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I mini gialli dei dettati 2
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Metodo Montessori e anziani fragili Lingue straniere
Quali emozioni è più comune provare durante l’apprendimento di una nuova lingua e come è possibile contrastare quelle negative?
Imparare una lingua diversa dalla L1 può coinvolgere un gran numero di emozioni, sia positive che negative. Oggi, la maggior parte delle persone si troverebbe d’accordo con la seguente affermazione: non può esserci apprendimento senza emozioni. Tuttavia, solo negli ultimi decenni sono diventate un tema centrale nella ricerca educativa, così come nella Linguistica Educativa, che ha rivolto una maggiore attenzione al ruolo delle emozioni nell’apprendimento linguistico. Il processo di apprendimento, e in questa sede ci riferiamo a quello linguistico in particolare, può suscitare negli apprendenti stati emotivi anche molto diversi tra loro, come gioia, orgoglio, soddisfazione, ma anche frustrazione, ansia, paura o indifferenza. Gli educatori, i compagni, la famiglia, il materiale didattico e l’ambiente di apprendimento sono tutti stimoli che influenzano la dimensione emotiva degli apprendenti.  L’emozione è sempre presente, anche quando non è chiaramente visibile.  Ad esempio, un alunno può mostrare apatia o indifferenza durante un’attività in classe, ma questo non significa che non si tratti di uno stato emotivo. Le emozioni positive, come il piacere, il divertimento e l’entusiasmo possono favorire l’apprendimento e, a sua volta, l’apprendimento può generare emozioni positive. Invece, le emozioni negative, come ansia, rabbia o frustrazione, possono essere la causa o l’effetto delle difficoltà di apprendimento e possono interferire negativamente, anche se non sempre, con l’apprendimento, creando dei veri e propri ostacoli che talvolta portano a esiti negativi nei risultati scolastici o accademici. Le emozioni e l’apprendimento sono poi strettamente correlati alla motivazione.  È infatti comunemente risaputo che quando si impara una lingua la motivazione gioca un ruolo fondamentale. Secondo la Teoria dell’autodeterminazione, la motivazione intrinseca, che nell’ambito dell’apprendimento è la tendenza intrinseca a cercare novità e sfide, a esplorare e imparare, può essere rafforzata in presenza di tre condizioni, che soddisfano i tre bisogni psicologici di base: il bisogno di competenza, il bisogno di relazioni e il bisogno di autonomia. Gli apprendenti hanno bisogno di sentirsi competenti, di essere in relazione con gli altri (educatori e compagni) e di sentirsi autonomi, cioè di sapere che possono compiere delle scelte e determinare le proprie azioni. Secondo la teoria dell’autoefficacia, le persone possono fare la differenza attraverso le loro azioni. Se gli apprendenti credono di poter ottenere gli effetti desiderati attraverso le proprie azioni, allora saranno più motivati a svolgere delle attività o a insistere di fronte alle difficoltà. L’autoefficacia rientra anche nel concetto di autostima, che si riferisce alle convinzioni che le persone hanno di se stesse. Nell’ambito dell’apprendimento linguistico, l’ansia è sicuramente l’emozione più diffusa e anche quella maggiormente studiata. Generalmente, viene considerata un’emozione negativa che può interferire con l’apprendimento, specialmente quando gli apprendenti provano frustrazione al punto di sentirsi incompetenti o addirittura inutili. La sfera emotiva degli apprendenti e il modo in cui mettono in funzione le emozioni positive e gestiscono quelle negative hanno dunque un ruolo determinante nel percorso di apprendimento linguistico. La capacità di riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri, la consapevolezza di sé e l’empatia possono facilitare l’autoregolazione (la capacità di gestire le proprie emozioni) e favorire la motivazione (la capacità di generare sentimenti di entusiasmo, fiducia e perseveranza, specialmente durante le difficoltà o dopo un fallimento). Gli apprendenti che soffrono di ansia linguistica tendono ad essere privi di speranza e ottimismo. Attraverso le cosiddette «strategie affettive» gli apprendenti, aiutati dagli educatori, possono affrontare con ottimismo le difficoltà, ad esempio attraverso l’accettazione realistica dei problemi e delle complessità, evitando di considerare le situazioni negative come permanenti o incontrollabili. Un aumento dell’ottimismo e una riduzione dell’ansia possono verificarsi quando gli apprendenti imparano a controllare i pensieri intrusivi e condividono le loro emozioni attraverso una narrazione costruttiva di sé in un ambiente rassicurante. Attraverso le fasi della gestione delle emozioni (1. riconoscere la presenza di un’emozione; 2. accettare che l’emozione esiste; 3. accettare l’emozione in modo consapevole, senza combatterla o sopprimerla; 4. acquisire la consapevolezza che ogni emozione è temporanea e che il cambiamento è possibile), gli apprendenti possono diventare più auto-compassionevoli e in grado di accettare se stessi.
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Affrontare un esame di una lingua che non si padroneggia ad alto livello, da parte degli insegnanti, significa vivere un’esperienza educativa importante, con tanti vantaggi. Vediamo insieme quali
Di seguito illustriamo un modo per abitare stati emozionali simili a quelli dei nostri alunni e come avvicinarsi a loro. Non si tratta di una tecnica fittizia o di una simulazione, ma di una vera e propria esperienza educativa per il docente di lingua seconda o straniera. Vi presentiamo, allo stesso tempo, la medesima come uno strumento di formazione professionale e crescita personale. L’esperienza educativa L’esperienza educativa consente di mettere le “mani in pasta”, di trovarsi calati in una situazione non fittizia (diversamente, per esempio, da quello che succede con i role-play e le drammatizzazioni) e di dover agire (e non fingere, simulare e immaginare) per il raggiungimento di un obiettivo concreto, uno scopo reale.  Un’esperienza stimola tutta la persona, mettendo in atto una serie complessa di conoscenze, competenze e abilità, favorendo altresì l’interiorizzazione dell’evento vissuto, l’apertura mentale e l’apprendimento. A tal proposito, è necessario ricordare che “In completa indipendenza dal desiderio o dall’intenzione ogni esperienza continua a vivere nelle esperienze future.” (Dewey 2014: 14). L’esame di lingua per un docente In genere, i docenti di lingua seconda o straniera sono abituati a seguire corsi di aggiornamento professionale sulla propria materia o discipline affini e complementari, ma quanti affrontano esami delle lingue in cui non si sentono ferrati? In effetti, può non rappresentare sempre un’esperienza piacevole, perché si deve uscire dalla zona di comfort, si può altresì correre il rischio di vivere una brutta figura ed avere l’impressione di “perdere la faccia”. E se invece si sostenesse l’esame senza troppi pensieri e lo si vedesse come un’opportunità in più di formazione professionale e crescita personale?  Formazione professionale e crescita personale Innanzitutto, l’insegnante che sostiene un esame di una lingua che non padroneggia ad alti livelli si trova in una condizione analoga a quella dei suoi studenti e, per questo motivo, può provare emozioni simili alle loro e può capirli meglio; può anche cambiare prospettiva e sviluppare una maggiore competenza empatica. Boella (2006: 90) ci insegna che “L’empatia deve essere fatta accadere, deve essere praticata, soprattutto deve essere riconosciuta nella varietà delle esperienze di relazione che accompagnano l’esistenza di ciascuno”. Cercare di vivere stati d’animo somiglianti a quelli dei nostri allievi ci aiuta anche a trovare gli strumenti, le tecniche e i metodi per guidarli meglio in vista di prove, verifiche ed esami; è possibile far leva sulle giuste emozioni, interpretare correttamente i segnali (gesti, voce, parole, espressioni del volto e postura) che gli alunni ci lanciano e reagire più efficacemente ad essi. Altrettanto importante è il fatto che l’esaminatore rappresenta un esempio, è come se fosse il nostro “alter ego”, e da lui possiamo imparare. L’occasione si rivela quindi preziosa per osservarlo e ascoltarlo con attenzione, per individuare i suoi aspetti positivi (per esempio, se usa strategie e tecniche particolari per mettere il candidato a suo agio e favorire il dialogo) e quelli negativi (per esempio, se trasmette ansia relativa ad un eventuale ritardo della prova e la paura di dover modificare il cronoprogramma). Considerazioni finali Sulla base della nostra esperienza, sottoporsi ad un esame di lingua che non si usa frequentemente e diversa da quella che si insegna permette di: attivare l’(auto)osservazione e l’(auto)ascolto; favorire la decostruzione di convinzioni radicate, pregiudizi e stereotipi; facilitare il decentramento e la transitività cognitiva;  diminuire la distanza tra docente e studente e, pertanto,  renderci insegnanti e persone migliori.  In altre parole, si tratta di un esperimento che ci consente di entrare in un dialogo per “guardare meglio gli altri grazie ad uno sguardo più attento ma, prima ancora, di guardare meglio noi stessi attraverso gli altri, potendo disporre di angolazioni plurali e inaspettate” (Balboni, Caon 2015: 157). Riferimenti bibliografici Balboni P. E., Caon F. (2015), La comunicazione interculturale, Marsilio, Venezia. Boella L. (2006), Sentire l’altro: conoscere e praticare l’empatia, Raffaello Cortina, Milano. Dewey J. (2014), Esperienza e Educazione, Raffaello Cortina, Milano. @media (max-width: 576px){ .me-text ul li { font-size: 19px !important; line-height: 28px !important; } .me-text ol li { font-size: 19px; line-height: 28px; } } .me-text ul li { font-size: 22px; line-height: 34px; } .me-text ol li { font-size: 22px; line-height: 34px; }
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Search-ME - Erickson 1 Lingue straniere
Riflessioni per un impianto valutativo valido ed equo
La situazione di emergenza che stiamo vivendo ha costretto tutti i docenti a ripensare il proprio insegnamento nella forma della didattica a distanza, con la difficoltà di equilibrare le nuove lezioni con le solite esigenze amministrative, tra le quali non ultima è la valutazione. Proviamo dunque a ragionare assieme sulle possibili modalità di valutazione della didattica linguistica a distanza, riflettendo anche sull’importanza che questo momento fondamentale occupa nel percorso di apprendimento di ogni singolo studente. 1. Perché valutare? Le recenti dichiarazioni ministeriali sembrano far presagire una ‘promozione garantita (o quasi)’ degli studenti, e questo, se da un lato ci toglie alcune preoccupazioni burocratiche, dall’altro ci costringe a interrogarci sul senso ultimo della valutazione, che non coincide con l’attribuzione di voti, ma ha un valore formativo più profondo.<br>Inoltre, abbiamo tutti familiarità con la distinzione terminologica tra valutazione ‘sommativa’ e ‘formativa’, ma i due concetti sono spesso confusi, tanto che sembra che ogni valutazione sia sempre anche formativa, anche quando in realtà non lo è affatto. Per comprendere le finalità dell’atto stesso di valutare, è forse più opportuno distinguere tra: Valutazione dell’apprendimento, che misura dunque ciò che lo studente ha imparato nell’ambito di un percorso di apprendimento. (il contenuto di questo apprendimento, però, lo focalizzeremo meglio tra un attimo, al punto 2). Valutazione per l’apprendimento, che è progettata per fornire agli studenti e agli insegnanti informazioni utili a comprendere l’efficacia del percorso didattico, per poterlo rimodulare o per poter attivare azioni di rinforzo per i più deboli, ma anche per aiutare gli studenti a migliorarsi. Valutazione come apprendimento, che focalizza invece l’attenzione sul ruolo formativo che ricopre l’atto stesso di auto-valutarsi, e quindi stimola la meta-cognizione degli studenti sul percorso svolto. 2. Cosa valutare? Le tre forme di valutazione qui descritte ci aiutano a comprendere il COSA valutare, ossia gli ambiti che dovrebbero rientrare in una valutazione linguistica a distanza completa. Possiamo riassumere il COSA in due concetti-chiave, il primo che riguardante la “Valutazione dell’apprendimento”, la seconda riguardante invece la “Valutazione per l’apprendimento e come apprendimento”, le tre suddivisioni che abbiamo proposto sopra: Prendiamo il concetto di COMPETENZA così come è descritto dal Quadro Comune Europeo: “Per svolgere i compiti e le attività richiesti in varie situazioni comunicative, chi usa una lingua si avvale di un insieme di competenze acquisite nel corso della propria esperienza”: Competenze generali, come ad esempio saper essere, saper fare, saper imparare, e Competenze linguistiche, che riguardano la dimensione dell’uso lessicale, grammaticale, sociolinguistica, pragmatica. Dunque, nel quadro comune Europeo, non sono valutati contenuti linguistici in senso stretto, ma l’uso della lingua in contesti situazionali precisi. E questo è già un punto interessante. Prendiamo il concetto di FEEDBACK. Il feedback che è sia bidirezionale che multidimensionale: Bidirezionale, perché in primis c’è il feedback che va dall’insegnante allo studente, ad esempio in relazione alla qualità di una produzione linguistica dello studente; ma c’è anche il feedback che va dallo studente all’insegnante, ad esempio in relazione alla qualità dei materiali e dei metodi utilizzati, ma anche alle proprie percezioni circa l’efficacia dell’apprendimento; e Multidimensionale, perché il feedback, sia che lo dia l’insegnante sia che lo dia lo studente, dovrebbe aiutare insegnanti e studenti a capire come sono cambiate, dopo settimane di didattica a distanza, le competenze proposte dal Quadro Comune Europeo, come ad esempio: Competenza sociolinguistica e pragmatica: gli studenti hanno acquisito una maggiore consapevolezza del fatto che la comunicazione cambia a seconda del mezzo che si usa? Hanno scoperto che esiste una netiquette? Si sono forse accorti che le sovrapposizioni dei turni di parola, così naturali per alcuni, non lo sono in una video-conferenza? Nei momenti in cui il segnale andava e veniva, come hanno cercato di colmare le lacune informative (Expectancy Grammar!). Saper essere: da questa esperienza di didattica a distanza, abbiamo forse risvegliato soft skills fondamentali come l’empatia, il rispetto, il coinvolgimento attivo, la capacità di far squadra di fronte all’emergenza? Saper imparare: cosa hanno scoperto gli studenti circa il loro modo di imparare le lingue? Magari hanno acquisito maggiore consapevolezza dell’importanza di auto-esporsi alla lingua, magari si sono accorti che senza una guida l’apprendimento è più difficile (con buona pace di chi, negli anni ‘70 riteneva che l’avvento del PC avrebbe reso inutile l’insegnante di lingua). Si potrebbe obiettare che alcune di queste dimensioni sono ‘secondarie’ (ma qui siamo smentiti dal Quadro Comune Europeo stesso!) e ‘difficili da catturare’. Questo ci conduce al terzo e ultimo punto della nostra riflessione, ossia il COME valutare. 3. Come valutare? Vediamo adesso alcuni suggerimenti per costruire un impianto valutativo che riesca a catturare le tre forme di valutazione di cui abbiamo parlato. Innanzitutto se utilizziamo il concetto di competenza così come descritto dal Quadro Comune Europeo, possiamo decidere che concorrono al voto finale: Le competenze linguistico-comunicative degli studenti (es. 60-70%), le competenze generali (es, 30-40%). Partiamo dalle competenze linguistico-comunicative. Le prove formali (test) hanno non poche problematiche, perché da un lato in un ambiente non controllato si prestano maggiormente a dare risultati ‘falsati’ (lo studente può copiare, consultare le grammatiche ecc.), e dall’altro sono anche meno funzionali a far emergere le abilità linguistiche. Si potrebbe pensare, invece: Compiti comunicativi in modalità sincrona, da svolgersi a coppie o a piccoli gruppi, in presenza dell’insegnante in videoconferenza oppure in chat. Assegniamo prima uno scenario verosimile (Es. volete iscrivervi al Gruppo FB de La Casa de Papel e dovete rispondere a queste 3 domande, oppure avete creato un gruppo WhatsApp con i compagni della scuola francese con cui farete un gemellaggio elettronico: mettetevi d’accordo per un incontro di gruppo), lasciamo il tempo per prepararsi e poi promuoviamo l’interazione orale o online e REGISTRIAMO. Compiti creativi in modalità asincrona, da consegnare all’insegnante (es. una video-presentazione, una vision board, storie fotografiche, guide all'ascolto di una canzone ecc.), dove l’uso delle risorse internet sia naturale, seppur regolamentato. Per quanto riguarda le competenze generali: darei un valore alla partecipazione attiva, ma cercherei di cogliere la crescita degli studenti in termini di saper essere e saper imparare attraverso: Take-home quiz (test formali, con scopo auto-valutativo). Questionari metacognitivi. Focus group sui compiti succitati, per stimolare la capacità di auto-analisi, auto-correzione ecc. Due osservazioni finali Per una valutazione a distanza efficace, in questo momento sospenderei l’attribuzione formale di voti per ogni singolo compito consegnato dallo studente, facendo valere il principio «Give a kid a grade and learning stops. Give feedback and extending questions and learning goes deeper» (Justin Tarte) So bene che alcune delle proposte sopra riportate potrebbero allontanarsi da ciò che in questo momento alcuni docenti considerano urgente (valutazione delle performance). Eppure secondo me questa è l’occasione per rimettere al centro il valore più profondo della valutazione ed includere quelle dimensioni spesso trascurate da chi concepisce la valutazione come ‘test formale’, e che invece consentono di cogliere meglio il livello di crescita degli studenti in tutte le dimensioni di competenza previste dal Quadro Comune Europeo. Non da ultimo, da quanto abbiamo discusso, emerge come questo tipo di valutazione aiuterebbe a lavorare nella direzione di formare studenti consapevoli, partecipi e autonomi.
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Search-ME - Erickson 2 Didattica
Lo sviluppo della competenza pragmatica nell’educazione plurilingue
Cosa si intende per educazione plurilingue L’idea di un’educazione che tenga in considerazione la diversità linguistica e culturale della nostra società non è recente. Già a partire dal 1990, il Consiglio d’Europa ha iniziato ad elaborare degli strumenti che potessero servire ad orientarsi nel panorama scolastico multilingue. Uno fra tutti, la “Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e interculturale” (Beacco et al. 2012), accompagna l’educatore nella costruzione di programmi volti a rendere gli apprendenti “consapevoli dell’ampiezza delle loro competenze [n.d.r. linguistiche e culturali] e del loro potenziale sviluppo”. La “svolta multilingue” nella ricerca Nell’ambito della ricerca, questa prospettiva si riflette in una “svolta multilingue” (multilingual turn, May, 2014), un nuovo punto di osservazione sull’apprendimento. Questa svolta si traduce non solo nella nascita di nuovi approcci didattici (Candelier et al. 2012; García, 2019), ma soprattutto nell’approfondimento delle pratiche e dei processi che caratterizzano l’apprendimento plurilingue. Cosa studia la pragmatica In questo senso, la prospettiva pragmatica è un utile strumento per approfondire la riflessione sui processi e sulle pratiche linguistiche. Se la pragmatica analizza, infatti, l’uso della lingua nella co-costruzione del discorso (Consiglio d’Europa, 2020), la competenza pragmatica mobilita le risorse per comprendere ed esprimersi secondo le norme della lingua target (es. saper formulare efficacemente una richiesta, un complimento, un saluto). Perché la competenza pragmatica è centrale per l’educazione plurilingue La competenza pragmatica si sviluppa più efficacemente grazie alla pratica d’insegnamento, favorendo cioè una riflessione esplicita sulla dimensione sociale e culturale della comunicazione, soprattutto in contesti di diversità linguistica (Nuzzo e Rastelli, 2009). Lo sviluppo della competenza pragmatica permette di avvicinarsi a norme sociali legate all’uso delle lingue (García, 2015), realizzando quindi gli obiettivi dell’educazione plurilingue. Competenza pragmatica e competenza plurilingue e pluriculturale (Consiglio d’Europa, 2020) realizzano lo stesso scopo, favorendo la comprensione e la consapevolezza dei fenomeni di alterità culturale e, parallelamente, lo sviluppo di una prospettiva più ricca e complessa (Beacco et al. 2012). Riferimenti bibliografici Beacco J.C., Byram, M., Cavalli, M., Coste, D., Egli Cuenat, M., Gouiller, F. e Panthier, J., 2012, “Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e interculturale”, in Italiano LinguaDue, 3.  Candelier M., Camilleri-Grima A., Castellotti V., de Pietro J.F., Lőrincz I., Meiẞner F.J., Noguerol A., (con la collaborazione di Muriel Molinie)́. (2013). “Il CARAP, un quadro di riferimento per gli approcci plurali alle lingue e alle culture. Competenze e risorse”, in Italiano LinguaDue. Consiglio d’Europa, 2020, “Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione. Volume complementare”, in Italiano LinguaDue, 12(2) https://riviste.unimi.it/index.php/promoitals/article/view/15120/13999   García, O., 2015. “Critical Multilingual Language Awareness and Teacher Education”, In J. Cenoz et al. (eds), Language Awareness and Multilingualism, Encyclopedia of Language and Education, Springer Internarional Publishing, p 263-280. García, O., 2019. “Plurilingualism and translanguaging: commonalities and divergences”, In International Journal of Bilingual Education and Bilingualism, pp. 17-35 https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/13670050.2019.1598932 May, S. (2014). The multilingual turn: Implications for SLA, TESOL and bilingual education. New York: Routledge/Taylor & Francis Group.
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Search-ME - Erickson 3 Lingue straniere
Un’esperienza didattica in lingua inglese in cui ragazzi e ragazze sono stati incoraggiati a mettere in gioco creatività, coinvolgimento sociale, voglia di novità e di esplorazione.
Un mondo da scoprire Sebbene generalmente gli adolescenti vengano associati a sensazioni di smarrimento, confusione, mancanza di equilibrio, sono in realtà portatori di un mondo affascinante e sfaccettato, che rende prezioso e stimolante lavorare con loro. Insegnare alla scuola secondaria di primo grado, in effetti, ci permette di accompagnare gli alunni lungo un percorso ricco e complesso, al quale l’adulto può conferire supporto e struttura. Daniel J. Siegel, fondatore della psicobiologia relazionale, ci offre una bussola per orientarci in questo affascinante e complesso percorso. Uno sguardo diverso Ne La mente adolescente Siegel sottolinea innanzitutto come i cambiamenti che caratterizzano l’affacciarsi all’adolescenza non siano “da contrastare, bensì da incoraggiare”, perché “il modo in cui affrontiamo gli anni dell’adolescenza influisce direttamente sul modo in cui vivremo il resto della vita”. Quegli sbalzi repentini sono dunque sintomo della fase in cui gli adolescenti creano il loro e il nostro mondo, un’esplorazione che l’adulto è chiamato a guidare in modo costruttivo e non sfidante o conflittuale. Come è possibile assumere questo ruolo? Siegel identifica le quattro caratteristiche mentali tipiche dei primi anni dell’adolescenza: “la ricerca di novità, il coinvolgimento sociale, una maggiore intensità emotiva e l’esplorazione creativa”.  Per assumere un ruolo costruttivo, è dunque necessario trovare un equilibrio tra il supporto all’esplorazione, alla creatività, al desiderio di relazioni, e l’imposizione del limite oltre il quale il desiderio diventa eccessivo, inglobante e priva della consapevolezza necessaria per affrontare il mondo nuovo.  È un passaggio fondamentale quanto delicato, questo, perché richiede ascolto, e la convinzione ferma del valore dell’equilibrio tra forza e accettazione, esplorazione e confini, cammino e fatica. Dobbiamo riuscire a tenere negli occhi la loro bellezza, perché imparino quello sguardo e lo volgano finalmente su sé stessi. Esplorazione creativa confinata: un’esperienza didattica Proprio sull’equilibrio tra supporto e confine si fonda l’esperienza didattica del Tourist Hunt (da proporre ovviamente in tempi non-Covid). Una volta all’anno gli studenti della mia scuola vengono accompagnati in Piazza della Signoria a Firenze dove, divisi in piccoli gruppi, hanno il compito di intervistare rigorosamente in lingua inglese quanti più turisti riescono a fermare. Questa attività, che negli anni di formazione della SSIS era stata esaltata per il suo potere motivazionale, è di grande efficacia didattica, perché permette di avventurarsi in maniera estremamente personale in un perimetro delimitato sotto lo sguardo dell’insegnante che supervisiona in lontananza.  All’interno dei confini fisici della Piazza – da cui è proibito allontanarsi – molteplici dimensioni vengono esplorate: la curiosità, il timore, la vergogna, il divertimento, l’intuito, i compagni che sono risorsa e supporto, i compromessi, l’entusiasmo. L’adulto fornisce struttura non solamente nello stabilire i limiti fisici della missione, ma nel delicatissimo lavoro di preparazione: • Creazione di gruppi con la giusta sinergia e le risorse necessarie per portare a termine il compito; • Un’attenta stesura delle domande per le interviste durante le lezioni precedenti all’uscita, in cui entra in gioco la tecnica dell’adattamento linguistico; • Un excursus di strategie ed espressioni utili a gestire momenti di impaccio o difficoltà, sottolineando quanto sia normale sentirsi persi nel parlare una lingua straniera in un contesto autentico, senza che questo ci debba scoraggiare. È un’esperienza che ci regala uno scorcio autentico di quanto sia non solo possibile ma estremamente gratificante l’integrazione tra lo sguardo adulto e la volontà di crescere ed espandersi adolescente: momenti che testimoniano come, con la giusta bussola, è davvero un wonderful world da esplorare!
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Search-ME - Erickson 4 Didattica
L’intercomprensione come approccio plurilingue all’apprendimento linguistico
Si dice che imparare una nuova lingua sia come vestire i panni di qualcun altro, immaginare per il tempo di una frase di vivere in un’altra parte del mondo, sporgersi dalla finestra e vedere un nuovo panorama. Ma se qualcuno ci dicesse che nello stesso tempo di una frase potremmo viaggiare cinque volte più lontano, la prospettiva non ci alletterebbe? Questa è la sensazione che si ha durante un laboratorio di intercomprensione di lingue romanze. Al di là della suggestione, la ricerca scientifica spiega il successo di quest’approccio all’apprendimento delle lingue riassumendolo in due parole: parentela linguistica. In questo articolo spieghiamo perché, appoggiandosi sulla fitta trama di corrispondenze che esistono tra lingue genealogicamente imparentate, l’intercomprensione permette di aprire il nostro orizzonte ad un maggior numero di lingue nello stesso tempo di un corso tradizionale. Cos’è l’intercomprensione? Diversamente dagli approcci di insegnamento tradizionale, che puntano allo sviluppo delle quattro abilità di base (comprensione e produzione scritta e orale) in una singola lingua specifica, nell’intercomprensione gli studenti si concentrano sulla comprensione simultanea di un gruppo più ampio di lingue imparentate fra di loro, ad esempio le lingue romanze (Bonvino, 2010). Quest’approccio si fonda sul presupposto teorico e alquanto intuitivo che, ad esempio, un parlante di lingua spagnola possa capire cosa recita un testo scritto in francese o il testo di una canzone italiana senza essere necessariamente in grado di saper parlare o di saper scrivere in queste due lingue. L’approccio intercomprensivo parte proprio da un’abilità linguistica spontanea e la potenzia grazie allo studio delle corrispondenze che esistono tra lingue imparentate geneticamente a livello lessicale, morfologico e sintattico. Un esempio? Proviamo con il catalano (Bonvino et al., 2011, p. 257): L’emblemàtic edifici groc seu de l’Orquestra Filharmònica de Berlín, situat al cor del Berlín reunificat, prop de la Postdamer Platz i el Tiergarten, considerat l’auditori amb millor acústica del món, es va incendiar ahir al migdia mentre una sala acollia un concert de cambra i l’altra l’assaig de Claudio Abbado al capdavant de l’Orquestra de Baviera i el cor juvenil. In un laboratorio di intercomprensione allo studente viene chiesto di ricostruire, in primo luogo, il senso generale del testo e solo in seguito di individuare, da una parte, le parole che sono trasparenti con le lingue a lui più familiari e, dall’altra, le parole che sono invece opache e che ne ostacolano la comprensione. In questo caso il docente fornirà degli strumenti linguistici più raffinati che permettano allo studente di ritrovare in un’espressione catalana opaca come prop de locuzioni simili in altre lingue romanze come, ad esempio, près de, in francese o perto de, in portoghese. L’affinità di significato tra tutte queste espressioni metteranno lo studente sulla buona strada, portandolo ad individuare nell’espressione italiana prossimo a (quindi vicino a), l’equivalente in lingua materna dell’espressione iniziale. Cosa si impara con l’intercomprensione che non si impara tramite gli approcci tradizionali? Da quest’esempio risulta chiaro come l’intercomprensione offra un approccio plurilingue di risoluzione dei task linguistici. In altre parole, gli studenti sono portati a sfruttare tutte le lingue del loro repertorio per accedere al significato del testo in lingua straniera. Il transfer da altre lingue, diversamente da quel che accade in un corso tradizionale di lingua, non è elemento di disturbo, bensì strumento di ampliamento, chiave di volta (Jamet, 2009; Berthele e Lambelet, 2009). Le lingue sono messe in comunicazione tra di loro e le loro somiglianze portano gli studenti alla sorprendente scoperta di comprendere molto di più e in molte più lingue di quanto non credessero possibile. Per concludere L’intercomprensione, oltre a rappresentare un approccio alternativo di insegnamento, rimette in prospettiva alcuni dei principi intrinseci all’apprendimento linguistico quali l’importanza delle conoscenze metalinguistiche e l’importanza di (ri-)mettere in comunicazione il repertorio di conoscenze dell’apprendente piuttosto che di frammentarlo. In conclusione, se qualcuno vi dicesse che, nello stesso tempo di un corso tradizionale, potreste imparare a comprendere cinque lingue diverse invece che a parlarne una sola, cosa scegliereste? Riferimenti bibliografici Berthele R. e Lambelet A., 2009, “Approche empirique de l’intercompréhension: répertoires, processus et résultats”, in Lidil, 39, pp. 151-162. Bonvino E., 2010, “Intercomprensione. Percorsi di apprendimento/insegnamento simultaneo di portoghese, spagnolo, catalano, italiano e francese”, in Mezzadri M. (a cura di), Le lingue dell’educazione in un mondo senza frontiere, Perugia, Guerra Edizioni. Bonvino E., Caddéo S., Vilaginés, E., Puppa S., 2011, EuRom5. Ler e compreender 5 línguas românicas, Leer y entender 5 lengua románicas, Llegir i entendre 5 llengües romàniques, Leggere e capire 5 lingue romanze, Lire et comprendre 5 langues romanes. SGEL, la maison du Dictionnaire, Editore Ulrico Hoepli, Milano: http://www.eurom5.com Jamet M.J., 2009, “Contacts entre langues apparentées: les transferts négatifs et positifs d’apprenants italophones en français”, in Synergies Italie, 5, pp. 49-59.
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