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I mini gialli dei dettati 2
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Search-ME - Erickson 1 Essere genitori
Alcune indicazioni e consigli per affrontare il periodo perinatale senza stress
Per le donne e gli uomini il periodo perinatale è considerato particolarmente delicato dal punto di vista emotivo e degli equilibri relazionali di coppia e familiari. Negli ultimi 20 anni una gran mole di studi hanno mostrato che la gravidanza, il parto e il postparto accrescono la vulnerabilità emotiva e il rischio di insorgenza di disturbi psicologici e psichiatrici. Questo rischio è particolarmente presente in condizioni di vulnerabilità emotiva personale preesistente (disturbi psicologici e psichiatrici precedenti la gravidanza o insorti in gravidanza, precedenti lutti non elaborati) o in presenza di fattori di stress. In un’emergenza come quella che stiamo vivendo in seguito alla pandemia di COVID-19, l’esposizione allo stress risulta particolarmente accentuata. Ciò è dovuto sia alle conseguenze gravissime di questa infezione pandemica sulla salute pubblica, ma altrettanto alle conseguenti restrizioni adottate per contenerne la contagiosità. Lo stress è una reazione a eventi eccezionali che comporta azioni di ri-adattamento all’ambiente e pertanto ha un forte impatto sull’equilibrio mentale e fisico. In proposito una gran mole di studi e ricerche condotti a livello internazionale hanno ampiamente dimostrato come lo stress in gravidanza e postparto possa avere conseguenze sia sul feto che sul neonato. È quindi importantissimo in una situazione di pandemia come quella che stiamo vivendo cercare di limitare l’impatto stressante che questa può avere sulle donne in gravidanza, che stanno partorendo e che sono nel postparto. Anche se la fase acuta volge al termine e stiamo entrando gradualmente nella cosiddetta fase 2, incombe una forte incertezza sul futuro che ci aspetta, sia dal punto di vista della salute pubblica, sia dal punto di vista del futuro dell’economia italiana e internazionale, dalla quale dipende il benessere delle società occidentali. Questi fattori accentuano le ansie e le insicurezze e quindi anche la nostra proiezione nel futuro come individui e come genitori che hanno la responsabilità della crescita e del benessere dei propri figli e delle generazioni future. Abbiamo quindi ritenuto importante come professionisti della salute mentale perinatale (www.maternitaindifficolta.it) in collaborazione con l’Associazione EMDR Italia (www.emdr.it) e con il patrocinio del Postpartum Support International (www.postpartum.net) stilare delle indicazioni per le donne in gravidanza, per le donne che devono partorire e per coloro che sono nel postparto. Queste indicazioni hanno poi preso la forma di infografiche che sono state tradotte in inglese, francese, polacco e sono state diffuse, oltre che nel nostro paese, anche all’estero. Alcune indicazioni per le donne in gravidanza ai tempi del coronavirus Scegli 1 o 2 momenti al giorno per informarti: Il tuo bambino/a è in grado di percepire le tue emozioni. Non sovraesporti a immagini e video continuativi legati al Coronavirus. Ricordati che l’angoscia che suscitano certe immagini e notizie hanno un impatto sul nascituro/a. Scegli di informarti attraverso fonti ufficiali, senza cercare in continuazione nuove informazioni o leggere tutti i WA con allarmismi e allegati angoscianti. Trasforma il periodo di isolamento in un momento di cura e connessione profonda con il tuo bambino/a. Non puoi cambiare l’andamento dell’epidemia, puoi però coccolarti e coccolare il tuo piccolo/a attraverso massaggi dal partner, rilassamento o yoga. Ci sono molti video on line con tecniche di rilassamento, respirazione e yoga. Le emozioni positive che susciteranno queste attività, nutriranno il benessere del tuo bambino/a. Isolamento non significa essere soli. Puoi condividere questo periodo così unico della tua vita con le persone care attraverso telefonate, videochiamate e qualsiasi modalità utile per sentirti in connessione con altri genitori o con altri famigliari. E appena si potrà, gli abbracci vis a vis saranno ancora più pieni d’amore. È normale avere paura. Sai che hai una piccola creatura da proteggere e stai già facendo del tuo meglio. Se sono scese lacrime non sentirti in colpa, è un po’ di paura, rabbia o tristezza che defluisce via, fuori da te. A volte piangere fa bene, l’importante è poi ritornare a centrarci sulle attività che ci rassicurano e fanno bene. Il Coronavirus non deve togliere ma donare tempo alla gravidanza. Rimanere più tempo a casa ti permette di preparare con cura e amore tutto ciò che servirà, leggere libri sulla gestazione e l’allattamento e trovare un corso pre-parto on line o dei buoni consigli da parte della tua ostetrica di fiducia. Rafforza il tuo sistema immunitario con le emozioni positive attraverso ciò che ora è possibile fare che ti piace e gratifica. Cura la tua alimentazione al meglio e fai degli esercizi fisici che ti aiutano a rimanere in forma e a scaricare le tensioni. È normale essere preoccupati per il lavoro, ora che la famiglia si sta per allargare possono subentrare ansie importanti legate alla perdita o alla diminuzione dell’attività lavorativa. Ragioniamo su ciò che si può fare giorno per giorno, buttare lo sguardo troppo oltre può farci cadere in un vortice di pensieri negativi. Un giorno alla volta, un passo alla volta, insieme. Ricorda però, che uno stato di stress duraturo può essere dannoso per te, ma anche e soprattutto per il bambino, è quindi molto importante che tu ti prenda cura di te e chieda aiuto! Riposati adeguatamente: attività rilassanti serali, meglio non vedere notiziari o speciali sul Coronavirus prima di addormentarsi per non scivolare nel sonno con emozioni negative e con senso di allerta. Una tisana e un bagno caldo, una musica rilassante prima di addormentarsi e luci soffuse vi aiuteranno a scivolare più dolcemente nel sonno. Non interrompere per quanto possibile la tua routine: in questo momento bisogna ancorarsi a ciò che è certo, noto e prevedibile. Continuare il lavoro e le proprie abitudini laddove possibile. Rispettando sempre le indicazioni di sicurezza vigenti. Coltiva i tuoi hobby come prima e perché no, più di prima: dipingi, canta, balla, cura le tue piante o qualsiasi altra cosa ti donano sorriso e relax. Stacca la spina! Ricordati di parlare di altro, distrarsi e uscire dal loop di discorsi angoscianti e catastrofisti serve a rafforzarvi attraverso le emozioni positive che nutriranno il nascituro/a. D’altra parte ottenere informazioni chiare e seguire le raccomandazioni può aiutare a recuperare il controllo sulle circostanze della vostra vita, aumentando la vostra capacità di reagire positivamente, e riducendo l’ansia e l’angoscia che si accompagnano all’incertezza di una situazione in continua evoluzione.  
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Search-ME - Erickson 2 Essere genitori
Alcune indicazioni e consigli per affrontare il travaglio e il parto
Il travaglio e il parto sono momenti particolarmente delicati dal punto di vista emotivo, tanto che la percezione individuale ed i vissuti del travaglio e parto possono fare ampiamente la differenza nel determinare l’impatto emotivo più o meno positivo/traumatico del parto stesso. Alle porte della fase 2 della pandemia, le misure restrittive si stanno allentando e si allenteranno progressivamente sempre più, ma sappiamo già che le stesse possono ritornare ad essere in vigore nel caso la circolazione del virus, e quindi le infezioni, tornassero ad aumentare. La degenza ospedaliera che attualmente prevede l’esclusione delle visite presso il reparto, diviene un momento che rischia di essere scarsamente contenitivo per le ansie e le angosce che le donne in questo delicato momento possono vivere. Ma è importante cercare di vedere il “bicchiere mezzo pieno” e riconsiderare come questo tipo di setting possa portare anche qualche cosa di buono… può essere infatti un’opportunità di raccoglimento per focalizzarsi sull’obiettivo travaglio/parto prima, e sul bambino e se stesse dopo il parto. Inoltre nei giorni successivi alla nascita il viavai di parenti ed amici è bandito. Questo si traduce per molte mamme nel non essere assillate dalla necessità di mostrarsi sul pezzo a parenti e amici che vengono in ospedale per far visita a mamma e bebè. Questi aspetti però costituiscono una consolazione solo parziale di fronte alla possibilità che il proprio compagno non possa possa essere presente a sostenervi durante il travaglio e il parto (misure che con la fase 2 dovrebbero allentarsi). Proprio per questo la già centrale figura dell’ostetrica, in questo momento diviene ancora più determinante come professionista che accompagna, sostiene e contiene la donna durante il travaglio e il parto. È quindi importante “navigare a vista” cercando di documentarsi attraverso fonti ufficiali su linee guida e misure adottate dalla propria regione e dalla struttura in cui si intende partorire. Noi dal canto nostro abbiamo ritenuto importante come professionisti della salute mentale perinatale (www.maternitaindifficolta.it) in collaborazione con l’Associazione EMDR Italia (www.emdr.it) e con il patrocinio del Postpartum Support International (www.postpartum.net) dedicare uno spazio di pensiero che si è tradotto in un insieme di considerazioni/consigli che speriamo possano essere di aiuto a chi si appresta a partorire in questo difficile momento. Queste indicazioni hanno poi preso la forma di infografiche che sono state tradotte in inglese, francese, polacco e sono state diffuse, oltre che nel nostro paese, anche all’estero. Alcune indicazioni per il parto ai tempi del coronavirus Il travaglio senza il papà è diverso da come ti aspettavi… è importante pensare che dentro a ogni donna ci sono le risorse per far fronte a questo momento. E avrai accanto personale sanitario che è lì per te. Informati sulle linee guida adottate dalla struttura in cui andrai a partorire e se puoi segui le indicazioni e i consigli delle ostetriche. Cogli le limitazioni delle visite durante la degenza prima del parto e la fase dei prodromi come un’opportunità per raccoglierti in te stessa senza essere disturbata dal mondo esterno. È un momento unico e irripetibile per te e per il tuo bambino vivilo appieno. Durante il parto focalizzati sull’obiettivo: il parto è un’esperienza psicologicamente unica che è influenzata dalla capacità di focalizzarsi sull’obiettivo di far nascere il proprio bambino e di spostare il focus sul versante introspettivo anche attraverso l’uso di strategie di meditazione e di rilassamento. La degenza postparto senza visite dei propri cari può spaventare, provate a pensare che avete tutta la quiete necessaria per accudire il vostro bambino, nessun impegno, nessuna pressione a mostrarsi e mostrare. Il rientro a casa senza aiuto di genitori e parenti può anche essere visto come un momento di raccoglimento ed intimità soprattutto se accanto a voi c’è il vostro partner. Se questo non è possibile scegliete una persona amica o familiare che sia di riferimento durante la giornata. Ricorda che non sei sola, ci sono medici, ostetriche, personale socio sanitario che si prenderanno cura di te, chiedi esplicitamente il loro aiuto non temere.  
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Search-ME - Erickson 3 Essere genitori
Alcune indicazioni e consigli per affrontare l’arrivo di un figlio
L’arrivo di un bambino porta nella vita di mamma e papà gioia, felicità ma anche momenti di stanchezza, ansia incertezze. È una piccola grande rivoluzione, che sia il primo figlio o il secondo o il terzo, cambiano gli equilibri della coppia e della famiglia. Ed ecco tutta una serie di piccole grandi ansie che si affacciano ed agitano mamma e papà, alle prese con nuove emozioni, pensieri e responsabilità. In questo periodo non è stato facile per chi ha partorito. Questo primo periodo a casa in isolamento ha avuto le sue “pene”, ma per alcune anche il vantaggio di essere con il proprio partner senza ingerenze esterne. Questo può essere un elemento che favorisce l’intimità e il raccoglimento sulla nuova situazione, senza assilli e senza i “doveri” che le convenzioni sociali della nostra cultura portano con se quando nasce un bambino. Ora ci stiamo accingendo ad affrontare la cosiddetta fase due, con un allentamento progressivo delle restrizioni. Ma il rischio di contagio continua ad incombere su tutti noi imponendoci le regole del distanziamento sociale, anche se meno stringenti e restrittive. Paradossalmente molte neomamme si sentivano più sicure con il lockdown che garantiva l’impossibilità del contagio. Questo porta con sé che le normali preoccupazioni tipiche del post-parto si possano trasformare in ansia e paura che possa succedere qualche cosa al bambino o alla mamma da cui il bambino dipende. Le donne, in questa fase di particolare vulnerabilità che è il postparto, hanno bisogno di essere adeguatamente aiutate, protette e contenute nelle loro paure, soprattutto ora che un virus rischia di mettere a repentaglio la salute fisica, ma anche la salute emotiva. In questo clima è più che mai importante che chi circonda la donna, abbia la sensibilità di mettersi a disposizione senza pretendere di sapere cosa la mamma dovrebbe fare o come dovrebbe agire con il suo bambino. La presenza di cui oggi più che mai le mamme hanno bisogno è discreta, supportante, paradossalmente proprio il distanziamento sociale è importante che porti ad una vicinanza affettiva, una vicinanza di pensieri e piccole azioni quotidiane che facciano sentire le mamme contenute e al sicuro. Le preoccupazioni per il futuro, per le eventuali difficoltà economiche che potrebbero arrivare, possono essere destabilizzanti per una donna che è alle prese con le incertezze che l’essere madre porta già con sé. È importante che questo non diventi un’ombra lunga che investe la donna, il bambino e l’intera famiglia. Siamo tutti responsabili della salute di chi è più fragile, e le nuove famiglie sono più fragili, le neomamme sono più fragili, i neonati sono più fragili. La comunità che è intorno alle nuove famiglie, oggi come non mai è importante che faccia sentire la propria presenza discreta e accogliente. Ecco allora che come professionisti della salute mentale perinatale (www.maternitaindifficolta.it) in collaborazione con l’ Associazione EMDR Italia (www.emdr.it) e con il patrocinio del Postpartum Support International (www.postpartum.net) abbiamo dedicato uno spazio di pensiero che si è tradotto in un insieme di considerazioni/consigli che speriamo possano essere di aiuto a chi ha avuto da poco un bambino in questo difficile momento. Queste indicazioni hanno poi preso la forma di infografiche che sono state tradotte in inglese, francese, polacco e sono state diffuse, oltre che nel nostro paese, anche all’estero. Alcune indicazioni per l’arrivo di un figlio Ricordati che non durerà per sempre! È un periodo limitato nel tempo, ma lo sono anche i primi mesi del tuo bambino, quindi goditi il presente! Sei una mamma non una supereroina: non caricarti di troppe responsabilità, individua una frase che riesca a bloccare questi pensieri irrazionali di dover tenere tutto sotto controllo. Organizza una routine: questo vale sia per il neonato sia per eventuali fratellini. Per quanto non possano essere troppo rigide ma debbano adeguarsi alle necessità, esse hanno il grande vantaggio di rassicurare i tuoi bambini. Trasforma le attività quotidiane in qualcosa di divertente: canta, balla… fa tutto quello che ti può essere utile per portare un po’ di allegria, ciò sarà utile per te ma anche per il tuo bimbo e fratellini. Non chiuderti in te stessa: il dopo parto porta con sé anche momenti di difficoltà, a maggior ragione in un contesto stressante come quello che viviamo. Condividi questi vissuti con qualcuno: con una persona a te vicina, con altre mamme. Se ciò non basta a farti star meglio non esitare a contattare un professionista di salute psicologica perinatale. Cerca di mantenere uno stile di vita sano: cura l’alimentazione, fa movimento (per quel che è consentito), riposa adeguatamente. Non sono dettagli, la salute tua e della tua famiglia passa anche attraverso questi aspetti Cura la relazione con il tuo partner: concedetevi dei momenti di vicinanza emotiva, qualche piccolo gesto anche in questa situazione di isolamento (una cena romantica, un bel film…) per mantenere vivo il vostro legame. Concediti del tempo per te: anche e soprattutto in questa situazione di emergenza, non trascurare l’importanza di chiedere aiuto al tuo partner per poter svolgere qualcosa di rilassante. Il tuo bimbo ha bisogno di una mamma ricaricata. Non preoccuparti troppo del disordine: quando puoi, privilegia il tempo per il tuo bambino, per te e per il tuo partner. Dà priorità alle relazioni, il resto può attendere! Se puoi allatta: non si tratta solo di nutrizione ma anche di relazione. Non sono cambiate le indicazioni di preferire il latte materno a quello artificiale. In ogni caso, prenditi cura del tuo legame con il tuo bambino. Se ti senti troppo preoccupata rispetto a questo, chiedi un supporto da parte di un professionista.  
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Metodo Montessori e anziani fragili Genitori e figli
Alcuni esperti di psicologia ed educazione, da Franco Lorenzoni a Daniele Novara, da Alberto Pellai a Giuliana Franchini a Giuseppe Maiolo, offrono suggerimenti e spunti di riflessione per affrontare il tema della guerra con i più piccoli
Dal 24 febbraio scorso, attraverso fotografie, video, servizi, la guerra è entrata nei discorsi quotidiani e nei pensieri di tutti noi. Così come è entrata negli occhi e nella mente di noi adulti, è entrata anche negli occhi e nella mente dei più piccoli, ossia di coloro che hanno meno strumenti, sia dal punto di vista cognitivo che da quello emotivo, per difendersi dal dolore e dalla devastazione che un evento tragico come la guerra provoca, anche quando non la si vive direttamente sulla propria pelle. Siamo stati in tanti a chiederci fino a che punto sia giusto parlare di guerra con i bambini e soprattutto come farlo in modo corretto, evitando di spaventarli e turbarli ulteriormente e allo stesso tempo senza dare loro certezze che potrebbero rivelarsi false. In questi giorni vari esperti di educazione, didattica e psicologia si sono espressi su questo argomento. Qui di seguito abbiamo raccolto alcuni dei loro interventi più significativi. Ve li proponiamo in sintesi. Franco Lorenzoni: «È importantissimo parlare di guerra con i bambini, ascoltandoli e dando valore al loro pensiero” Franco Lorenzoni, maestro elementare per quarant’anni e fondatore della Casa-laboratorio di Cenci ad Amelia, non ha dubbi: di guerra con i bambini è importantissimo parlare, perché i bambini «sono in grado di affrontare grandi temi a qualsiasi età». L’importante è “farlo insieme”, dandosi tempo, «ascoltarli con attenzione per poter affrontare le loro ansie e timori e per riuscire a dare valore al loro pensiero, dialogando con loro». Il dialogo e il confronto sono ancora più importanti laddove c’è una paura da affrontare, continua il maestro Lorenzoni: «Proprio perché la guerra è una cosa che spaventa, che fa paura, bisogna cercare di elaborare insieme la paura. Non dimentichiamo mai che la guerra è il modo più osceno in cui si palesa ai loro occhi la follia del mondo adulto che, invece di rassicurarli, li terrorizza». Alla domanda su come rispondere agli interrogativi dei bambini sulla guerra, Lorenzoni suggerisce la strada della sincerità, anche ammettendo di non essere noi stessi in grado di capire certe cose: «Siamo tutti di fronte a qualcosa di difficilmente comprensibile perché anche noi adulti non sappiamo esattamente perché è scoppiata questa guerra e, soprattutto, come andrà a finire. Credo che confrontarsi con il tema dell'incertezza, ammettendo le nostre difficoltà, appartenga a pieno titolo all'educare alla complessità, oggi». L’intervista completa di Franco Lorenzoni a “la Repubblica” è disponibile al seguente link. Daniele Novara: «Parliamo di guerra ai bambini dai 9-10 anni, prima sono troppo piccoli, occorre proteggerli» La pensa in maniera un po’ diversa da Lorenzoni il pedagogista Daniele Novara, che è anche fondatore del Centro psicopedagogico per l'educazione e la gestione dei conflitti, secondo il quale è opportuno iniziare a parlare di guerra ai bambini nella seconda infanzia, a partire dal 9-10 anni: «Prima vanno in qualche modo protetti: la guerra è per fortuna qualcosa di distante dal loro immaginario e bisogna evitare di farla entrare nelle loro emozioni infantili. I bambini non andrebbero esposti alle immagini di distruzione e di morte. Ancor più se soli, abbandonati davanti alla tv senza filtri o protezioni». Un errore importante da evitare di commettere secondo Novara è quello di paragonare i litigi dei bambini ai conflitti bellici: «Creare questa assurda correlazione tra il litigio infantile - un comportamento normale, innocente, naturale, legato al gioco - e un evento così tragico, devastante e irreversibile, come quello della guerra, è l'errore principale che possiamo fare: è terrorismo educativo. Piuttosto è imparando a litigare che si imparano a gestire i conflitti». L’intervista completa a Daniele Novara si può leggere nell’articolo de “la Repubblica” Alberto Pellai: «Anche nei giorni di tempesta noi adulti dobbiamo saper essere base sicura per i nostri bambini» Alberto Pellai, medico psicoterapeuta, ricercatore e scrittore, sottolinea l’importanza di trasmettere un senso di vicinanza e sicurezza ai bambini: «Per i bambini vedere immagini di guerra è destabilizzante e traumatizzante. I piccoli vanno rassicurati e tranquillizzati perché non riescono a proteggersi da soli, sono completamente dipendenti dagli adulti che si occupano di loro. Bisogna mostrare loro un mondo che riesce ad accogliere i bambini in fuga dalla guerra, facendo vedere come in questa parte del mondo i bambini riescono a diventare anche salvatori di altri bambini». Alberto Pellai suggerisce di far diventare la guerra una narrazione attraverso cui si costruisce la pace, perché l’unica educazione a cui hanno diritto i bambini è quella alla pace, come ci ricorda anche Gianni Rodari nella poesia “Promemoria” ( “Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio, la guerra”). L’intervista ad Alberto Pellai ripresa qui è stata rilasciata nella puntata del 5 marzo 2022 del programma “Le parole” di Massimo Gramellini su RAI3. Giuliana Franchini: «Chiediamo ai bambini come si sentono e stimoliamoli a condividere con noi le loro ansie e le loro paure» Giuliana Franchini, psicoterapeuta infantile, ha pubblicato un video assieme al marito Giuseppe Maiolo, psicoterapeuta a sua volta, per aiutare i genitori ad affrontare il tema della guerra in Ucraina insieme ai propri bambini, evitando di traumatizzarli (“Come raccontare la guerra in Ucraina ai bambini: il video”, pubblicato sul sito del Giornale di Brescia). Secondo la psicoterapeuta, la cosa più importante da fare è non lasciare i bambini da soli a vedere le immagini di distruzioni, sparatorie ed esplosioni diffusi a profusione dai servizi di informazione. Questo perché fino agli 8 anni i bambini non hanno ancora elaborato bene il concetto di morte, perciò non sono in grado di affrontare questi argomenti senza un accompagnamento adeguato da parte degli adulti. Un altro suggerimento della psicoterapeuta è quello di chiedere ai bambini come si sentono, soprattutto se sono taciturni. «Bisogna riuscire a rassicurarli senza appesantirli con i nostri pensieri e le nostre angosce di adulti. Risulta fondamentale accogliere le loro preoccupazioni e il loro dolore, aiutarli ad esprimere ansie e paure, che non sono emozioni negative da tenersi dentro e nascondere, ma sentimenti che vanno elaborati e trasformati».
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Search-ME - Erickson 4 Genitori e figli
L’apprendimento dell’ascolto di bambini e bambine passa anche dall’ascolto da parte degli adulti, per questo è importante che genitori, educatrici e educatori sappiano ascoltare bene e diano il buon esempio
In genere si insiste sul fatto che i bambini e gli adolescenti dovrebbero ascoltare gli adulti. Il problema è molto antico: ne è testimone, ad esempio, Plutarco, filosofo vissuto tra il I e II secolo d.C., che sentì il bisogno di indirizzare al diciassettenne Nicandro uno scritto sull’arte di ascoltare, sottolineando la stretta relazione tra il saper ascoltare bene e il vivere bene. Nicandro aveva l’età nella quale il giovane romano deponeva la toga puerile per indossare la toga virile, momento di passaggio anche simbolico verso l’età adulta, che però esponeva al rischio di presunzione e di confusione: infatti, secondo il filosofo, ci sono giovani che nell’atto stesso di deporre la toga puerile, depongono anche ogni senso di pudore e di rispetto e, sciolto l’abito che li teneva composti, si riempiono subito di sregolatezza. Plutarco non intendeva sostenere che un ragazzo dovrebbe ascoltare gli adulti perché questi ultimi hanno sempre ragione: al contrario, dal suo punto di vista è necessario imparare ad ascoltare bene, per essere in grado di distinguere in quel che viene detto gli argomenti fondati da quelli infondati. Il presupposto fondamentale è chiaro: i giovani hanno bisogno di ascoltare discorsi assennati, perché «è evidente che un giovane che fosse tenuto lontano da qualunque occasione di ascolto e che non assaporasse nessuna parola, non solo rimarrebbe completamente sterile e non potrebbe germogliare verso la virtù, ma rischierebbe anche di essere traviato verso il vizio, facendo proliferare molte piante selvatiche dalla sua anima, quasi fosse un terreno non smosso e incolto». Richiamando un modo di dire del tempo, Plutarco scrive che la natura ci ha dotato di due orecchie e di una lingua sola, «perché siamo tenuti ad ascoltare più che a parlare». Da queste premesse consegue che gli educatori dovrebbero esercitare bambini e ragazzi non soltanto ad esprimersi correttamente, ma anche ad ascoltare in modo attento e critico gli altri e, in primis, gli adulti che fanno da maestri. E gli adulti? Non dovrebbero a loro volta impegnarsi per ascoltare ciò che i bambini e i ragazzi pensano e hanno da dire? Sono passati quasi duemila anni da quando Plutarco scrisse il suo trattato sull’arte di ascoltare ed è opportuno porsi anche queste domande che egli non prese in considerazione. C’è un diritto ad essere ascoltati nella quotidianità che dovrebbe essere tenuto ben presente da tutti gli adulti, e in particolare in famiglia e a scuola. È un diritto che s’intreccia con il bisogno fondamentale d’attenzione e il cui esercizio effettivo permette ai bambini, tra l’altro, di allenarsi a esprimersi con sicurezza e di avere dei buoni esempi di quella pratica d’ascolto che ci si aspetta da loro. Può sembrare un diritto scontato, ma non lo è se si prende sul serio quel che dicono talvolta bambine e bambini della scuola primaria. Ecco alcune voci, riportate fedelmente parola per parola: «Io a casa comunque ho dei problemi con la mia famiglia con i telefoni: c’è mia mamma che ci sta sempre attaccata, messaggia di continuo, dalla mattina alla sera, e poi mia sorella che chiede sempre il telefono per vedere i video. Alcune volte mi ruba pure la mia console per giocare»; «mia mamma succede che lei mi chiede una cosa, o io le chiedo una cosa, ma siamo incantati davanti allo schermo e io non la sento e lei non mi sente»; «mia mamma sta sempre attaccata al cellulare e poi, quando le dico una cosa, alcune volte si arrabbia perché deve messaggiare con la sua amica»; «i grandi non ti rispondono, perché hanno in mano il cellulare: noi siamo uguali ai grandi, perché quando utilizziamo il computer siamo sempre attratti e loro quando fumano sono sempre attratti dalla sigaretta; loro dicono a noi, però loro sono peggio di noi». Lo sguardo distratto dagli schermi può impedire di dare l’ascolto di qualità che i bambini si aspettano e offre, al contrario, un esempio di disattenzione che dal punto di vista educativo può incidere e contraddire le eventuali esortazioni ad ascoltare gli adulti: su questo piano l’apprendimento non può che passare attraverso la reciprocità. Elide, una maestra di scuola primaria, mi ha raccontato che i suoi alunni hanno riflettuto sul diritto all’ascolto e hanno attribuito grande importanza al fatto di essere guardati mentre li si ascolta. Se sono arrivati a segnalare il deficit di sguardo come problema, evidentemente non si tratta per loro di una cosa scontata. L’indicazione che hanno dato ai loro genitori merita pertanto di essere inoltrata ai lettori di questo libro: ascoltiamo i bambini anche con gli occhi e non soltanto con le orecchie.
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Search-ME - Erickson 5 Genitori e figli
Come gestire tipologie di dolore nuove o conosciute nei propri figli
La terapia del dolore generalmente si occupa di condizioni severe e/o croniche. Le situazioni nella quale ogni bambino e adolescente sperimentano dolore sono però tra le più disparate: dalla banale sbucciatura, alla mano che afferra la maniglia del bollitore sul gas, ad una caviglia slogata, ma anche un infortunio che fatica a recuperare. Ci sono dolori più importanti come quelli legati a specifiche malattie o patologie che possono diventare anche cronici, ma pure quelli ricorrenti più tipici dei mal di pancia o dei mal di testa rivestono un ruolo nel limitare la qualità della vita. Non dimentichiamoci delle procedure quali esami del sangue! Anch’esse rivestono una loro importanza nel farci percepire il dolore (infatti un conto è farli ogni tanto, un altro è doverli fare spesso). Tutti i dolori hanno il dovere di essere riconosciuti e adeguatamente trattati per non generare possibili ripercussioni nello sviluppo del bambino (memorie del dolore e difficoltà ad esso collegate (Failo, 2020). Due domande potremmo porci di fronte a questo difficile periodo della pandemia, ovvero come i dolori sopra descritti vengono gestiti sia a casa che nelle strutture sanitarie e se ci sono nuove condizioni di dolore derivanti dalla situazione Covid. Proviamo ad esplorare la prima. Come vengono gestiti i dolori importanti in tempo di pandemia? Molto recentemente alcuni studi internazionali hanno sottolineato l’importanza della telemedicina e dei programmi eHealth quale modalità più promettenti per continuare i trattamenti e l’assistenza ai bambini e adolescenti ma anche quale supporto ai loro genitori durante tutti i periodi della pandemia (Eccleston et al., 2020; Badawy & Radovic, 2020). Singolarmente, in due studi italiani è emerso però anche come il mal di testa negli adolescenti sembra essere migliorato durante il lockdown perché si sono ridotti alcuni fattori di stress come la scuola (Papetti et al., 2020), ma questo è avvenuto anche negli adulti con emicrania (Parodi et al., 2020). Questo ci dice che la gestione di condizioni dolorose preesistenti è possibile anche a casa e, in un periodo come questo, . La pandemia ha portato nuove condizioni di dolore? Per rispondere a questa domanda, partiamo da un piccolo studio francese di settembre 2020 (Nathan et al., 2020) che ha cercato di comprendere come si manifesta il Covid nei bambini: ebbene, sembra che i più piccoli (sotto i 2 anni) presentino forme meno aggressive del virus con sintomi quali tosse, fatigue, dispnea e dolore addominale, in ogni caso con meno comorbidità legate ad altre problematiche/patologie preesistenti. Tutti questi sintomi fanno parte del decorso della malattia e scompaiono una volta che essa si è risolta. In questo caso i sanitari sono in grado di prestare tutte le cure necessarie. Altra questione è la comparsa di una nuova sindrome infiammatoria multisistemica nei bambini, chiamata MIS-C a seguito del COVID-19, caratterizzata da shock, difficoltà respiratorie, disfunzioni cardiache, dolore addominale, mal di testa e positività a diversi marker infiammatori che ha molte caratteristiche in comune con la malattia di Kawasaki (Godfred-Cato et al., 2020). Si sa ancora poco di come si evolveranno questi quadri, ma si spera che il vaccino per il Covid porterà dei benefici anche su questi fronti. Diversa è la questione dell’accertamento alla positività al Covid. Il metodo più utilizzato sia per il costo che per la minor invasività e per la discreta sensibilità è il tampone naso-faringeo (Palmas et al., 2020; Pondaven-Letourm et al. 2020): è infatti simile a quello faringeo che si fa per la tonsillite, quindi molti operatori sanitari erano già addestrati per eseguirlo correttamente. Si tratta probabilmente del più grande attuale stravolgimento della routine di un bambino a cui quasi tutti oggi sono sottoposti. Pertanto è utile che i genitori siano informati di come si svolge e quindi conseguentemente spieghino in anticipo, nel modo più corretto e semplice possibile come si svolgerà la procedura: Per esempio dire che il bastoncino del tampone verrà inserito nel naso fino a toccare un punto specifico, che il tutto durerà massimo 6/7 secondi e che la mamma o il papà cingeranno dolcemente il bambino da dietro e gli terranno ferma la fronte. Può essere doloroso, ma forse più che altro fastidioso. Infatti la lacrimazione successiva è una reazione allo stimolo e alla paura più che l’effetto di un dolore. Le considerazioni derivanti da questo secondo punto ci pongono diverse opzioni realizzabili concretamente da parte dei bambini/adolescenti stessi e delle loro famiglie. Per esempio partire dal rinforzare i fattori di protezione come una chiara ed onesta comunicazione ed un comportamento responsabile, dal giusto riconoscimento del disagio ma anche della conseguente attenuazione subito dopo il tampone/procedura diagnostica. Si possono quindi anche ridurre i fattori di rischio, rappresentati in primis dalla paura di non sapere cosa sta succedendo, dalla minimizzazione del malessere, dall’ansia di dover far tutto velocemente e senza fare domande. Anche durante questo difficile periodo della pandemia si può fare molto per la gestione del dolore nei bambini e negli adolescenti, ed ogni adulto ha la responsabilità – e anche il diritto – di agire per tutelare il più possibile i figli di tutti. Bibliografia Failo A, 2020, Mi fa ancora male. Trento: Erickson Eccleston, C., Blyth, F. M., Dear, B. F., Fisher, E. A., Keefe, F. J., Lynch, M. E., Palermo, T. M., Reid, M. C., & Williams, A. C. de C. (2020). Managing patients with chronic pain during the COVID-19 outbreak: considerations for the rapid introduction of remotely supported (eHealth) pain management services. Pain, 161(5), 889–893 Badawy, S. M., & Radovic, A. (2020). Digital Approaches to Remote Pediatric Health Care Delivery During the COVID-19 Pandemic: Existing Evidence and a Call for Further Research. JMIR Pediatrics and Parenting, 3(1), e20049 Papetti, L., Loro, P. A. 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