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I mini gialli dei dettati 2
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Fare antropologia a scuola permette di sviluppare uno sguardo consapevole su un mondo che continua a cambiare e imparare ad adattarci ad esso
Nel nostro Paese, il 2017 è stato un anno decisivo per il rapporto tra antropologia e mondo dell’istruzione. In quell’anno, infatti, tale disciplina, poco conosciuta fuori dal contesto universitario o specialistico, è diventata rilevante, in quanto indicata tra i requisiti di base per diventare docenti nella scuola pubblica italiana: improvvisamente l’antropologia è uscita dal suo stato di relativo «anonimato» ed è entrata a far parte a tutti gli effetti delle discipline cardine dei percorsi riguardanti l’istruzione e l’educazione. Questo perché l’antropologia è, senza ombra di dubbio, una delle discipline che maggiormente aiutano a sviluppare uno sguardo critico e consapevole sui mutamenti del nostro mondo. I bambini e i giovani sono i soggetti più sensibili ed esposti ai continui cambiamenti culturali, tecnologici e relazionali che caratterizzano la nostra epoca; e la società globalizzata di oggi esige, in particolar modo da chi in essa si trova a crescere, capacità critica e disponibilità ad adattarsi tanto alle evoluzioni tecnologiche quanto alle nuove dinamiche relazionali — spesso di tipo conflittuale — tipiche dei molteplici mondi culturali nei quali siamo immersi. Negli ultimi decenni, l’uso massiccio delle tecnologie digitali e dei social network ha modificato le relazioni interpersonali all’interno delle comunità nelle quali trascorriamo il nostro tempo; i ragazzi possono accedere a un vastissimo patrimonio di informazioni, vedere migliaia di immagini e vagliare quantità sterminate di dati servendosi esclusivamente del telefono cellulare. Queste opportunità, agendo in modo sinergico tra loro, hanno determinato e determinano, su più livelli, conseguenze culturali, comunicative e sociali che vanno ascoltate. Attivare percorsi di educazione interculturale nelle scuole di ogni ordine e grado è di primaria importanza al fine di soddisfare un bisogno educativo che spesso rimane inascoltato, di preparare i futuri cittadini a riconoscere le diversità e i valori e a osservare, rilevare e risolvere situazioni di conflitto, di coltivare e promuovere valori di tolleranza e di riconoscimento dei diritti umani universali. Le conseguenze dei fenomeni globali delle migrazioni sulle culture e sui sistemi istituzionali — i quali non sono altro che riflessi della nostra società e del nostro modo di pensare — rappresentano solamente uno dei molti aspetti che l’antropologia aiuta a indagare e analizzare. Esplorare il mondo dell’antropologia è un modo per arricchire il proprio bagaglio culturale e una strategia per uscire dal nostro «guscio» e volgerci alle altre società e alla diversità con uno sguardo più consapevole, preparato e curioso. Oltre a guardare verso l’esterno e verso gli Altri, però, impariamo a guardare noi stessi: fare antropologia è anche sviluppare capacità di autoanalisi, imparare a volare per un po’ al di fuori del nostro io e delle nostre idee e convinzioni e a osservarci con gli occhi di un estraneo che ci incontra per la prima volta.
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
L’approccio del Modello di Arricchimento Scolastico (SEM) e l’esperienza dell’Istituto Salesiano di Varese, prima scuola italiana ad applicarlo
L’esperienza della pandemia ha evidenziato l’esigenza di ripensare la scuola. Tale processo di rinnovamento non può investire solo i traguardi formativi e i saperi ma deve necessariamente essere volto a promuovere una visione allargata dell’inclusione, che abbracci il concetto di neurodiversità, in grado di valorizzare le potenzialità degli studenti attraverso la personalizzazione degli apprendimenti. Inoltre, una scuola davvero inclusiva non può più prescindere dal riconoscimento dei bisogni educativi, sociali ed emotivi degli studenti gifted, gifted underachiever e twice exceptional. Tra i vari strumenti e risorse attualmente in uso nel nostro paese per valorizzare le potenzialità di ciascuno studente durante il suo percorso di apprendimento e crescita, la strategia didattica della differenziazione consente di proporre al singolo studente attività adatte alle proprie abilità, al proprio livello di prontezza, ai propri interessi, ai diversi stili di apprendimento e espressivi. Tuttavia, in Italia la differenziazione non viene abitualmente declinata per stimolare gli studenti gifted i quali, se non opportunamente stimolati, rischiano di scivolare nel sottorendimento e, in alcuni casi, nell’abbandono scolastico. In assenza di una formazione specifica in Gifted and Talented Educationi docenti sperimentano quindi la difficoltà di progettare attività didattiche che permettano di stimolare opportunamente gli studenti gifted, gifted underachievers e twice exceptional. Il Modello di Arricchimento Scolastico (SEM) La logica inclusiva del Modello di Arricchimento Scolastico (SEM, Renzulli, Reis, Milan, 2021) rende la scuola capace di rispondere educativamente a tutti a prescindere dall’identificazione dell’alto potenziale o dalla certificazione del problema dell’alunno, garantendo un apprendimento significativo per l’individuo e, conseguentemente, aumentando il suo coinvolgimento e partecipazione che, come dimostra la ricerca scientifica, permettono anche di aumentare il rendimento scolastico. Il SEM promuove un fare scuola inclusivo attivando risorse e ridisegnando gli ambienti di apprendimento, infondendo nel curricolo scolastico proposte educative entusiasmanti che investono la scuola nella sua interezza, trasformandola in una scuola per lo sviluppo del talento. Tutti gli attori che ruotano attorno allo studente vengono coinvolti e assumono un ruolo attivo nell’intervento educativo (dirigenti, insegnanti, studenti, famiglia, esponenti della società civile e del territorio ecc.) facendo della scuola una vera comunità educante. Nella scuola SEM le Attività di Arricchimento (quali i Cluster o il Modello Triadico) richiamano la centralità della didattica laboratoriale ed esperienziale in cui gli studenti mobilitano non solo le loro abilità cognitive, ma anche affettive, socio-relazionali, di problem solving, di team working e di creative thinking nella risoluzione di problemi auto-selezionati e del mondo reale, nelle quali gli alunni diventano i veri protagonisti del proprio apprendimento. A differenza dei laboratori tematici tradizionalmente offerti in orario curricolare o extracurricolare, le attività di arricchimento SEM vengono progettate sulla base dell’interesse individuale dello studente poiché, come sostiene Dewey (Dewey, 1913), l’interesse è una chiave potente per stimolare gli studenti, in particolare gli alunni con elevate abilità cognitive che tendono ad annoiarsi in classe.  L’azione didattica del SEM è in grado di offrire agli studenti una moltitudine di esperienze creative in cui possono sperimentarsi coltivando i loro interessi, talenti e potenzialità anche in ambiti non curricolari. Inoltre, la pedagogia dello Sviluppo del Talento del SEM permette di vedere gli studenti doppiamente eccezionali attraverso la lente del potenziale piuttosto che attraverso la lente del rimedio del deficit. Nella dimensione educativa del SEM la differenza è un valore poiché la pedagogia dello Sviluppo del Talento non è intesa come un’azione indirizzata ad un’élite di studenti, appunto i gifted children, ai quali tuttavia offre attività specifiche altamente motivanti e sfidanti, quanto piuttosto un approccio inclusivo per scoprire i talenti e i doni di ciascuno, scoprendo anche quei diamanti grezzi che potrebbero non essere riconosciuti.  L’esperienza dell’Istituto Salesiano di Varese L’Istituto Salesiano di Varese è la prima scuola SEM d’Italia, nella quale il modello SEM è implementato da una Specialist in Gifted and Talented Education, la Dott.ssa Lara Milan, e tutto il personale scolastico è formato in Gifted and Talented Education e nel Modello SEM. L’implementazione vanta due anni di esperienza, e si accinge ad iniziare il terzo anno, durante i quali la scuola ha favorito e sostenuto la formazione dei docenti per includere e valorizzare anche gli studenti ad alto potenziale cognitivo i quali, per esperienza diretta, spesso non vedono riconosciuti i loro bisogni educativi e di apprendimento.Il fascino di questa proposta nasce non solo dall’approccio laboratoriale, ma anche dalla valorizzazione della creatività, degli interessi e dei talenti di tutti i ragazzi. Il fatto che sia un modello etico, ovvero applicabile e fruibile da parte di tutti i ragazzi, rappresenta sicuramente un importante valore aggiunto. A partire dall’anno 2020-21 sono stati implementati i Cluster di Arricchimento: gruppi eterogenei di studenti che condividono un interesse e che si riuniscono durante orari appositamente designati all’interno dell’orario scolastico per lavorare con un mentore, un esperto adulto che condivide i loro interessi e che possiede un grado di conoscenza avanzata ed esperienza in un particolare ambito. L’interesse, la capacità creativa dei ragazzi e la gioia di venire a scuola per prendere parte ai Cluster ha motivato l’Istituto a proseguire nell’implementazione del Modello SEM anche nell’anno scolastico 2021-22 continuando ad avvalersi della piattaforma del Renzulli Learning System per profilare gli interessi individuali e scoprire il loro potenziale creativo con il Test della Creatività, e contestualmente adottando anche le Scale Renzulli, un utile e facile strumento di osservazione in dotazione ai docenti e strutturate secondo una visione multidimensionale della plusdotazione, che permettono di identificare studenti che dimostrano alti livelli di creatività e motivazione e forniscono un’indicazione di una probabile presenza di un alto potenziale. I dati raccolti con tali strumenti hanno permesso di progettare i Cluster di Arricchimento sulla base degli interessi inventariati, che hanno interessato ambiti quali fumetto, robotica, cucina, giornalismo, fotografia, creative writing, architettura, bonsai, business, topografia, musica, danza, botanica e teatro, guidati da professionisti della società civile nella veste di mentori appassionati. Le attività di arricchimento del SEM permettono di progettare in modo diverso la didattica, che diventa più interattiva, inclusiva, cooperativa, favorendo anche la flipped classroom e la riorganizzazione dei setting di apprendimento, oltre ad una personalizzazione vera dei percorsi di ciascuno studente. La scuola in questo modo si rivoluziona completamente, rompe gli schemi tradizionali, generando nei docenti a tratti una certa fatica, ripagata però dalla bellezza di vedere i ragazzi felici di imparare e di venire a scuola. Tali esperienze di arricchimento costituiscono inoltre una forma di orientamento che permette agli alunni di scoprire le loro aree di forza e, conseguentemente, a compiere scelte di carriera scolastica e lavorativa più consapevoli. L’adozione del SEM nelle scuole di ogni ordine e grado rappresenta una realtà possibile e perseguibile che tuttavia non può prescindere da una formazione professionale specifica che, partendo da una profonda conoscenza della Gifted and Talented Education, permetta di estendere la pedagogia dei Gifted Program al gruppo classe, in un’ottica inclusiva, fino ad abbracciare il Movimento Internazionale dello Sviluppo del Talento e del Potenziale per far emergere il talento di tutti, contribuendo a valorizzare le neurodiversità e le caratteristiche di ciascuno, al di là delle etichette.
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Giulia Mauri, Anna Pepitone e Federica Benetto, tre insegnanti che hanno concluso il percorso di formazione “Expert Teacher”, raccontano come è stata per loro l’esperienza del Master e quale valore aggiunto rappresenta per la loro professione
Nella scuola italiana, da tempo non esiste più un unico profilo di docente, che si occupa quasi esclusivamente dei processi di insegnamento e apprendimento. Sono infatti tante, nella scuola di oggi, le sfide da affrontare, per le quali sono necessarie competenze, conoscenze specifiche ed esperienza.  Il Master «Expert Teacher» organizzato da Erickson, in collaborazione con l’Università Telematica degli Studi IUL di Firenze, si propone di formare insegnanti in grado di gestire il cambiamento, sia dal punto di vista didattico che dal punto di vista organizzativo e professionale, con percorsi dedicati sia agli insegnanti di scuola primaria e secondaria, che ai coordinatori, insegnanti ed educatori di nido e di servizi per la prima infanzia.  Come funziona il Master? Si tratta di un Master di I livello/corso di alta formazione, della durata di un anno accademico, fruibile in modalità e-learning, con una tesi finale che viene discussa in presenza, e il rilascio finale di 60 crediti formativi universitari (CFU). Il Master “Expert Teacher” propone tre percorsi diversi: Esperto nei processi educativo-didattici sistema integrato 0-6Intende formare coordinatori, educatori e insegnanti esperti nel sistema integrato di educazione e di istruzione 0-6 Esperto in didattica innovativa e inclusivaIntende formare docenti esperti nella didattica per competenze, nelle metodologie innovative (anche con l'utilizzo degli strumenti digitali) e nella promozione di una cultura inclusiva. Esperto in organizzazione scolasticaIntende formare docenti esperti nella progettazione, nel monitoraggio e nella valutazione dei percorsi di acquisizione di competenze trasversali degli studenti, in particolare in sinergia con agenzie formative, famiglie e altri soggetti del territorio, e dei percorsi PCTO (per il secondo ciclo) con un focus specifico sulle competenze dell’orientamento formativo. Che tipo di esperienza è quella del Master, che utilità e ricadute può avere rispetto al lavoro e in che modo può rappresentare un valore aggiunto rispetto al proprio bagaglio professionale? Abbiamo intervistato tre insegnanti che hanno concluso il percorso di formazione “Expert Teacher”. Ecco quello che ci hanno raccontato.   Giulia Mauri Insegna da sette anni in una scuola secondaria di primo grado in provincia di Milano. Perché ha scelto di iscriversi al Master Expert Teacher, in particolare a quello per il profilo “Esperto in didattica innovativa e inclusiva”? «Avevo visto la presentazione di questo master sul sito Erickson, che seguo perché sono affezionata alla vostra offerta formativa, e mi sembrava valida, molto completa e dettagliata. In particolare, avevo notato che il Master metteva a fuoco tematiche come l’apprendimento cooperativo, la gestione della classe, l’educazione emotiva, tutte competenze indispensabili per noi insegnanti che all’università non vengono insegnate, perché ci si concentra molto sui contenuti ma poco sulle metodologie». Quali sono gli aspetti del master che ha apprezzato di più? «Ho apprezzato molto il fatto che gli insegnamenti abbiano una forte applicabilità nella pratica d’aula. Il limite di tanti corsi di formazione che vengono proposti è che vertono tanto sulla teoria ma poco sulla pratica. I corsi Erickson invece sono molto concreti, per così dire, e consentono di applicare in classe quanto si è appreso. Ho apprezzato anche la ricchezza dei materiali forniti e la prontezza di risposta dei tutor a ogni esigenza». Ci fa un esempio di insegnamento concreto, che ha avuto un’applicabilità diretta per la sua didattica? «Gli organizzatori grafici erano un elemento che non utilizzavo nella didattica, prima di frequentare il master. Ho visto che sono molto utili per lo studio, perché li costruiamo insieme con i ragazzi e facilitano il ragionamento e la discussione. Inoltre, anche grazie al loro aspetto accattivante, favoriscono la memorizzazione dei contenuti e rimangono più impressi».   Anna PepitoneVicentina trapiantata a Vieste (Foggia), è stata insegnante di inglese alla scuola secondaria di secondo grado e da qualche anno si occupa di interventi didattici mirati per i disturbi del comportamento. Della sua esperienza con il master “Expert Teacher”, parla così: «Il master è stato molto impegnativo dal punto di vista didattico. Per me ha rappresentato un anno di crescita, soprattutto da un punto di vista interiore. Mi ha dato alcune conferme, come la conferma del fatto che l’approccio umanistico nella didattica è fondamentale e che deve essere prevalente rispetto all’approccio tecnico-specialistico. Mi ha insegnato molte cose: la prima è stata la cura dell’altro. Prendersi cura dell’altro è la base del lavorare insieme. Nel nostro gruppo di corsisti, non ci conoscevamo come colleghi, ma abbiamo imparato un po’ alla volta a prenderci cura dell’altro. Nella quarta palestra del master, in particolare, una palestra che aveva come tema la valutazione nella scuola delle competenze, ho sperimentato l’accudimento da parte dei miei compagni, ossia sono stata accompagnata verso l’autorealizzazione in un ambito in cui sapevo molto poco, e alla fine mi sono sentita competente e soddisfatta».   Federica Benetto È stata insegnante di sostegno per 8 anni alla scuola primaria, in provincia di Torino, e da poco è passata all’insegnamento curricolare.  Perché ha deciso di fare l’esperienza del master? «Sentivo il bisogno di formarmi di più su inclusione e didattica innovativa, soprattutto in vista del cambio di incarico a scuola. In passato avevo fatto altri corsi con Erickson e avevo piacere di aggiornarmi e ampliare la mia formazione». Quali sono gli aspetti del master che ha apprezzato maggiormente? «Ho apprezzato la formazione e la competenza dei docenti, le conoscenze che sono riusciti a trasmetterci e il fatto di avere a disposizione tanto materiale da consultare.L’approccio utilizzato, nonostante il master si sia svolto soltanto online, mi ha dato la possibilità di dialogare e lavorare in gruppo con altri studenti, uno scambio che è stato motivante e arricchente.Per me è stato utile anche sperimentare la valutazione formativa, in cui i giudizi sono stati sostituiti da un feedback descrittivo, il che mi ha dato la possibilità di vivere in prima persona quello che gli alunni sperimentano a scuola. In che modo quello che ha imparato le è utile nel suo lavoro a scuola? «Non ho ancora potuto mettere in pratica le conoscenze che ho acquisito perché poco dopo la conclusione del master sono andata in maternità, ma appena rientrerò avrò modo di applicare al lavoro in classe le conoscenze e le abilità che ho sviluppato». .article-header{ align-items: center !important; } .author-profile-pic{ height: auto !important; } @media (max-width: 576px){ .me-text ul li { font-size: 19px !important; line-height: 28px !important; } .me-text ol li { font-size: 19px !important; line-height: 28px !important; } } .me-text ul li { font-size: 22px; line-height: 34px; } .me-text ol li { font-size: 22px; line-height: 34px; } @media (max-width: 768px){ .me-text div { flex-direction: column !important; }
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
La proposta di giochi ed esperienze ludiche dentro e fuori le mura scolastiche rende l’apprendimento coinvolgente e interdisciplinare
La «giocosità» è un dispositivo motivazionale che i bambini ricercano continuamente e in autonomia, è una spinta che porta a tentare un po’, a provocare l’imprevisto, ad accogliere l’inaspettato, a ricercare le novità, a saperne di più. Cercare di carpire i «segreti del gioco» permette a noi adulti di agire con un atteggiamento ludico, leggero e profondo, non solo nei momenti esperienziali, ma anche quando si riflette, si spiega, si dialoga. L’inatteso è un aspetto centrale della ludicità. Non c’è gioco se tutto accade in modo prestabilito e preconfezionato. L’auspicio è quello di proporre esperienze ludiche senza un «accanimento didattico» che schiacci la giocosità. Fare proposte andando dove ti porta il gioco, che è contemporaneamente vincolo e libertà, significa intervenire nella giusta misura sostenendo la presa d’iniziativa, rilanciare alcune idee(non tutte, ma neanche nessuna), favorire l’autoregolazione, valorizzare la relazione fra bambini e ambiente, sospendere il giudizio, programmare i fuori programma(zione)... senza perdere gli obiettivi plausibili, mantenendo l’intenzionalità. Non è facile, ma perché non provarci? Se facciamo scuola in una prospettiva di educazione attiva, ricercando un equilibrio fra il fare e il pensare, la dimensione ludica ci viene incontro senza farci perdere il ruolo. Se pratichiamo didattica attiva sarà inevitabile trovarsi a valutare, di situazione in situazione, quali possano essere gli ambienti d’apprendimento più adeguati, considerando di pari dignità sia quelli interni sia quelli esterni. Michela Schenetti, nel libro Didattica all’aperto per la primaria, scrive: «Praticare un’educazione attiva all’aperto spinge a pensare a una scuola in grado di abitare con flessibilità nuovi spazi all’aperto e a vedere nella relazione con il territorio un’importante opportunità di rinnovamento. Nel farlo consente a educatori e insegnanti di innovare la propria professionalità, di rendere i confini disciplinari permeabili e di concorrere a dare corpo a quel “benessere” che consente a tutti di stare a scuola con piacere, così come dovrebbe essere». I bambini sono persone e valorizzare le soggettività significa anche prendere sul serio quel loro modo giocoso di conoscere il mondo. Un mondo dove mettersi in cammino, da comprendere con la testa, con le mani, con i piedi, con il cuore. Un mondo là fuori.
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Una relazione con i colleghi empatica e coinvolgente è fondamentale per creare un clima sereno e inclusivo per tutta la classe
Per gli insegnanti di sostegno spesso i maggiori sforzi sono volti a creare un buon clima di classe, a mediare situazioni difficili, a domandarsi quali strategie mettere in campo per creare un clima inclusivo e collaborativo con e per i bambini. Ma si riflette mai su quanto sia importante stare bene in prima persona per far star bene la classe? Una relazione con i colleghi empatica, coinvolgente, affettuosa e professionalmente appagante rende il lavoro dell’insegnante di sostegno nettamente migliore. Questo è vero per qualunque professione, ma in quella dell’insegnante di sostegno prevede una componente umana che viene prima di qualsiasi altra. La capacità di mettersi nei panni degli altri, di provare empatia nei confronti del collega che vive una determinata situazione, anche di difficoltà, aiuta a collaborare, dialogare e avere degli obiettivi a breve e a lungo termine, non solo condivisi, ma anche scelti e valutati insieme: tutto ciò sarà la via più funzionale per il proprio benessere emotivo e di quello degli alunni. Da dove iniziare? Prima di tutto è importante entrare in relazione con il proprio team: ascoltare i propri colleghi, conoscerli e trovare dei momenti per condividere punti di forza e di debolezza sono dei passi fondamentali. Per farlo è utile usare una metodologia di analisi che si muove su due binari, uno interno che osserva punti di forza e debolezza, e uno esterno che valuta opportunità e minacce. Punti di forza e debolezze Rispetto al processo di insegnamento-apprendimento, provate a identificare quali possono essere i punti di forza personali che vi aiuteranno a raggiungere l’obiettivo e i punti deboli che potrebbero, invece, impedirvi di farlo. Per rilevare i vostri punti di forza, provate a chiedervi cosa sapete fare veramente bene, quali successi potete vantare, quali sono i vostri valori. Per rilevare, invece, i punti di debolezza riflettete in merito a quali compiti tendete a evitare perchè vi fanno sentire insicuri, se siete realmente soddisfatti del vostro livello di formazione, se ci sono abitudini lavorative o caratteristiche personali che potrebbero rendere difficoltoso il lavoro di insegnante di sostegno. Opportunità e minacce Sempre tenendo a mente il processo di insegnamento-apprendimento, ragionate con in team sull’identificazione di opportunità e minacce offerta da ciò che vi sta intorno: la struttura dell’aula, dell’istituto, i rapporti con le famiglie, con il territorio o con gli enti esterni, progetti a cui poter aderire e altro ancora. Quali di questi possono offrirvi un vantaggio e quali invece potrebbero ostacolarvi? Porsi spesso queste domande e ragionarci insieme al proprio team aiuta a maturare una consapevolezza globale che permette di utilizzare ogni elemento in maniera sinergica con gli altri. Ad esempio si potranno sfruttare i propri punti di forza per evitare le minacce o per cogliere le opportunità, al contrario si potrà far leva su eventuali minacce esterne per limare alcune debolezze.
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Il gioco è una palestra in cui bambini e ragazzi possono prepararsi alla vita di comunità: sviluppa la creatività mentre educa al rispetto delle regole.
«Smetti di giocare e pensa studiare».«Ora basta giocare, mettiamoci a lavorare».«Non puoi stare sempre a giocare, qui stiamo facendo cose serie». Sono solo tre dei tanti modi di dire che spesso relegano il gioco ad attività in contrapposizione con lo studio, il lavoro, la serietà dei comportamenti, per non parlare del sacrificio e della sofferenza che ancora troppi ritengono elementi fondamentali del processo di apprendimento. Qui proviamo a ribaltare il punto di vista, considerando prima di tutto il gioco come azione necessaria alla vita di un individuo, necessaria alla sua crescita. Il primo passo lo facciamo provando a creare una relazione tra gioco e scuola, nel senso della simulazione, della preparazione alla vita futura di ogni bambino o bambina, ragazzo o ragazza. La scuola dovrebbe essere un luogo protetto dove mettersi alla prova, dove sbagliare senza avere timore di commettere errori, dove la sofferenza e il sacrificio sono sostituiti dalla fatica felice della scoperta, dall’impegno provocato dalla curiosità, dalla motivazione a raggiungere piccoli e grandi obiettivi. Fermiamoci a riflettere sugli studi che da ben più di un secolo hanno esplorato il ruolo del gioco nella crescita di una persona. Il gioco è preparazione alla vita di comunità, educa alla creatività come al rispetto delle regole, permette di accettare gli errori, conoscere e superare i propri limiti, crea una sorta di «arena» protetta in cui mettersi alla prova. Ecco allora che scuola e gioco possono trovare strade convergenti, in cui far viaggiare fisicamente e mentalmente gli individui. È questo uno dei motivi fondamentali che ci ha portato a sperimentare il gioco nello spazio della classe, che ha spesso dato risultati eccellenti al pari di altri strumenti della didattica, ma che soprattutto riesce ad accompagnare i bambini e le bambine in un processo che valorizza se stessi e aumenta la motivazione rispetto alla volontà consapevole di apprendere. Un gioco per conoscersi  Di seguito proponiamo un gioco che può essere funzionale a più momenti, sia quando un nuovo gruppo inizia a formarsi e a conoscersi, ma anche quando il gruppo è già creato da tempo e permettono d’iniziare una mattina con un semplice gioco, di stemperare un eventuale disagio e di portare il gioco in classe. Mi chiamo… Partecipanti: gruppo classeMateriali: nessunoScopo del gioco: conoscersi, giocare, allenare la memoriaPreparazione: il conduttore dispone i partecipanti in cerchio e sceglie il primo giocatore. Gioco: All’avvio del gioco, il primo giocatore dice a voce alta il proprio nome e aggiunge un verso o un movimento. Il giocatore successivo, alla destra del primo, ripete nome e verso del precedente, poi aggiungere il proprio nome e un altro verso. Il terzo giocatore ripete nomi e versi dei primi due e aggiunge il suo. Si continua così sino alla fine del cerchio. All’inizio di un percorso, soprattutto con studenti già un po’ grandi, dai nove anni in su, è anche possibile riflettere insieme dopo avere giocato, su come si sentono, ma anche a cosa può servire un gioco come quello appena realizzato. Questo passaggio finale di debriefing ludico, attivato nelle giuste occasioni, rende più consapevoli gli alunni e le alunne, creando un contesto in cui si sentiranno costantemente parte attiva. @media (max-width: 576px){ .me-text ul li { font-size: 19px !important; line-height: 28px !important; } .me-text ol li { font-size: 19px !important; line-height: 28px !important; } } .me-text ul li { font-size: 22px; line-height: 34px; } .me-text ol li { font-size: 22px; line-height: 34px; }
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