IT
I mini gialli dei dettati 2
Carrello
Spedizioni veloci
Pagamenti sicuri
Totale:

Il tuo carrello è vuoto

|*** Libro Quantità:
Articoli e appuntamenti suggeriti

Tematica
Argomento
Utile in caso di
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Non vi è alcun filtro disponibile, allarga la tua ricerca per ottenere più risultati
Non vi è alcun filtro disponibile, allarga la tua ricerca per ottenere più risultati
Filtra
Filtra per
Tematica
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Informazione obbligatoria
Argomento
Utile in caso di
Risultati trovati: 10
Search-ME - Erickson 1 Musica arte e altre discipline
Perché un avvicinamento precoce alla musica favorisce sia lo sviluppo cognitivo che lo sviluppo emotivo-sociale del bambino
Il processo evolutivo di un bambino è costituito da progressive conquiste di abilità, che sono sostenute, oltre che dalla maturazione fisica, anche da un graduale sviluppo cognitivo e sociale. L’esperienza musicale vissuta già a partire dai primissimi anni di vita del bambino può aiutare a porre le basi e a influenzare significativamente le successive conquiste linguistiche, relazionali e cognitive. La musica rappresenta infatti un canale comunicativo vicino al bambino: è un elemento facilmente utilizzabile anche come comunicazione informale (si pensi al diverso utilizzo della voce, delle espressioni facciali, del corpo in movimento). Attraverso la sperimentazione musicale, il bambino impara a produrre, a esporsi e a mettersi in gioco in prima persona. Inizia a differenziarsi dall’adulto di riferimento e a relazionarsi con personalità altre da sé. Nella prima infanzia ogni suono può trasformarsi in strumento comunicativo, unico e privilegiato, grazie al quale entrare in relazione con l’altro. Numerosi studi e ricerche hanno sottolineato l’influenza della musica nel processo di crescita del bambino, con riferimento specifico a due ambiti: cognitivo emozionale-sociale Per quanto riguarda la sfera cognitiva, si è visto come, grazie alla pratica musicale, è possibile favorire lo sviluppo di memoria, concentrazione, attenzione, linguaggio verbale, pensiero logico, creatività, capacità discriminatoria, oltre che della decodifica dei codici utilizzati. Per la sfera emozionale/sociale, la musica diventa invece un mezzo di espressione del proprio essere, favorisce l’acquisizione di regole sociali e dà la possibilità di mettersi in gioco; aiuta a superare i propri limiti e stimola a riconoscere, gestire ed esprimere i propri stati emotivi. Tramite un precoce avvicinamento al linguaggio musicale si possono rafforzare nel bambino: la capacità di relazione intra e interpersonale; il senso di autostima e di fiducia; l’autonomia; il benessere personale e l’autoapprendimento; la motivazione ad apprendere; la padronanza delle emozioni. Si tratta di benefici che possono essere stimolati nel bambino attraverso una pratica musicale precoce: ciò però può avvenire solo partendo dalla conoscenza delle competenze e delle abilità dei piccoli legate nei diversi stadi di sviluppo. Senza tali conoscenze, l’adulto rischia di far vivere al bambino un’esperienza musicale vuota, forzata e non costruttiva, ottenendo come risultato l’allontanamento del piccolo dall’utilizzo consapevole e appropriato del mezzo musicale.
Leggi di più
Search-ME - Erickson 2 Emozioni e abilità socio-relazionali
La professoressa Daniela Lucangeli dialoga con la psicologa Nicoletta Perini sulle emozioni negative dei bambini, dando qualche consiglio ai genitori
A volte le emozioni di nostro figlio, soprattutto quelle negative, ci mettono in difficoltà. Per diversi motivi, che hanno a che fare soprattutto con la nostra esperienza legata alle emozioni, vorremmo che il pianto, le urla finissero il prima possibile. Urliamo a nostra volta, minacciamo, oppure ignoriamo e cerchiamo di distrarre il bambino, sperando che si dimentichi del motivo per cui stava urlando o piangendo. A volte riusciamo, almeno temporaneamente, nel nostro intento. Ma siamo proprio sicuri sia la strada giusta? Un bambino che smette di piangere perché non rispondiamo al suo pianto, magari credendo così di irrobustirlo, oppure perché lo distraiamo con qualcosa di molto attraente (come il tablet o il telefono cellulare), è davvero un bambino che ha imparato a stare nella sua emozione negativa e a fronteggiarla per superarla? Ci dimentichiamo a volte che le emozioni hanno un senso, sono terapeutiche. Immaginiamo di provare noi stessi un’emozione negativa molto forte: se il nostro compagno o la nostra migliore amica ci ignorassero o cercassero di distrarre la nostra attenzione, ci sentiremmo davvero meglio? Oppure dovremmo aggiungere anche l’incomprensione ai motivi del nostro malessere? Quanto sono importanti le emozioni dei bambini? A volte confondiamo il motivo per cui un bambino prova un’emozione con l’emozione stessa. Se il motivo che stimola l’emozione non ci sembra sufficientemente valido, tendiamo a ignorare anche l’emozione che l’accompagna. È vero, a volte i bambini soffrono o si arrabbiano per cose che sembrano poco importanti, ma per loro lo sono e hanno bisogno che noi adulti prestiamo attenzione a come si sentono e li aiutiamo a uscire da un’emozione spiacevole. Ascoltare la loro emozione non vuol dire “dargliele tutte vinte”. Ascoltare le emozioni dei bambini vuol dire far capire loro che comprendiamo come stanno, che le emozioni non sono giuste o sbagliate, ma sono “stati” che proviamo, che hanno un nome e che possono essere regolate per ritornare a una condizione di maggiore benessere. In realtà, le emozioni dei bambini sono ancora più delicate di quelle degli adulti. I bambini provano uno stato di malessere che non sanno definire e da cui fanno fatica a “uscire” da soli. Hanno un profondo bisogno che l’adulto di riferimento li prenda sul serio, li aiuti a dare un nome a quello che stanno provando, a regolare la loro emozione per non esserne sopraffatti. Questa generica sensazione di disagio, grazie alla relazione con l’adulto, si differenzia in una serie di sentimenti come irritazione, delusione, rabbia, fastidio, offesa. Come possono i genitori aiutare i bambini a sviluppare una corretta gestione delle proprie emozioni? I genitori e gli adulti che si prendono cura dei bambini hanno l’importante ruolo di monitorare e regolare il loro stato emotivo attraverso una “sintonizzazione emotiva”. Se l’adulto viene meno a questo ruolo, il bambino reagirà producendo ormoni dello stress e cercherà un modo per fronteggiare la situazione passivamente, annullando le emozioni negative. Se gli adulti di riferimento, invece, riescono a validare le emozioni dei bambini, all’interno della relazione con loro, i bambini stessi impareranno quelle capacità empatiche tanto importanti nei rapporti interpersonali. E se gli adulti aiuteranno i bambini a regolare le loro emozioni, questi impareranno a capirle, ad accettarle, a gestirle e a renderle più positive.
Leggi di più
Metodo Montessori e anziani fragili Genitori e figli
Mangiare bene è importante per la crescita fisica ed emotiva dei piccoli: ecco alcune linee guida per aiutarli a mangiare meglio e instaurare delle buone abitudini alimentari fin dalle fasi precoci dello sviluppo
Le difficoltà alimentari possono compromettere la crescita fisica ed emotiva dei bambini e hanno effetti e ripercussioni sull’intera famiglia. Basandosi sulla sua esperienza clinica e sulla ricerca, la psichiatra infantile Irene Chatoor suggerisce ai genitori come affrontare le sfide delle fasi precoci dello sviluppo dell’alimentazione e come promuovere nei bambini e nelle bambine un sano rapporto con il cibo fin da quando iniziano a mangiare in autonomia. Ecco le linee guida suggerite. Per aiutare vostro figlio a sentire la fame, definite una routine che includa tre pasti e due spuntini, uno a metà mattina e uno a metà pomeriggio. Pasti e spuntini dovrebbero essere intervallati di 3-4 ore ed essere consumati a tavola ogni giorno alla stessa ora. Al di fuori dei pasti e dello spuntino stabiliti, non lasciate che il bambino beva latte, mangi snack o spilucchi. Se vi chiede da mangiare, ditegli di aspettare fino all’ora dello spuntino o del pasto successivo. Se ha sete, dategli solo acqua. Tenete il bambino sul seggiolone o a tavola per 20-30 minuti così da dargli il tempo di mangiare fino a essere sazio. Se vuole scendere dal seggiolone o allontanarsi dalla tavola prima, spiegategli che deve aspettare finché mamma e papà sono sazi. Date porzioni piccole e, quando il bambino le ha mangiate, offritene più volte altre. Questo aiuterà il bambino con poco appetito a rimanere impegnato a mangiare senza sentirsi sopraffatto dal troppo cibo e il bambino che mangia troppo a prestare più attenzione alle sensazioni di sazietà. Non proponete più di 3-4 cibi diversi a pasto e rimanete seduti a tavola con vostro figlio. Non siete cuochi specializzati in ordini veloci. Non concedete distrazioni — come giocattoli, libri e televisione — durante i pasti. Quando si distraggono, i bambini non prestano attenzione ai segnali interni di fame e sazietà. Non usate il cibo, e soprattutto i dolci, come premio per avere mangiato il cibo sano o come conforto, regalo o manifestazione del vostro affetto per vostro figlio. I bambini formano associazioni forti con questi cibi e ne diventano dipendenti. Non fate pressioni sul bambino perché mangi e non forzatelo a farlo. Questo creerà conflitto e influirà negativamente sulla capacità di vostro figlio di riconoscere le sensazioni interne di fame e sazietà. Lodate vostro figlio per le abilità che mostra nel mangiare da solo, ma mantenete un atteggiamento neutro verso quanto mangia. Non lodatelo né criticatelo se mangia poco o troppo. Mangiare non dovrebbe essere una performance. Scoraggiatelo dal giocare con il cibo o dal parlare troppo invece di mangiare. Dedicate un momento particolare a parlare o giocare al di fuori dei pasti. Se vostro figlio si rifiuta di stare sul seggiolone o si alza da tavola, lancia cibo o stoviglie o si comporta male in altri modi, dategli un solo avvertimento. Se non interrompe il comportamento, mettetelo in time-out. Per attuare queste linee guida è necessario che i genitori lavorino insieme e modifichino le proprie abitudini alimentari. Introdurre cambiamenti nello stile di vita non è facile e quanto più i bambini sono grandi tanto più diventa difficile. Tuttavia, come ho imparato da molte famiglie, quando ci si abitua alla nuova routine e il bambino mangia meglio, i pasti in famiglia diventano più distesi e piacevoli per tutti.
Leggi di più
Metodo Montessori e anziani fragili Prima infanzia
Che cosa si intende per sviluppo del bambino? Come avviene e come possiamo intervenire su di esso?
Quale meraviglia e mistero rappresenta lo sviluppo dell’uomo, la sua evoluzione, la sua crescita, il suo diventare «grande»! Non c’è momento più importante e delicato della gravidanza e della natività, di questo lievitare della prima cellula, lo zigote, nel «sottosuolo» del grembo materno, dove si gettano i semi di coloro che plasmeranno il mondo a venire. Che cosa significa «sviluppo»? Il termine «sviluppo» fa riferimento a una dimensione qualitativa del cambiamento e si differenzia da ciò che ha a che vedere con la crescita, che fa invece riferimento alla dimensione quantitativa del cambiamento (ad esempio aumento dell’altezza, della massa, ...). Sviluppo non è un insieme di abilità che aumentano di numero in modo additivo, ma una trasformazione di capacità e di processi che nel tempo e sulla base dell’esperienza aumentano di complessità, riorganizzandosi e rimodellandosi, trasformandosi. Tutto questo avviene in ogni momento di vita del bambino, nella sua quotidianità, e tendenzialmente all’interno di una danza sensoriale e comunicativa che coinvolge il sé e l’altro-da-sé. Quando avviene lo sviluppo? Alla nascita, il neonato ha già tutto ciò di cui ha bisogno dal punto di vista delle strutture fisiche: è un individuo formato, che maturerà e crescerà, ma che, soprattutto, sta intraprendendo un processo di sviluppo meravigliosamente complesso. Ciò che, infatti, il neonato, alla nascita, non ha, è l’esperienza. Ha bisogno di esperienza per costruire legami, reti, connessioni neurobiologiche e psicologiche. È cruciale sottolineare che ci sono alcuni periodi nel corso dello sviluppo in cui si è più sensibili all’apprendimento. Si parla di «periodi sensibili» o di «finestre di sviluppo», intendendo proprio finestre di tempo limitato in cui specifiche esperienze hanno i loro maggiori effetti, dunque, sottolineando l’urgenza di esporre il bambino a precisi stimoli ambientali, per permetterne lo sviluppo di determinate capacità cognitive. Il periodo che va da 0 a 2 anni rappresenta una finestra temporale entro cui le stimolazioni provenienti dall’ambiente esterno influiscono in maniera indelebile sullo sviluppo motorio, sensoriale e cognitivo, suggerendo che i primi due anni di vita siano un periodo di massima plasticità. Come avviene lo sviluppo? È importante chiarire che «non si può non svilupparsi». Lo sviluppo è un processo in divenire che non si può arrestare: si può «solo» intervenire cercando di modellarlo e di agire sulle traiettorie che via via prenderà. A questo proposito, un concetto cardine è quello di «plasticità». La letteratura scientifica mostra come alla nascita il cervello del bambino sia solo parzialmente strutturato e come il suo sviluppo si vada a completare fuori dall’utero, quando il bambino sta già facendo esperienza dell’ambiente extrauterino. Alla nascita sono però presenti un certo numero di predisposizioni che permettono un processo di specializzazione del cervello del bambino. Queste predisposizioni sono molto importanti in quanto incanalano lo sviluppo verso una direzione, lo vincolano in senso positivo. Come si può favorire lo sviluppo? L’epigenetica ha chiarito che il punto fondamentale per comprendere lo sviluppo è l’ambiente, che interagisce con le predisposizioni genetiche. Il nostro stesso cervello si organizza dopo la nascita e cambia continuamente in funzione degli stimoli umani che riceviamo e che ci cambiano i collegamenti fra i neuroni stabilizzandoli in seguito durante la vita. La chiave di svolta nell’osservazione e comprensione dei processi di sviluppo sta proprio nella rivoluzione epigenetica. Tale rivoluzione ha scoperto che i geni stessi sono espressi o inibiti, codificano o non codificano per le proteine a seconda di semafori verdi o rossi che ricevono da meccanismi chiamati appunto meccanismi epigenetici, meccanismi la cui attivazione è legata alle condizioni ambientali.  Dall’interazione con l’altro si costruisce lo sviluppo, si crea un sistema biologico che è in continua connessione con ciò che lo circonda.  Sentiamoci perciò protagonisti responsabili e sognatori di fronte allo sviluppo del bambino, sapendo cogliere i limiti e le possibilità del nostro intervento, consapevoli che, fondamentale è la comprensione dell’ambiente in cui quel bambino, quel volto, si sta sviluppando, in cui si sta specchiando, ricordandoci sempre che per lui è necessaria la prese
Leggi di più
Metodo Montessori e anziani fragili Genitori e figli
Una corretta alimentazione aiuta tutta la famiglia a restare in salute e comincia ancor prima dello svezzamento
Ogni genitore si trova a dover affrontare prima o dopo il periodo di svezzamento, un’esperienza ricca di dolcezza e sorprese, che sovverte la consueta routine familiare e richiede una certa dose di pazienza e nuovi apprendimenti. Se ben affrontato, questo momento può rivelarsi assai divertente e preludere a una scoperta costante del bambino attraverso il cibo. Ogni neonato ha infatti un suo equilibrio: alcuni piccini saranno più curiosi, altri più diffidenti, alcuni più lenti, altri più veloci. Alcuni preferiranno cibi come le creme, altri cibi più solidi. Il compito del genitore è quello di cercare di comprendere il bambino con le sue esigenze, senza pregiudizi o paragoni. Questo equilibrio si forma molto prima rispetto al momento dello svezzamento! Pensate, inizia sin dal momento del concepimento fino ai primi 2 anni di vita: 270 giorni + 365 giorni + 365 giorni. Parliamo infatti di «primi 1000 giorni». L’obiettivo è quello di far sviluppare al bambino un tipo di alimentazione «funzionale».  Che cosa significa? Per alimentazione funzionale si intende la capacità, attraverso il cibo, di mettere ogni organo in grado di lavorare nel miglior modo possibile. Per fare questo, è importante bilanciare i diversi nutrienti nella dieta, ma soprattutto è determinante l’associazione tra i diversi alimenti nello stesso pasto. Fornire una buona alimentazione significa, in parole semplici, minor rischio di ammalarsi nei primi anni di vita ma anche in quelli successivi e maggior benessere fisico, emotivo e sociale. Una corretta alimentazione avrà un ruolo fondamentale anche nello sviluppo della flora batterica intestinale che caratterizza ogni individuo. Parliamo di «microbiota intestinale», ovvero una complessità di microrganismi tra cui lattobacilli e bifidobatteri presenti nell’intestino di ognuno di noi. Perché preservare il nostro microbiota intestinale? Le funzioni del microbiota intestinale sono molteplici, dalla sintesi delle proteine, allo stimolo del sistema immunitario intestinale, all’eliminazione delle tossine, al controllo della diffusione di organismi patogeni, alla regolazione della proliferazione cellulare, alla produzione di acido lattico per mantenere un buon equilibrio acido-base a livello del colon. Mangiare mindful vuol dire quindi sapere che tutto quello di cui siamo composti e di cui ci nutriamo è legato da un filo sottile, e che grazie ad alcuni semplici principi tutta la famiglia può essere felice e in salute.
Leggi di più
Search-ME - Erickson 3 Prima infanzia
Un recente rapporto di Save The Children mostra il ruolo fondamentale dei servizi educativi per l’infanzia. La nostra opinione: puntare anche sul sostegno alla genitorialità
Quando si parla di povertà educativa non ci si riferisce solo alla privazione del diritto allo studio, ma alla mancanza ben più sostanziale di opportunità educative e di sviluppo per il minore.  Si tratta, quindi, di un concetto complesso che investe diverse dimensioni - scolastica, culturale, relazionale, formativa - e che, molto spesso, agisce di generazione in generazione, innescando, insieme al disagio economico, un circolo vizioso che si auto alimenta.   L’INDAGINE DI SAVE THE CHILDREN  Data l’importanza e l’incidenza del fenomeno, anche in Italia, Save the Children ha deciso di condurre, tra marzo e giugno 2019, un’indagine pilota esplorativa, attraverso l’utilizzo dello strumento IDELA (International Development and Early Learning Assessment), che ha coinvolto 653 bambini di età compresa fra i 3 e i 5 anni in 10 città e provincie italiane proprio per analizzare le disuguaglianze educative in Italia, a partire dalla prima infanzia, e i fattori che le determinano.      I risultati emersi, di recente pubblicati nel rapporto “Il miglior inizio" . Disuguaglianze e opportunità nei primi anni di vita” conferma quanto rilevato da numerosi studi internazionali, ovvero che le disuguaglianze si sviluppano già nei primissimi anni di vita e ben prima della scuola dell’obbligo.     LE DISUGUAGLIANZE NON SONO IRREVERSIBILI Come Ricerca&Sviluppo Erickson, basandoci anche più recenti scoperte neuroscientifiche siamo convinti che le disuguaglianze e la povertà educativa fortunatamente non sono inevitabili né irreversibili. Le basi neurobiologiche delle competenze del bambino, infatti, risentono delle opportunità offerte dall’ambiente in cui il bambino cresce, tra cui la qualità delle relazioni e delle interazioni, con genitori, caregivers e altri bambini, e l’accesso equo a strutture educative di qualità. Le politiche e i servizi per la cura e l’educazione nella prima infanzia possono, infatti, interrompere il circolo vizioso, andando a colmare il gap di competenza che si instaura in bambini appartenenti a famiglie in condizioni svantaggiate. Situazioniche influiscono sulla possibilità di investimento economico per l’educazione e sulla qualità del tempo trascorso con i figli.   Una precedente analisi di Save the Children del 2018, aveva già dimostrato, infatti, come i bambini più svantaggiati, che hanno, però, frequentato il nido o un servizio per l’infanzia, abbiano molte più probabilità di raggiungere un livello minimo di competenza, in adolescenza, rispetto ai coetanei che non hanno avuto la medesima opportunità. Tale probabilità, inoltre, aumenta in base al numero di anni di frequenza di tali servizi. Ciò che è allarmante è come in Italia  il nido sia accessibile solo a 1 bambino su 4, e di questi, solo il 12,3% frequenta un asilo pubblico. Sono proprio i bambini più svantaggiati a usufruirne meno. Fortunatamente, però, l’accesso alla scuola dell’infanzia, che in Italia accoglie il 92,6% dei bambini tra i 3 e i 6 anni, supera l’obiettivo UE del 90% di copertura.   L’IMPORTANZA DEL WELFARE   Secondo il report, poi, i servizi di cura ed educativi per la prima infanzia dovrebbero essere complementari a interventi di welfare a supporto della genitorialità e dell’occupazione femminile, di modo che le opportunità educative di svolgere attività culturali di qualità (lettura condivisa, giochi all’aperto con i genitori, visita al museo, partecipazione a concerti musicali, etc.) si manifestino anche a casa e ad opera di entrambi i genitori. Come Ricerca&Sviluppo Erickson riteniamo sia fondamentale garantire la partecipazione, durante la primissima infanzia, a programmi strutturati di cura ed educazione che siano equi, accessibili, ma anche integrati con le politiche di welfare a sostegno della genitorialità. Poiché i servizi educativi, da soli, difficilmente possono contrastare la povertà educativa.   In molte regioni, iniziative in tal senso sono già avviate. Ciò che ora è importante è favorirne il consolidamento e la diffusione sull’intero territorio nazionale, come abbiamo espresso anche nel corso del recente rel="noopener noreferrer" Convegno Nazionale 0-3 “Partiamo dal nido!”
Leggi di più
;