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I mini gialli dei dettati 2
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Search-ME - Erickson 1 Genitori e figli
Aspetti caratteristici e criteri diagnostici di un disturbo ancora poco conosciuto
Nina si alza. Prima domanda che si pone: «È mattino o sera?». Poi si dirige verso la porta. Purtroppo calcola male la sua traiettoria. SBANG! Sbatte contro lo stipite della porta. Va in bagno: tutta un’avventura! Ci si deve sedere al posto giusto, prendere la carta igienica, strapparne un pezzo, pulirsi e infine tirare l’acqua. Ora, la colazione. Prima prova: versare il latte nella tazza senza rovesciarlo. Poi, mettere il cacao nel latte senza spargerlo dovunque. Infine, preparare i toast. Poi bisogna bere e mangiare senza rovesciare la tazza con una gomitata e ricordarsi di tenere la bocca chiusa mentre si mastica. Ora ad attendere Nina c’è la sfida del vestirsi... Che sta succedendo a Nina? Perché i movimenti e le attività che gli altri bambini fanno senza difficoltà a lei costano tanta energia? Nina è semplicemente disprassica. Soffre di un problema di coordinazione motoria che la obbliga a controllare intenzionalmente alcuni dei suoi gesti motori.   CHE COS'È' LA DISPRASSIA? La disprassia è un’alterazione dello sviluppo degli apprendimenti gestuali. I gesti sono un insieme di movimenti, coordinati nel tempo e nello spazio con l’obiettivo di realizzare un’azione finalizzata. Si parla di disprassia quando questa serie di movimenti non si verifica in maniera sincronica e/o si verifica in maniera deficitaria, anormale, inefficace e — in assenza di un deficit mentale e/o di turbe psichiche e di un disturbo neuromotorio, neurosensoriale, neuromuscolare — dopo che il bambino è stato sottoposto a una normale attività formativa. Classificata come disturbo evolutivo della coordinazione motoria (DCD), per la diagnosi della disprassia sono indicati tre criteri:   1. presenza di una marcata difficoltà o di un ritardo nello sviluppo della coordinazione motoria; le performance risultano inferiori rispetto a un bambino normale di pari età mentale e cronologica; 2. difficoltà di coordinazione non dovute a condizioni patologiche mediche, quali paralisi cerebrali infantili, distrofia muscolare o altro; se il ritardo di sviluppo cognitivo è presente, le difficoltà motorie devono essere di gran lunga preponderanti rispetto ad altre generalmente associate; 3. queste difficoltà interferiscono con l’apprendimento scolastico e con le attività della vita quotidiana.   Questo disturbo può manifestarsi tramite un ritardo nel raggiungimento delle tappe di sviluppo motorio (passaggio alla posizione seduta, gattonamento, deambulazione), goffaggine nei movimenti, scarse capacità sportive o disgrafia.  Perché si possa porre la diagnosi, occorre che queste prestazioni inadeguate interferiscano in maniera significativa con i risultati scolastici o le attività della vita quotidiana. Non deve esserci una patologia organica associata, come paralisi motoria, emiplegia o distrofia muscolare. In caso di ritardo mentale, le difficoltà motorie devono essere più significative di quelle che sono abitualmente associate a una disabilità intellettiva dello stesso grado. L’elemento essenziale da tenere presente di questa definizione è che la disprassia è prima di tutto un disturbo della coordinazione motoria. Sono quindi le difficoltà che il bambino incontra nelle attività che richiedono coordinazione motoria, e non il quoziente intellettivo, a permettere di porre tale diagnosi.
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Search-ME - Erickson 2 Motricità
Come condurre un’osservazione all’interno del gruppo
Nel suo lavoro con i bambini, lo psicomotricista, formato all’osservazione attenta del singolo individuo, rivolge l’attenzione verso precisi parametri relativi al corpo in movimento, in relazione allo spazio, al tempo, ai materiali e all’altro. Condurre un’osservazione completa del bambino implica però anche osservare le dinamiche relazionali che emergono all’interno del gruppo dei pari. Ilgruppo dei pari, infatti, offre una ricchezza di situazioni relazionali che lo psicomotricista può utilizzare per avvicinarsi maggiormente al mondo espressivo del bambino. Nelle dinamiche di gruppo emergono molte situazioni che consentono di osservare lo sviluppo del bambino, la sua personalità e i suoi conflitti interni. Com’è possibile condurre un’osservazione delle dinamiche relazionali con i pari all’interno di un gruppo? Ecco alcuni riferimenti indicativiper orientare una possibile osservazione.   • La modalità di entrata in relazione Si riferisce a come il bambino si attiva nel gruppo nella scelta dell’altro: se è lui a scegliere, o come viene scelto da un compagno, se ricerca la relazione con l’altro, se viene rifiutato, eccetera. • La modalità di mantenimento della relazione L’attenzione si sposta su come e attraverso quale via corporea si mantiene la relazione con l’altro e per quanto tempo, ad esempio attraverso il mantenimento dello sguardo o l’uso della parola. • Il tempo della relazione Facciamo riferimento alle modalità con cui il bambino mantiene la relazione: per un tempo breve/lungo, il ritmo degli scambi si presenta veloce/lento, si presentano rotture, discontinuità o continuità. • La tipologia di relazione Si tratta qui invece di definire l’ampiezza del contesto relazionale in cui il bambino tende a sperimentarsi: vengono ricercate prevalentemente situazioni di coppia, di triade, di piccolo o di grande gruppo. • La qualità della relazione Le relazioni possono dispiegarsi lungo differenti polarità: dalla collaborazione all’oppositività, dall’assumere ruoli propositivi all’essere ricettivi alle proposte altrui, dall’assumere posizioni attive o passive… • Le modalità dell’interazione La tipologia di interazione può inoltre assumere connotazioni di esclusività, inibizione, conflittualità, trasgressione, tirannia, adesione, dipendenza, o essere autoreferenziata.   • La gestione della frustrazione Le reazioni del bambino in relazione alle frustrazioni possono manifestarsi in modo esplosivo (rabbia, opposizione, sfida) o determinare ritiro dall’azione (rinuncia, pianto, isolamento) o, infine, generare capacità di adattamento e/o richieste di tipo rassicurativo all’adulto. • La gestione del conflitto Le reazioni emotive al conflitto possono manifestarsi con comportamenti di evitamento/rinuncia, di scontro/mediazione, di alleanze pro o contro pari, oppure con richieste di intervento da parte dell’adulto. • La tipologia di gioco prevalente Qui si tratta di riflettere sulle modalità ludico-espressive maggiormente percorse nel gioco dal bambino (ad esempio: sensomotorie, simboliche, narrative), sulle loro caratteristiche e sulla relativa attivazione. • I ruoli emergenti nel gruppo Diventa significativo rilevare le costanti relative alla scelta di ruolo e le variazioni che subiscono nell’evoluzione del gioco. Particolare attenzione va dedicata a cogliere l’assunzione di ruoli (leader, gregari, leader complementari), a osservare i bambini non ricercati, quelli esclusi, quelli soli e la fissità di ruolo. • L’adattamento al gruppo Comprende gli aspetti legati all’adattamento al contesto: il rispetto delle regole, del materiale, il livello di ascolto, l’adeguamento dei singoli al ritmo e ai tempi complessivi del gruppo, le modalità di inizio e di chiusura delle attività. • L’espressione e la regolazione delle emozioni Si fa riferimento agli aspetti di riconoscimento, espressione e regolazione emotiva, con particolare attenzione alle situazioni in cui si manifestano nel gruppo difficoltà legate al contenimento e al mantenimento del livello del gioco. • Le tematiche emergenti Nei gruppi si possono rilevare aspetti quali: l’esplorazione sensoriale, il riconoscimento, l’affermazione di sé, i conflitti, l’opposizione, il contenimento, l’espressione delle emozioni, il confronto, la competizione, il piacere della collaborazione, ecc.
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Allenare la motricità fine è importante per imparare a scrivere e per sviluppare molte competenze che aiutano ad andare bene a scuola
Sentiamo molto parlare di motricità fine, soprattutto all’ingresso dei bambini nella scuola dell’infanzia, ma realmente, scientificamente, cos’è? Esistono varie definizioni e descrizioni della motricità fine, ma in generale possiamo affermare che la motricità fine è la capacità di coordinare un gruppo di piccoli muscoli necessari per completare un compito o partecipare a un’attività. In altre parole, è un insieme di movimenti precisi compiuti con le mani e con le dita che sono eseguibili solo avendo acquisito la capacità di controllare il proprio corpo.  In questi movimenti intervengono aree vitali come il cervello, il midollo spinale, i nervi periferici, i muscoli e le articolazioni. Da qui l’importanza di stimolare la motricità fine sin dall’inizio. Sebbene sembrino processi semplici, dobbiamo sapere che, ad esempio, la mano è responsabile della registrazione dei nostri movimenti neuropsicoemotivi ed esegue oltre 5.000 micromovimenti.  Come sostenuto dalla letteratura scientifica, le competenze di motricità fine influiscono molto sull’andamento scolastico del bambino e lacune in quest’ambito possono avere delle ripercussioni dell'allievo stesso.  È molto importante che i bambini abbiano un buon controllo dei muscoli della mano prima di iniziare la scuola primaria: questa capacità è, infatti, essenziale per imparare a scrivere e per svolgere molte attività e lavori che vengono proposti a scuola. La sollecitazione della coordinazione motoria, in particolare oculo-manuale, nell’ultimo anno della scuola dell’infanzia è fondamentale, in quanto l’uso sincronico e combinato dell’occhio con i movimenti della mano è da ritenersi il prerequisito fondamentale per l’apprendimento della scrittura. Le abilità di base implicate nel gesto grafico coinvolgono molteplici aspetti della motricità nel bambino, tra cui: il controllo della postura; la prensione dello strumento scrittorio; il supporto della mano non dominante che va a coadiuvare il processo di scrittura; la coordinazione dei movimenti dell’occhio congiuntamente a quelli della mano, del polso, del gomito e della spalla; la motricità fine, la regolazione della pressione, della traiettoria e della velocità di scrittura. Alcuni studi evidenziano come sempre più bambini e adolescenti faticano a scrivere a mano, presentano scritture disordinate e di difficile comprensione. Secondo l’American Academy of Pediatrics, negli ultimi decenni è cresciuto il numero di bambini che fatica a manipolare oggetti e a interagire con essi per una scarsa manualità, dovuta all’utilizzo eccessivo degli strumenti tecnologici touch screen. Sempre secondo l’American Academy of Pediatrics, la soluzione è ridurre al minimo l’uso della tecnologia per dare ai bambini la possibilità di svolgere attività manuali e di avere sempre un’esperienza diretta con l’ambiente che li circonda.
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Search-ME - Erickson 3 Motricità
Che cos’è la motricità fine, in quali attività è implicata e come influisce sulla crescita dell’individuo
Che cosa distingue la motricità grossolana dalla motricità fine? La motricità grossolana è prevalentemente controllata attraverso l’attivazione di gruppi muscolari estrinseci, ossia che ricoprono più articolazioni. Correre e camminare, ad esempio, sono azioni motorie che afferiscono in via principale ai gruppi muscolari delle gambe e del tronco e vengono pertanto considerate funzioni della motricità grossolana. Diversamente, cucire, scolpire, disegnare e suonare la maggior parte degli strumenti musicali sono attività manuali che possono essere realizzate soltanto mediante il controllo dei gruppi muscolari più corti, venendo pertanto considerate attività di motricità fine. La distinzione tra muscoli corti e lunghi serve soprattutto a categorizzare vari tipi di movimento, per quanto, a un esame più approfondito, non sia sempre possibile attribuire una singola azione motoria a una sola categoria di muscoli né tantomeno alla sola ed esclusiva attività muscolare. Lanciare una palla, un giavellotto o una lancia, ad esempio, sono movimenti grossolani perché il movimento proviene in larga misura dalla spalla e dalle gambe. A un’osservazione più attenta, però, ogni lancio richiede anche un certo grado di precisione cui contribuiscono — con regolazioni minime e impercettibili all’occhio nudo — anche il polso, le dita della mano o gli aggiustamenti oculari con i quali si mette a fuoco il bersaglio. Perché l’attività motoria grossolana venga affinata esprimendo piena padronanza dell’atto motorio è necessario che l’individuo acquisisca e controlli pienamente le componenti della motricità fine. Lo sviluppo delle abilità di motricità fine va considerato come parte dello sviluppo psico-motorio dell’individuo, cui contribuiscono — oltre alla maturazione fisica e alla crescita corporea, che rendono possibile l’esecuzione degli atti motori — anche la padronanza flessibile di una grande varietà di muscoli differenziati, integrati tra loro, coordinati in situazione e impiegati in funzione delle necessità o delle intenzioni comunicative dell’individuo. Nella vita di tutti i giorni gli esseri umani compiono un’infinità di atti motori di precisione. Lavarsi i capelli o i denti, vestirsi aprendo e chiudendo i bottoni, applicarsi del trucco oppure allacciarsi le scarpe sono attività che presuppongono abilità di motricità fine che hanno un impatto sul nostro benessere psicosociale e sulla conduzione della nostra vita quotidiana. I bambini che presentano delle difficoltà in questo dominio dello sviluppo possono dare l’impressione di essere disordinati o trasandati, con la conseguenza che le loro relazioni sociali ne risulteranno condizionate e la loro percezione di sé ne sarà influenzata negativamente. Le abilità di motricità fine, per quanto possa apparire non intuitivo, sono implicate anche in molti sport, nell’esercizio fisico o in attività ricreative che generalmente associamo a movimenti grossolani o movimenti prodotti principalmente dai grandi gruppi muscolari del corpo. Quando ad esempio calciamo una palla, piccoli aggiustamenti della caviglia o del piede sono indispensabili a fornire precisione e accuratezza nel colpire il bersaglio. Anche i movimenti grossolani traggono vantaggio in termini di rigore e controllo della prestazione dalle abilità fino-motorie. I bambini che mostrano prontezza e perizia nel gioco vengono accolti con maggior favore negli sport di squadra, generalmente godono di un miglior status sociale e sono più popolari nel gruppo dei pari.
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Metodo Montessori e anziani fragili Motricità
L’apporto dei percorsi di psicomotricità al processo di crescita di bambini e bambine
Cos’è la psicomotricità? La parola psicomotricità oggi è sempre più diffusa, accende l’interesse sia nel mondodella scuola sia sul territorio. Non sempre questa pratica, però, è conosciuta,talvolta se ne ha solo un’idea superficiale. Se da una parte nella scuola di oggisi sono moltiplicate le strumentazioni digitali e le formazioni in tal senso, dall’altra si avverte l’istanza di dare spazio alla corporeità, spesso accompagnatadalla consapevolezza di non avere adeguati strumenti per dare vita a progetti amediazione corporea, innovativi e rispondenti ai bisogni. Ma la psicomotricità suscita interesse perché richiama l’unità corpo-mente e l’integrazione della vita affettiva, emotiva, cognitiva e relazionale. Oggi più che mai c’è un grande bisogno di trovare strade e strumenti per riaffermare la globalità della persona all’interno dei processi educativi, di ripensare la pratica pedagogica basata sull’integrazione corpo, mente, relazione, con l’obiettivo di costruire un contesto educativo inclusivo, mediante il contributo della psicomotricità. Un progetto di psicomotricità si rivolge quindi alla scuola che si rinnova e che rinnova la sua attenzione al bambino globale, il bambino corpo e mente, al bambino che in questo spazio deve potersimuovere, saltare, correre, giocare, riflettere, emozionarsi, entrare in relazione e apprendere. Con questo orientamento pedagogico e didattico la psicomotricità, attraverso i suoi laboratori, offre una pratica che direttamente sostiene e integra un percorso che sa essere rispettoso dei bisogni e dei desideri che il bambino esprime, integrandosi al compito istituzionale che qualsiasi scuola deve assolvere: la cura dell’apprendimento. La psicomotricità infatti è supporto alla crescita e prevenzione verso il disagio, ma è anche e soprattutto una pratica pedagogica che muove, accompagna e sostiene i processi di apprendimento. Nel laboratorio di psicomotricità si sperimenta la relazione con lo spazio, con i materiali e con gli altri, esprimendo se stessi nel gioco, condividendo scoperte, conquiste e difficoltà, favorendo l’integrazione corpo-mente e un contesto educativo inclusivo.  In che modo la psicomotricità è legata all’apprendimento? Si può notare il legame tra psicomotricità e apprendimento studiando l’etimologia di questi due termini. «Apprendere» è una parola diderivazione latina che rimanda a un’azione corporea, l’afferrare. Nella radice originaria di questa parola dunque compare il legame tra l’apprendere e il corpo. «Psicomotricità» è un’unica parola formata da due unite insieme, dove motricità indica il movimento e dunque il corpo e psyché, che per gli antichi greci era il respiro vitale, è relativa a tutti gli aspetti dell’emozionalità, dell’affettività, dell’intelligenza. La parola «apprendere», nella sua radice etimologica, tiene insieme aspetti corporei ed emozionali, desiderio e azione, soggetto e oggetto, così come nell’etimologia la parola «psicomotricità» rimanda all’unità e alla globalità della persona. L’intreccio, nel «corpo» e nella storia di queste due parole, crea quindi un rispecchiamento tra aspetti dell’una e dell’altra, aspetti fortemente interconnessi e questo accade anche nel processo educativo che si sviluppa nell’intero arco della vita. La persona è sempre in apprendimento. L’apprendimento consiste infatti in un’azione creatrice: entrando in contatto con le esperienze, la persona costruisce e apprende nuovi stili e modalità di pensiero. È un processo di autoformazione ed eteroformazione, presente in tutto il corso della vita, attraverso il quale si integrano processi cognitivi via via più complessi che si interfacciano nei diversi contesti, dando risposte che, a loro volta, modificano il contesto e la persona stessa. Il bambino conosce il mondo inizialmente attraverso l’azione, mossa dalle emozioni e dai bisogni, e ne sviluppa rappresentazioni per poi costruire con il linguaggio una conoscenza che si narra al mondo, interpretando la propria esperienza, in un dinamismo continuo tra corpo, azione, emozione, affettività, pensiero, linguaggio, relazione, contesto. In questo senso si può considerare la psicomotricità come una pratica che sostiene e migliora l'apprendimento della persona lungo tutto l’arco della vita. Le ricerche nel campo delle neuroscienze e nell’ambito universitario hanno puntato l’attenzione sul ruolo che svolgono il corpo, il cervello e le emozioni nell’apprendimento, suggerendo diversi modi per migliorare significativamente gli approcci educativi, dove il corpo acquisisce centralità in interazione con l’ambiente. Come il corpo del bambino e dell’adulto, lo spazio, il tempo, il gioco, i materiali, la relazione sono centrali nel laboratorio di psicomotricità, così lo possono diventare in ogni ambiente educativo e di apprendimento fornendo una trama su cui tutti gli aspetti cognitivi diventano potentemente connessi con il vissuto corporeo-emozionale-affettivo dei bambini. Ciò permette di valorizzare le risorse di ciascun bambino e del gruppo, in un’ottica di reale inclusione e di prevenzione di possibili difficoltà negli apprendimenti. La psicomotricità, con lasua peculiare metodologia, potenzia le funzioni esecutive quali l’autoregolazioneemotiva, la flessibilità, la pianificazione, l’attenzione focalizzata, la memoriae l’inibizione della risposta, funzioni basilari per ogni tipo di apprendimento, rendendo quindi questo approccio davvero inclusivo e attento alle peculiarità di ogni bambino all’interno del contesto in cui agisce.
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Metodo Montessori e anziani fragili Motricità
Gli elementi necessari per sviluppare attività e percorsi di psicomotricità nella scuola dell'infanzia e primaria
Gli elementi da tenere presenti nelle fasi di progettazione e realizzazione di un laboratorio di psicomotricità a scuola sono principalmente quattro: le risorse umane, lo spazio, i materiali e il tempo.  Innanzitutto per realizzare un laboratorio di psicomotricità occorrono le risorse umane: insegnanti-psicomotricisti interni oppure esterni. Occorre formare tutto il personale scolastico, attraverso un’azione di ascolto e passaggio di conoscenze, anche informale, ma chiara, e comunicare la novità del progetto veicolando l'offerta formativa e le esigenze.È ovviamente importante coinvolgere nel progetto le famiglie e gli operatori sanitari esterni che seguono eventuali bambini del gruppo e, gradualmente, i docenti non direttamente implicati. Creato lo spazio progettuale, occorre allestire lo spazio fisico. L’intervento psicomotorio richiede infatti uno spazio specifico che va strutturato. È chiaro che la condizione ideale è avere a disposizione uno spazio dedicato, nel quale non si propongano altre attività e dove poter lasciare i materiali specifici. Tuttavia, è assai raro trovare nelle scuole questa condizione, nella maggior parte dei casi lo spazio va condiviso con altre discipline o va con cura ricercato. In primo luogo, lo spazio deve garantire la sicurezza fisica, tenendo conto che il gioco psicomotorio attiva nel bambino il movimento spontaneo e l’assunzione di iniziative personali e di gruppo. È necessario dunque azzerare o ridurre al minimo i pericoli oggettivi costituiti, ad esempio, da strutture spigolose. Si deve mirare a creare un ambiente accogliente e sicuro, in cui si possa esplorare il movimento e l’azione a terra o nella dimensione verticale. L’importante è dare identità allo spazio, connotarlo come luogo dove si svolge l’attività psicomotoria. Una volta individuato lo spazio, è necessario procurarsi il materiale. Il materiale deve essere non strutturato affinché possa essere usato dal bambino con diverse modalità ed essere liberamente investito del suo immaginario. Infatti giocattoli precostituiti, con una precisa identità, indirizzano il gioco e una modalità d’uso mentre avere materiali che non suggeriscono di per sé una determinata azione, né l’associazione a particolari oggetti, sviluppa maggiormente azioni creative. Si possono impiegare a tal scopo materiali di recupero come carta, scatoloni di cartone, stoffe di diversi colori, dimensioni e consistenze. Infine, ma sicuramente non meno importante, è la strutturazione del tempo, sia nella calendarizzazione sia nella scansione delle fasi dell’incontro, aiuta il bambino a formare il suo tempo interno. Per i bambini è importante sapere quando avvengono gli incontri, quanti sono quelli previsti dal ciclo, quanti sono già avvenuti e quanti ne rimangono. Per costruire il calendario laboratoriale è bene porre sempre l’attenzione su questi aspetti. In psicomotricità sono rilevanti sia il tempo dell’incontro sia il tempo dell’attesa, in cui il bambino immagina e progetta quello che farà.
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