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I mini gialli dei dettati 2
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Search-ME - Erickson 1 Area morfosintattica e semantico-lessicale
Intervista a Luigi Marotta, logopedista IRCSS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e vicepresidente dell’Associazione Scientifica Logopedisti Italiani
Negli ultimi anni, il lavoro del logopedista dell’età evolutiva, così come quello di tutti gli operatori del mondo sanitario, è stato interessato da una serie di cambiamenti importanti, che hanno riguardato sia l’approccio scientifico alla medicina che il sistema organizzativo del Servizio Sanitario Nazionale. Nuove e impegnative sfide attendono la professione del logopedista anche nei prossimi anni. Cerchiamo di fare il punto della situazione con uno dei maggiori esperti in questo settore a livello nazionale. Dott. Marotta, quali cambiamenti hanno interessato il lavoro del logopedista dell’età evolutiva negli ultimi anni? «Il primo è culturale, dovuto alla Medicina Basata sulle Evidenze che ha rivoluzionato il mondo scientifico, tanto nella pratica quanto nella teoria, modificando profondamente sia i principi sia gli orientamenti nel complesso scenario della riabilitazione. Il secondo, strettamente legato alla prima, è rappresentato dalla sempre maggiore specializzazione necessaria nell’affrontare i disturbi del neurosviluppo». Quali sono i disturbi di interesse logopedico più diffusi tra i bambini in Italia? «I disturbi del neurosviluppo più diffusi sono senz’altro quelli di linguaggio e di comunicazione, seguiti dai disturbi specifici di apprendimento e dai disturbi dello spettro autistico. Queste “etichette” diagnostiche, però, racchiudono al loro interno una molteplicità di situazioni patologiche, differenti fra loro per comorbidità (più disturbi presenti contemporaneamente), gravità (livelli differenti di deficit) e pervasività (più tipologie di deficit presenti all’interno dello stesso disturbo). Ciò richiede al professionista una grande competenza e sensibilità clinica per scegliere le priorità e le modalità dell’intervento». Quali sono le principali difficoltà che incontra il logopedista nel suo lavoro con i bambini? «In questi anni la difficoltà principale, a mio avviso, è rappresentata dal cambiamento organizzativo del Servizio Sanitario Nazionale, sempre meno presente a livello territoriale, sia per quanto riguarda la medicina della prevenzione, sia per quanto l’erogazione dei servizi di riabilitazione, che tra l’altro varia da regione a regione e anche all’interno di una stessa regione. Questo ha portato a una frammentazione di quella che doveva essere una “rete” di servizio che garantiva anche una collaborazione tra S.S.N., Scuola e professionisti privati».   Quali sfide si prospettano per la professione nei prossimi anni? «Le sfide saranno senz’altro “culturali” e “sociali”. Innanzitutto riguarderanno l’approccio ai disturbi del neurosviluppo, che non dovrà essere, come a volte accade, incentrato sul “sintomo”.  Dovrà, invece, intervenire sui processi cognitivi che consentono l’apprendimento di un’abilità, tenendo conto e interagendo con i contesti (famiglia, scuola e società) che favoriscono lo sviluppo globale del bambino. Questo richiede un vero e proprio cambiamento culturale e una formazione sempre più scientifica, ma che non perda di vista le caratteristiche intrinseche di una professione legata alla relazione di aiuto come la nostra».
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Search-ME - Erickson 2 Difficoltà di linguaggio
Come impostare un lavoro di rilevazione precoce alla scuola dell’infanzia
La normativa sui Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) ha affidato alle scuole di ogni ordine e grado grandi responsabilità anche in merito all’individuazione degli indicatori di rischio di tali disturbi. Anche le scuole dell’infanzia, perciò, sono tenute ad attivarsi per il riconoscimento di un potenziale disturbo specifico dell’apprendimento nei bambini. Lo strumento di rilevazione raccomandato è, anzitutto, l’osservazione delle prestazioni dell’alunno. Come deve essere condotta tale osservazione? Quali sono gli strumenti che possono facilitarla? Risponde a queste domande Luigi Marotta, logopedista, formatore e autore di numerose pubblicazioni su questo tema.  «Esistono molti strumenti di osservazione e di rilevazione di indicatori di rischio e fattori predittivi per future possibili difficoltà di apprendimento della lettura e della scrittura. Molto però dipende dalle finestre temporali che andiamo a osservare. Specialmente nella scuola dell’infanzia c’è una grande variabilità nelle traiettorie evolutive dello sviluppo delle capacità linguistiche, cognitive, motorie, attentive dei bambini. Questa variabilità ci porta a escludere un lavoro di screening nei bambini più piccoli tra i 3 e 4 anni, lavoro che diventa invece molto importante nei bambini di 5 anni, cioè all'ultimo anno di scuola dell’infanzia. Normalmente vengono considerate le abilità emergenti come il linguaggio e le abilità di coordinazione motoria. Queste a loro volta sono sostenute da processi cognitivi di base, come l’attenzione, la capacità di pianificazione, la capacità di percepire visivamente, uditivamente, sensorialmente tutto ciò che ci circonda e poi la capacità di programmare le azioni e monitorarle passo dopo passo. Questo è un lavoro che le insegnanti possono fare con una certa tranquillità sia perché esistono già degli strumenti sia perché esistono anche dei protocolli di osservazione che sono stati messi a punto proprio dalle insegnanti insieme ai clinici. Non è un percorso di tipo diagnostico, ma è un percorso che può essere molto utile per individuare quelle che sono le fragilità e orientare poi la didattica in modo da recuperare quei bambini che possono essere recuperati grazie al lavoro in classe».
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Search-ME - Erickson 3 Autismo e sindrome di Asperger
Come rendere i libri accessibili a tutti i bambini
CHE COSA SONO GLI IN-BOOK?? Sono libri illustrati con testo integralmente scritto in simboli, pensati per essere ascoltati mentre un compagno di strada legge ad alta voce. COME SONO NATI? Sono nati da un’esperienza italiana di Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA), con il contributo di genitori, insegnanti e operatori, e hanno cominciato a circolare spontaneamente e in modo un po’ inaspettato nelle case, nelle scuole dell’infanzia, nelle biblioteche e in molti altri contesti. Sono così diventati patrimonio di tutti i bambini, non solo di quelli con una disabilità della comunicazione.   COME SI LEGGONO GLI IN-BOOK? L’elemento maggiormente specifico della lettura ad alta voce dei libri in simboli è l’utilizzo del modeling. Chi legge cioè accompagna costantemente la lettura indicando con il dito uno per uno i simboli mentre sta leggendo, cercando di evitare che questo movimento vada a interferire con la vivacità del racconto.  Il dito viene appoggiato nella parte inferiore del simbolo, in modo da lasciare libero e ben evidente sia il simbolo che la parola  scritta, posizionata in alto per evitare il rischio che l’indicazione la possa coprire. A volte, nel corso della lettura, oltre ai simboli può essere utile indicare alcuni particolari delle immagini, per rinforzare passaggi salienti della storia.  In genere, è l’adulto che legge e indica i simboli, mentre il bambino o i bambini ascoltano.  CHI INDICA I SIMBOLI?   A volte il bambino desidera poter indicare lui i simboli mentre l’adulto legge e si diverte a dirigere la lettura e a tenere sotto controllo l’adulto. Alcuni hanno bisogno di prendere la mano dell’adulto mentre fa il modeling e di sentirne il movimento, il ritmo della lettura. Non è invece opportuno il contrario, ovvero che sia l’adulto a prendere la mano del bambino e a muoverla passivamente. Al bambino non viene mai chiesto di guardare o di indicare a sua volta: viene semplicemente «esposto» all’indicazione continua, simbolo per simbolo, giocosamente. L’indicazione rappresenta un supporto molto importante per agganciare lo sguardo dell’altro e per costruire l’attenzione condivisa nell’ambito di un contesto di riferimento comune. Il continuo movimento dell’indicare da un simbolo al successivo accompagna lo sguardo dall’uno all’altro e facilita la costruzione di sequenze. Entrambi i passaggi sono particolarmente rilevanti nei bimbi che hanno difficoltà, soprattutto prassiche o di inseguimento di sguardo, così come nei bambini con un disturbo dello spettro autistico. In questi ultimi, si può inizialmente avere l’impressione che non stiano guardando e che non seguano. Se il libro è motivante e aggancia il loro interesse, bisogna solo avere pazienza e aspettare. QUALI SONO I VANTAGGI DEL MODELING?     In genere i bambini imparano rapidamente come funziona il modeling, è sufficiente che vedano una o due volte un adulto che legge indicando i simboli e cominciano a fare lo stesso, imitando in modo automatico e naturale quanto hanno visto fare. Cominciano così spontaneamente a usare il modeling per leggere gli IN-book, da soli o ad alta voce ad altri bambini. Progressivamente attraverso il modeling, senza bisogno di spiegazioni o di richiami, il bambino apprende inoltre automaticamente la corrispondenza tra parola ascoltata, simbolo e parola scritta.  La lettura di libri in simboli diventa da questo punto di vista una delle prime attività «da grandi» che i bambini possono organizzare in completa autonomia, senza la mediazione continua dell’adulto. La struttura degli IN-book permette infatti lo sviluppo di una «lettura» autonoma dei simboli da parte dei bambini che, se dapprima tendono a godersi la lettura ad alta voce e il modeling fatto dall’adulto, in seguito apprezzano molto la possibilità di fruire autonomamente del libro.
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Search-ME - Erickson 4 Difficoltà di linguaggio
Teleriabilitazione e Covid-19: esperienze a confronto nel Servizio Sanitario Nazionale
Sommario Dalla chiusura dei servizi di logopedia all’avvio della teleriabilitazione Dalla nascita di un gruppo di lavoro alla creazione di un vademecum condiviso per la riabilitazione integrata Le componenti che contraddistinguono il lavoro in teleriabilitazione Punti di forza e criticità del lavoro di teleriabilitazione Conclusioni Bibliografia Sitografia     Sommario Durante la pandemia da Covid-19 tutti i settori produttivi chiudevano e Il Servizio Sanitario Nazionale convertiva le risorse disponibili nella cura dei malati di Covid. Nei Servizi di Riabilitazione molti terapisti per ridurre la possibilità di contagio e contemporaneamente mantenere la presa in carico dei pazienti hanno attivato nuove modalità di intervento. Emergeva l’esigenza di una maggiore condivisione: ogni nuova esperienza portata avanti con successo diventava arricchimento professionale fruibile anche da altri colleghi. È nato un think tank, formato da logopediste della Sanità pubblica provenienti da Lombardia, Liguria, Piemonte, Veneto e Toscana, accomunate dall’utilizzo di tecnologie informatiche che consentivano di mantenere il contatto con il paziente e portare avanti il progetto riabilitativo con una modalità diversa. Dal confronto di queste esperienze è stato elaborato un vademecum di intervento per la riabilitazione integrata, al fine di fornire alcuni esempi di attività e evidenziare punti di forza e criticità derivati dall’utilizzo della teleriabilitazione. Risultano rivoluzionati i paradigmi della riabilitazione stessa attraverso un nuovo modello di intervento, riproponibile anche in contesto post-emergenziale a integrazione delle offerte terapeutiche tradizionali.   Dalla chiusura dei servizi di logopedia all’avvio della teleriabilitazione Alla fine di febbraio 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiarava la pandemia per Covid-19; l’Italia dopo pochi giorni entrava in lockdown. Tutti i settori, dalla scuola ai teatri, dai musei ai negozi, dalle palestre alle attività sportive chiudevano. Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con gli ospedali, i distretti sanitari, gli ambulatori territoriali manteneva i propri servizi aperti, nell’iniziale convinzione che la Sanità non potesse chiudere. Noi logopediste ci interrogavamo su come fosse possibile continuare a lavorare in sicurezza minimizzando i rischi di contagio per gli operatori e per gli utenti. Non avevamo ancora ricevuto direttive precise, in alcuni Servizi mancavano le mascherine e il disinfettante e ci chiedevamo quanto fosse a rischio il nostro lavoro. Poi, mentre i dati riguardanti il numero dei malati e quello dei morti salivano quotidianamente e i media descrivevano in maniera inequivocabile la situazione gravissima in cui eravamo precipitati, accadde una cosa inimmaginabile: chiusero gli ospedali, convertendo tutte le risorse disponibili nella cura dei malati di Covid-19. L’attività ambulatoriale ordinaria venne sospesa. Ci siamo trovate come catapultate in una situazione che inizialmente sembrava quasi irreale, impossibile, eppure era vera: uno tsunami che ha frantumato molte certezze ed equilibri. La sensazione di smarrimento e di paura è stata forte, anche nei genitori e nei bambini. Passato qualche giorno di iniziale disorientamento, ci siamo interrogate su come si sarebbe potuto andare avanti. Ognuno di noi ha esperito sulla propria pelle la necessità di rivedersi come professionista: chi si è preso del tempo per riflettere, chi ha cercato altre strade. Ci siamo trovate a dover affrontare una sfida molto impegnativa, indubbiamente con incertezze, ma anche con desiderio di metterci in gioco, di attraversare in modi nuovi questo periodo difficile: dovevamo contribuire a diminuire i rischi di contagio e al tempo stesso trovare soluzioni, sperimentare nuove modalità di lavoro per mantenere la presa in carico del paziente, bisognoso comunque, dell'intervento riabilitativo. In altre parole trovare un senso di normalità in ciò che di normale non aveva più nulla. Quindi ci siamo attivate per etica professionale mettendo in campo un forte spirito di adattamento. Se prima la dinamica relazionale con i nostri assistiti si svolgeva in presenza, vicinanza e contatto, di punto in bianco abbiamo dovuto chiudere le porte dei nostri ambulatori: una discreta soluzione provvisoria è stata l’invio del materiale riabilitativo ai genitori e gli scambi telefonici per un lavoro indiretto. Il prolungarsi del lockdown ci ha però spinte a cercare una modalità sincrona per fare terapia a distanza, attraverso piattaforme di videoconferenza. Le tecnologie informatiche sono state per i terapisti una buona ancora di salvataggio, poiché consentivano di mantenere il contatto con il paziente e di portare avanti il progetto riabilitativo, pur con una modalità diversa dal solito. Tuttavia, nonostante gli strumenti informatici costituissero una grande risorsa, molti terapisti non avevano esperienze precedenti con la teleriabilitazione, non c’erano sufficienti materiali in formato digitale da usare in terapia, non c’erano adeguate postazioni di lavoro negli ambulatori e, soprattutto, non c'era un protocollo da applicare per coinvolgere attivamente il paziente e il suo caregiver all'interno di questo percorso. Ci si è rimboccati le maniche cercando di imparare, scambiare materiali e conoscenze con i colleghi: la parola d'ordine tra i terapisti diventava condivisione. Nascevano nuove idee, proliferavano webinar, corsi di aggiornamento, videoconferenze, gruppi on- line di scambio: ogni nuova esperienza portata avanti con successo diventava arricchimento professionale a beneficio anche di altri colleghi. Se in anni recenti in alcune strutture pubbliche la teleriabilitazione era stata usata prevalentemente per il trattamento dei disturbi di apprendimento, con l’emergenza sanitaria è stata estesa sia a bambini con disturbo del linguaggio che a quadri clinici più complessi (ad esempio, disabilità cognitiva o disturbo della comunicazione). Rilevante è stata la modalità con cui è avvenuto tale passaggio: le soluzioni sono state trovate dal basso, grazie all’esperienza pregressa e all’intuito di alcuni terapisti, anticipando i vertici aziendali prima che chiedessero loro stessi una modifica della routine lavorativa per garantire la continuità delle attività dei servizi di riabilitazione.   Dalla nascita di un gruppo di lavoro alla creazione di un vademecum condiviso per la riabilitazione integrata Da tale esperienza è nato un gruppo di lavoro, un think tank, formato da logopediste unite dall’esperienza di teleriabilitazione, provenienti da diverse realtà della Sanità pubblica, in particolare dalle regioni Lombardia, Liguria, Piemonte, Veneto e Toscana (regioni che, come è noto, sono state fra le più tragicamente colpite dal Covid-19). Dalla riabilitazione a distanza, quindi, è nato il confronto a distanza che ha dato l’opportunità a professioniste, che non si conoscevano e probabilmente non si sarebbero mai conosciute se non ci fosse stata la pandemia, di ritrovarsi in videoconferenza per discutere, sostenersi, scambiare percorsi e buone prassi. Abbiamo scoperto di avere vissuto lo stesso film: è emersa tutta la fatica ma anche la forza e l’impegno psicologico ed emotivo che abbiamo dovuto mettere in gioco per affrontare quello che era successo. Appena è stato possibile è ripresa l’attività in ambulatorio con la riabilitazione in presenza, più facile sia per i clinici che per i bambini, ma tutto era cambiato. Che senso e che valore poteva avere fare logopedia con la mascherina davanti alla bocca? Se prima utilizzavamo la tecnica del modeling per l’imitazione dei nostri movimenti buccali, ora dovevamo coprirci con una mascherina filtrante. I materiali che usavamo, i giochi che sono parte integrante e punto di forza delle nostre terapie, improvvisamente diventavano possibile veicolo di contagio e, quindi, divenivano elementi potenzialmente pericolosi da eliminare. Queste riflessioni sono diventate la linea di partenza da cui abbiamo dato forma e struttura ad esperienze individuali, perché divenissero un vero e proprio vademecum di intervento per la riabilitazione integrata, fruibile anche da parte di altri colleghi. Il vademecum è strutturato in tre fasi: 1. Fase preparatoria - pianificazione del percorso e della seduta, preparazione del materiale e indicazioni al genitore 2. Fase di avviamento e setting - avvio della videochiamata, descrizione del setting e coinvolgimento del genitore 3. Fase delle attività riabilitative - indicazioni operative per la teleriabilitazione logopedica Il lavoro in teleriabilitazione, in virtù della modalità e degli strumenti usati, ha evidenziato diversi punti di forza e diverse criticità relativi agli attori coinvolti: bambino, genitore, terapista, altre agenzie, che descriveremo più avanti in questo approfondimento.   Le componenti che contraddistinguono il lavoro in teleriabilitazione Il lavoro in teleriabilitazione, in virtù della modalità e degli strumenti usati, ha evidenziato diversi punti di forza e diverse criticità relativi agli attori coinvolti: bambino, genitore, terapista, altre agenzie. 1. Fase preparatoria - pianificazione del percorso e della seduta, preparazione del materiale e indicazioni al genitore   a) Per l’avvio della teleriabilitazione è necessario preparare il genitore concordando con lui le modalità di intervento del quale sarà lui, insieme al bambino, l’attore principale; pertanto gli obiettivi riabilitativi, individuati secondo il quadro clinico, devono essere modulati anche in relazione alle caratteristiche del genitore.   b) Per poter fare una seduta di logopedia a distanza è necessario preparare in anticipo tutti i materiali da usare nel setting con il bambino; questo richiede molto più tempo di una seduta in presenza e necessita di una programmazione anticipata e ancora più definita, perché non si possono creare dei tempi vuoti quando si svolge l’attività riabilitativa a distanza. Si è reso inoltre necessario convertire molti materiali cartacei in formato digitale, crearne di nuovi in formato Word, PDF o PowerPoint e realizzare brevi filmati.   c) Altrettanto importante risulta la strutturazione della seduta con la definizione degli strumenti utilizzati; vanno diversificati e proposti mantenendo un certo ritmo, per limitare la caduta attentiva e motivazionale da parte del bambino ed evitare la comparsa di comportamenti-problema.   d) L’utilizzo della teleriabilitazione cede al genitore la responsabilità sia della gestione del bambino che della scelta dell’ambiente adeguato alla terapia; modifica il coinvolgimento del genitore che diventa attore effettivo dell’intervento ed elemento dell’equipe multidisciplinare coinvolto nel progetto terapeutico; aumenta la consapevolezza delle caratteristiche di funzionamento del proprio figlio, degli obiettivi terapeutici e dell’evoluzione del percorso.   e) La modalità di lavoro in smart working o l’uso del mezzo informatico ha permesso, talvolta, un’inclusione maggiore nel percorso terapeutico della figura paterna, solitamente meno coinvolta nella terapia in presenza. Spesso, infatti, la figura maschile incontra maggiore difficoltà a trovare un proprio ruolo attivo nel fare riabilitativo. La necessità, invece, di confrontarsi con un mezzo tecnologico ha permesso ai papà di trovare un proprio spazio, concretizzando il loro desiderio di partecipare al ben-essere del figlio. 2. Fase di avviamento e setting - avvio della videochiamata, descrizione del setting e coinvolgimento del genitore   a) La pregnanza che le nuove tecnologie hanno sulla vita dei bambini ha permesso l’utilizzo dello strumento informatico con materiali adatti e accattivanti, simili alle esperienze tecnologiche che fanno parte della loro quotidianità. Tale aspetto ha favorito lo scambio interattivo, il mantenimento dell’attenzione e della motivazione, grazie anche alla possibilità di utilizzare mediatori visivi come gli Emoticon, le GIF, le Moji e gli strumenti legati alle diverse piattaforme per videochiamata   b) Si è arrivati alla costruzione di un nuovo setting riabilitativo virtuale alla cui realizzazione alcuni bambini hanno avuto parte attiva condividendo gli utilizzi creativi di alcune funzioni, talvolta insegnandole alle stesse logopediste (es. introducevano gli sfondi, inserivano nuove GIF, utilizzavano la scrittura su schermata).   c) La teleriabilitazione, sperimentata da tempo con buoni risultati sui ragazzini con disturbi di apprendimento, sia per la collaborazione del bambino/famiglia, sia per la facilità di utilizzo degli strumenti impiegati, si è dimostrata una risorsa preziosa nel periodo in cui la riabilitazione in presenza non è stata possibile: quindi se n’è implementato l’uso, estendendolo ad altri quadri clinici e raggiungendo risultati significativi. d) Con i bambini più piccoli e/o con quadri più complessi, ad esempio bambini autistici, è stato importante analizzare e valutare caso per caso gli strumenti più adatti e le migliori modalità di approccio riabilitativo specifiche per quel bambino. In questi casi è stato talora necessario fare una proposta di lavoro più strutturata, mostrando esattamente cosa si doveva fare attraverso il gioco di ruolo, in presenza di due terapisti in cui uno rappresentava il bambino e l’altro il riabilitatore, per fornire un modellamento chiaro che doveva essere poi riprodotto a casa. Il materiale veniva inviato alla famiglia alcuni giorni prima, affinché il bambino venisse preparato, prevenendo così la comparsa di comportamenti-problema. 3. Fase delle attività riabilitative - indicazioni operative per la teleriabilitazione logopedica   a) Sebbene l’uso della tecnologia migliori i tempi di attenzione del bambino, lavorando sulla difficoltà specifica si è osservato un aumento dell’affaticabilità. Per mantenere viva la motivazione è stato necessario variare le attività e talvolta proporre sedute più brevi.   b) Nella terapia in presenza si hanno a disposizione tempi, attività, modalità relazionali che allentano la tensione terapeutica permettendo una maggiore modulazione, mentre nella teleriabilitazione questo non è stato possibile. Si è rivelato, quindi, utile avere a disposizione materiale di vario genere che ha permesso di alternare attività riabilitative mirate a quelle più ludiche: canzoni, giochi, storie, brevi filmati, bolle, giochi presentati dal bambino, ecc. (software e piattaforme online per la teleriabilitazione).   c) È importante sottolineare l’asincronia che può emergere nella relazione comunicativo-emozionale durante la seduta in teleriabilitazione, dove diventa difficile cogliere il pensiero del bambino attraverso la comunicazione non verbale. È molto importante poter usufruire di una connessione stabile, di una piattaforma di facile accesso, possibilmente bidirezionale (es. controllo da remoto del mouse del bambino) e di webcam ad alta risoluzione.   d) La compliance del bambino, cioè l’adattabilità al contesto teleriabilitativo, è correlata alle sue caratteristiche intrinseche, all’età, alla patologia e alla consapevolezza del proprio disturbo. Per esempio, in alcuni casi di bambini con disturbi dello spettro autistico o disabilità intellettiva, i tempi attentivi e lo stare seduti di fronte allo schermo sono stati notevolmente faticosi e vi è stata necessità di grande mediazione da parte del genitore che, in accordo con il terapista, ha preparato attività-intervallo da alternare all’attività riabilitativa (es. giochi preferiti dal bambino).   e) Anche in alcuni casi di bambini con Disturbo Primario di Linguaggio (DPL) non è stato semplice mantenere la concentrazione e le attività dovevano essere brevi, varie e accattivanti. Lo schermo non ha facilitato il mantenimento dell’attenzione sul volto dell’interlocutore e sui suoi movimenti buccali, competenza già difficoltosa in presenza. Anche per il terapista, talvolta, non è stato semplice seguire la produzione linguistica del bambino che non sempre rimaneva ben visibile durante la condivisione dello schermo con giochi e software: la collaborazione del genitore è stata determinante, sia perché ha svolto la funzione di mediatore/modello dell’articolazione, sia perché è stato disponibile a realizzare brevi video della produzione del bambino da inviare al terapista.   f) I bambini con Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) si sono rivelati invece più complianti, per i motivi sopracitati e per l’esperienza con la didattica a distanza (DAD), nonostante la modalità in videochiamata fosse una novità anche per loro.    Punti di forza e criticità del lavoro di teleriabilitazione 1. Un punto di forza di questa modalità di intervento è la possibilità di seguire un maggior numero di utenti, diminuendo quindi i tempi di attesa che intercorrono tra la valutazione e la presa in carico, dando così risposta ai criteri di intensività e precocità che sono alla base dell’efficacia riabilitativa. 2. La riabilitazione integrata, associata alla videochiamata, ha permesso di entrare nelle case dei bambini. I maggiori scambi comunicativi e l’osservazione diretta della relazione, del contesto, della risposta del bambino alla proposta riabilitativa mediata dal genitore, hanno permesso un intervento più ecologico ed efficace. 3. La teleriabilitazione consente lo scambio più frequente e diretto di informazioni tra genitore e terapista, sia attraverso modalità comunicative come ad esempio la messaggistica, sia attraverso informazioni dirette fornite dal genitore durante il lavoro domiciliare (dispositivi in dotazione alla famiglia e teleriabilitazione). 4. L’uso della tecnologia rappresenta una risposta efficace ai problemi logistici, venendo incontro alle esigenze di abbattimento delle distanze (problemi di spostamento, territori decentrati) e consentendo di continuare l’attività riabilitativa anche durante periodi prolungati di ferie, se necessario. 5. L’ingresso della tecnologia nella riabilitazione ha permesso un confronto più fluido e frequente con le agenzie esterne (insegnanti, educatori, servizi sociali, ecc.), talora coinvolgendole direttamente nel percorso terapeutico, laddove la collaborazione della famiglia non sia stata possibile. 6. Elementi di criticità possono essere rappresentati dal fatto che non tutti i genitori possiedono gli adeguati strumenti informatici, talvolta anche per motivi economici, o le relative conoscenze d’uso. 7. Le caratteristiche del genitore, lo stile relazionale, la capacità di gestione del bambino, la barriera linguistica e il grado di consapevolezza del disturbo del proprio figlio, possono rappresentare un ostacolo alla realizzazione dell’intervento. 8. L’utilizzo di programmi chiusi limita la possibilità di raccogliere l’iniziativa del bambino per iniziare o riorganizzare la seduta in corso. 9. Vi sono patologie per le quali la teleriabilitazione non sembra indicata. Nella Disprassia Verbale, per esempio, è indispensabile fornire un modello corretto dell’articolazione dei fonemi, utilizzando tecniche che incorporano principi neuromotori e somestesici, uniti all’informazione uditiva e visiva, per fornire un feedback al sistema dello speech. Questo risulta difficile da realizzare in videochiamata, proprio perché l'input sensoriale riguardo la traiettoria, il grado di apertura mandibolare, il luogo e il timing può avvenire unicamente nella terapia in presenza. 10. La riabilitazione integrata richiede al terapista di rimettersi in gioco, accogliendo la possibilità di utilizzo di nuovi strumenti tecnologici: questo implica l’esigenza di dedicare del tempo all’aggiornamento, al confronto con i colleghi, alla sperimentazione di piattaforme o software e alla condivisione di video. 11. Talvolta è emerso un elemento di criticità nella mancata condivisione di questa modalità di intervento da parte di alcune figure dell'equipe multidisciplinare. 12. Un altro problema, tuttora presente, è la possibilità di rendere tariffabile la prestazione in videochiamata, in quanto ogni regione ha compiuto e compie scelte diverse nonostante le Linee Guida del Ministero della Salute in merito alla telemedicina (Dicembre 2020). 13. Per la realizzazione della teleriabilitazione è indispensabile che vi sia un adeguato investimento e sostegno da parte delle Aziende Sanitarie, affinché vengano garantiti ai clinici gli strumenti necessari, quali una buona connessione Internet, hardware, software e accessori come telecamere e microfoni.   Conclusioni Il cambiamento in atto ha rivoluzionato i paradigmi della riabilitazione, creando un nuovo modello di intervento riproponibile anche in contesto post-emergenziale a integrazione delle offerte terapeutiche tradizionali. Alcune esperienze e metodiche utilizzate durante il periodo del lockdown sono ormai entrate a far parte della quotidianità: la riabilitazione alternata in presenza e a distanza, l’utilizzo di materiali e software che permettono la prosecuzione delle attività anche a casa, il relativo monitoraggio da parte del clinico, i colloqui con i genitori e gli insegnanti, gli incontri fra operatori in videochiamata, i corsi di formazione online. Si sono acquisite nuove esperienze e competenze su piattaforme diverse: è stato faticoso, ma anche molto arricchente. Talvolta con i bambini si sono ottenuti successi insperati, ma in altre situazioni sono emerse difficoltà che hanno ostacolato il raggiungimento degli obiettivi prefissati. I prossimi anni saranno fondamentali per la rilevazione e lo studio di dati per dimostrare la reale efficacia di questa modalità riabilitativa, nell’ottica di una medicina basata sulle evidenze. Certamente la strada da percorrere è ancora lunga, ma l’esperienza in rete che è stata condivisa in questo lungo periodo rappresenta un buon punto di partenza!   Bibliografia - V.Allamandri, L.Ballerini, E.Cerruti, M.C. Valente (2021, vol 17 n.2). Disturbi di Linguaggio: riabilitazione diretta e teleriabilitazione. Trento: Erickson- rivista Logopedia e comunicazione. - C.Bachmann, C.Gagliardi, L.Marotta (a cura di) (2020). Teleriabilitazione nei disturbi di apprendimento. Principi ed evidenze di efficacia per la presa in carico a distanza. Trento: Erickson - A.Cantagallo (a cura di) (2014). La tecnologia in aiuto alla persona con disturbi neuropsicologici. Milano: Franco Angeli - Federazione Logopedisti Italiani (a cura di) (2020). Indicazioni per l’attività a distanza del logopedista. Disponibile in https://fli.it/wp-content/uploads/2020/03/INDICAZIONI-PER-L%E2%80%99ATTIVIT%C3%80-A-DISTANZA-DEL-LOGOPEDISTA.pdf - L. Marotta, M.C. Caselli (2014).  I Disturbi del Linguaggio. Trento: Erickson. -Ministero della Salute 27/10/2020 versione 4.4 “Indicazioni Nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina” ratificato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri repertorio atti n.215/CSR del 17/12/2020 -D. R.  Molini-Avejonas, S. Rondon-Melo, C. Albuquerque de La Higuera Amato, A. G. Samelli (2015). A systematic review of the use of telehealth in speech, language and hearing sciences. Disponibile in https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26026181/ (consultato in aprile 2020) -A.Pinton, L.Lorena (2015). Fondamenti del trattamento logopedico in età evolutiva. Roma: Carrocci Faber   Sitografia Abcya: https://www.abcya.com/ Autismo a distanza - Emergenza Covid 19 https://www.facebook.com/groups/675700263163919 Accesso con iscrizione gratuita. Bartolomeo: https://bartolomeo.education/giochi-didattici Canzoni per bambini di Coccole Sonore: https://www.youtube.com/channel/UCfEcBFEBd8DutdOo8NXpj_w Colorare online: https://www.colorare-online.com/ DidaLab (Erickson): https://didalab.erickson.it/ Giochi on line per bambini piccoli: https://www.giochionlineperbambini.com/ Il Gufo Boo: https://www.ilgufoboo.com/ Learning Apps: https://learningapps.org/ Puzzle factory: https://puzzlefactory.pl/it/categorie/per-bambini RIDInet cooperativa Anastasis: https://www.ridinet.it Training cognitivo: https://www.trainingcognitivo.it/gamecenter/ Wordwall: https://wordwall.net/it/community .cap-glossario{ top: -150px; position: relative; height: 1px; } .url-glossario {padding-inline-start: 20px;} .url-glossario li, .url-glossario li a {color: #b5161a; font-size: 1.2rem; text-decoration: none; font-weight: bold; list-style: circle; } .url-glossario li a:hover {color:#122969; background: rgba(149,165,166,0.2); content: ''; -webkit-transition: -webkit-transform 0.3s; transition: transform 0.3s; -webkit-transform: scaleY(0.618) translateX(-100%); transform: scaleY(0.618) translateX(-100%);}
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Search-ME - Erickson 5 Difficoltà di linguaggio
Il ruolo degli insegnanti e l’importanza degli strumenti osservativi a disposizione
Già in età precoce, il livello di sviluppo del linguaggio è in grado di fornire informazioni importanti per individuare eventuali aree di fragilità del bambino. È perciò fondamentale che gli insegnanti fin dalla scuola dell’infanzia siano in grado di coglierne abilità e competenze, insieme ad eventuali deficit, anche tramite l’utilizzo di appositi strumenti osservativi. Ce ne parla Graziella Tarter, logopedista con alle spalle un’esperienza pluridecennale nei Servizi di Neuropsichiatria Infantile (NPI). «La scuola dell’infanzia è un momento privilegiato per l’osservazione del linguaggio del bambino perché tra i 3 e i 6 anni si mette in evidenza gran parte dello sviluppo. Le insegnanti sono molto attente ai segnali precoci, soprattutto relativi ai disturbi della pronuncia e ai disturbi della produzione del linguaggio e al bambino che arriva con un linguaggio molto scarso se non assente. Questo è corretto perché questi sono i bambini che devono arrivare all’osservazione anche clinica entro i 4 anni. Dobbiamo però considerare che il linguaggio non è soltanto produzione linguistica, ossia le parole che noi usiamo per comunicare. Il linguaggio è anche comprensione, è quel vestito del pensiero, del ragionamento che ci permette di capire il mondo che ci sta intorno.  In questo momento gli insegnanti hanno un grande bisogno di formazione rispetto alle competenze di comprensione del linguaggio proprie del bambino di 3, 4 e 5 anni. I protocolli osservativi servono proprio ad aiutare gli insegnanti a individuare queste situazioni di rischio non facilmente descrivibili come quelle del disturbo di pronuncia, ma assolutamente influenti per la scolarità futura». 
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Search-ME - Erickson 6 Metodologia e Linguaggio funzionale
I principali disturbi affrontati nell’intervento logopedico con l’adulto
Disturbo fonologico, aprassia articolatoria e disartria sono i principali disturbi affrontati a livello logopedico in età adulta. Passiamo in rassegna specificità e caratteristiche che li contraddistinguono. Disturbo fonologico Il disturbo fonologico consiste in una difficoltà nel selezionare e porre in corretta sequenza la stringa fonologica, e si manifesta con parafasie fonemiche (omissioni, sostituzioni, aggiunte e trasposizioni di fonemi), conduites d’approche (approssimazioni ripetute e quasi sempre inefficaci a correggere gli errori fonologici per produrre la parola target), fino ai neologismi fonemici.   Se il danno è localizzato tra l’uscita del lessico di output e il buffer, la produzione è fluente ma gergofasica a causa della presenza massiccia di neologismi fonemici e conduites d’approche, mentre se il danno è localizzato a livello dell’interfaccia tra buffer fonemico e il motor speech programmer, la produzione è caratterizzata da un eloquio poco fluente, con parafasie fonemiche, e visibile fatica da parte del paziente, impegnato a trovare la corretta posizione articolatoria e sequenziare in modo corretto i fonemi.   Sotto il profilo comportamentale, quest’ultima condizione clinica può sembrare simile all’aprassia articolatoria, se non fosse che si accompagna ad altri segni di compromissione del linguaggio (ad esempio deficit di comprensione, alterazioni del linguaggio scritto, ecc.). Aprassia articolatoria L’aprassia articolatoria è un deficit della programmazione articolatoria caratterizzato da una difficoltà a tradurre la sequenza fonologica in un adeguato programma articolatorio o, usando le parole di Darley, il primo che parlò di tale patologia, «nel programmare la posizione degli organi articolatori e la sequenza dell’articolazione». La compromissione maggiore è costituita dalla perdita della capacità di integrare spazialmente e temporalmente l’attività della muscolatura fono-articolatoria che interviene nella produzione dei gesti articolatori. I soggetti con aprassia articolatoria presentano infatti: a) una preservata conoscenza della forma fonologica delle parole che intendono produrre; b) problemi di esecuzione motoria pura non significativa. Fenomeni tipici sono l’assordamento dei fonemi consonantici nei corrispondenti suoni sordi, la sostituzione delle consonanti fricative con consonanti affricate o con le occlusive, la semplificazione dei cluster consonantici. La prosodia può essere alterata tanto da dare l’impressione complessiva di un accento straniero. Spesso si accompagna ad aprassia bucco-linguo-facciale.   Il quadro clinico può derivare da una lesione del piede della terza circonvoluzione frontale sinistra (A44 o area di Broca), da lesioni dell’insula e dei gangli basali, ma sono descritti quadri sintomatologici simili anche per la lesione parietale posteriore. Quest’ultimo dato potrebbe avere una corrispondenza con la dorsal stream prima descritta. Disartria La disartria è un deficit della realizzazione articolatoria di sequenze fono-articolatorie già programmate,ed è la conseguenza di un danno neurologico o chirurgico del sistema nervoso centrale o periferico. La prima classificazione organica delle disartrie risale al 1969 e comprende cinque tipologie di quadri clinici, ciascuno caratterizzato da segni e sintomi tipici della patologia neurologica sottostante.In base alla localizzazione della lesione si differenziano: disartria flaccida, spastica, atassica, ipocinetica, ipercinetica e mista. 
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