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I mini gialli dei dettati 2
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Risultati trovati: 7
Search-ME - Erickson 1 Problemi e logica
Un giallo a fumetti per potenziare le abilità visuo-spaziali
Nell’ambito delle skills cognitive l’intelligenza visiva in particolare rappresenta una dimensione di grande rilevanza sociale e professionale, il più grande potenziale tra tutte le tecniche di training mentale  Pur rimanendo solitamente assai trascurata nei comuni curricola scolastici, essa può rappresentare un ponte preliminare per intercettare potenzialità, anche insospettate, in bambini piccoli e anche con disabilità. Gli esercizi presenti nella collana “I misteri della logica - Le indagini di zia Teresa” derivano da un programma per il potenziamento dell’intelligenza logica, in primo luogo visiva, seguita poi da quelle linguistica e numerica, frutto di tre anni di ricerca dell’Associazione SApIE - Società per l’Apprendimento e l’Istruzione Informati da Evidenza (www.sapie.it). Sono stati selezionati un sottoinsieme di esercizi e giochi rappresentativi delle tipologie più rilevanti sul piano cognitivo.  Nei quaderni vengono presentati esercizi graduati per difficoltà, andando a incrementare anno per anno la «sfida» e le componenti logiche e visive da allenare. La caratteristica del metodo seguito nella collana consiste nel contestualizzare le attività nella cornice narrativa del genere «giallo», che si adatta perfettamente al tipo di attività proposta e che ha lo scopo di motivare il bambino e coinvolgerlo in una continua capacità esplorativa. Il bambino dovrà infatti aiutare la protagonista “Zia Teresa” a raccogliere gli indizi e scoprire cos’è successo, risolvendo accattivanti sfide logiche. Ecco alcuni esempi degli sfide proposte.
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Search-ME - Erickson 2 Didattica
Con lo sviluppo delle abilità di conteggio, il bambino impara a contare e farsi un’idea del significato dello zero, per esempio salendo e scendendo le scale.
Fin da molto piccoli i bambini incontrano nella loro esperienza il significato di “tutto” e “niente”. È ciò che osserviamo in Mario, 22 mesi, che, dopo aver mangiato tutta la pappa, guarda con attenzione il piattino vuoto ed esclama “pappa più!” per attirare l’attenzione della mamma. Il linguaggio non verbale del piccolo Mario dice che il piatto è vuoto, però quello verbale dice “...più...”. Pensiamo che Mario esprima lo stupore della scomparsa del cibo: prima c’era e poi “non c’è più”.  È la complessità del linguaggio verbale che costringe il piccolo a pronunciare solo l’ultima parte di un discorso logico che si sostiene attraverso immagini significative.  “Tutto e niente” sono sperimentate giornalmente e consentono di allargare il campo ad altre parole che si riferiscono a differenti quantità come “molti, pochi, uno solo, niente”. Scoprire lo zero, salendo e scendendo le scale Con lo sviluppo delle abilità di conteggio, il bambino impara a contare e farsi un’idea del suo significato in modo pratico, per esempio salendo e scendendo le scale. È proprio grazie a questo susseguirsi di esperienze che il bambino scopre lo “zero” inteso come assenza di quantità.  Mentre il bambino sale le scale osserva l’incremento di quantità del contare poiché sale sempre più in alto, ma quando scende impara il decremento e inizia a contare all’indietro. Arrivato all’ultimo gradino, l’1 della conta, cosa farà? Sarà “costretto” a scendere sul pavimento, allo “ZERO” numerico, cioè all’assenza di quantità. E’ in questo modo che il bambino scopre lo ZERO e un po’ alla volta farà proprie le sue funzioni nel sistema numerico a base decimale.
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Search-ME - Erickson 3 Didattica
Una convenzione molto importante in aritmetica, che è bene utilizzare fin dalla scuola primaria con l’ausilio di artefatti matematici
La rappresentazione dei numeri naturali in notazione posizionale decimale è una convenzione molto importante in aritmetica. Di cosa si tratta? Della scrittura che abitualmente usiamo, in cui ogni cifra assume il proprio valore rispetto a una potenza di 10 in base alla posizione che occupa (ad esempio, in 325 il «3» vale 300, ossia 3×100; il «2» vale 20, ossia 2×10; e il «5» vale 5, ossia 5×1). Purtroppo, spesso né esplicitamente, né attraverso attività che permettano di discuterne il significato: perché si rappresentano i numeri con una notazione posizionale decimale? Quali sono le conseguenze di questa scelta? Questo, molto spesso, porta a un apprendimento mnemonico della matematica fin dai primi anni della scuola primaria, incentrato sulla necessità di ricordarsi molte regole, spesso percepite (e insegnate) come scollegate tra loro e senza un apparente significato. Da una parte, questo approccio — spesso giustificato per introdurre specifici algoritmi nel contesto del calcolo scritto — porta gravi difficoltà e spaesamento anche nel calcolo scritto stesso. Dall’altra, la nostra convinzione è che l’apprendimento significativo della matematica comporti che il «fare» sia supportato dal senso, dai «perché» che stanno dietro a ciò che si fa. Senza questa condivisione e costruzione di senso, lo stesso apprendimento della matematica si svuota non solo di senso, ma anche di fascino, creando tra l’altro, in molte occasioni, grosse barriere al percorso matematico dei bambini. Due sono le convinzioni alla base del libro “Il bruco matematico”: lavorare sul senso delle cose in matematica, non è solo il «bello» di questa disciplina, ma anche il modo migliore per costruire competenza matematica e fornire strumenti ai bambini per superare le difficoltà; si può e si deve lavorare sul senso fin dall’inizio della scuola primaria. Lavorarci fin dall’inizio significa approfondire il senso e la potenza della rappresentazione dei numeri interi in notazione posizionale decimale rispetto ad altre rappresentazioni possibili. È importante infatti sottolineare come la scrittura in notazione posizionale decimale sia soltanto uno dei modi possibili di rappresentare una certa numerosità. Ad esempio, la quantità che in notazione posizionale decimale rappresentiamo con il simbolo 215, può essere resa in tanti altri modi: con duecentoquindici oggetti (o con una loro rappresentazione grafica); con la parola «duecentoquindici»; con diverse somme (ad esempio con la somma 200 + 10 + 5, oppure con la somma 150 + 50 + 8 + 7); attraverso il sistema romano di indicare le quantità intere, ovvero con il simbolo «CCXV»; e in tanti altri modi ancora. Nel libro “Il bruco matematico” affrontiamo in modo particolare due rappresentazioni, entrambe legate alla scelta convenzionale della base 10: la rappresentazione in cifre che assumono valore in base alla loro posizione reciproca e alla base 10 a cui fanno riferimento («215»); la scomposizione che chiameremo canonica, a volte chiamata anche polinomiale (rispetto alle potenze di 10), che prevede la scomposizione in parti costituite da ciascuna cifra moltiplicata per la corrispondente potenza di dieci (215 = 2×102 + 1×101 + 5×100 , nel nostro esempio). Lavoriamo su queste due rappresentazioni — attraverso un personaggio/ artefatto, il bruco Fafù — perché crediamo che questo possa essere ideale per far emergere, discutere e infine sistematizzare con i bambini il senso della notazione posizionale decimale. Ma — e questo è un aspetto molto importante da chiarire fin da subito — invitiamo gli insegnanti a non censurare assolutamente eventuali altre rappresentazioni proposte dai bambini. La nostra scelta è studiata e ragionata, ma la varietà di approcci e di possibilità è sempre da valorizzare nell’insegnamento e, in particolare, nell’insegnamento della matematica a livello di scuola primaria.
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Search-ME - Erickson 4 Didattica
Come è possibile integrare la didattica della matematica tradizionale con quella ludica alla scuola primaria
I giochi proposti nella Valigetta dell’Ispettrice Numeroni hanno lo scopo di integrare la didattica della matematica con pratiche diverse dalle tradizionali. Il contesto narrativo in cui sono inseriti offre un’ulteriore opportunità ai bambini, quella di partecipare a un’indagine poliziesca trovando quei segni che aiutano a risolvere il rebus. Vengono qui presentate attività, che prevedono materiali strutturati, da svolgersi preferibilmente in piccolo gruppo nel contesto sociale della classe e storie che rappresentano lo scenario del succedersi degli eventi. Tale pratica persegue in ogni caso gli obiettivi tipici dell’apprendimento della matematica. Essa vuole: Alcuni esempi di buone pratiche che si possono mettere in opera. consolidare concetti matematici. Ad esempio, i giochi permettono ai bambini di familiarizzare con l’uso di differenti codici di rappresentazione del numero: arabico vs analogico vs verbale; comprendere l’esistenza di modi diversi di rappresentare la numerosità/quantità favorendo così un progressivo processo di astrazione; stabilizzare strategie di calcolo mentale e procedure; analizzare e scegliere la strategia più adatta alla situazione problematica veicolata dal gioco, come ad esempio accade nei giochi 6 o 7 quando si tratta di scoprire la mossa più idonea a bloccare l’avversario; imparare a comunicare ai compagni i motivi della scelta di una strategia risultata vincente. Questo aiuta il bambino a misurarsi con i processi di matematizzazione della realtà e, allo stesso tempo, gli permette di assaporare il piacere di aver compiuto la scelta corretta, acquisendo fiducia nelle proprie capacità. Predisporsi a disputare una partita nel contesto classe, all’interno di un canovaccio, significa attivare aspettative positive rispetto ai risultati della partita e della soluzione dell’enigma, grazie anche all’aiuto che ogni compagno apporta al gruppo in termini di conoscenze, strategie e di sentimenti ed emozioni. L’esperienza del giocare in gruppo promuove lo sviluppo di ciascun bambino e lo induce a cercare nuove e personali vie di approccio ai compiti, a sperimentare un impegno diverso da quello stimolato dall’insegnamento tradizionale. Il carattere ludico della situazione aiuta ciascun bambino a controllare le emozioni suscitate dalla prospettiva di vincere o, al contrario, di perdere poiché l’esito finale appartiene non al singolo, ma al gruppo. È chiaro a tutti i partecipanti che il gioco implica un tempo particolare, legato al qui e ora. I bambini, gradualmente, iniziano a rendersi conto che esiste un fattore di casualità, di non controllabilità degli eventi, difficile a volte da accettare ma ineliminabile. Di conseguenza tutte le emozioni, positive o negative che siano, sono più facilmente gestibili da parte dei bambini sia perché si tratta di un gioco i cui risultati non sono mai certi, sia perché il gruppo media la situazione stessa. La dimensione sociale del gioco, poiché promuove il senso di appartenenza al gruppo, fa crescere l’amicizia tra i membri e favorisce la collaborazione e il desiderio di cooperazione. Appare, quindi, quanto mai opportuno incoraggiare e coltivare queste pratiche ludiche tanto più che sostengono anche lo sviluppo di capacità comunicative e dialettiche.
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Search-ME - Erickson 5 Metodologie didattiche / educative
Come è possibile che ci siano così tanti studenti in difficoltà in matematica, se questa è sostenuta dalla forma più antica di intelligenza che abbiamo?
Un primo problema è rappresentato dall’esposizione. Facciamo l’esempio del linguaggio: oggi sappiamo con sicurezza che la facoltà del linguaggio è innata, ma ha bisogno di esposizione e potenziamento per svilupparsi. Cosa accadrebbe a un bambino con un cervello sano se per sei anni non fosse esposto al linguaggio, se non occasionalmente? Di certo non svilupperebbe il linguaggio tanto bene quanto se fosse esposto costantemente. Pensiamo al sistema motorio; c’è stato un tempo in cui le gambe dei bambini venivano fasciate: cosa accadeva alla loro capacità di deambulare? Le disfunzioni motorie erano più frequenti. In età evolutiva, nei primi sei anni di vita in cui il sistema è plastico, l’assenza di stimolo determina patologia, in ogni funzione cognitiva.  Ora, si potrebbe mai pensare di parlare a un neonato solamente una volta ogni due o tre mesi, solo quando ne avessimo voglia? Ovviamente no. Con i numeri, per sei anni, il massimo che facciamo è proporre filastrocche del tipo «Un elefante si dondolava sopra il filo di una ragnatela». Ecco cosa accade a quella capacità innata che chiamiamo intelligenza numerica o cognizione numerica: che, non venendo potenziata nel momento giusto, porta a fare fatica negli anni della scolarizzazione.  Alla scarsa esposizione precoce si somma un problema anche più complesso, che ha a che fare con il modo in cui la matematica viene insegnata.  LA PROCEDURA GIUSTA  Ogni insegnante ha a disposizione tanti anni di scuola per contribuire al potenziamento di ogni funzione. Se solo allenasse i suoi alunni per cinque minuti al giorno con strategie di calcolo mentale, sono convinta che sparirebbero tutti i fenomeni di falsi positivi, cioè di bambini che sembrano avere un disturbo specifico del calcolo, ma in realtà semplicemente non hanno incontrato le didattiche che hanno permesso loro di sviluppare correttamente le loro strutture cognitive. Il calcolo mentale infatti, come ho detto, permette davvero di far maturare le componenti dell’intelligenza di quantità.  A questo proposito voglio raccontare di Giorgio, un bambino che sembrava interessato da Discalculia evolutiva, ma in realtà aveva solamente avuto sollecitazioni da parte dell’ambiente non in linea con le strutture cognitive preposte per apprendere la matematica. Quando gli ho chiesto come eseguiva una moltiplicazione, lui mi ha risposto così: «Metto in colonna giusto, poi faccio il primo numero sopra per l’ultimo numero sotto… No, ho sbagliato, faccio il primo numero sopra delle unità per il primo numero sotto delle unità, il secondo numero sopra per il secondo numero sotto, e così via fino a che consumo tutti i numeri sopra, poi continuo così fino a che ho finito anche i numeri sotto, poi faccio il segno del risultato e poi scrivo il “più”. Devo stare attento a incolonnare altrimenti i numeri vengono tutti storti».  Giorgio mi ha raccontato la procedura verbale della moltiplicazione. Mi ha spiegato come si fa a nuotare a parole. Come si vede, se la scuola esercita la funzione sbagliata sicuramente non aiuterà i bambini a ottenere il meglio dalle loro capacità.  La maggior parte della fatica nel fare calcoli non dipende dai fattori innati, o da disturbi. L’intelligenza numerica — che invece è sicuramente innata — è talmente potente che per destrutturarne le traiettorie evolutive ci vuole un lavoro continuo che faccia percorrere giorno dopo giorno strade sbagliate anziché nutrire le funzioni mentali: se la didattica è male impostata, cinque anni di scuola primaria sono più che sufficienti per operare questa deviazione. Questo testo è tratto dal libro "Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere" di Daniela Lucangeli.
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Search-ME - Erickson 6 Attività
Per superare misteri nello spazio bisogna risolvere appassionanti enigmi di aritmetica e geometria
Una nave spaziale dispersa, un carico importante da ritrovare, una meta da raggiungere... La missione è davvero complicata: dovrai esprimere tutte le tue doti logiche per trovare gli indizi giusti e risolvere gli enigmi. Una storia avvincente, mai banale, resa ancora più interessante dagli esercizi particolarmente sfidanti, realizzati per aiutare i ragazzi a consolidare gli apprendimenti di aritmetica e geometria divertendosi. Scopri così i nuovi Playscape Erickson: una nuova linea di giochi da tavolo e libri che - basandosi sul modello dell’EscapeRoom - ne fanno propri alcuni principi per applicarli ai contenuti didattici. I libri della serie Playscape stimolano i ragazzi a procedere nell’avventura risolvendo codici, enigmi, rompicapo e indovinelli, in alcuni casi legati a specifici contenuti didattici in altri più generici. Sei pronto? Scarica le schede che abbiamo selezionato per te e inizia a giocare con i numeri!
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