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Scegliere la scuola di psicoterapia: l’approccio cognitivo-comportamentale 1

Scegliere la scuola di psicoterapia: l’approccio cognitivo-comportamentale

Le caratteristiche distintive di questo approccio e le motivazioni per sceglierlo

Quali sono le caratteristiche di questo approccio?

La terapia cognitivo-comportamentale nasce dall’incontro di due modelli teorici e clinici:

  1. il comportamentismo, dal quale si sviluppa la teoria comportamentale;
  2. il cognitivismo, dal quale si sviluppa la terapia cognitiva.

Il comportamentismo si diffonde a partire dai primi anni del ’900 e, al contrario della psicoanalisi che si occupava dell’intrapsichico e usava l’introspezione come metodo di indagine, sostiene che solo il comportamento osservabile e misurabile può essere oggetto di studio. Questo approccio ha fatto entrare la psicologia nel mondo scientifico, in quanto basa i propri modelli e le proprie tecniche sulle evidenze provenienti da studi di laboratorio.   Tra gli anni ’60-’70, a superare la visione strettamente comportamentista entra in gioco un altro movimento, il cognitivismo, da cui prende forma la terapia cognitiva che dà il via agli approcci di seconda generazione. Questo movimento, a differenza del comportamentismo, considera l’importanza della mediazione cognitiva (esperienze interne, pensieri, sentimenti) nell’organizzazione e modificazione del comportamento.

Gli elementi del modello cognitivo-comportamentale

Focus sul “qui ed ora”
L’obiettivo è attivare le risorse del paziente e suggerirgli delle strategie valide e utili a liberarlo dalle sue difficoltà e a ottenere un cambiamento positivo, agendo sul presente.

Orientamento verso il futuro
Partendo dal presente e prendendo in considerazione un’eventuale ricostruzione del passato, il terapeuta cognitivo-comportamentale ha l’obiettivo di fornire al paziente strumenti e competenze utili ad affrontare le situazioni della vita e renderlo meno propenso in futuro a sviluppare reazioni psicopatologiche.

Trattamento a breve-termine
Ogniqualvolta sia possibile, questo tipo di terapia è a breve termine e può variare dai sei ai dodici mesi, a seconda dei casi. È possibile, tuttavia, prolungare il periodo di cura e integrare altri tipi di trattamento, se lo si ritiene necessario

Orientamento allo scopo
Il terapeuta insieme al paziente stabilisce gli obiettivi della terapia e concorda un piano di trattamento che si adatti alle sue esigenze. L’intervento terapeutico viene monitorato nel tempo e può essere ri-programmato in base alle esigenze del paziente e all’andamento della terapia.

Collaborazione attiva tra paziente e terapeuta
Terapeuta e paziente lavorano insieme per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il soggetto alla risoluzione dei propri problemi; collaborano attivamente nell’identificare e nel mettere in discussione le specifiche modalità di pensiero che possono essere causa di problemi emotivi e comportamentali.

Perché scegliere questo orientamento?

Lo abbiamo chiesto a Sandra Sassaroli, direttrice del Gruppo Studi Cognitivi, che ci ha risposto così:
«Questo orientamento è basato su un grande numero di prove di efficacia. Specie sui disturbi emotivi. L’attitudine di un clinico cognitivo-comportamentale deve essere quella di avere il desiderio di applicare interventi sia cognitivi che comportamentali di tipo attivo e pratico; per noi un allievo che sceglie una scuola del nostro orientamento dovrebbe avere la consapevolezza della importanza dell’applicazione delle tecniche. Un secondo aspetto importante è sviluppare un’attitudine a effettuare interventi sui sintomi emotivi. Un ultimo punto: essere in grado di individuare le rigidità del proprio funzionamento e operare attivamente per una flessibilizzazione. Lo scopo finale è quello di sapere rispondere alle domande dei nostri pazienti in rapporto alle esigenze cliniche contestuali e non alle proprie fragilità o rigidità». 


Dal punto di vista di Gabriele Melli, direttore dell’Istituto di Psicologia e Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva (IPSICO), «Questo orientamento andrebbe scelto non tanto perché lo reputi migliore rispetto ad altri, ma perché è un orientamento attualmente molto richiesto dagli utenti, che è riuscito ad accumulare una grandissima quantità di dati di efficacia a livello internazionale. Per questo è ben accetto anche nel mondo medico e offre buone possibilità di trovare spazi di lavoro. Inoltre, questo approccio lascia la sensazione agli allievi, al termine del percorso di specializzazione, di aver acquisito degli strumenti pratici e di sapere cosa fare quando hanno di fronte un paziente».

Secondo Francesco Mancini, direttore delle Scuole di Psicoterapia Cognitiva APC SPC IGB AIPC SICC, «Sicuramente un fattore importante del successo dell’orientamento cognitivo-comportamentale è stato quello di mettere a punto modelli di intervento la cui efficacia sia dimostrabile e dimostrata al fine di rendere il trattamento del disagio mentale più efficace e più efficiente (in meno tempo). E questo per noi dovrebbe essere il primo criterio di scelta. 

Il secondo criterio di scelta si riconduce al fatto che l’orientamento cognitivo-comportamentale, e più precisamente la prospettiva cognitivista, offre una impareggiabile occasione di accompagnare i nostri pazienti per un pezzo del loro tragitto, osservando il mondo dal loro punto di vista. Questo privilegio per metà ci viene concesso dalla disponibilità del paziente ad accoglierci come accompagnatori e ad aprirci le porte del loro mondo, per l’altra metà ci deriva dal prestare attenzione ai processi conoscitivi e di attribuzione di significato»

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