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I mini gialli dei dettati 2
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Metodo Montessori e anziani fragili Adolescenza
Un romanzo di formazione di Loris Taufer, rivolto agli adolescenti, letto e interpretato in chiave pedagogica da Sara Franch, Ricerca e Sviluppo Erickson
Nel volume “Le radici nascoste – Viaggio filosofico di un adolescente”, definito “un libro ibrido, a metà tra un romanzo di formazione e un saggio di filosofia” (Daniele Benfanti, “Viaggio filosofico di un adolescente. Loris Taufer ritorna sul tema dei giovani”, L’Adige, 25 settembre 2022)l'espediente narrativo è l'incontro tra un adolescente, Leonardo, e un saggio, esperto di filosofia. Molte sono le chiavi di lettura per quest’opera che alterna capitoli filosofici, a capitoli di carattere storico-narrativo. Qui vorrei fornire una lettura pedagogica, e lo farò attraverso alcune parole chiave, alcuni concetti trattati nel libro e che mi sembrano particolarmente rilevanti per la scuola e per i processi di insegnamento ed apprendimento che essa innesca.  Riconoscere di non sapere  Citando Aristotele, il saggio sottolinea come la meraviglia, lo stupore, la curiosità nei confronti delle cose e di ciò che succede siano alla base di ogni atteggiamento di ricerca, e direi anche di apprendimento. Per provare stupore e meraviglia è necessario assumere una distanza dalla realtà, un atteggiamento critico che rende la realtà ‘problema’, questione, davanti alla quale si riconosce di non sapere. La meraviglia è quindi intesa come un atteggiamento di apertura, di ricerca, di disponibilità alla messa in gioco radicale – di sé stessi e del senso comune. Citando Socrate, il saggio dice il sapiente è “chi sa di non sapere, cioè colui che non pretende di essere in possesso, in maniera più o meno dogmatica, di salde certezze sulla vita”. E poi sottolinea, in un passaggio molto bello, la centralità del porsi domande, del non dare tutto per scontato, dell’essere curiosi: sono convinto che l’importante, nella vita, sia saper porsi delle domande; riuscire a formularle nella loro giusta rilevanza, in modo che non venga dato tutto per scontato, in maniera banale e uniforme. Far sì che ciò che accade non scivoli via in modo acritico, come l’acqua piovana che scorre sulle foglie, opporre resistenza, nel senso di sollevare degli interrogativi: questo mi sembra un modo significativo di vivere, esercitando fino in fondo la nostra capacità umana di voler conoscere, di essere curiosi intorno al mondo e alla nostra esistenza (pp. 243-244) Questo atteggiamento, in ambito scolastico, ritengo sia importante sia per studenti e studentesse, ma anche per l’insegnante, che quindi riconosce di non sapere, si interroga, e assume il ruolo di levatrice, che Socrate attribuisce a sé stesso. Come la levatrice aiuta le donne a partorire, così l’insegnante non riempie la testa di studenti e studentesse di nozioni, ma attraverso il dialogo, cerca di stimolarli a indagare, porsi domande, ragionare e riflettere criticamente. Connettere conoscenza e coscienza Una dimensione importante dell’apprendimento è la conoscenza, che secondo il saggio presuppone una dimensione attiva: non è qualcosa che ci cade addosso, ma richiede una dimensione del fare, una prassi. Il saggio illustra come conoscenza e prassi siamo collegate. È importante acquisire e coltivare la conoscenza, la dimensione teoretica, ma è necessario collegarla ad una dimensione pragmatica, relativa all’azione. E poi il saggio fa un ulteriore passo e collega la conoscenza ad una dimensione etica. Conoscenza, prassi e coscienza, nella proposta del saggio, sono quindi strettamente connesse. Facendo riferimento al pensiero di Hanna Arendt, il saggio sottolinea l’importanza del dialogo con sé stessi per sviluppare coscienza e pensiero critico: questo dialogo proprio a partir da sé stessi è ciò che costituisce la nostra coscienza ed è anche essenziale per potersi formare un’opinione personale, non subordinata a verità uniche e metafisiche. Senza quel dialogo e quella coscienza il nostro fare sarebbe qualcosa di irriflesso, obbedirebbe a logiche esterne, a verità rivelate che dovremmo soltanto subire (p. 171) Ritengo che l’insegnante possa creare per i suoi studenti e le sue studentesse spazi di auto-riflessione, di dialogo con sé stessi per aiutarli a sviluppare non solo la propria coscienza ma anche un’opinione personale. Ciò permette di coltivare in loro una resistenza ad accogliere verità uniche, storie uniche, ideologie.  Decentrarsi nella complessità La complessità della realtà richiede la capacità di decentrarsi, tenere assieme le contraddizioni e la pluralità dei punti di vista. Il saggio incoraggia Leonardo a cercare, nelle sue riflessioni, di non mettere al centro solo sé stesso, ma anche i punti di vista degli altri, dell’altro con cui ci si confronta. Lo stimola ad avere un atteggiamento di apertura verso idee che all’apparenza sono in contraddizione tra loro. Attraverso la trattazione del pensiero di Hannah Arendt, illustra poi l’importanza di assumere un atteggiamento attento alle differenze e alla pluralità, che tiene insieme le contraddizioni e rende “più debole la certezza ideologica del proprio punto di vista”: bisogna mettere fra parentesi l’assolutezza delle proprie posizioni ideologiche e riconoscere realmente, e fino in fondo, la diversità delle differenti opinioni politiche. E non solo. Si tratta inoltre di capire che la pluralità è “insita in ogni essere umano” (p. 133) La scuola può giocare un ruolo nello sviluppare in studenti e studentesse un atteggiamento che tiene assieme punti di vista diversi, che non prende subito delle prese di posizione precise, unilaterali, ma mira a cogliere la complessità del reale, la ricchezza che sta nella pluralità dei punti di vista. Questo è fondamentale data la complessità del mondo contemporaneo. Interesse per le questioni del mondo Connessa alla capacità di decentrarsi è il sentirsi responsabili di ciò che accade nel mondo, nella comunità in cui si vive innanzitutto ma anche a livello più ampio, più globale. Il saggio stimola Leonardo a riflettere sulla nostra dimensione politica, sul nostro io sociale che ci caratterizza e completa come esseri umani. Ho trovato molto interessante il passaggio in cui il saggio spiega a Leonardo che per capire che cosa sia la politica è necessario fare i conti innanzitutto con una dimensione prepolitica fatta di sentimenti, emozioni, valori, ideali, sogni, utopie. Lo chiama un substratum, che è alla base del nostro essere e agire come cittadini e cittadine all’interno di una collettività, di una comunità. Il saggio evidenzia sia la dimensione individuale sia quella comunitaria della politica. E ciò rimanda all’etica e alla morale. Secondo il saggio, infatti, “la politica non può fare a meno di intrecciarsi con la dimensione etica”. Mi è piaciuto molto un passaggio in cui il saggio spiega a Leonardo perché è importante per i giovani come lui interessarsi di politica e occuparsi dei problemi degli altri, della collettività di cui fanno parte, sia essa la comunità locale in cui si vive o il mondo intero. Lo fa raccontando l’esperienza dei movimenti del ’68 e degli anni successivi: l’esperienza da me fatta in quegli anni … mi ha lasciato qualcosa di fondamentale: la capacità di indignarsi contro le ingiustizie, senza alcuna stanchezza o rassegnazione, e il senso di responsabilità verso la comunità a cui appartengo e verso il mondo….Per me la politica è fare i conti, in maniera empatica e progettuale, con il destino degli uomini e delle comunità; si caratterizza anche per il suo aspetto utopico da una parte e realistico dall’altra (pp. 133-134) La scuola, attraverso l’educazione alla cittadinanza, impostata come disciplina trasversale, può svolgere un ruolo importante nel coltivare in studenti e studentesse, indignazione di fronte alle ingiustizie, senso di responsabilità, e capacità di agire nelle comunità di appartenenza.  In conclusione, leggendo il libro ho pensato che l’approccio filosofico proposto potrebbe proprio caratterizzare l’insegnamento di tutte le discipline, non soltanto la filosofia. E ho provato a sintetizzare l’approccio in quattro dimensioni: comunità di apprendimento didattica maieutica abilità di pensiero cittadinanza globale Comunità di apprendimento Il saggio crea una relazione con Leonardo, coinvolgendo anche altre persone. Di fatto crea una comunità di apprendimento. La creazione di un clima di classe favorevole e di sostegno, di una comunità, è un prerequisito cruciale dell’apprendimento. Ciò significa creare un ambiente in cui bambine, bambini e adolescenti possano soddisfare i bisogni di appartenenza, accudimento e riconoscimento del proprio valore. Dove si sentano sicuri, accettati, inclusi. Significa anche creare un ambiente sicuro ed equo dove si può discutere liberamente, si può esprimere il proprio pensiero, la propria opinione. Ma dove si riconosce anche che la libertà di parola deve essere temperata dal rispetto per i diritti dell’altro.  Didattica maieutica Il saggio dialoga con Leonardo, lo stimola a mettere in relazione la conoscenza con la sua esperienza. Di fatto mette in atto una didattica maieutica. A scuola è importante adottare pratiche di insegnamento partecipative ed incentrate su chi apprende. Rendere i temi che vengono trattati in classe rilevanti per alunni e alunne e pertinenti alle loro vite. Adottare metodologie che valorizzino l’esperienza e le conoscenze pregresse.Offrire occasioni e strumenti per la riflessione individuale e collettiva in modo che studenti e studentesse esaminino le proprie opinioni, i meccanismi con cui si creano, ma anche i propri valori, le proprie emozioni, i propri sentimenti. Suscitare interesse reciproco e sviluppare la capacità di cogliere i punti di vista degli altri. Facilitare lo sviluppo di capacità discorsive e argomentative. Elementi chiave di una didattica maieutica sono: Indagine: adottare un modello di insegnamento basato sull'indagine, che stimola studenti e studentesse a formulare domande, ad investigare, piuttosto che fornire risposte alle domande dell’insegnante; Dialogo: dare spazio alla discussione, strutturata come dialogo, piuttosto che dibattito. Nel dialogo, l'obiettivo è ascoltare, imparare dal punto di vista degli altri e capire più a fondo. Il dibattito invece tende a polarizzare in quanto si concentra sul dimostrare che si ha ragione e che l'altra persona/gruppo ha torto.  Auto-riflessione: strutturare spazi ed occasioni per assumere ed allenare un atteggiamento riflessivo e autocritico, capace di mettere in discussione le proprie prospettive e posizioni Abilità di pensiero Il saggio stimola Leonardo a fermarsi, a riflettere, ad approfondire, e di fatto tenta di affinare le abilità di pensiero di Leonardo. Dare l’opportunità ad alunni ed alunne di sviluppare abilità di pensiero risulta fondamentale per una scuola che assolve alla funzione di educare. La scuola che insegna a pensare offre ad alunni e alunne l’opportunità di sviluppare ed allenare quattro tipi di pensiero: 1. Il pensiero attento, cioè la capacità di ascoltare in modo concentrato e attento, di valorizzare e apprezzare il contributo di altre persone (dimostrare interesse e sensibilità verso le opinioni, le esperienze ed i valori degli altri); 2. Il pensiero critico, cioè la capacità di porsi domande e interrogarsi, ragionare, collegare, valutare (ricercare significati, ragioni, evidenze, elementi distintivi, giudizi validi); 3. Il pensiero creativo, cioè la capacità di collegare e mettere in relazione concetti e idee, suggerire e immaginare (fare comparazioni, esempi, proporre spiegazioni o idee alternative); 4. Il pensiero collaborativo, cioè la capacità di comunicare, rispondere, supportare e conciliare (costruire sulle idee degli altri, mediare, dare forma a posizioni condivise).  Cittadinanza globale Il saggio stimola Leonardo ad occuparsi di politica, ad interessarsi alle questioni del mondo. Di fatto ad esercitare la cittadinanza. Al centro dell’attenzione della scuola e delle altre realtà educative ci sono persone che stanno crescendo e «imparando a vivere» in un mondo globale, interconnesso e interdipendente. La pandemia da Covid 19 e la guerra in Ucraina ci hanno reso oggi più consapevoli che mai che uno shock o una crisi in una parte del mondo ha ripercussioni dirette ed indirette a livello planetario, sulla vita di persone a migliaia di chilometri di distanza. Il locale e il globale sono intrecciati e i processi globali influenzano tutte le comunità. Tutto ciò suona molto moderno ed attuale. Eppure, più di 50 anni fa, Martin Luther King l'aveva già capito. La Vigilia di Natale del 1967, pochi mesi prima del suo assassinio, disse: “tutta la vita è interconnessa. Siamo tutti presi in una rete ineluttabile di mutualità.... prima che tu finisca di fare colazione al mattino, avrai fatto affidamento su più di metà del mondo”. Ecco, quindi, che capiamo come la nostra vita quotidiana, a partire da un semplice atto come il fare colazione al mattino, sia intrecciata alla vita di persone che vivono a migliaia di km da noi. Di fronte a ciò la scuola ha un ruolo nell’educare alla cittadinanza globale, formando cittadine e cittadini che comprendono le questioni globali, regionali, nazionali e locali e sono consapevoli dell’interazione e interdipendenza dei diversi Paesi e dei diversi popoli. Cittadini e cittadine con una mentalità globale, che sentono di appartenere ad una comune umanità, dimostrano rispetto per le differenze e l’alterità e sono consapevoli dei modi in cui loro e le loro nazioni sono implicati in problemi locali e globali. Cittadini e cittadine che credono nella giustizia sociale, nell’equità e nella sostenibilità e sono disposti ad impegnarsi per costruire relazioni etiche all’interno di comunità a livello locale e globale, salvare e proteggere il pianeta e portare il proprio contributo alla realizzazione di un mondo più equo, giusto e sostenibile.  .me-text ul li { font-size: 22px; line-height: 34px; }
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Search-ME - Erickson 1 Didattica
Perché fare conversazioni filosofiche con i bambini è utile fin dalla scuola dell’infanzia e qual è il modo migliore per approcciarsi a questi argomenti con i più piccoli
È davvero possibile fare filosofia nella scuola dell’infanzia? Volendo rispondere in estrema sintesi, potremmo dire così: ebbene sì, ci sono domande, storie ed esperienze che fin dalla scuola dell’infanzia permettono di fare conversazioni «cariche» di meraviglia e di una tensione filosofica che le rende differenti da altri tipi di conversazione. Naturalmente nella scuola dell’infanzia non si può fare filosofia come al liceo o all’università, ma si possono fare conversazioni in un certo qual modo filosoficamente ispirate. Perché fare filosofia con i bambini alla scuola dell’infanzia? Per rispondere a questa domanda è utile ricorrere a una metafora: fare filosofia con bambine e bambini è come invitarli a esplorare sentieri e paesaggi che, per essere attraversati, richiedono di sperimentare andature nuove, di camminare lungo salite e discese più ripide del solito e di trovare connessioni tra quel che si sa (o si crede di sapere) e quel che ancora non si sa. Così facendo, giocando a esplorare i confini di ciò che sono in grado di pensare, anche i più piccoli si allenano ad affrontare il dubbio e l’incertezza. La domanda allora diventa: perché non farlo, dal momento che lo si può fare con grande coinvolgimento e divertimento sia per i bambini, sia per l’insegnante? Cosa rende filosofica una conversazione? A rendere filosofica una conversazione contribuiscono il punto di partenza, il tipo di domande che vengono fatte e la capacità dell’adulto di accompagnare i movimenti dei bambini, lasciando tempo e spazio all’esitazione e al dubbio, senza sedare la meraviglia e l’incertezza con risposte «tappabuchi». Il punto di partenza (un frammento filosofico, un esperimento mentale, un albo illustrato, ecc.) traccia, per così dire, i contorni del campo da gioco in cui ci si muoverà. La capacità dell’adulto di accompagnare i movimenti senza imporli corrisponde a lasciare «libero» lo spazio di gioco. Da dove partire La scelta del punto di partenza è fondamentale: metaforicamente è il momento in cui si traccia il contorno del campo di gioco e si invitano i giocatori a entrare. La storia della filosofia insegna che la meraviglia può nascere sia dal considerare domande e fenomeni che appaiono nuovi e lontani dall’esperienza ordinaria, sia dal guardare in modo nuovo, «con altri occhi», le esperienze ordinarie e le cose che abbiamo tutti i giorni sotto il naso. I punti di partenza per fare conversazioni filosofiche possono essere molto diversi tra loro: può trattarsi di frammenti di antichi filosofi, oppure di esperimenti mentali «classici», o ancora di favole, quadri, albi illustrati, esperienze, proverbi e così via. Facciamo un esempio di conversazione filosofica a partire da un frammento filosofico. Un esempio di conversazione filosofica: «Nulla di troppo» «Nulla di troppo» è un frammento di antica sapienza, inciso sul tempio di Apollo a Delfi e attribuito, tra gli altri, a Solone. Come proporlo a bambine e bambini della scuola dell’infanzia? Potrei dire di avere trovato una frase attribuita a un antico sapiente e di avere bisogno dell’aiuto dei bambini per interpretarla e per rispondere ad alcune domande che mi sono venute in mente leggendola. Le domande che aggiungerò al frammento sono decisive nel creare le condizioni per una buona e coinvolgente conversazione. Procediamo con ordine. La formulazione «nulla di troppo» è probabilmente troppo difficile per essere afferrata e compresa da bambine e bambini di 5 anni. Posso concedere del tempo ai bambini per le loro ipotesi sul significato del frammento, ma devo avere pronta anche una nuova formulazione, che sia più comprensibile. Ad esempio: forse Solone vuole dire che non bisogna esagerare «in nessuna cosa», cioè che «in tutte le cose» c’è una linea del troppo che non va superata. Il frammento potrebbe essere letto come un invito a non esagerare, a non superare mai la «linea del troppo». Fin qui abbiamo chiarito il significato del frammento, ma servono ancora delle domande che possano funzionare come semi per fare germogliare la conversazione. Due domande particolarmente efficaci sono le seguenti: Solone dice che in tutte le cose e in tutto quel che si fa c’è una «linea del troppo» a cui stare attenti e da non superare. Ma voi siete d’accordo? Vi vengono in mente degli esempi? Mi è venuto in mente un altro problema. Solone ci dice di stare attenti a non superare la linea del troppo, ma non dice come si fa. È facile o difficile accorgersi che ci si sta avvicinando alla linea del troppo? Voi ve ne accorgete prima o dopo averla superata? Ci si accorge, strada facendo, che le «linee del troppo» sembrano davvero essere ovunque: c’è la goccia di troppo che fa traboccare il vaso e la parola di troppo che offende; ci sono le piante che hanno bisogno di acqua per vivere, ma ci sono anche qui il «troppo» e il «troppo poco» che possono fare male; quando si cucina c’è una linea del troppo nella quantità dei singoli ingredienti, superando la quale la ricetta non riesce; c’è una linea del troppo a cui fare attenzione quando si costruisce una torre di cubetti di legno, con l’intenzione di farla alta il più possibile e così via. Allenandosi a riconoscere le linee del troppo e a parlarne si allena al tempo stesso il senso del limite e il senso dell’equilibrio nelle relazioni che legano persone e cose.
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Search-ME - Erickson 2 Didattica ludica
Lorenzo e Pietro Scataglini raccontano come è nata la loro passione per la cartomagia e come sono diventati “maghi delle carte”
Chi di noi da bambino, o da ragazzo, ma anche da adulto, non ha subito il fascino della magia? È un’arte che implica molte abilità, alle quali non è sempre immediato pensare. Ad esempio, abilità di comunicazione, abilità di intrattenere un pubblico, abilità di mantenere la calma, abilità di improvvisare… e l’elenco potrebbe essere ancora molto lungo. Oggi intervistiamo due giovani studenti di L’Aquila, i fratelli Lorenzo e Pietro Scataglini che, a un certo punto della loro vita, dopo essere venuti a contatto con la magia, hanno sentito un richiamo talmente forte per quest’arte, da decidere di mettersi in gioco e diventare loro stessi “maghi”. Nello specifico, maghi delle carte. Dalle loro abilità di prestigio è nato un gioco, “Il mago delle carte”, che mira a insegnare ad altri ragazzi tecniche e trucchi per diventare maghi, con spiegazioni e video tutorial. Quanto sarà stato impegnativo il percorso di Lorenzo e Pietro nel mondo della prestigiazione? E quali sono le soddisfazioni e i traguardi che hanno raggiunto? Scopriamolo direttamente dalla loro voce… Dopo l’intervista, non perdetevi il video con una dimostrazione di prestigio dei due giovani maghi! Ciao Lorenzo, ciao Pietro! Vi potete presentare brevemente per i nostri lettori? LORENZO - Ciao, mi presento, sono Lorenzo Scataglini, ho 27 anni e vivo a L'Aquila. Sono uno studente di lettere classiche, prossimo alla laurea, mi occupo di cartomagia da 10 anni e sono professionista da 4. Mi esibisco in Spettacoli per grandi e piccini impartisco lezioni private di prestigiazione. PIETRO - Ciao, sono Pietro Scataglini e ho 17 anni. Vivo a L’Aquila e sono uno studente liceale. L’arte della prestigiazione mi ha conquistato fin da quando ero molto piccolo. Ho iniziato a studiarla e praticarla quando avevo 8 anni. Adesso mi esibisco soprattutto in teatro e in convention aziendali. Com’è nata la vostra passione per la cartomagia? E come siete diventati “maghi delle carte”? LORENZO - Stranamente non ho mai manifestato particolare interesse per l'arte magica fino all'età di 18 anni. Durante il viaggio di istruzione dell'ultimo anno del liceo classico, all'interno del casinò della nave che ci portava a Barcellona, conobbi un prestigiatore. Mostrò degli effetti di cartomagia a me e ai miei compagni di classe e da quel preciso istante fui fulminato dalla meraviglia di quell'arte! Volevo imparare anch'io a stupire le persone in quel modo, facendo accadere quei miracoli proprio sotto i loro occhi. Tornato a casa, comprai un libro di magia ed un mazzo di carte in un negozio specializzato ed iniziai a studiare questa complessa disciplina da autodidatta per circa un anno. Successivamente ho iniziato a seguire lezioni con alcuni maestri di fama internazionale, viaggiando molto. Da semplice hobby è diventata la mia professione e ne sono felice! PIETRO - Non mentirò, devo a mio fratello la scoperta della cartomagia. Mi ha permesso di entrare in questo mondo fin da piccolo. Crescendo abbiamo sposato due stili di magia differenti ma complementari. Inizialmente studiavo da solo ma poi ho cominciato a entrare nell’ambiente magico conoscendo diversi maestri che mi hanno portato a conoscere a fondo la cartomagia. Di sicuro Diego Allegri, il mio maestro attuale, mi ha permesso di raggiungere il sogno di esibirmi in teatri e convegni. Perché pensate che questo sia un hobby interessante da coltivare per un ragazzo? LORENZO - Secondo me la Cartomagia è una disciplina complessa ed affascinante! Consente di mettere alla prova le proprie capacità e di superare le proprie inibizioni sentendosi gratificati davanti agli applausi di un pubblico stupito. Approcciare la cartomagia, sia come Hobby che come professione, riesce a regalare sempre moltissime emozioni. Il "Mago delle Carte" è lo strumento giusto per intraprendere questo percorso, grazie al quale si può far sognare chiunque con un semplice mazzo di carte! PIETRO - Come ho già detto sono un prestigiatore dall’età di 8 anni. Posso letteralmente dire di essere cresciuto tra lo stupore e l’incredulità delle persone che mi circondano. Ero meravigliato di come in un attimo un gioco di magia potesse portare le persone a vivere qualcosa che ritenevano impossibile. Questo mi ha fatto chiedere se tutto quello in cui crediamo fermamente fosse necessariamente la verità o se ci fossero più realtà e siamo noi a imporci quello che riteniamo impossibile. La magia con il tempo mi ha permesso di capire che tutti noi ci imponiamo delle limitazioni che sono solo nella nostra testa. Il potere infatti di quest’arte non è solo far vivere dei momenti di stupore e meraviglia alle persone (che non è affatto poco), ma anche aprirti la mente, permetterti di vedere il mondo in una miriade di modi differenti e darti la forza di perseguire qualcosa che le altre persone ritengono impossibile. Grazie ragazzi per l’intervista e complimenti per la vostra bravura!
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Search-ME - Erickson 3 Didattica ludica
Un modo alternativo di viaggiare nello spazio stellare esercitando le abilità logiche
In questi giorni in cui ricorre il cinquantesimo anniversario dello sbarco sulla luna, si parla molto di spazio e di esplorazione spaziale. Questo argomento affascina moltissimo e accende, da sempre, la fantasia di bambini e bambine. Per l’attuale generazione di bambini, il sogno di viaggiare nello spazio potrebbe anche realizzarsi in un giorno non molto lontano da adesso, se è vero che “il bambino che camminerà su Marte è già nato”, come diceva l’astrofisico Giovanni Bignami. Nel frattempo, in attesa che prendano forma i nuovi programmi di sbarchi lunari ed extra-lunari, noi proponiamo ai bambini – ma, perché no? anche agli adulti – di provare a viaggiare nello spazio in modo alternativo, con “Missione Spazio”, un gioco educativo ideato da Eva Pigliapoco e Ivan Sciapeconi. Con “Missione spazio”, tutti – ma proprio tutti – possono raggiungere mondi lontani, congiungendo pianeti e satelliti attraverso un favoloso viaggio intergalattico in cui occorre individuare le traiettorie giuste, avendo cura di evitare il contatto con temibili alieni e pericolosi asteroidi. Gli autori di questo gioco sono Eva Pigliapoco e Ivan Sciapeconi, due insegnanti di scuola primaria e formatori. A loro abbiamo chiesto di farcelo conoscere meglio. Ci raccontate com’è nato “Missione spazio”? Le nostre pubblicazioni per Erickson nascono sempre da un’esigenza che sperimentiamo come insegnanti ed educatori in generale. Abbiamo cercato a lungo un gioco divertente e orientato allo sviluppo del pensiero computazionale, ma non l’abbiamo trovato. La nostra esigenza era fare del coding unplugged in modo stimolante per i bambini. Abbiamo trovato proposte interessanti da punto di vista delle abilità cognitive, ma noiose sotto il profilo ludico, oppure all’opposto, molto divertenti ma poco significative. Alla fine abbiamo deciso di crearcelo e lo abbiamo sperimentato con i bambini.   Quali abilità stimola questo gioco? Missione spazio è un gioco che stimola il ragionamento strategico, il problem solving legato alla costruzione di percorsi. È un gioco che si avvicina molto alla riflessione di Jeannette Wing sul pensiero computazionale, ovvero aiuta a “pensare come un informatico, in modo algoritmico e a livelli multipli di astrazione”. Tutto questo, ovviamente, senza far ricorso al computer. Il primo livello di gioco è incentrato su stimoli visivi e quindi la comprensione del problema da risolvere è demandata alle immagini. Il secondo livello propone delle sfide testuali, semplici e lineari. Il terzo livello, il più complesso, ha una struttura narrativa.   Quali impressioni avete avuto vedendo i bambini giocarci? Prima di proporlo a Erickson, abbiamo testato il gioco con decine di bambini diversi. Abbiamo constatato una grande velocità nella comprensione delle regole del gioco. Questo aspetto è stato per noi molto importante perché ha confermato le nostre premesse: si può fare coding unplugged con strumenti semplici e immediati. Tra i tanti feedback, uno dei più significativi è stato quello fornito da un bambino di sette anni. Dopo aver sperimentato il gioco nella versione “casalinga”, fatta di fotocopie plastificate, ha deciso di costruirne una versione per la sorellina più piccola. Dopo questo episodio, ci siamo detti: “missione raggiunta” anche in questo “spazio”.
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Search-ME - Erickson 4 DIDA
Come un gioco può insegnare a riconoscere le fake news, in un clima politico polarizzato
Le fake news (notizie false) sono diventate un argomento centrale per chi si interessa di media, sia a livello di dibattito pubblico, sia nell’ambito della ricerca accademica. Educatori, amministratori e ricercatori si trovano sempre più spesso a cercare di rispondere alla domanda: come si fa a educare bambini e adolescenti a usare bene il web per informarsi? È possibile insegnare loro a riconoscere le notizie false e dotarli di una cassetta degli attrezzi da impiegare per analizzare criticamente le news? Un team di ricercatori del Media and Social Change Lab (MASCLab), presso il Teachers College della Columbia University di New York, ha deciso di raccogliere la sfida posta da queste domande e di cercare di rispondere attraverso un gioco di carte. Scegliere un gioco come strumento per imparare a riconoscere le false notizie permette di sfruttare alcune peculiarità dell’attività ludica: ragazzi e ragazze si lasciano più facilmente coinvolgere dalla situazione proposta e sono intrinsecamente motivati a cercare di applicare le nozioni proposte per poter vincere la partita. Nasce così “Lamboozled”, che uscirà in Italia con il titolo “Bufalandia”, proprio per Edizioni Erickson. Nell’originale statunitense, il gioco è ambientato nella città immaginaria di Green Meadows e i personaggi sono buffe pecore dagli occhi sgranati. Nella versione italiana, le protagoniste sono delle simpatiche bufale (come lasciarsi scappare l’occasione!) che abitano appunto il paese di Bufalandia. Il gioco, rivolto a ragazzi dai 10 anni in su, si svolge in brevi partite: all’inizio di ciascuna di esse, viene messa sul tavolo una carta notizia, a cui i giocatori dovranno fare riferimento per stabilire se è vera o falsa. Nessuna delle notizie proposte è vera o falsa in assoluto (fermo restando che è comunque una notizia immaginaria): l’obiettivo è proprio raccogliere l’associazione di carte prova migliore per supportarla o contestarla. L’articolo completo “A caccia di bufale!” è disponibile sul numero di settembre 2021 della rivista Erickson “DIDA”
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Search-ME - Erickson 5 DIDA
Un insegnante, Matteo Saudino, e uno studente, Simone Pacini, dialogano tra di loro sulla scuola e sul ruolo dell’educazione
È davvero utile studiare filosofia in una società globale, iperconnessa e sempre più tecnologica? Matteo Oggi abbiamo un disperato bisogno di fare filosofia proprio perché viviamo in una società iperconnessa e ultratecnologica. In un tempo sempre più liquido e complesso, lo studio e la pratica della filosofia diventano, infatti, un fecondo strumento per affrontare le tante complessità della realtà e provare a comprenderle. I filosofi e le filosofe sono dei meravigliosi compagni di viaggio, passeggiando e dialogando con i quali si finisce per smarrirsi negli intricati e numerosi dedali del mondo. Ma si tratta di un perdersi indispensabile per poi sapersi orientare e andare alla ricerca della libertà, della bellezza e del senso del vivere. La filosofia è oggi più che mai un efficace e potente farmaco anti-nichilista. Simone La nostra società è estremamente pragmatica e tecnocratica: l’unità di misura che adottiamo quotidianamente è l’utilitarismo. Si possono trovare dei risvolti pratici della filosofia (essa, infatti, permette la formazione di un pensiero critico e autonomo) ma reputo che la filosofia, così come la letteratura, debba, proprio come direbbe Wilde dell’arte, essere studiata per l’amore che per essa si prova: l’etica, per citare un esempio, può insegnarci come vivere in società, ma, oltre ad essere ciò, è espressione dell’essere umano che comunica con se stesso attraverso i secoli; la filosofia è la parte più viva dell’umanità, attraverso cui si tramanda lo spirito e il pensiero di ogni epoca. L’articolo completo della rubrica “Interrogazione doppia” è disponibile sul numero di novembre 2021 della rivista Erickson “DIDA"
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