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Conoscere il mondo delle persone con sindrome di Down sfatando i pregiudizi - Erickson 1

Conoscere il mondo delle persone con sindrome di Down sfatando i pregiudizi

Anna Contardi, coordinatrice nazionale AIPD, spiega in un libro i 10 luoghi comuni più diffusi nei confronti delle persone con sindrome di Down e perché non sono veri

Negli ultimi 40 anni, molte cose sono migliorate per le persone con la sindrome di Down, sia dal punto di vista dell’aspettativa e della qualità della vita, sia dal punto di vista del riconoscimento sociale. Tuttavia, ancora oggi molte cose rimangono ancora da fare per sfatare i luoghi comuni e i pregiudizi che ancora sopravvivono nei confronti delle persone con sindrome di Down. 

Approfondiamo l’argomento con Anna Contardi, coordinatrice dell’Associazione Italiana Persone Down (AIPD) e autrice del libro “10 cose che ogni persona con sindrome di Down vorrebbe che tu sapessi”

«Uno dei pregiudizi più diffusi è che le persone con sindrome di Down siano “tutte uguali” (tipo: affettuose, amanti della musica, sempre felici e contente…). 

In realtà, le persone con sindrome di Down sono diverse l’una dall’altra, anche se hanno in comune una forma variabile di disabilità intellettiva e alcune caratteristiche di sviluppo. Proprio per sottolineare la centralità e l’unicità di ognuno, all’interno del movimento internazionale si insiste sul parlare di loro come «persone con sindrome di Down» e non «persone Down», una terminologia che tenderebbe a identificare la persona con la sua sindrome, mentre la prima ribadisce la centralità della persona e la sindrome di Down come una delle sue caratteristiche.


Molti sono i rischi di una lettura «identificativa» che non permette di comprendere, con più attenzione, i bisogni di ognuno. Spesso accade che i neogenitori di un bambino con sindrome di Down che stanno imparando a conoscere questo bambino diverso da quello atteso, si chiedano di fronte ai suoi comportamenti se «fa così perché è Down?» e debbano essere accompagnati 
a scoprire che quel bambino è prima di tutto un bambino, il loro bambino. 

Ma è anche nella vita quotidiana di queste persone che incontriamo la tendenza all’omogeneizzazione e all’interpretazione in chiave Down di ciò che non si capisce immediatamente. Continuamente sentiamo dire frasi tipo «i Down sono così cari e affettuosi, come non volergli bene».


Ognuno è una persona, ha i suoi bisogni, le sue sensibilità, i suoi interessi, ma non tutti comunichiamo nello stesso modo.

A volte bisogna saper ascoltare non solo con le orecchie, ma anche con gli occhi! Fermarsi a guardare e ritrovare in ognuno la persona, quella persona!

Essere riconosciuti come persone porta con sé il riconoscimento dei bisogni di ciascuno che non sono solo bisogni di cura, ma anche di educazione, di giochi, di amici, di risate e quant’altro».

#riflettere

Guarda il video in cui Marta Sodano, una ragazza con sindrome di Down protagonista del libro “Giù per la salita”, spiega il suo punto di vista sulla disabilità.
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