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La convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza compie 30 anni

Un quadro sullo stato di salute generale di bambini, adolescenti e ragazzi nel nostro Paese

Oggi si celebra la Giornata mondiale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: una giornata nata per ricordare in tutto il mondo l’adozione della convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Si tratta di un documento fondamentale, adottato oggi da quasi tutti i Paesi del mondo, che ha permesso di riconoscere i bambini e i ragazzi come titolari di diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici.

Per fare il punto di quale sia oggi la situazione dell’infanzia e dell’adolescenza, con particolare riferimento al nostro Paese, abbiamo sentito la voce di tre esperte, intervenute nei giorni scorsi al convegno Erickson “La Qualità dell’inclusione scolastica e sociale”: Arianna Saulini (Advocacy Manager, Save the Children Italia), Maria Luisa Iavarone (docente universitaria Università di Napoli Parthenope) e Rachele Furfaro (fondatrice e dirigente delle Scuole Internazionali “Dalla parte dei bambini” e presidente della Fondazione FOQUS).
Ascoltiamo le loro riflessioni.

Come sapete quest'anno la convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza compie 30 anni. Cosa è avvenuto in Italia in questi 30 anni?
Abbiamo creato una serie di istituzioni, ora abbiamo un garante per l'infanzia e l'adolescenza, c'è una commissione parlamentare, sono state fatte delle leggi per tutelare e proteggere i minori, ci sono stati miglioramenti in termini di salute e accesso all'istruzione e tante altre conquiste. Il quadro che ci troviamo oggi tuttavia è ancora sfidante sotto molti punti di vista.

In Italia oggi un milione e 200 mila bambini vivono in povertà assoluta. Questo vuole dire che vivono in famiglie che non riescono a riscaldare in maniera adeguata i propri appartamenti, che il pasto proteico viene consumato solo a scuola, dove ci sono le mense. I dati ci dicono che dal 2006 al 2017 la povertà è cresciuta per i ragazzi fino ai 17 anni.

Inoltre, di fronte a una popolazione minorile sempre in calo per la decrescita demografica, anche la spesa per l'infanzia e l'adolescenza è in calo, con forti differenze regionali. Se guardiamo quanto viene speso per le famiglie, per le misure di sostegno, non siamo tra i primi Paesi nel mondo, e soprattutto abbiamo una forte differenziazione territoriale. La politica si sta accorgendo ora di quanto poco si investa nell'infanzia e nell'adolescenza, e di quanto ci sia bisogno.

A febbraio il nostro governo ha incontrato il comitato ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e una delle raccomandazioni fatte riguarda proprio le differenze territoriali, cioè il comitato ONU ha raccomandato all'Italia di porre rimedio alle forti discriminazioni che ci sono nel nostro Paese su base regionale, per cui nascere in un comune o quartiere di una determinata città fa la differenza per un bambino rispetto alle sue possibilità di accedere ai servizi e quindi di poter godere al massimo delle opportunità offerte.


Secondo l'atlante dell'infanzia a rischi, di “Save the children”, esiste una stretta correlazione tra condizioni economiche difficili e rischio sociale. Si tratta di una correlazione allarmante, se consideriamo che in Italia oltre 1 milione e 200 mila bambini (12,5%) vivono in condizioni di povertà̀ materiale.
Questi bambini hanno, rispetto ai loro coetanei, una maggiore probabilità di fallimento scolastico, di lasciare precocemente la scuola e di non raggiungere i livelli minimi di apprendimento. Oltre la metà di loro non legge libri e più del 40% non fa sport.

La povertà educativa è correlata con la dispersione scolastica. Da questo punto di vista, nel nostro Paese le cose sono peggiorate negli ultimi dieci anni. Infatti oggi abbiamo tassi di dispersione scolastica che sono peggiore del 2008.

Il prezzo più alto della crisi economica partita nel 2008 è stato pagato da bambini e ragazzi da 0 a 17 anni, che hanno il rischio maggiore di impoverirsi rispetto agli over 65 enni. Questi bambini e ragazzi sono quelli più esposti al rischio di incorrere in condotte devianti.
Oggi abbiamo la possibilità di mettere a fuoco i comportamenti pre-devianti dei ragazzi, grazie ai dati che esistono
, a partire da quelli di “Save the children” a salire fino all’Istat. Questi dati ci raccontano che i ragazzi che vivono in determinate condizioni ambientali, che hanno determinate appartenenze, genitori con un basso livello di istruzione, che vivono in determinati quartieri, che hanno parenti in continuità criminale, sono tutti ragazzi su cui possiamo formulare un modello predittivo di prevenzione del rischio. 

Ed è quello che stiamo cercando di fare con l’associazione culturale ARTUR (Adulti Responsabili per un Territorio Uniti contro il Rischio): contrastare le condotte devianti con la creazione di una anagrafe del rischio. Non abbiamo bisogno di andare a prendere i ragazzi per strada quando sono in giro con il coltello, noi sappiamo già chi sono e dobbiamo andare a intercettarli prima perché quei destini non siano già scritti, e le loro storie già segnate.


«Porterò un esempio di vita, che sto seguendo da ormai 7 anni ed è ciò che abbiamo fatto con la fondazione FOQUS nei quartieri spagnoli di Napoli. Quello che abbiamo fatto è stato occupare uno spazio vuoto, un ex monastero di circa 10 mila metri quadrati, che abbiamo trasformato in una comunità produttiva, creativa, di cura e formazione della persona. 

In questa zona della città di Napoli vivono in un kmq 50 mila persone che hanno smesso di pensare che un cambiamento è possibile e il 10% dei bambini di tutta Napoli. Qui si registra il più alto rischio di devianza in età precoce, con un’evasione scolastica al 34% nei ragazzi tra gli 8 e i 14 anni e il 30% di delinquenza tra gli stessi ragazzi. Nello spazio che abbiamo raccolto vuoto, abbiamo progettato e sostenuto la formazione di giovani e donne verso esperienze di autoimprenditorialità creando nuova occupazione e nuova impresa. Abbiamo dato il via alla prima esperienza di asilo nido dei quartieri spagnoli, che attrae anche bambini che vengono da altri ambienti sociali e zone della città. Dopo l’esperienza del nido sono nati altri progetti di contrasto alla povertà educativa, con l’obiettivo di ampliare l’offerta dei servizi educativi.

Vorrei semplicemente dire che in uno spazio che fino al 2012 era vuoto, oggi tutti i giorni entrano 1.500 bambini e ragazzi. Qui ospitiamo l’accademia di belle arti che ha portato lì due interi corsi per condividere il progetto; abbiamo una scuola notarile; ospitiamo un giornale, il Napolista, una galleria d'arte. In questi spazi abbiamo creato 168 posti di lavoro, nel contesto di una città che non riesce a assicurare lavoro. Lo racconto perché penso che se tanti di noi riuscissero a traslare i principi che si portano nella scuola, in luoghi che sono chiusi e che stanno depauperandosi perché non vengono abitati, se riuscissimo a abitarli credo che potremmo creare molte comunità in tutta Italia inclusive».

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