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Con la guerra in Ucraina, approfondire l’attualità in classe è diventata un’esigenza

Bianca Bertol, insegnante di una scuola secondaria di primo grado di Fondo (Trento), racconta le attività fatte in classe dal momento dello scoppio del conflitto in Ucraina

La guerra in Ucraina sta cambiando anche la didattica in classe. Ragazzi e ragazze ormai pre-adolescenti, anche loro sommersi da una marea di informazioni provenienti dalle fonti più disparate, si sentono coinvolti da quanto sta accadendo, pongono domande, fanno ragionamenti, condividono stati d’animo. Soprattutto hanno bisogno di essere accompagnati nell’approfondimento e nella comprensione dei fatti. È un tipo di lavoro che diversi insegnanti hanno avvertito l’esigenza di portare avanti in questi mesi. Così è stato anche per Bianca Bertol, insegnante di scuola secondaria di primo grado presso l’ICI Fondo Revò a Fondo, in provincia di Trento. Bianca Bertol quest’anno insegna italiano, storia e geografia in una seconda e in una terza.
L’abbiamo sentita per farci raccontare la sua esperienza didattica in classe in questi mesi, da quando è scoppiato il conflitto tra Russia e Ucraina.

Che tipo di attività avete fatto in classe sul tema del conflitto in Ucraina?

«Abbiamo fatto un percorso interdisciplinare finalizzato alla conoscenza di quella che è stata la storia, facendo ricerche ed elaborando materiali. Di fronte a fenomeni complessi noi docenti abbiamo il dovere di non fornire risposte semplicistiche, ma di sostenere i ragazzi in un lavoro di ricerca delle molteplici cause e della pluralità di sguardi di cui un fenomeno di questo tipo necessita. In classe, abbiamo provato a costruire questo percorso di ricerca.
Siamo partiti dal sito di divulgazione scientifica Geopop.it che ha video molto interessanti e comprensibili per i ragazzi per capire le dinamiche politiche ed economiche del presente. Poi, utilizzando Padlet, abbiamo creato una linea del tempo dove i ragazzi caricano gli aggiornamenti sintetizzando le notizie dei tg. In questo stesso ambiente raccolgono una rassegna stampa con gli articoli più significativi che trovano.
L’idea che sta dietro a questo lavoro è che per avvicinarsi alla comprensione della realtà bisogna accedere a una pluralità di canali».

Qual è stato l’atteggiamento dei ragazzi rispetto a queste attività?

«Fin da prima dello scoppio della guerra in Ucraina, il 24 febbraio, quando iniziavano ad arrivare le prime notizie pre-belliche, i ragazzi facevano tante domande su questo argomento. Nel loro essere incalzanti ho percepito la loro voglia di sapere, di conoscere e mi sono sentita in dovere di percorrere questa strada.
Quando abbiamo iniziato con le attività, c’è stato un grande interesse e coinvolgimento da parte di tutti. Anche qualche ragazzino che di solito rimaneva più in disparte si è rivitalizzato e ha portato un bel contributo. Alcuni ragazzi sono andati molto in profondità, arrivando a fare elaborazioni importanti, “da grandi”. Sono stati raggiunti risultati diversi, ma ognuno a modo suo si è sentito coinvolto e si è dato da fare».

Qual è il ruolo dell’insegnante in un lavoro di questo tipo?

«Gli studenti sono inondati di informazioni, il nostro lavoro di insegnanti è quello di aiutarli a selezionare le fonti più autorevoli. Un altro compito del docente è quello di aiutarli a fare ordine tra le tante informazioni che ricevono. Quando si affrontano questi argomenti, vengono verbalizzati anche dubbi e paure, come la paura della bomba atomica. Fare questo tipo di lavoro in classe è stato importante anche da questo punto di vista, per aiutare i ragazzi a esprimere la propria emotività».

Nel fare queste attività, ha avuto la classica paura di non riuscire a portare a termine il programma?

«No, perché non ho vissuto gli approfondimenti che abbiamo fatto come un intoppo nel programma, ma come qualcosa che fa parte della didattica e che semplicemente abbiamo fatto in modo diverso. Ad esempio, in terza si parla di globalizzazione, così ho scelto di trattare questo argomento a partire dal conflitto tra Russia e Ucraina e da come questo incida su altri stati del mondo, perché siamo interdipendenti.
Credo che noi insegnanti dobbiamo avere il coraggio di fare delle scelte. Personalmente ho scelto di tagliare su altri temi e di approfondire questo argomento. Questo ci ha permesso di fare un lavoro che i ragazzi non sono abituati a fare, quello di approfondire. In questo modo, le cose rimangono di più, e rimane anche il metodo. Le attività che abbiamo fatto ci hanno consentito di lavorare non solo su contenuti ma anche su competenze, come le soft skills».

A suo parere, che tipo di responsabilità educativa hanno gli insegnanti oggi, in una realtà complessa come quella che stiamo vivendo?

«Gli insegnanti hanno la grande responsabilità di crescere cittadini consapevoli da una parte, dall’altra di aiutare i ragazzi ad avere un atteggiamento di fiducia e speranza nei confronti della realtà. Noto spesso che i ragazzi colgono solo gli aspetti di fatica nelle cose e non la loro bellezza. Penso che sia una responsabilità educativa aiutarli a cogliere anche la bellezza».

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