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I mini gialli dei dettati 2
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Search-ME - Erickson 1 Didattica
Si avvicina il convegno Erickson “0-6: Facciamo la differenza!" Facciamo il punto sull’accessibilità del sistema integrato di educazione e istruzione da 0 a 6 anni italiano, evidenziando qualità e criticità
La prima infanzia rappresenta un periodo cruciale nella vita delle persone. È il momento in cui si inizia a conoscere e capire il mondo, se stessi, gli altri. Economisti, come il premio Nobel James Heckman, neuro-scienziati e sociologi, affermano che le competenze necessarie per crescere e vivere nel XXI secolo - cognitive, socio-emozionali e motorie - si formano, in larga misura, a partire dalla nascita e prima dell’entrata nella scuola, seguendo un processo cumulativo. Nidi, servizi integrativi e scuole dell’infanzia svolgono quindi un’importante funzione pedagogica e condizionano lo sviluppo cognitivo, emotivo e relazionale dei bambini e delle bambine, con benefici che si manifestano nell’arco dell’intera vita scolastica e lavorativa.  I primi anni di vita, sono anche quelli in cui emergono le disuguaglianze, determinate prevalentemente dalla condizione socio-economica dei genitori. Bambini e bambine con genitori di livello socio-economico più alto, già all’età di 3 anni, hanno accumulato un sostanziale vantaggio in termini educativi e di sviluppo rispetto ai coetanei provenienti da situazioni familiari più svantaggiate. Ma la trasmissione intergenerazionale della povertà educativa e delle disuguaglianze non è inevitabile.  Molti sono gli studi, tra cui quelli pioneristici di Heckman, che illustrano gli effetti positivi della frequenza del nido o della scuola dell’infanzia, nella riduzione del gap di competenze accumulato da bambini e bambine in condizioni socio-economiche più svantaggiate.  E gli effetti di tale frequenza persistono nel lungo periodo. Diminuiscono infatti le probabilità di ripetizione dell’anno e di abbandono scolastico precoce, ed aumentano le opportunità di accesso all’educazione terziaria e, da adulti, ad un’occupazione di qualità.  In Italia, il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita ai 6 anni, istituito con il decreto legislativo n. 65 del 13 aprile 2017, ha la finalità di garantire a tutte le bambine e a tutti i bambini pari opportunità di sviluppo delle proprie potenzialità sociali, cognitive, emotive, affettive, relazionali in un ambiente professionalmente qualificato, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, sociali e culturali. Per realizzare tali obiettivi il sistema integrato propone una visione unitaria del percorso educativo, articolato in quattro tipologie principali di servizio: il nido (o micronido), che accoglie bambini e bambine dai 3 ai 36 mesi di età; le sezioni primavera che accolgono bambini e bambine tra i 24 e i 36 mesi e sono aggregate alle scuole dell’infanzia statali o paritarie o ai nidi;  i servizi integrativi che, con diverse formule organizzative e progettuali, arricchiscono l’offerta educativa sui territori per la fascia 0-3: servizi educativi in contesto domiciliare, spazi gioco, centri per bambini e famiglie; le scuole dell'infanzia per bambini e bambine dai 3 ai 6 anni che possono essere statali o paritarie a gestione pubblica o privata, e la cui frequenza è gratuita. Qual è la situazione in Italia dal punto di vista della frequenza dei servizi 0-6?  Per quanto riguarda l’accesso a nidi e servizi per la prima infanzia, permangono importanti criticità: una carenza strutturale nella disponibilità di servizi educativi rispetto al potenziale bacino di utenza, una distribuzione disomogenea sul territorio nazionale, e vincoli di natura economica in quanto i costi dei servizi limitano l’accesso alle famiglie a basso reddito e a rischio povertà.  In base ai dati più recenti, relativi all’anno educativo 2021/2022, i posti a disposizione negli asili nidi e servizi per la prima infanzia sono arrivati a 28 ogni 100 minori. Ci si sta avvicinando al target del 33% da raggiungere entro il 2010 (come definito dal Consiglio Europeo di Barcellona nel 2002, e ribadito nella Legge finanziaria per il 2022 n. 234/2021), ma resta decisamente lontano il nuovo obiettivo europeo del 45% di bambini e bambine frequentai servizi educativi di qualità da raggiungere entro il 2030. In Italia la frequenza di un servizio educativo per la prima infanzia risulta inferiore alla media europea (meno del 30% dei bambini e bambine di 0-2 anni, contro una media UE del 37,9%). Permangono inoltre significativi divari territoriali, che dovrebbero essere attenuati grazie agli investimenti previsti dal PNRR. A fronte di un Centro-Italia ed un Nord-est che in media hanno una copertura dei posti ben superiore al 33% dei bambini e delle bambine (36,7% e 36,2%), ed un Nord-ovest che è prossimo all’obiettivo (31,5%), il Sud e le Isole, seppur in miglioramento, sono ancora molto lontani dal target (16,0% e 16,6% rispettivamente).  Persistono, inoltre, significativi squilibri socio-economici, che nel 2021 risultano più accentuati rispetto al 2017. Bambini e bambine che frequentano il nido hanno più spesso entrambi i genitori occupati, con un maggior livello d’istruzione e con un reddito più alto rispetto ai coetanei che non lo frequentano. L’accessibilità economica del nido, ossia il costo elevato delle rette, unitamente alle barriere all’accesso dovute alla scarsità di posti, rappresentano ancora un ostacolo per molte famiglie svantaggiate. Si manifesta quindil’effetto San Matteo nell’accesso ai servizi (nell’ambito delle discipline sociali, l’effetto San Matteo si riferisce ad un processo per il quale le risorse vengono distribuite fra i beneficiari in proporzione a quanto già posseggono). Quindi, bambini e bambine provenienti da famiglie con un livello socio-economico medio-altro hanno maggiori probabilità di accedere a nidi di qualità. Di converso, bambini e bambine a rischio povertà ed esclusione sociale, che, come abbiamo visto dagli studi condotti a livello internazionale, ne trarrebbero maggior beneficio, in termini di acquisizione di competenze e riduzione del gap formativo, hanno maggiori probabilità di esserne esclusi. A differenza dei nidi e dei servizi per la prima infanzia, nel contesto europeo il dato italiano di partecipazione all’istruzione pre-primaria risulta tra i più elevati (94,6% di minori tra i 3 e i 5 anni che è superiore alla media UE e leggermente inferiore al target europeo pari al 96% da raggiungere entro il 2030). Non sussistono significativi divari territoriali in quanto tutte le regioni italiane raggiungono il target europeo minimo del 90% fissato nel 2002, ma non tutte quella del 96% stabilita nel 2021. Anche per i bambini di 3-5 anni la frequenza mostra, differenziali legati ad aspetti socio-economici e culturali delle famiglie: nel 2019, il 96,3 % dei bambini e delle bambine non a rischio di povertà frequentavano strutture educative, mentre la percentuale di bambine e bambini a rischio povertà ed esclusione sociale che frequentavano la scuola dell’infanzia era pari al 83,8%.    In conclusione, assicurare a tutti i bambini e a tutte le bambine accesso ai servizi educativi 0-6 è una priorità per garantire il diritto soggettivo all’educazione, ed interrompere il circolo vizioso della trasmissione intergenerazionale della povertà educativa e delle diseguaglianze. Allo stesso tempo, l’accesso non è sufficiente, ed è necessario garantire anche la qualità dei percorsi educativi. Ciò per assicurare che ciascuna bambina e ciascun bambino vengano riconosciuti e accolti nella propria unicità e diversità, vivano esperienze ricche e diversificate, e abbiano l’opportunità di socializzare con coetanei e adulti diversi dalle figure parentali. Un sistema di istruzione 0-6 deve quindi essere fondato su criteri quali l’accessibilità, l’inclusività, la professionalità del personale, l’accurata ed equilibrata progettazione del curricolo, sistemi efficaci di monitoraggio e valutazione e finanziamenti adeguati.  Il convegno Erickson Il Convegno Erickson 0-6 Facciamo la differenza! Il futuro è l’infanzia presenterà le evidenze scientifiche che dimostrano i vantaggi e l’efficacia dell’azione educativa e didattica del sistema 0-6. Verranno approfondite le sfide relative al sistema integrato e all’attuazione delle linee guida pedagogiche, mettendo al centro le prassi metodologiche, gli strumenti e le azioni concrete da realizzare per un intervento pedagogico di qualità. Verrà, inoltre, ribadita con forza la centralità del lavoro dei professionisti dello 0-6: educatori, educatrici e insegnanti, infatti, possono fare la differenza, agendo un’educazione di qualità che migliori sia il presente che il futuro di bambini e bambine. Bibliografia Dipartimento per le politiche della famiglia. Presidenza del Consiglio dei Ministri. (2020). Nidi e servizi educativi per l’infanzia. Stato dell’arte, criticità e sviluppi del sistema educativo integrato 0-6ISTAT. (2023). Offerta di nidi e servizi integrativi per la prima infanzia. Anno educativo 2021/2022, ISTAT, 23 novembre 2023Save the Children (2019). Il miglior inizio. Disuguaglianze e opportunità nei primi anni di vita.Con i Bambini e Openpolis. (2022). La partecipazione al sistema educativo dei bambini tra 4 e 5 anni. Crialesi, R. (2022). I nidi e i servizi educativi per l’infanzia: un quadro di sintesi. ISTAT, Roma, 14 giugno 2022 @media (max-width: 576px){ .me-text ul li { font-size: 19px !important; line-height: 28px !important; } .me-text ol li { font-size: 19px !important; line-height: 28px !important; } } .me-text ul li { font-size: 22px; line-height: 34px; } .me-text ol li { font-size: 22px; line-height: 34px; }
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Search-ME - Erickson 2 Prima infanzia
Osservare in modo sistematico il gioco dei bambini nel primo anno di vita permette di sostenerne la crescita creando un ambiente adatto alle loro esigenze
Nel primo anno lo sviluppo dei bimbi è estremamente rapido, più veloce che in qualunque altro momento della vita, equindi i bambini cambiano moltissimo. Questo significa che il primo anno divita è spesso complesso per le educatrici del nido, perché all’interno della stessa sezione ci sono bebè con bisogni molto diversi: per esempio, bimbi che stanno sdraiati e bimbi che iniziano a camminare vivono due mondi completamente differenti, e offrire un ambiente adatto a entrambi (e seguirne l’evoluzione nel corso dell’anno) è spesso un’impresa ardua Per quanto riguarda il gioco, sembra che la nostra rappresentazione di esso sia strettamente legata al gioco di far finta o al gioco esplorativo e costruttivo del secondo-terzo anno, e quindi poca attenzione si presta tutto sommato a quanto avviene prima. Anche l’interazione fra bambini è molto difficile da cogliere nei primi mesi: da una parte uno degli obiettivi del nido è proprio la socializzazione, dall’altra basta osservare i bambini in modo un po’ sistematico per rendersi conto di quanto sia tardivo il vero e proprio gioco cooperativo, e come sia importante il contributo dell’adulto nel favorirlo. Che cosa fa il bambino molto piccolo nei momenti in cui al nido è sveglio, riposato e tranquillo? È possibile individuare degli indicatori di osservazione che possano accompagnare le educatrici a comprendere le esigenze dei bambini e quindi accompagnarli nel loro sviluppo? E poi ancora: come preparare l’ambiente affinché il bambino molto piccolo possa trovarsi effettivamente a suo agio? Dalla necessità di rispondere a queste domande è nato uno strumento di osservazione del bebè, in grado di cogliere le sue competenze, soprattutto motorie e di interazione con gli oggetti e con i pari, così da potergli proporre le modalità di gioco adatte a queste competenze e supportarlo nella sua area di sviluppo prossimo. Nello stesso tempo, è uno strumento a disposizione degli adulti per riflettere sul contesto di gioco offerto ai bambini, e sulla sua adeguatezza rispetto agli obiettivi che ne avevano guidato le scelte e il progetto educativo. Non si tratta in alcun modo di uno strumento di valutazione dello sviluppo: non ci proponiamo di definire tappe o, peggio ancora, tempi di acquisizione di diverse competenze.  L’obiettivo è, prima di tutto, offrire una lente per cogliere quelle che sono le abilità e gli interessi del bambino in quel determinato momento. Si tratta di abilità che noi adulti diamo per scontate e che è difficile cogliere nel loro dispiegarsi. Per esempio, afferrare un oggetto o portarlo alla bocca sono condotte molto semplici, che difficilmente cogliamo: quando però il bebè lo fa per la prima volta, il suo mondo cambia radicalmente, perché non solo può guardare e muovere il proprio corpo, ma può agire sul mondo esterno! Ovviamente una conoscenza accurata delle tappe di sviluppo è la base di partenza per l’osservazione dei bambini che crescono, e permette di cogliere e anticipare i momenti di transizione, in modo da offrire un ambiente supportivo e stimolante. Nel primo anno soprattutto, il tipo di gioco che il bambino può fare, e quindi il tipo di offerta educativa che il nido gli proporrà, sono strettamente connesse alla sua padronanza del movimento. A fianco dello strumento di osservazione del bambino, dunque, non meno importante è lo strumento di osservazione dell’ambiente. Lo strumento proposto è pensato come supporto a un gruppo di lavoro e parte dalle decisioni, dagli obiettivi del gruppo di lavoro stesso: la valutazione di adeguatezza di una certa scelta, di una certa organizzazione, non è assoluta, astratta, ma si tratta sempre dell’adeguatezza rispetto all’obiettivo che il gruppo di lavoro si è posto. La prima parte dello strumento è rivolta all’osservazione delle competenze che il bambino mette in atto nella sua attività autonoma, anzi nel suo gioco, a seconda parte invece riguarderà il contesto che permette al bambino di giocare: infatti è l’adulto che costruisce l’ambiente del bambino, soprattutto in questo primo periodo della vita, e che quindi permette o meno al bebè di giocare. Questa seconda parte è pensata come uno strumento di riflessione per il gruppo di lavoro, per servire da filo conduttore alla verifica della corrispondenza fra gli obiettivi educativi e la loro concreta realizzazione nell’adattarli alle esigenze dei bebè di età diverse.
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Search-ME - Erickson 3 Emozioni e abilità socio-relazionali
La professoressa Daniela Lucangeli dialoga con la psicologa Nicoletta Perini sulle emozioni negative dei bambini, dando qualche consiglio ai genitori
A volte le emozioni di nostro figlio, soprattutto quelle negative, ci mettono in difficoltà. Per diversi motivi, che hanno a che fare soprattutto con la nostra esperienza legata alle emozioni, vorremmo che il pianto, le urla finissero il prima possibile. Urliamo a nostra volta, minacciamo, oppure ignoriamo e cerchiamo di distrarre il bambino, sperando che si dimentichi del motivo per cui stava urlando o piangendo. A volte riusciamo, almeno temporaneamente, nel nostro intento. Ma siamo proprio sicuri sia la strada giusta? Un bambino che smette di piangere perché non rispondiamo al suo pianto, magari credendo così di irrobustirlo, oppure perché lo distraiamo con qualcosa di molto attraente (come il tablet o il telefono cellulare), è davvero un bambino che ha imparato a stare nella sua emozione negativa e a fronteggiarla per superarla? Ci dimentichiamo a volte che le emozioni hanno un senso, sono terapeutiche. Immaginiamo di provare noi stessi un’emozione negativa molto forte: se il nostro compagno o la nostra migliore amica ci ignorassero o cercassero di distrarre la nostra attenzione, ci sentiremmo davvero meglio? Oppure dovremmo aggiungere anche l’incomprensione ai motivi del nostro malessere? Quanto sono importanti le emozioni dei bambini? A volte confondiamo il motivo per cui un bambino prova un’emozione con l’emozione stessa. Se il motivo che stimola l’emozione non ci sembra sufficientemente valido, tendiamo a ignorare anche l’emozione che l’accompagna. È vero, a volte i bambini soffrono o si arrabbiano per cose che sembrano poco importanti, ma per loro lo sono e hanno bisogno che noi adulti prestiamo attenzione a come si sentono e li aiutiamo a uscire da un’emozione spiacevole. Ascoltare la loro emozione non vuol dire “dargliele tutte vinte”. Ascoltare le emozioni dei bambini vuol dire far capire loro che comprendiamo come stanno, che le emozioni non sono giuste o sbagliate, ma sono “stati” che proviamo, che hanno un nome e che possono essere regolate per ritornare a una condizione di maggiore benessere. In realtà, le emozioni dei bambini sono ancora più delicate di quelle degli adulti. I bambini provano uno stato di malessere che non sanno definire e da cui fanno fatica a “uscire” da soli. Hanno un profondo bisogno che l’adulto di riferimento li prenda sul serio, li aiuti a dare un nome a quello che stanno provando, a regolare la loro emozione per non esserne sopraffatti. Questa generica sensazione di disagio, grazie alla relazione con l’adulto, si differenzia in una serie di sentimenti come irritazione, delusione, rabbia, fastidio, offesa. Come possono i genitori aiutare i bambini a sviluppare una corretta gestione delle proprie emozioni? I genitori e gli adulti che si prendono cura dei bambini hanno l’importante ruolo di monitorare e regolare il loro stato emotivo attraverso una “sintonizzazione emotiva”. Se l’adulto viene meno a questo ruolo, il bambino reagirà producendo ormoni dello stress e cercherà un modo per fronteggiare la situazione passivamente, annullando le emozioni negative. Se gli adulti di riferimento, invece, riescono a validare le emozioni dei bambini, all’interno della relazione con loro, i bambini stessi impareranno quelle capacità empatiche tanto importanti nei rapporti interpersonali. E se gli adulti aiuteranno i bambini a regolare le loro emozioni, questi impareranno a capirle, ad accettarle, a gestirle e a renderle più positive.
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Search-ME - Erickson 4 Musica arte e altre discipline
Perché un avvicinamento precoce alla musica favorisce sia lo sviluppo cognitivo che lo sviluppo emotivo-sociale del bambino
Il processo evolutivo di un bambino è costituito da progressive conquiste di abilità, che sono sostenute, oltre che dalla maturazione fisica, anche da un graduale sviluppo cognitivo e sociale. L’esperienza musicale vissuta già a partire dai primissimi anni di vita del bambino può aiutare a porre le basi e a influenzare significativamente le successive conquiste linguistiche, relazionali e cognitive. La musica rappresenta infatti un canale comunicativo vicino al bambino: è un elemento facilmente utilizzabile anche come comunicazione informale (si pensi al diverso utilizzo della voce, delle espressioni facciali, del corpo in movimento). Attraverso la sperimentazione musicale, il bambino impara a produrre, a esporsi e a mettersi in gioco in prima persona. Inizia a differenziarsi dall’adulto di riferimento e a relazionarsi con personalità altre da sé. Nella prima infanzia ogni suono può trasformarsi in strumento comunicativo, unico e privilegiato, grazie al quale entrare in relazione con l’altro. Numerosi studi e ricerche hanno sottolineato l’influenza della musica nel processo di crescita del bambino, con riferimento specifico a due ambiti: cognitivo emozionale-sociale Per quanto riguarda la sfera cognitiva, si è visto come, grazie alla pratica musicale, è possibile favorire lo sviluppo di memoria, concentrazione, attenzione, linguaggio verbale, pensiero logico, creatività, capacità discriminatoria, oltre che della decodifica dei codici utilizzati. Per la sfera emozionale/sociale, la musica diventa invece un mezzo di espressione del proprio essere, favorisce l’acquisizione di regole sociali e dà la possibilità di mettersi in gioco; aiuta a superare i propri limiti e stimola a riconoscere, gestire ed esprimere i propri stati emotivi. Tramite un precoce avvicinamento al linguaggio musicale si possono rafforzare nel bambino: la capacità di relazione intra e interpersonale; il senso di autostima e di fiducia; l’autonomia; il benessere personale e l’autoapprendimento; la motivazione ad apprendere; la padronanza delle emozioni. Si tratta di benefici che possono essere stimolati nel bambino attraverso una pratica musicale precoce: ciò però può avvenire solo partendo dalla conoscenza delle competenze e delle abilità dei piccoli legate nei diversi stadi di sviluppo. Senza tali conoscenze, l’adulto rischia di far vivere al bambino un’esperienza musicale vuota, forzata e non costruttiva, ottenendo come risultato l’allontanamento del piccolo dall’utilizzo consapevole e appropriato del mezzo musicale.
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Search-ME - Erickson 5 DIDA
Possibili coordinate inclusive
All’interno dei contesti formativi dedicati a bambine e bambini da 0 a 6 anni, ci possono essere situazioni in cui sono educatrici e insegnanti a rilevare delle difficoltà. Non possiamo parlare di disturbi perché non appartiene a queste professionalità l’individuazione diagnostica. In queste circostanze, prima di comunicare eventuali preoccupazioni ai genitori è bene fare osservazioni sistematiche, anche in contesti molteplici all’interno del servizio. Vanno poi messe in campo mediazioni differenti che possano davvero permettere di dire di aver tentato tante strade. Molte volte capita che le strategie tentate e sperimentate non si diano al plurale, ma siano la ripetizione di un unico tentativo che già si è mostrato fallimentare. In un recente percorso formativo un’insegnante ha raccontato la fatica di una comunicazione a una coppia di genitori. La cura delle parole usate nei colloqui previsti durante l’anno non sembrava aver prodotto una presa di coscienza: i genitori apparentemente avevano ignorato i contenuti di quelle conversazioni. A metà anno in un giorno qualsiasi il papà nel consegnare il bambino ha chiesto: «Secondo te che cosa ha mio figlio?». Questo piccolo resoconto ci permette di guadagnare alcune riflessioni importanti. La prima riguarda la necessità di andare oltre le apparenze e ammettere che alcune consapevolezze maturino internamente e siano socializzate solo quando diventano accettabili per chi le vive. È bene evitare facili giudizi in queste circostanze e sperimentare una giusta attesa. La seconda ha a che vedere con l’importanza dello scambio quotidiano che i servizi 0-6 hanno accolto come opportunità progettuale da sempre. Lo stare sulla soglia ogni giorno, al mattino durante la consegna e nel momento del ricongiungimento, permette uno scambio che sa accogliere domande, richieste, prese di coscienza nel momento particolare in cui nascono e crescono. Il tempo della cura dell’altro, che riguarda piccoli e grandi, non può essere programmato: quel papà era pronto ad ascoltare quel giorno lì e non nel momento del colloquio individuale o quando la scuola lo aveva programmato. Nel saper saltare un confine istituito per aprirsi a uno spazio inedito e imprevisto si gioca la qualità di tante prassi educative. L’articolo completo “Abitare lo 0-6” è disponibile sul numero di novembre 2021 della rivista Erickson “DIDA”
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Search-ME - Erickson 6 Prima infanzia
Un recente rapporto di Save The Children mostra il ruolo fondamentale dei servizi educativi per l’infanzia. La nostra opinione: puntare anche sul sostegno alla genitorialità
Quando si parla di povertà educativa non ci si riferisce solo alla privazione del diritto allo studio, ma alla mancanza ben più sostanziale di opportunità educative e di sviluppo per il minore.  Si tratta, quindi, di un concetto complesso che investe diverse dimensioni - scolastica, culturale, relazionale, formativa - e che, molto spesso, agisce di generazione in generazione, innescando, insieme al disagio economico, un circolo vizioso che si auto alimenta.   L’INDAGINE DI SAVE THE CHILDREN  Data l’importanza e l’incidenza del fenomeno, anche in Italia, Save the Children ha deciso di condurre, tra marzo e giugno 2019, un’indagine pilota esplorativa, attraverso l’utilizzo dello strumento IDELA (International Development and Early Learning Assessment), che ha coinvolto 653 bambini di età compresa fra i 3 e i 5 anni in 10 città e provincie italiane proprio per analizzare le disuguaglianze educative in Italia, a partire dalla prima infanzia, e i fattori che le determinano.      I risultati emersi, di recente pubblicati nel rapporto “Il miglior inizio" . Disuguaglianze e opportunità nei primi anni di vita” conferma quanto rilevato da numerosi studi internazionali, ovvero che le disuguaglianze si sviluppano già nei primissimi anni di vita e ben prima della scuola dell’obbligo.     LE DISUGUAGLIANZE NON SONO IRREVERSIBILI Come Ricerca&Sviluppo Erickson, basandoci anche più recenti scoperte neuroscientifiche siamo convinti che le disuguaglianze e la povertà educativa fortunatamente non sono inevitabili né irreversibili. Le basi neurobiologiche delle competenze del bambino, infatti, risentono delle opportunità offerte dall’ambiente in cui il bambino cresce, tra cui la qualità delle relazioni e delle interazioni, con genitori, caregivers e altri bambini, e l’accesso equo a strutture educative di qualità. Le politiche e i servizi per la cura e l’educazione nella prima infanzia possono, infatti, interrompere il circolo vizioso, andando a colmare il gap di competenza che si instaura in bambini appartenenti a famiglie in condizioni svantaggiate. Situazioniche influiscono sulla possibilità di investimento economico per l’educazione e sulla qualità del tempo trascorso con i figli.   Una precedente analisi di Save the Children del 2018, aveva già dimostrato, infatti, come i bambini più svantaggiati, che hanno, però, frequentato il nido o un servizio per l’infanzia, abbiano molte più probabilità di raggiungere un livello minimo di competenza, in adolescenza, rispetto ai coetanei che non hanno avuto la medesima opportunità. Tale probabilità, inoltre, aumenta in base al numero di anni di frequenza di tali servizi. Ciò che è allarmante è come in Italia  il nido sia accessibile solo a 1 bambino su 4, e di questi, solo il 12,3% frequenta un asilo pubblico. Sono proprio i bambini più svantaggiati a usufruirne meno. Fortunatamente, però, l’accesso alla scuola dell’infanzia, che in Italia accoglie il 92,6% dei bambini tra i 3 e i 6 anni, supera l’obiettivo UE del 90% di copertura.   L’IMPORTANZA DEL WELFARE   Secondo il report, poi, i servizi di cura ed educativi per la prima infanzia dovrebbero essere complementari a interventi di welfare a supporto della genitorialità e dell’occupazione femminile, di modo che le opportunità educative di svolgere attività culturali di qualità (lettura condivisa, giochi all’aperto con i genitori, visita al museo, partecipazione a concerti musicali, etc.) si manifestino anche a casa e ad opera di entrambi i genitori. Come Ricerca&Sviluppo Erickson riteniamo sia fondamentale garantire la partecipazione, durante la primissima infanzia, a programmi strutturati di cura ed educazione che siano equi, accessibili, ma anche integrati con le politiche di welfare a sostegno della genitorialità. Poiché i servizi educativi, da soli, difficilmente possono contrastare la povertà educativa.   In molte regioni, iniziative in tal senso sono già avviate. Ciò che ora è importante è favorirne il consolidamento e la diffusione sull’intero territorio nazionale, come abbiamo espresso anche nel corso del recente rel="noopener noreferrer" Convegno Nazionale 0-3 “Partiamo dal nido!”
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