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I mini gialli dei dettati 2
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Search-ME - Erickson 1 Attività
Un avvincente escape book che permette di risolvere esercizi di grammatica e morfologia
Fare esercizi di grammatica con un coinvolgente escape book adesso è possibile. Arriva La casa nel bosco, pensato per i ragazzi della scuola secondaria di primo grado, ideato per ripassare e consolidare le regole della grammatica italiana. Fin dalla prima pagina i ragazzi sono protagonisti di un’incredibile avventura, ma per riuscire a superare misteri e difficoltà deve risolvere esercizi di grammatica e morfologia... divertendosi. Una storia, una missione, molte sfide. In ogni pagina troverai l'indizio che ti porterà allo step successivo. Una storia ricca, avvincente, mai banale, resa ancora più interessante da esercizi particolarmente sfidanti, ideati per aiutarti a consolidare gli apprendimenti di grammatica e morfologia in una maniera diversa dal solito. Il libro fa parte di una nuova linea di giochi da tavolo e libri che - basandosi sul modello dell’Escape Room - ne fanno propri alcuni principi per applicarli ai contenuti didattici. Mettiti subito alla prova!
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Search-ME - Erickson 2 Lingue straniere
Dalla visione formalistica alla prospettiva cognitivo-funzionale
“Se dico “grammatica” tu cosa dici?” Abbiamo posto questa domanda alle insegnanti di scuola primaria che hanno partecipato ad un ciclo di eventi formativi organizzati da Oxford University Press con la collaborazione del Centro Studi Erickson. I partecipanti hanno risposto ad un rapido sondaggio online, indicando le prime 3 parole che venivano loro in mente pensando alla grammatica. Il programma utilizzato consentiva di visualizzare i risultati immediatamente, sotto forma di Word Cloud, indicando con un carattere maggiore le parole più frequenti. Il sondaggio, ripetuto in 6 città (Milano, Torino, Padova, Bologna, Firenze e Roma) ha coinvolto oltre 500 insegnanti. Le associazioni mentali alla parola grammatica Attraverso questo piccolo esperimento sono emerse le associazioni mentali che compiamo pensando alla parola “grammatica”, le quali possono essere rivelatrici della concezione stessa di lingua che abbiamo maturato e le esperienze ad essa associate. Analizzando i risultati del sondaggio, sono emerse quattro associazioni molto forti: Regole: è in assoluto la parola più frequente emersa dal sondaggio; dietro questa associazione può nascondersi l’idea che la grammatica sia un insieme di meccanismi astratti che regolano il funzionamento della lingua, e hanno poco a che vedere con la comunicazione quotidiana. Verbi, aggettivi, nomi, frasi: la grammatica viene spesso identificata quasi esclusivamente con la morfologia e la sintassi, a discapito di altre dimensioni della lingua (ad esempio la fonologia, o la pragmatica), che non ci vengono in mente. Questa associazione non stupisce, se pensiamo all’attenzione quasi esclusiva alla morfosintassi nella didattica dell’italiano, delle lingue classiche, e, almeno in parte, anche delle lingue straniere. Esercizio, memoria, ripetizione, studiare: queste associazioni rivelano l’idea che le regole grammaticali siano qualcosa che precede la comunicazione, e che quindi si interiorizzino attraverso lo studio mnemonico e lo svolgimento di esercizi meccanici. Noia, difficile: questo ultimo nucleo di associazioni fa emergere le sensazioni di noia, demotivazione e frustrazione che spesso riaffiorano pensando al nostro rapporto con lo studio della grammatica, ma che, a ben vedere, riguardano piuttosto l’approccio didattico che abbiamo “subito” a scuola. Questo piccolo esperimento suggerisce che la concezione prevalente della grammatica sia tuttora ancorata ad un approccio di tipo formalistico, che però nella didattica delle lingue straniere poco si concilia con la visione di lingua come strumento d’azione alla base del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (QCER). Come possiamo concepire la grammatica in una prospettiva più coerente con il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue?  I recenti orientamenti cognitivo-funzionali nell’ambito della Linguistica possono rivelarsi una risorsa importante. Potremmo sintetizzare questa prospettiva in tre assiomi. 1. La grammatica è costruzione. Possiamo immaginare la lingua come un insieme di mattoncini che combiniamo tra di loro; questi mattoncini riguardano tutte le dimensioni della lingua, dai suoni alle lettere, dalle parole alle frasi, fino alla pragmatica e al discorso. La parola “costruzione” deve ricordarci che le combinazioni di questi mattoncini non sono sempre meccaniche, anzi spesso come parlanti possiamo decidere di usare una parola o una struttura al posto di un’altra, e ogni nostra scelta dipende da ciò che vogliamo comunicare. In questo senso, la lingua è anche possibilità di scelta e di creatività. 2.  La grammatica è concettualizzazione. Le nostre combinazioni di mattoncini rimandano a concetti, esperienze e visioni del mondo che vogliamo condividere con i nostri interlocutori. Ogni lingua ha i propri strumenti per aiutarci a descrivere il nostro mondo interiore ed esteriore; alcune lingue possiedono parole che in altre non esistono (ad esempio, la serendipity inglese, la Schadenfreude tedesca) o costruzioni grammaticali diverse (ad esempio, in inglese si esprime nel verbo anche il modo di movimento, come nella frase He walked out of the room). E’ importante ricordare però che le lingue non sono entità astratte; dietro ogni costruzione grammaticale si nasconde un mondo concettuale, e quindi imparare un’altra lingua significa scoprire come è possibile concettualizzare la realtà con “occhi linguistici” diversi da quelli a cui siamo abituati. 3.  La grammatica è comunicazione. Sottesa agli assiomi precedenti vi è, in ultima istanza, la visione per cui la grammatica non è un insieme di meccanismi a sé stanti, astratti e staccati dalla vita quotidiana, bensì uno strumento di comunicazione. In questo senso, coerentemente con il QCER, l’attenzione dell’insegnante dev’essere posta soprattutto sui mattoncini della lingua straniera che dobbiamo saper padroneggiare per comunicare in modo efficace, dalla pronuncia all’ortografia, dal lessico alla pragmatica. E’ importante, in questo senso, dare priorità al lavoro sugli errori che compromettono la comunicazione, piuttosto che su quelli puramente formali. In conclusione, è possibile conciliare lo studio della grammatica con le istanze del QCER solo se ci allontaniamo da una visione formalistica del linguaggio per abbracciare una prospettiva che spiega la grammatica alla luce dei nostri processi mentali e delle nostre esperienze quotidiane. Oltre ad essere più esplicativa e coerente con il QCER, questa prospettiva è senza dubbio più affascinante e, non da ultimo, più motivante. Per approfondire Daloiso M., Jiménez Pascual G. (2017) “Bisogni linguistici specifici e apprendimento della grammatica. Il potenziale glottodidattico della Linguistica Cognitiva”, EL.LE, 6(2). Daloiso M. (2019) Linguistica educativa, linguistica cognitiva e bisogni specifici. Intersezioni, Erickson: Trento.
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Search-ME - Erickson 3 Attività
Giochi di logica e competizioni cervellotiche per riscoprire l’enigmistica
Vuoi sfidare i tuoi amici con rompicapi, giochi enigmistici, questioni cervellotiche ma avvincenti? Enigmatica-mente propone 60 divertenti giochi e rompicapicon 3 livelli di complessità crescente: facile (se non hai ancora molta confidenza con i giochi di logica); medio (se non sei un principiante ma non ti senti ancora esperto); difficile (se vuoi metterti alla prova con sfide davvero impegnative). Un modo per allenare le abilità logiche giocando e attaccando gli sticker: per scoprire che il blocco enigmistico è in realtà un logico spasso. Tutti i giochi del libro sono stati ideati da Crip, Claudio Ripamonti, esperto di enigmistica, illustratore e ideatore di giochi matematici, linguistici, enigmistici e didattici. Mettiti subito alla prova con i giochi enigmistici che abbiamo selezionato per te!
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Search-ME - Erickson 4 Lingue straniere
Parlare di lingue classiche dal punto di vista didattico non è mai semplice perché si rischia di scontentare sempre qualcuno: gli approcci, i metodi, le scuole di pensiero sono variegate e la forte storia didattica nonché linguistica di latino e greco possono essere dei punti di forza ma anche, paradossalmente, di criticità poiché si rischia di cadere nel “nihil sub sole novum” (niente di nuovo sotto il sole, secondo la famosa locuzione), cioè nel pensiero-tranello che non possa essere aggiunto niente di più a quanto già studiato, discusso, detto. Queste false credenze producono atteggiamenti di “detenzione del sapere” che tendono a inibire chi vuole approcciarvisi: all’avventuriero (docente, studioso, studente) sembra di poter scorgere intorno all’insegnamento-apprendimento una sorta di bolla di ieraticità, con termini latini, un pomerium, cioè un confine sacro e inviolabile, che non è possibile valicare senza essere considerati empi o sacrileghi. Questo tipo di approccio, stratificato negli anni dalla complessità strutturale delle lingue, ha purtroppo offuscato la grande bellezza e ricchezza di queste lingue antiche, dando luogo a diversi movimenti che a più riprese hanno messo in discussione le motivazioni sul loro insegnamento a livello scolastico. Ripensare la didattica delle lingue classiche in ottica inclusiva Proveremo quindi a tracciare un breve discorso, senza pretese di esaustività, ma con l’intento di fornire qualche spunto di riflessione per ripensare alla didattica delle lingue classiche in ottica inclusiva e rileggere alcune delle profonde ragioni del suo insegnamento-apprendimento oggi. Per farlo mi aiuteranno tre parole chiave, scelte come guida in questo percorso di pensiero. MOTIVAZIONE: perché studiare le lingue classiche oggi? Se facciamo riferimento alle linee guida del MIUR possiamo appurare che uno degli obiettivi è ottenere una competenza linguistica che permetta l’accesso diretto ai testi in lingua originale. Se da una parte è innegabile la grande potenzialità dell’uso strumentale di queste lingue, la cui conoscenza ci permette di attingere in maniera più autentica alla lingua dei testi, sondandone le infinite possibilità espressive, dall’altra però concentrandoci esclusivamente su questo versante rischiamo di dimenticare il grande passo necessario da compiere prima: apprendere la lingua. Certamente possiamo utilizzare questa motivazione come sprone per i nostri apprendenti che ci chiedono “perché studiare la grammatica” oppure “perché cimentarsi nell’apprendimento di difficili costrutti” ma tuttavia, come facciamo a farli innamorare di una letteratura senza prima farli innamorare della lingua in cui questa letteratura viene espressa? È fondamentale che per apprezzare un contenuto riusciamo ad apprezzarne anche lo strumento di mediazione di tale contenuto. Come posso mettermi all’ascolto di ciò che ha da dire Seneca se non nutro curiosità per il modo in cui me lo comunica? Apprezzarne la profondità del messaggio è senza dubbio legato alla capacità di ragionare, per esempio, sulle scelte lessicali che compie (nel panorama di una lingua ricca e fortemente connotata da lessici specifici e risemantizzazioni come il latino). Non possiamo concepire l’apprendimento dei processi linguistici separandoli dall’obiettivo per cui li stiamo apprendendo: la comunicazione si dà attraverso un pensiero e la lingua in cui quel pensiero viene espresso e recepito. Come rispondere ai perché sulla grammatica? A quelli intorno alla famigerata traduzione? La risposta più frequente sulla questione della motivazione, la risposta che ha dominato per generazioni, è che lo studio del latino e del greco aiuti a pensare. Ma forse le altre discipline non lo fanno? È chiaro che c’è in questa frase una verità ben più complessa ma che così detta non può soddisfare lo studente da motivare. Ogni docente prova elabora risposte alla motivazione insieme alla sua classe, ma per garantire la sopravvivenza di questi studi abbiamo anche la necessità di fornire anche una risposta collettiva, ripensata insieme a tutta la comunità di docenti e studenti. SPENDIBILITÀ: le lingue classiche come strumenti per affrontare il “mondo dopo la scuola”, universitario e lavorativo Le parole sono potenti, e alcune parole vengono connotate negativamente all’interno dei discorsi collettivi in cui siamo immersi. Spendibilità è una parola che può risultare ambigua, che ad alcuni potrà non suscitare particolarmente simpatia perché sembra strizzare l’occhio ad esigenze concrete e pratiche. E tuttavia vorrei proprio sottolineare che non dobbiamo temere tali esigenze, in cui oggi siamo inevitabilmente coinvolti. Nel panorama di una società che si ritrova a fare i conti su molteplici versanti con questo concetto, garantire lo studio di lingue, ahinoi, considerate da alcuni come “poco utili alla formazione” passa anche e soprattutto dalla possibilità di un’analisi lucida della realtà in cui siamo immersi e, su questa base, dalla capacità di formulare delle proposte che sappiano davvero essere risposte concrete alle esigenze portate avanti. La questione della motivazione è innegabilmente connessa all’”appeal” che una disciplina esercita sullo studente e quindi sulla possibilità concreta che lo studente ha di utilizzare quei saperi e di sperimentare materialmente i frutti del proprio impegno. Le lingue sono infatti degli strumenti di e come tali permettono incontro, conoscenza, scambio. Basti pensare al successo che riscuotono i programmi di apprendimento delle lingue straniere che prevedono gemellaggi oppure scambi interculturali e a quanto la disponibilità di tali esperienze possa influenzare in qualche modo la scelta delle lingue di studio. Come fare allora esperienza di lingue prive di parlanti nativi, considerate appunto linguisticamente “morte”, e soprattutto come motivare i nostri studenti a farlo in un periodo di massima vitalità, quale quello dell’adolescenza, in cui c’è un forte bisogno di concretezza e una tendenza ad aderire alle sollecitazioni sociali. L’accostamento sembra inconciliabile e le obiezioni mosse dagli studenti sono le più variegate: qualcuno potrebbe anche pensare che si tratti di scuse e della “solita pigrizia” ma occorre metterci davvero in discussione, senza timore di usare le parole corrette oppure di “contaminare” in qualche modo lo statuto di discipline dalla forte tradizione didattica con prospettive innovative oppure con lo spettro della concretezza, perché ciò che è concreto risponde semplicemente ad un’esigenza e fornisce uno stimolo, una reazione e un desiderio ma non mette in alcun modo in discussione la bellezza, la forte tradizione delle discipline, né la profondità dei contenuti: è ora di riconciliare il sentimento con la praticità, l’astratto e il concreto, la conoscenza teorica con quella pratica. Solo così potremo unire il sentimento del culto della disciplina con il bisogno di finalizzare il nostro percorso: potremo oltrepassare con rispetto la soglia del pomerium, autorizzati dai numi tutelari, senza percepirci inadeguati e indegni e senza compiere uno scelus (un delitto). Fonderemo una nuova città senza confini, la città di lingue inclusive. Cosa possiamo proporre? Possiamo cominciare a pensare allo studio del latino e del greco facendone dei veri e propri strumenti o tools per una cassetta degli attrezzi ideale di cui lo studente si dota e di cui può beneficiarne tanto nello studio delle altre discipline (e in questo senso una visione maggiormente interdisciplinare dello studio linguistico) tanto per affrontare il mondo contemporaneo e le richieste dell’ambiente lavorativo con cui nel futuro si troverà a dialogare. È così che si potrà realizzare quello “zoccolo di conoscenze e competenze” suggerito dalle linee guida ministeriali e che si basa sostanzialmente sulla capacità di ogni singola disciplina di stabilire un dialogo con le altre discipline e con il mondo extrascolastico. Da una parte qui si vuole suggerire un’idea di interdisciplinarietà che per realizzarsi non necessita di complessi progetti o compresenze, ma di una programmazione condivisa tra colleghi in cui allo studente possano essere evidenziati i passaggi e l’idea di un apprendimento trasversale, opposto alla visione “per compartimenti stagni”. Possiamo immaginare il percorso scolastico di uno studente come un grande ipertesto in cui evidenziare i connettivi logici (i punti di contatto tra le discipline, le lingue di studio e le letterature in questo caso) e in cui ogni parola (ogni disciplina) può essere aperta come un link su cui cliccare per un approfondimento. Motivare i nostri studenti passa, quindi, tanto attraverso la possibilità di fargli cogliere l’unità del loro percorso di studi, quanto attraverso la capacità di fornire loro risposte e strumenti per affrontare il “mondo dopo la scuola”, universitario e lavorativo. In questo contesto possiamo pensare di sostanziare la vecchia risposta “le lingue classiche fanno pensare” con i recenti studi che per esempio affrontano i processi di traduzione mettendoli in relazione ai processi cognitivi dei processi decisionali o del problem solving, che rendono queste discipline delle promotrici di quelle life skills richieste dalla società odierna e che negli ultimi tempi hanno riabilitato le potenzialità degli studi umanistici anche in ambito aziendale. Se anche il mondo del lavoro si è reso conto della grande peculiarità di una formazione umanistica e sta addirittura rivalutando la considerazione dello studio delle lingue classiche nel vaglio dei curriculum (sono nate anche le prime certificazioni), anche la didattica può accettare e ingaggiare le nuove sfide lanciate dal nostro presente: è così che possiamo soffiare su idee un po’ datate e quindi polverose degli studi classici come ambiti elitari, su idee che escludono e creano la falsa convinzione che latino e greco antico non siano per tutti e che hanno prodotto un unico effetto negativo: quello di contribuire alla perdita di interesse e all’accantonamento di questi studi. Promuovendo il concetto di inclusione abbiamo quindi la necessità di proporre una didattica moderna per le lingue antiche. TECNOLOGIE per promuovere la necessità di fare esperienza delle lingue L’uso delle tecnologie si è sicuramente rivelato necessario in questo periodo di didattica a distanza ma questa è anche l’occasione di ribadire che l’uso delle tecnologie promuove quanto abbiamo detto a proposito della necessità di fare esperienza delle lingue. Ponendoci su una base comunicativa efficace abbiamo l’opportunità di mettere in campo le competenze degli studenti e utilizzare strumenti per loro familiari, d’altronde se sosteniamo che le lingue antiche parlano al presente per essere credibili agli occhi dei nostri studenti dobbiamo parlarne con strumenti del presente. Anche le teorie neuroscientifiche dell’embodied cognition ci suggeriscono che è fondamentale stimolare le nostre strutture cognitive con l’esperienza, e l’uso di software, di applicazioni e di altre risorse tecnologiche ci può aiutare a rendere esperienziale l’apprendimento anche con delle simulazioni virtuali. Chiaramente questi strumenti accattivanti possono risultare efficaci soltanto se posti a fianco di un’azione docente efficace, poiché senza lo sforzo creativo del docente e senza le sue competenze didattiche lo strumento da solo non permette il raggiungimento dell’obiettivo. Nella mente e nelle mani del docente la capacità di leggere il presente e le sollecitazioni che ne provengono, la progettazione del percorso di apprendimento, l’elaborazione delle strategie di motivazione, l’adesione ad un approccio esperienziale e quindi la possibilità della rivalutazione delle lingue classiche e del loro rilancio: tutto ciò con l’intento di trasmettere il profondo amore per le humanae litterae di cui l’insegnante è il prezioso vettore. In questi tempi di didattica a distanza ci sono pervenuti alcuni esempi di esperienze positive di attività sulle lingue classiche svolte in modalità sincrona e asincrona. Ecco un breve elenco con una sintetica spiegazione che mette in luce i punti di forza evidenziati dagli insegnanti: manipolazione dei testi in formato digitale.Punti di forza: abbina approccio visivo, manipolativo, lavora sul cognitivo quindi sulla testualità, sui rapporti interni al testo (causa-effetto/prima-dopo), è possibile tracciare percorsi interlinguistici (latino-italiano-inglese e spagnolo per esemp lavoro sul confronto tra testi latini e greci che trattano lo stesso argomento. Punti di forza: guardare alle lingue antiche in modo sinottico, apprendimento per differenze e congruenze; lavoro sul lessico: applicazioni che elaborano flash cards per la memorizzazione, attività di abbinamento, completamento, mappe mentali, campi semantici. Punti di forza: attivazione del pensiero e della memoria visuale attraverso il lavoro con le immagini; consolidamento lessico a partire dalla presentazione di immagini: ciascuno studente recupera liberamente dalla memoria i vocaboli e li abbina ai referenti all’interno dell’immagine; Punti di forza: stimolare pensiero visuale, verbalizzare, possibilità di creare percorsi interdisciplinari (storia dell’arte), valutazione peer to peer; utilizzo di griglie per il monitoraggio da sottoporre ai ragazzi durante gli esercizi di traduzione o restituzione. Punti di forza: ragionare sui processi di restituzione o traduzione, lavorare sulla metacognizione, autovalutazione, constatare l’efficacia del lavoro fatto in autonomia.
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