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I mini gialli dei dettati 2
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Fattori pratici come l’ambiente in cui si scrive, gli strumenti utilizzati e la postura possono favorire oppure rendere più difficile l’atto della scrittura.
Una tendenza generale che si è osservata nella scuola primaria italiana, a partire dall’introduzione dei nuovi programmi del 1985, è un graduale disinvestimento sugli aspetti formali e strumentali della scrittura, a favore dei suoi aspetti linguistici e di contenuto. L’atto motorio della scrittura ha cessato in molti contesti di essere un esplicito oggetto di insegnamento, trascurando le regole calligrafiche. La conseguenza è che il gesto grafico, appreso spontaneamente, diventa spesso faticoso e fissa degli automatismi errati che richiedono, per essere superati, una ri-educazione, cioè una sorta di decondizionamento. Sul fronte opposto, i dati mostrano che, escludendo i casi patologici, quasi tutti i bambini in fase iniziale di apprendimento scolastico possono imparare a scrivere senza particolari difficoltà esecutive, a fronte di un idoneo insegnamento. Fattori pratici come l’ambiente in cui si esegue il compito, gli strumenti utilizzati e la postura possono favorire oppure portare a un affaticamento e a una distorsione della grafia.  Qual è l’ambiente ideale per scrivere? Specialisti della visione evidenziano come le abilità visive possano rimanere integre oppure deteriorarsi a causa di posture o impugnature scorrette o di un’illuminazione insufficiente. L’uso di una superficie leggermente inclinata comporta un miglioramento di vari aspetti morfologici della scrittura e offre un angolo visivo più favorevole; inoltre, promuove un generale miglioramento della postura, una maggiore stabilità nella prensione della penna e maggiori possibilità di movimento per l’avambraccio. Inoltre la posizione della testa dovrebbe consentire una distanza tra l’occhio e il foglio di circa 30 cm. Tale distanza dovrebbe essere ottimizzata sulla base delle dimensioni del bambino ed è facilmente definibile utilizzando come riferimento la lunghezza dell’avambraccio del bambino stesso con il pugno chiuso, con il gomito del braccio scrivente appoggiato al tavolo in linea con la spalla e il mento poggiato sul pugno. Dove deve stare il foglio? Anche la posizione del foglio è un parametro in grado di influenzare la postura complessiva, il movimento degli arti superiori, la prensione della penna e la libertà di eseguire alcuni tratti. Il foglio dovrebbe essere posto direttamente di fronte al tronco o leggermente spostato sul lato della mano dominante, in modo che la mano possa scorrere liberamente e che la visione sia sgombra. Il foglio dovrebbe essere ruotato di qualche grado in senso antiorario per i destrimani e in senso orario per i mancini, mentre vanno evitate angolazioni estreme. Anche l’utilizzo di fogli troppo grandi impone al bambino di allungarsi eccessivamente per raggiungerne la sommità, per cui sono da preferire fogli più piccoli. Come ci si siede? La postura seduta dovrebbe seguire dalla regola dei tre angoli retti: quello dell’anca, tra la colonna vertebrale e il femore, quello del ginocchio e quello della caviglia, con la pianta del piede ben poggiata a terra. Durante la scrittura il busto dovrebbe inclinarsi leggermente in avanti, staccando la schiena dallo schienale e scaricando una parte del peso della parte superiore del corpo sul piano di lavoro. Tale leggera inclinazione consente agli avambracci di poggiare sul piano di lavoro, facilitando i movimenti di spalla, polso e dita della mano scrivente. La mano che non scrive dovrebbe invece essere poggiata sul foglio, allo scopo di stabilizzarlo. Come si impugna la penna? Per quanto riguarda la prensione dello strumento grafico, la forma ottimale è considerata la prensione a tre dita dinamica in sella palmare. In questa tipologia di prensione, pollice, indice e medio si combinano assieme, permettendo la flessione e l’estensione coordinata delle articolazioni delle dita nell’esecuzione dei movimenti fini, mentre anulare e mignolo forniscono stabilità alla mano. Le dita dovrebbero essere rilassate e tutte le articolazioni parzialmente flesse, reggendo la penna a circa 2 cm dalla punta e con il fusto adagiato al centro della sella palmare. In tale posizione i tre polpastrelli si trovano ciascuno su un lato diverso della penna, formando una figura triangolare: il mantenimento di tale impugnatura è quindi facilitato dall’uso di matite e penne a fusto triangolare. Particolare attenzione va comunque prestata nel caso di bambini con problemi di disprassia o impaccio motorio, in cui l’efficacia della prensione utilizzata può avere un impatto rilevante sul processo della scrittura.
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Metodo Montessori e anziani fragili Disabilità
Il gioco racchiude rilevanti possibilità abilitative e educative per i bambini con disabilità ed è dunque uno strumento importante nei percorsi di intervento precoce
Il Percorso di Apprendimento Pre-Strumentale (PAPS) è un percorso strutturato volto al potenziamento del funzionamento cognitivo e alla prevenzione degli effetti dei disturbi dell’apprendimento nei bambini in età prescolare, a partire dai 18 mesi d’età. Si colloca nell’ambito degli interventi ispirati alla Pedagogia della Mediazione e richiama alcuni aspetti generali della teoria e del metodo Feuerstein. La scelta di dare avvio a un intervento cognitivo precoce risponde a una serie di esigenze. In primo luogo, permette di dare risposte tempestive alle famiglie dei bambini con disabilità intellettiva e di trarre il massimo profitto dal picco dello sviluppo cerebrale infantile evidenziato dagli studi delle neuroscienze.  In secondo luogo, un intervento precoce consente di strutturare buone abitudini cognitive e prevenire l’instaurarsi di comportamenti cognitivamente disfunzionali, costruendo i prerequisiti all’apprendimento attraverso un approccio ludiforme. In terzo luogo, ciò permette ai bambini di affrontare la scolarizzazione già dotati degli strumenti cognitivi e concettuali necessari per un percorso proficuo e realmente inclusivo alla scuola dell’infanzia e primaria. Nel caso dei bambini con disabilità intellettiva, il PAPS fornisce un percorso abilitativo di carattere educativo che va a integrare e completare gli interventi riabilitativi.  In questo contesto, fornisce una possibile piattaforma condivisa per coordinare le figure professionali che compongono l’équipe educativo-riabilitativa, necessaria per sviluppare un autentico progetto di vita. All’interno del quadro proposto, i genitori occupano un posto centrale, attorno al quale strutturare l’alleanza tra coloro che hanno la responsabilità della cura e del benessere dei bambini. Ciò è finalizzato a raggiungere una reale condivisione delle strategie, alla base del successo del percorso educativo e funzionale all’impostazione di un intervento efficace. Come si inserisce il gioco nel Percorso di Apprendimento Pre-Strumentale? Sebbene dare un’esaustiva definizione di gioco risulti piuttosto complesso, è possibile definirlo operativamente sulla base di una serie di caratteristiche comuni. Tra queste, il gioco è un’attività libera, non vi è cioè gioco se non c’è spontaneità. Giocare, oltre a essere la principale attività dei bambini, è anche un diritto irrinunciabile e svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo intellettivo, affettivo e motorio.  Con la mediazione dell’adulto, il gioco favorisce il graduale consolidamento di competenze cognitive e socio-emozionali indispensabili anche per il successo scolastico. La capacità di giocare compare però con difficoltà nella disabilità intellettiva, come anche in altre forme di disabilità, a causa di deficit nello sviluppo cognitivo, sociale, motorio e linguistico. Tali difficoltà interferiscono con la possibilità dei bambini di fare esperienze di gioco piacevoli, significative e con una valenza educativa, e rappresentano un grave ostacolo allo sviluppo di un repertorio adeguato di abilità ludiche. Nell’affrontare l’intervento in caso di disabilità intellettiva diventa dunque necessario riflettere su come considerare e utilizzare il gioco: se esso debba essere considerato esclusivamente come un momento libero, de-finalizzato e vissuto dai bambini senza l’interferenza dell’adulto o se possa anche essere uno strumento regolamentato e strutturato per permettere l’acquisizione di abilità cognitive e contenuti specifici. Il gioco non dovrà comunque mai essere considerato come mero strumento riabilitativo, ma dovrà mantenere la sua natura di esperienza coinvolgente e ricca, capace di accompagnare i bambini in uno sviluppo il più possibile armonico, e non costringerli a esercizi noiosi e ripetitivi. Nella prospettiva della disabilità, particolarmente significativo appare quindi il concetto di attività ludiformi: si tratta di attività che presentano molti degli elementi caratteristici del gioco, come il suo essere imprevedibile, regolato, fittizio e automotivante; non si tratta però di giochi in senso stretto, dato che presentano un fine esterno al gioco, stabilito dall’adulto, che persegue intenzionalmente un obiettivo educativo.
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