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I mini gialli dei dettati 2
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Oltre il pregiudizio

Come possiamo aiutare i nostri figli a informarsi sulla guerra evitando la polarizzazione tra buoni e cattivi

Nella gestione della comunicazione sui fatti di guerra a cui stiamo assistendo emerge spesso una polarizzazione fra buoni e cattivi che rischia di essere assorbita dai ragazzi e suscitare un pregiudizio.

Il ruolo dell’adulto

In primo luogo noi adulti dobbiamo fare attenzione a non utilizzare per primi un linguaggio violento e polarizzante. A volte i genitori dimenticano che la cosa più importante che si possa dare ai figli è l’esempio, la testimonianza. Se i nostri figli sentono parole di accoglienza è più difficile che siano influenzabili da quelle di esclusione.

L’importanza del dialogo

I ragazzi si trovano in un’età molto delicata e hanno bisogno di un accompagnamento per interpretare le informazioni. Tuttavia, questo non deve assumere la forma di un condizionamento.

Di fronte a un’esternazione forte di nostro figlio dovremmo evitare di porci sul piedistallo come «coloro che spiegano le cose», e accogliere anche il punto di vista dell’altro per poterne parlare: «Tu pensi che tutti i russi siano cattivi? Proviamo a ragionarci sopra.»

Porsi le domande giuste

Questo è un modo per coltivare il dubbio: una volta che avremo rassicurato i nostri figli sul fatto che godono della completa protezione da parte degli adulti, possiamo permetterci di lavorare sul dubbio e guidarli a domandarsi, insieme a noi: «Quello che c’è scritto in questo articolo sarà vero? Proviamo a fare qualche ricerca e verificare?». 

In questo modo il ruolo di guida non viene meno: noi stiamo aiutando i figli ad approfondire le loro conoscenze, a non vivere di mode, a crearsi delle convinzioni; poi, però, dobbiamo rispettarle.

Questo articolo è tratto dal libro "Guerra: le parole per dirla, Ai bambini, agli adolescenti, a noi stessi"di Stefano Vicari, Alberto Pellai, Daniela Lucangeli, Dario Ianes e Sara Franch.

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