente e nei cuori di chi si impegna a farla vivere, e che, proprio per questo, e necessario prendere con serietà.
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Per maggiori informazioni vedi la Guida alla lettura degli E-BOOK.
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