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Metodo Montessori e anziani fragili Lingue straniere
Quali emozioni è più comune provare durante l’apprendimento di una nuova lingua e come è possibile contrastare quelle negative?
Imparare una lingua diversa dalla L1 può coinvolgere un gran numero di emozioni, sia positive che negative. Oggi, la maggior parte delle persone si troverebbe d’accordo con la seguente affermazione: non può esserci apprendimento senza emozioni. Tuttavia, solo negli ultimi decenni sono diventate un tema centrale nella ricerca educativa, così come nella Linguistica Educativa, che ha rivolto una maggiore attenzione al ruolo delle emozioni nell’apprendimento linguistico. Il processo di apprendimento, e in questa sede ci riferiamo a quello linguistico in particolare, può suscitare negli apprendenti stati emotivi anche molto diversi tra loro, come gioia, orgoglio, soddisfazione, ma anche frustrazione, ansia, paura o indifferenza. Gli educatori, i compagni, la famiglia, il materiale didattico e l’ambiente di apprendimento sono tutti stimoli che influenzano la dimensione emotiva degli apprendenti.  L’emozione è sempre presente, anche quando non è chiaramente visibile.  Ad esempio, un alunno può mostrare apatia o indifferenza durante un’attività in classe, ma questo non significa che non si tratti di uno stato emotivo. Le emozioni positive, come il piacere, il divertimento e l’entusiasmo possono favorire l’apprendimento e, a sua volta, l’apprendimento può generare emozioni positive. Invece, le emozioni negative, come ansia, rabbia o frustrazione, possono essere la causa o l’effetto delle difficoltà di apprendimento e possono interferire negativamente, anche se non sempre, con l’apprendimento, creando dei veri e propri ostacoli che talvolta portano a esiti negativi nei risultati scolastici o accademici. Le emozioni e l’apprendimento sono poi strettamente correlati alla motivazione.  È infatti comunemente risaputo che quando si impara una lingua la motivazione gioca un ruolo fondamentale. Secondo la Teoria dell’autodeterminazione, la motivazione intrinseca, che nell’ambito dell’apprendimento è la tendenza intrinseca a cercare novità e sfide, a esplorare e imparare, può essere rafforzata in presenza di tre condizioni, che soddisfano i tre bisogni psicologici di base: il bisogno di competenza, il bisogno di relazioni e il bisogno di autonomia. Gli apprendenti hanno bisogno di sentirsi competenti, di essere in relazione con gli altri (educatori e compagni) e di sentirsi autonomi, cioè di sapere che possono compiere delle scelte e determinare le proprie azioni. Secondo la teoria dell’autoefficacia, le persone possono fare la differenza attraverso le loro azioni. Se gli apprendenti credono di poter ottenere gli effetti desiderati attraverso le proprie azioni, allora saranno più motivati a svolgere delle attività o a insistere di fronte alle difficoltà. L’autoefficacia rientra anche nel concetto di autostima, che si riferisce alle convinzioni che le persone hanno di se stesse. Nell’ambito dell’apprendimento linguistico, l’ansia è sicuramente l’emozione più diffusa e anche quella maggiormente studiata. Generalmente, viene considerata un’emozione negativa che può interferire con l’apprendimento, specialmente quando gli apprendenti provano frustrazione al punto di sentirsi incompetenti o addirittura inutili. La sfera emotiva degli apprendenti e il modo in cui mettono in funzione le emozioni positive e gestiscono quelle negative hanno dunque un ruolo determinante nel percorso di apprendimento linguistico. La capacità di riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri, la consapevolezza di sé e l’empatia possono facilitare l’autoregolazione (la capacità di gestire le proprie emozioni) e favorire la motivazione (la capacità di generare sentimenti di entusiasmo, fiducia e perseveranza, specialmente durante le difficoltà o dopo un fallimento). Gli apprendenti che soffrono di ansia linguistica tendono ad essere privi di speranza e ottimismo. Attraverso le cosiddette «strategie affettive» gli apprendenti, aiutati dagli educatori, possono affrontare con ottimismo le difficoltà, ad esempio attraverso l’accettazione realistica dei problemi e delle complessità, evitando di considerare le situazioni negative come permanenti o incontrollabili. Un aumento dell’ottimismo e una riduzione dell’ansia possono verificarsi quando gli apprendenti imparano a controllare i pensieri intrusivi e condividono le loro emozioni attraverso una narrazione costruttiva di sé in un ambiente rassicurante. Attraverso le fasi della gestione delle emozioni (1. riconoscere la presenza di un’emozione; 2. accettare che l’emozione esiste; 3. accettare l’emozione in modo consapevole, senza combatterla o sopprimerla; 4. acquisire la consapevolezza che ogni emozione è temporanea e che il cambiamento è possibile), gli apprendenti possono diventare più auto-compassionevoli e in grado di accettare se stessi.
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Search-ME - Erickson 1 Didattica
I principi dell’accessibilità glottodidattica come alleati per rendere i materiali inclusivi e accessibili
Negli ultimi anni, nel linguaggio scolastico sono entrate le parole accessibilità e inclusione. Consapevoli del loro uso frequente, vogliamo riflettere su come vengono impiegate nei materiali didattici. Materiali didattici: davvero sono accessibili e inclusivi? Nella didattica quotidiana gli studenti si trovano a studiare su libri definiti accessibili e inclusivi perché offrono espansioni online ricche di esercizi o video di approfondimento, oppure perché forniscono sussidiari integrativi. Ne consegue che lo studente si trova ricco di materiale su cui lavorare e/o studiare ma spesso quel materiale non risulta davvero accessibile. Di conseguenza è compito dell’insegnante intervenire per manipolare il materiale stesso, ma questa operazione risulta essere un ostacolo per l’educatore che spesso non conosce o non possiede gli strumenti per costruire o implementare il materiale didattico.  Gli alleati per una didattica linguistica inclusiva Una risposta di intervento in ottica accessibile e inclusiva è data dalla Teoria dell’accessibilità glottodidattica che vede nel concetto di accessibilità glottodidattica la chiave del successo, vale a dire un insieme di scelte metodologiche e di azioni che l’educatore linguistico può assumere allo scopo di garantire pari opportunità di apprendimento a tutti gli studenti (Daloiso, 2012; 2017).  Le coordinate metodologiche per realizzare quanto detto sono rappresentate da 5 principi-chiave: sistematicità, multimodalità, arrangiamento, empowerment, interdipendenza. I primi tre vedono la mediazione dell’insegnante mentre gli ultimi due richiedono la mediazione dello studente, che è attivo e collaborativo con i pari (Daloiso e Gruppo di ricerca Elicom, 2023).  Come riscrivere i materiali didattici con i principi dell’accessibilità Tra i principi di riferimento sopra citati, partiamo dalla sistematicità che vede la figura dell’insegnante impegnata nell’organizzazione del lavoro in sequenze caratterizzate da una struttura trasparente e sostenibile per gli apprendenti (Daloiso e Gruppo di ricerca Elicom, 2023). Per rendere ancor più chiara la struttura dell’unità di lavoro, l’insegnante può aiutarsi costruendo una cornice metacognitiva suddivisa in: anteprima, per condividere con gli studenti gli obiettivi, fasi di lavoro e attività; ricapitolazione, ossia momenti di riflessione sui passaggi da fare da una fase all’altra di lavoro; infine, una sintesi per ripercorrere quanto svolto alternando momenti di riflessione condivisa con momenti di auto-valutazione (Daloiso e Gruppo di ricerca Elicom, 2023).  Il lato pratico della sistematicità Applicare la sistematicità su un materiale di lingua inglese per studenti di scuola secondaria di secondo grado significa da un alto esplicitare l’argomento, ad esempio i tempi verbali per esprimere il futuro, integrando anche domande flash per richiamare alla memoria degli studenti quanto e cosa ricordano dell’argomento in questione; dall’altro lato, riscrivere gli esercizi affinché anche nella pratica si mantenga una struttura sequenziale, chiara e sostenibile. Infine, è opportuno che l’insegnante segnali eventuali criticità nell’uso dei tempi verbali in questione così come è utile che suggerisca sia esercizi che le pagine di riferimento su cui studiare e allenarsi.  Quanto agli esercizi, invece, portando come esempio quella tipologia di esercizio di riordino delle parole, la sistematicità può trovare impiego laddove l’insegnante presenta l’esercizio dapprima in modo guidato e man mano in modo sempre più autonomo. Ciò significa che prima di arrivare a comporre la frase, l’insegnante può chiedere agli studenti di identificare le frasi che richiedono l’uso di una forma verbale piuttosto che un’altra, ad esempio, scegliere tra going to, present continuous e will. Dopodiché, l’insegnante chiede loro di distinguere tra frasi affermative, negative e interrogative. Solo dopo questi passaggi, lo studente potrà costruire la frase completa.  Conclusioni Applicando i principi succitati alla didattica delle lingue straniere e nelle altre discipline, l’educatore riscrive la sua azione didattica che risulta così inclusiva e accessibile perché attenua o elimina possibili ostacoli. Lo studente, dal canto suo, non è escluso dal percorso di apprendimento, bensì ha la possibilità di fare propri questi strumenti per sentirsi parte attiva del proprio apprendimento e della vita di classe.  Bibliografia Daloiso M. (2012), Lingue straniere e dislessia evolutiva. Teoria e metodologia per una glottodidattica accessibile, Torino, UTET Università.Daloiso M. (2017), Supporting learners with dyslexia in the ELT classroom, Oxford, Oxford Univesity Press.Daloiso M. & Gruppo di ricerca Elicom (2023), Le difficoltà di apprendimento delle lingue a scuola. Strumenti per un’educazione linguistica efficace e inclusiva, Grandi Guide Didattica, Erickson.
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Affrontare un esame di una lingua che non si padroneggia ad alto livello, da parte degli insegnanti, significa vivere un’esperienza educativa importante, con tanti vantaggi. Vediamo insieme quali
Di seguito illustriamo un modo per abitare stati emozionali simili a quelli dei nostri alunni e come avvicinarsi a loro. Non si tratta di una tecnica fittizia o di una simulazione, ma di una vera e propria esperienza educativa per il docente di lingua seconda o straniera. Vi presentiamo, allo stesso tempo, la medesima come uno strumento di formazione professionale e crescita personale. L’esperienza educativa L’esperienza educativa consente di mettere le “mani in pasta”, di trovarsi calati in una situazione non fittizia (diversamente, per esempio, da quello che succede con i role-play e le drammatizzazioni) e di dover agire (e non fingere, simulare e immaginare) per il raggiungimento di un obiettivo concreto, uno scopo reale.  Un’esperienza stimola tutta la persona, mettendo in atto una serie complessa di conoscenze, competenze e abilità, favorendo altresì l’interiorizzazione dell’evento vissuto, l’apertura mentale e l’apprendimento. A tal proposito, è necessario ricordare che “In completa indipendenza dal desiderio o dall’intenzione ogni esperienza continua a vivere nelle esperienze future.” (Dewey 2014: 14). L’esame di lingua per un docente In genere, i docenti di lingua seconda o straniera sono abituati a seguire corsi di aggiornamento professionale sulla propria materia o discipline affini e complementari, ma quanti affrontano esami delle lingue in cui non si sentono ferrati? In effetti, può non rappresentare sempre un’esperienza piacevole, perché si deve uscire dalla zona di comfort, si può altresì correre il rischio di vivere una brutta figura ed avere l’impressione di “perdere la faccia”. E se invece si sostenesse l’esame senza troppi pensieri e lo si vedesse come un’opportunità in più di formazione professionale e crescita personale?  Formazione professionale e crescita personale Innanzitutto, l’insegnante che sostiene un esame di una lingua che non padroneggia ad alti livelli si trova in una condizione analoga a quella dei suoi studenti e, per questo motivo, può provare emozioni simili alle loro e può capirli meglio; può anche cambiare prospettiva e sviluppare una maggiore competenza empatica. Boella (2006: 90) ci insegna che “L’empatia deve essere fatta accadere, deve essere praticata, soprattutto deve essere riconosciuta nella varietà delle esperienze di relazione che accompagnano l’esistenza di ciascuno”. Cercare di vivere stati d’animo somiglianti a quelli dei nostri allievi ci aiuta anche a trovare gli strumenti, le tecniche e i metodi per guidarli meglio in vista di prove, verifiche ed esami; è possibile far leva sulle giuste emozioni, interpretare correttamente i segnali (gesti, voce, parole, espressioni del volto e postura) che gli alunni ci lanciano e reagire più efficacemente ad essi. Altrettanto importante è il fatto che l’esaminatore rappresenta un esempio, è come se fosse il nostro “alter ego”, e da lui possiamo imparare. L’occasione si rivela quindi preziosa per osservarlo e ascoltarlo con attenzione, per individuare i suoi aspetti positivi (per esempio, se usa strategie e tecniche particolari per mettere il candidato a suo agio e favorire il dialogo) e quelli negativi (per esempio, se trasmette ansia relativa ad un eventuale ritardo della prova e la paura di dover modificare il cronoprogramma). Considerazioni finali Sulla base della nostra esperienza, sottoporsi ad un esame di lingua che non si usa frequentemente e diversa da quella che si insegna permette di: attivare l’(auto)osservazione e l’(auto)ascolto; favorire la decostruzione di convinzioni radicate, pregiudizi e stereotipi; facilitare il decentramento e la transitività cognitiva;  diminuire la distanza tra docente e studente e, pertanto,  renderci insegnanti e persone migliori.  In altre parole, si tratta di un esperimento che ci consente di entrare in un dialogo per “guardare meglio gli altri grazie ad uno sguardo più attento ma, prima ancora, di guardare meglio noi stessi attraverso gli altri, potendo disporre di angolazioni plurali e inaspettate” (Balboni, Caon 2015: 157). Riferimenti bibliografici Balboni P. E., Caon F. (2015), La comunicazione interculturale, Marsilio, Venezia. Boella L. (2006), Sentire l’altro: conoscere e praticare l’empatia, Raffaello Cortina, Milano. Dewey J. (2014), Esperienza e Educazione, Raffaello Cortina, Milano. @media (max-width: 576px){ .me-text ul li { font-size: 19px !important; line-height: 28px !important; } .me-text ol li { font-size: 19px; line-height: 28px; } } .me-text ul li { font-size: 22px; line-height: 34px; } .me-text ol li { font-size: 22px; line-height: 34px; }
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Metodo Montessori e anziani fragili Lingue straniere
Una rete di insegnanti, educatori e persone interessate all’educazione linguistica inclusiva per condividere saperi e buone pratiche
Continuare a crescere e condividere esperienze e buone pratiche dopo aver conseguito la CEdAL (Certificazione di Esperto dell’Apprendimento Linguistico-Gruppo ELICom Università di Parma) è possibile grazie alla Community EdAL. Nata nel 2022 e aperta a tutti coloro che hanno terminato il percorso per diventare “Esperto dell’apprendimento linguistico”, la Community propone quattro incontri online all’anno durante i quali i partecipanti hanno la possibilità di presentare un’esperienza significativa, una problematica legata alla professionalità di docenti e educatori o un approfondimento su temi di educazione linguistica inclusiva e confrontarsi con colleghi di tutta Italia. Obiettivi della Community EdAL La Community EdAL vuole essere un luogo di collaborazione, confronto e condivisione tra pari che scelgono di intraprendere un percorso comune, di condividere fatiche, esperienze e conoscenze per non disperdere l’entusiasmo e la voglia di crescere professionalmente generato da un percorso didattico come la CEdAL. L’idea di comunità di pratica permanente proposta da E. Wenger, in cui la pratica diventa caratteristica aggregante di una comunità, ispira questa esperienza e suggerisce un cammino da seguire: partecipare ad un'azione comune su tematiche frutto di una negoziazione collettiva, creare relazioni tra i partecipanti grazie ad un impegno reciproco, utilizzare un repertorio condiviso che acquista senso e coerenza proprio dall’appartenenza alla comunità per generare un apprendimento condiviso. Un anno di condivisione e collaborazione Nel suo primo anno di attività la Community EdAL ha permesso di interrogarci sulle nostre aspettative nei confronti di questa esperienza e sulle ragioni che ci hanno spinto a aderire. Numerose sono state le voci che chiedevano condivisione di esperienze, collaborazione, confronto con colleghi ed esperti, networking e crescita professionale. Le problematiche e i temi presentati dai partecipanti sono stati spunto di interessanti e ricche interazioni in cui l’esperienza di ognuno ha contribuito alla crescita professionale del gruppo.   Riferimenti bibligrafici Etienne Wenger, Comunità di pratica, Raffaello Cortina Editore, 2006.Paola Celentin, Comunicare e far comunicare in internet. Comunicare per insegnare, insegnare a comunicare, Università Ca’ Foscari Venezia, 2007.
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Chiara Soldi, docente di inglese alla scuola secondaria e autrice di “Inglese facile: grammatica” spiega alcune possibili applicazioni dell’UDL all’insegnamento della lingua inglese
Con Universal Design for Learning si indicano quei principi che permettono di sviluppare percorsi formativi che garantiscono a tutti gli studenti e le studentesse pari opportunità per apprendere. Lo Higher Education Opportunity Act definisce l’UDL come un quadro scientificamente valido che “garantisce la flessibilità nei modi in cui le informazioni vengono presentate, in cui gli studenti rispondono o dimostrano le proprie conoscenze e abilità, nei modi in cui gli studenti vengono motivati e coinvolti”. Nel medesimo documento si legge, inoltre, che questo insieme di principi aiuta a ridurre “le barriere dell’istruzione, fornisce adattamenti, sostegni e sfide appropriati e mantiene elevante aspettative di rendimento per tutti gli studenti”. Come tutte le progettazioni universali anche quella basata sull’UDL soddisfa i bisogni specifici dei singoli rivelandosi contemporaneamente di grande aiuto per l’apprendimento della maggior parte di studenti e studentesse.  Nel tentativo di realizzare interi curricula basati sui principi dell’Universal Design for Learning, possiamo cominciare, nella nostra progettazione didattica quotidiana, dalla costruzione di singoli percorsi che cerchino di rispettarne alcuni aspetti fondamentali. Flessibilità, personalizzazione e accessibilità sono alcune delle parole chiave più significative che caratterizzano questa visione di apprendimento, che potremmo definire democratica. Proviamo, quindi, a capire che relazione c’è fra i principi dell’Universal Design for Learning ed il processo di insegnamento-apprendimento: - il primo principio è fornire molteplici mezzi di rappresentazione, è il principio che riguarda il “cosa” dell’apprendimento; - il secondo principio è fornire molteplici mezzi di azione e di espressione e si riferisce al “come” dell’apprendimento; - il terzo principio è fornire molteplici mezzi di coinvolgimento e riguarda il “perché” dell’apprendimento. Ora che abbiamo indicato la relazione fra UDL e apprendimento, cerchiamo di capire come calare questi principi nella nostra pratica didattica quotidiana di docenti di lingua inglese. Potremmo iniziare ponendoci alcune domande alle quali rispondere con una serie di buone pratiche. A tal proposito, il volume Inglese facile: grammatica prova a fornirci alcuni esempi. Una prima domanda significativa potrebbe essere, qual è il modo più efficace per presentare le informazioni ai nostri studenti? Una valida pratica è presentare le informazioni in formati diversi. A fronte del testo esclusivamente scritto, è utile presentare testi accompagnati da video, audio, oppure grafici. Nella sezione “Osservo e rifletto” le informazioni vengono proposte sia in forma scritta ma sono anche affiancate dalla relativa immagine e dal relativo audio. Integrando queste modalità di rappresentazione, i contenuti saranno maggiormente comprensibili e raggiungeranno un maggior numero di studenti.  Una seconda domanda potrebbe essere, come chiediamo ai nostri studenti di comunicarci quello cha hanno appreso? Un’ulteriore buona pratica è permettere ai nostri studenti di usare molteplici mezzi di espressione, ad esempio raccontare oralmente, per iscritto, oppure attraverso le immagini. Se lo riteniamo opportuno, possiamo sollecitare attività di tipo manuale, ad esempio facendo realizzare flash cards, poster o giochi didattici. Alla fine della sezione “Mi esercito e rifletto” allo studente viene chiesto di presentare ai compagni di classe l’argomento che ha consolidato durante il percorso, facendo finta di essere insegnante per un giorno. Attraverso alcuni step-guida lo studente realizza la sua presentazione. In fasi come questa, laddove vi sia un uso consapevole del digitale, possiamo chiedere ai nostri studenti di realizzare video o presentazioni con software e app a loro piacere. Una terza, ma non ultima, domanda potrebbe essere la seguente: come possiamo coinvolgere i nostri studenti nell’apprendimento? È prassi consigliata coinvolgerli in modi diversi, sollecitando il loro interesse e provando a tenere viva la loro attenzione. A questo proposito è fondamentale che l’insegnante partecipi attivamente al loro apprendimento. È prioritario allenarli ad una riflessione costante sui processi e sulle strategie applicate, così come fornire loro un feedback sistematico, sia in itinere che alla fine delle attività svolte. Questo permette loro di acquisire sempre maggiore consapevolezza. La sezione il mio percorso, che si trova alla fine di ogni argomento, è uno degli esempi di come lo studente venga guidato a riflettere sul perché delle attività e sulle strategie adottate durante la revisione degli argomenti proposti, stimolandolo ad un atteggiamento metacognitivo.
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Search-ME - Erickson 2 Lingue straniere
Riflessioni per un impianto valutativo valido ed equo
La situazione di emergenza che stiamo vivendo ha costretto tutti i docenti a ripensare il proprio insegnamento nella forma della didattica a distanza, con la difficoltà di equilibrare le nuove lezioni con le solite esigenze amministrative, tra le quali non ultima è la valutazione. Proviamo dunque a ragionare assieme sulle possibili modalità di valutazione della didattica linguistica a distanza, riflettendo anche sull’importanza che questo momento fondamentale occupa nel percorso di apprendimento di ogni singolo studente. 1. Perché valutare? Le recenti dichiarazioni ministeriali sembrano far presagire una ‘promozione garantita (o quasi)’ degli studenti, e questo, se da un lato ci toglie alcune preoccupazioni burocratiche, dall’altro ci costringe a interrogarci sul senso ultimo della valutazione, che non coincide con l’attribuzione di voti, ma ha un valore formativo più profondo.<br>Inoltre, abbiamo tutti familiarità con la distinzione terminologica tra valutazione ‘sommativa’ e ‘formativa’, ma i due concetti sono spesso confusi, tanto che sembra che ogni valutazione sia sempre anche formativa, anche quando in realtà non lo è affatto. Per comprendere le finalità dell’atto stesso di valutare, è forse più opportuno distinguere tra: Valutazione dell’apprendimento, che misura dunque ciò che lo studente ha imparato nell’ambito di un percorso di apprendimento. (il contenuto di questo apprendimento, però, lo focalizzeremo meglio tra un attimo, al punto 2). Valutazione per l’apprendimento, che è progettata per fornire agli studenti e agli insegnanti informazioni utili a comprendere l’efficacia del percorso didattico, per poterlo rimodulare o per poter attivare azioni di rinforzo per i più deboli, ma anche per aiutare gli studenti a migliorarsi. Valutazione come apprendimento, che focalizza invece l’attenzione sul ruolo formativo che ricopre l’atto stesso di auto-valutarsi, e quindi stimola la meta-cognizione degli studenti sul percorso svolto. 2. Cosa valutare? Le tre forme di valutazione qui descritte ci aiutano a comprendere il COSA valutare, ossia gli ambiti che dovrebbero rientrare in una valutazione linguistica a distanza completa. Possiamo riassumere il COSA in due concetti-chiave, il primo che riguardante la “Valutazione dell’apprendimento”, la seconda riguardante invece la “Valutazione per l’apprendimento e come apprendimento”, le tre suddivisioni che abbiamo proposto sopra: Prendiamo il concetto di COMPETENZA così come è descritto dal Quadro Comune Europeo: “Per svolgere i compiti e le attività richiesti in varie situazioni comunicative, chi usa una lingua si avvale di un insieme di competenze acquisite nel corso della propria esperienza”: Competenze generali, come ad esempio saper essere, saper fare, saper imparare, e Competenze linguistiche, che riguardano la dimensione dell’uso lessicale, grammaticale, sociolinguistica, pragmatica. Dunque, nel quadro comune Europeo, non sono valutati contenuti linguistici in senso stretto, ma l’uso della lingua in contesti situazionali precisi. E questo è già un punto interessante. Prendiamo il concetto di FEEDBACK. Il feedback che è sia bidirezionale che multidimensionale: Bidirezionale, perché in primis c’è il feedback che va dall’insegnante allo studente, ad esempio in relazione alla qualità di una produzione linguistica dello studente; ma c’è anche il feedback che va dallo studente all’insegnante, ad esempio in relazione alla qualità dei materiali e dei metodi utilizzati, ma anche alle proprie percezioni circa l’efficacia dell’apprendimento; e Multidimensionale, perché il feedback, sia che lo dia l’insegnante sia che lo dia lo studente, dovrebbe aiutare insegnanti e studenti a capire come sono cambiate, dopo settimane di didattica a distanza, le competenze proposte dal Quadro Comune Europeo, come ad esempio: Competenza sociolinguistica e pragmatica: gli studenti hanno acquisito una maggiore consapevolezza del fatto che la comunicazione cambia a seconda del mezzo che si usa? Hanno scoperto che esiste una netiquette? Si sono forse accorti che le sovrapposizioni dei turni di parola, così naturali per alcuni, non lo sono in una video-conferenza? Nei momenti in cui il segnale andava e veniva, come hanno cercato di colmare le lacune informative (Expectancy Grammar!). Saper essere: da questa esperienza di didattica a distanza, abbiamo forse risvegliato soft skills fondamentali come l’empatia, il rispetto, il coinvolgimento attivo, la capacità di far squadra di fronte all’emergenza? Saper imparare: cosa hanno scoperto gli studenti circa il loro modo di imparare le lingue? Magari hanno acquisito maggiore consapevolezza dell’importanza di auto-esporsi alla lingua, magari si sono accorti che senza una guida l’apprendimento è più difficile (con buona pace di chi, negli anni ‘70 riteneva che l’avvento del PC avrebbe reso inutile l’insegnante di lingua). Si potrebbe obiettare che alcune di queste dimensioni sono ‘secondarie’ (ma qui siamo smentiti dal Quadro Comune Europeo stesso!) e ‘difficili da catturare’. Questo ci conduce al terzo e ultimo punto della nostra riflessione, ossia il COME valutare. 3. Come valutare? Vediamo adesso alcuni suggerimenti per costruire un impianto valutativo che riesca a catturare le tre forme di valutazione di cui abbiamo parlato. Innanzitutto se utilizziamo il concetto di competenza così come descritto dal Quadro Comune Europeo, possiamo decidere che concorrono al voto finale: Le competenze linguistico-comunicative degli studenti (es. 60-70%), le competenze generali (es, 30-40%). Partiamo dalle competenze linguistico-comunicative. Le prove formali (test) hanno non poche problematiche, perché da un lato in un ambiente non controllato si prestano maggiormente a dare risultati ‘falsati’ (lo studente può copiare, consultare le grammatiche ecc.), e dall’altro sono anche meno funzionali a far emergere le abilità linguistiche. Si potrebbe pensare, invece: Compiti comunicativi in modalità sincrona, da svolgersi a coppie o a piccoli gruppi, in presenza dell’insegnante in videoconferenza oppure in chat. Assegniamo prima uno scenario verosimile (Es. volete iscrivervi al Gruppo FB de La Casa de Papel e dovete rispondere a queste 3 domande, oppure avete creato un gruppo WhatsApp con i compagni della scuola francese con cui farete un gemellaggio elettronico: mettetevi d’accordo per un incontro di gruppo), lasciamo il tempo per prepararsi e poi promuoviamo l’interazione orale o online e REGISTRIAMO. Compiti creativi in modalità asincrona, da consegnare all’insegnante (es. una video-presentazione, una vision board, storie fotografiche, guide all'ascolto di una canzone ecc.), dove l’uso delle risorse internet sia naturale, seppur regolamentato. Per quanto riguarda le competenze generali: darei un valore alla partecipazione attiva, ma cercherei di cogliere la crescita degli studenti in termini di saper essere e saper imparare attraverso: Take-home quiz (test formali, con scopo auto-valutativo). Questionari metacognitivi. Focus group sui compiti succitati, per stimolare la capacità di auto-analisi, auto-correzione ecc. Due osservazioni finali Per una valutazione a distanza efficace, in questo momento sospenderei l’attribuzione formale di voti per ogni singolo compito consegnato dallo studente, facendo valere il principio «Give a kid a grade and learning stops. Give feedback and extending questions and learning goes deeper» (Justin Tarte) So bene che alcune delle proposte sopra riportate potrebbero allontanarsi da ciò che in questo momento alcuni docenti considerano urgente (valutazione delle performance). Eppure secondo me questa è l’occasione per rimettere al centro il valore più profondo della valutazione ed includere quelle dimensioni spesso trascurate da chi concepisce la valutazione come ‘test formale’, e che invece consentono di cogliere meglio il livello di crescita degli studenti in tutte le dimensioni di competenza previste dal Quadro Comune Europeo. Non da ultimo, da quanto abbiamo discusso, emerge come questo tipo di valutazione aiuterebbe a lavorare nella direzione di formare studenti consapevoli, partecipi e autonomi.
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