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I mini gialli dei dettati 2
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Allenare la motricità fine è importante per imparare a scrivere e per sviluppare molte competenze che aiutano ad andare bene a scuola
Sentiamo molto parlare di motricità fine, soprattutto all’ingresso dei bambini nella scuola dell’infanzia, ma realmente, scientificamente, cos’è? Esistono varie definizioni e descrizioni della motricità fine, ma in generale possiamo affermare che la motricità fine è la capacità di coordinare un gruppo di piccoli muscoli necessari per completare un compito o partecipare a un’attività. In altre parole, è un insieme di movimenti precisi compiuti con le mani e con le dita che sono eseguibili solo avendo acquisito la capacità di controllare il proprio corpo.  In questi movimenti intervengono aree vitali come il cervello, il midollo spinale, i nervi periferici, i muscoli e le articolazioni. Da qui l’importanza di stimolare la motricità fine sin dall’inizio. Sebbene sembrino processi semplici, dobbiamo sapere che, ad esempio, la mano è responsabile della registrazione dei nostri movimenti neuropsicoemotivi ed esegue oltre 5.000 micromovimenti.  Come sostenuto dalla letteratura scientifica, le competenze di motricità fine influiscono molto sull’andamento scolastico del bambino e lacune in quest’ambito possono avere delle ripercussioni dell'allievo stesso.  È molto importante che i bambini abbiano un buon controllo dei muscoli della mano prima di iniziare la scuola primaria: questa capacità è, infatti, essenziale per imparare a scrivere e per svolgere molte attività e lavori che vengono proposti a scuola. La sollecitazione della coordinazione motoria, in particolare oculo-manuale, nell’ultimo anno della scuola dell’infanzia è fondamentale, in quanto l’uso sincronico e combinato dell’occhio con i movimenti della mano è da ritenersi il prerequisito fondamentale per l’apprendimento della scrittura. Le abilità di base implicate nel gesto grafico coinvolgono molteplici aspetti della motricità nel bambino, tra cui: il controllo della postura; la prensione dello strumento scrittorio; il supporto della mano non dominante che va a coadiuvare il processo di scrittura; la coordinazione dei movimenti dell’occhio congiuntamente a quelli della mano, del polso, del gomito e della spalla; la motricità fine, la regolazione della pressione, della traiettoria e della velocità di scrittura. Alcuni studi evidenziano come sempre più bambini e adolescenti faticano a scrivere a mano, presentano scritture disordinate e di difficile comprensione. Secondo l’American Academy of Pediatrics, negli ultimi decenni è cresciuto il numero di bambini che fatica a manipolare oggetti e a interagire con essi per una scarsa manualità, dovuta all’utilizzo eccessivo degli strumenti tecnologici touch screen. Sempre secondo l’American Academy of Pediatrics, la soluzione è ridurre al minimo l’uso della tecnologia per dare ai bambini la possibilità di svolgere attività manuali e di avere sempre un’esperienza diretta con l’ambiente che li circonda.
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Metodo Montessori e anziani fragili Motricità
L’apporto dei percorsi di psicomotricità al processo di crescita di bambini e bambine
Cos’è la psicomotricità? La parola psicomotricità oggi è sempre più diffusa, accende l’interesse sia nel mondodella scuola sia sul territorio. Non sempre questa pratica, però, è conosciuta,talvolta se ne ha solo un’idea superficiale. Se da una parte nella scuola di oggisi sono moltiplicate le strumentazioni digitali e le formazioni in tal senso, dall’altra si avverte l’istanza di dare spazio alla corporeità, spesso accompagnatadalla consapevolezza di non avere adeguati strumenti per dare vita a progetti amediazione corporea, innovativi e rispondenti ai bisogni. Ma la psicomotricità suscita interesse perché richiama l’unità corpo-mente e l’integrazione della vita affettiva, emotiva, cognitiva e relazionale. Oggi più che mai c’è un grande bisogno di trovare strade e strumenti per riaffermare la globalità della persona all’interno dei processi educativi, di ripensare la pratica pedagogica basata sull’integrazione corpo, mente, relazione, con l’obiettivo di costruire un contesto educativo inclusivo, mediante il contributo della psicomotricità. Un progetto di psicomotricità si rivolge quindi alla scuola che si rinnova e che rinnova la sua attenzione al bambino globale, il bambino corpo e mente, al bambino che in questo spazio deve potersimuovere, saltare, correre, giocare, riflettere, emozionarsi, entrare in relazione e apprendere. Con questo orientamento pedagogico e didattico la psicomotricità, attraverso i suoi laboratori, offre una pratica che direttamente sostiene e integra un percorso che sa essere rispettoso dei bisogni e dei desideri che il bambino esprime, integrandosi al compito istituzionale che qualsiasi scuola deve assolvere: la cura dell’apprendimento. La psicomotricità infatti è supporto alla crescita e prevenzione verso il disagio, ma è anche e soprattutto una pratica pedagogica che muove, accompagna e sostiene i processi di apprendimento. Nel laboratorio di psicomotricità si sperimenta la relazione con lo spazio, con i materiali e con gli altri, esprimendo se stessi nel gioco, condividendo scoperte, conquiste e difficoltà, favorendo l’integrazione corpo-mente e un contesto educativo inclusivo.  In che modo la psicomotricità è legata all’apprendimento? Si può notare il legame tra psicomotricità e apprendimento studiando l’etimologia di questi due termini. «Apprendere» è una parola diderivazione latina che rimanda a un’azione corporea, l’afferrare. Nella radice originaria di questa parola dunque compare il legame tra l’apprendere e il corpo. «Psicomotricità» è un’unica parola formata da due unite insieme, dove motricità indica il movimento e dunque il corpo e psyché, che per gli antichi greci era il respiro vitale, è relativa a tutti gli aspetti dell’emozionalità, dell’affettività, dell’intelligenza. La parola «apprendere», nella sua radice etimologica, tiene insieme aspetti corporei ed emozionali, desiderio e azione, soggetto e oggetto, così come nell’etimologia la parola «psicomotricità» rimanda all’unità e alla globalità della persona. L’intreccio, nel «corpo» e nella storia di queste due parole, crea quindi un rispecchiamento tra aspetti dell’una e dell’altra, aspetti fortemente interconnessi e questo accade anche nel processo educativo che si sviluppa nell’intero arco della vita. La persona è sempre in apprendimento. L’apprendimento consiste infatti in un’azione creatrice: entrando in contatto con le esperienze, la persona costruisce e apprende nuovi stili e modalità di pensiero. È un processo di autoformazione ed eteroformazione, presente in tutto il corso della vita, attraverso il quale si integrano processi cognitivi via via più complessi che si interfacciano nei diversi contesti, dando risposte che, a loro volta, modificano il contesto e la persona stessa. Il bambino conosce il mondo inizialmente attraverso l’azione, mossa dalle emozioni e dai bisogni, e ne sviluppa rappresentazioni per poi costruire con il linguaggio una conoscenza che si narra al mondo, interpretando la propria esperienza, in un dinamismo continuo tra corpo, azione, emozione, affettività, pensiero, linguaggio, relazione, contesto. In questo senso si può considerare la psicomotricità come una pratica che sostiene e migliora l'apprendimento della persona lungo tutto l’arco della vita. Le ricerche nel campo delle neuroscienze e nell’ambito universitario hanno puntato l’attenzione sul ruolo che svolgono il corpo, il cervello e le emozioni nell’apprendimento, suggerendo diversi modi per migliorare significativamente gli approcci educativi, dove il corpo acquisisce centralità in interazione con l’ambiente. Come il corpo del bambino e dell’adulto, lo spazio, il tempo, il gioco, i materiali, la relazione sono centrali nel laboratorio di psicomotricità, così lo possono diventare in ogni ambiente educativo e di apprendimento fornendo una trama su cui tutti gli aspetti cognitivi diventano potentemente connessi con il vissuto corporeo-emozionale-affettivo dei bambini. Ciò permette di valorizzare le risorse di ciascun bambino e del gruppo, in un’ottica di reale inclusione e di prevenzione di possibili difficoltà negli apprendimenti. La psicomotricità, con lasua peculiare metodologia, potenzia le funzioni esecutive quali l’autoregolazioneemotiva, la flessibilità, la pianificazione, l’attenzione focalizzata, la memoriae l’inibizione della risposta, funzioni basilari per ogni tipo di apprendimento, rendendo quindi questo approccio davvero inclusivo e attento alle peculiarità di ogni bambino all’interno del contesto in cui agisce.
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Metodo Montessori e anziani fragili Motricità
Gli elementi necessari per sviluppare attività e percorsi di psicomotricità nella scuola dell'infanzia e primaria
Gli elementi da tenere presenti nelle fasi di progettazione e realizzazione di un laboratorio di psicomotricità a scuola sono principalmente quattro: le risorse umane, lo spazio, i materiali e il tempo.  Innanzitutto per realizzare un laboratorio di psicomotricità occorrono le risorse umane: insegnanti-psicomotricisti interni oppure esterni. Occorre formare tutto il personale scolastico, attraverso un’azione di ascolto e passaggio di conoscenze, anche informale, ma chiara, e comunicare la novità del progetto veicolando l'offerta formativa e le esigenze.È ovviamente importante coinvolgere nel progetto le famiglie e gli operatori sanitari esterni che seguono eventuali bambini del gruppo e, gradualmente, i docenti non direttamente implicati. Creato lo spazio progettuale, occorre allestire lo spazio fisico. L’intervento psicomotorio richiede infatti uno spazio specifico che va strutturato. È chiaro che la condizione ideale è avere a disposizione uno spazio dedicato, nel quale non si propongano altre attività e dove poter lasciare i materiali specifici. Tuttavia, è assai raro trovare nelle scuole questa condizione, nella maggior parte dei casi lo spazio va condiviso con altre discipline o va con cura ricercato. In primo luogo, lo spazio deve garantire la sicurezza fisica, tenendo conto che il gioco psicomotorio attiva nel bambino il movimento spontaneo e l’assunzione di iniziative personali e di gruppo. È necessario dunque azzerare o ridurre al minimo i pericoli oggettivi costituiti, ad esempio, da strutture spigolose. Si deve mirare a creare un ambiente accogliente e sicuro, in cui si possa esplorare il movimento e l’azione a terra o nella dimensione verticale. L’importante è dare identità allo spazio, connotarlo come luogo dove si svolge l’attività psicomotoria. Una volta individuato lo spazio, è necessario procurarsi il materiale. Il materiale deve essere non strutturato affinché possa essere usato dal bambino con diverse modalità ed essere liberamente investito del suo immaginario. Infatti giocattoli precostituiti, con una precisa identità, indirizzano il gioco e una modalità d’uso mentre avere materiali che non suggeriscono di per sé una determinata azione, né l’associazione a particolari oggetti, sviluppa maggiormente azioni creative. Si possono impiegare a tal scopo materiali di recupero come carta, scatoloni di cartone, stoffe di diversi colori, dimensioni e consistenze. Infine, ma sicuramente non meno importante, è la strutturazione del tempo, sia nella calendarizzazione sia nella scansione delle fasi dell’incontro, aiuta il bambino a formare il suo tempo interno. Per i bambini è importante sapere quando avvengono gli incontri, quanti sono quelli previsti dal ciclo, quanti sono già avvenuti e quanti ne rimangono. Per costruire il calendario laboratoriale è bene porre sempre l’attenzione su questi aspetti. In psicomotricità sono rilevanti sia il tempo dell’incontro sia il tempo dell’attesa, in cui il bambino immagina e progetta quello che farà.
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Search-ME - Erickson 1 Genitori e figli
Come gestire tipologie di dolore nuove o conosciute nei propri figli
La terapia del dolore generalmente si occupa di condizioni severe e/o croniche. Le situazioni nella quale ogni bambino e adolescente sperimentano dolore sono però tra le più disparate: dalla banale sbucciatura, alla mano che afferra la maniglia del bollitore sul gas, ad una caviglia slogata, ma anche un infortunio che fatica a recuperare. Ci sono dolori più importanti come quelli legati a specifiche malattie o patologie che possono diventare anche cronici, ma pure quelli ricorrenti più tipici dei mal di pancia o dei mal di testa rivestono un ruolo nel limitare la qualità della vita. Non dimentichiamoci delle procedure quali esami del sangue! Anch’esse rivestono una loro importanza nel farci percepire il dolore (infatti un conto è farli ogni tanto, un altro è doverli fare spesso). Tutti i dolori hanno il dovere di essere riconosciuti e adeguatamente trattati per non generare possibili ripercussioni nello sviluppo del bambino (memorie del dolore e difficoltà ad esso collegate (Failo, 2020). Due domande potremmo porci di fronte a questo difficile periodo della pandemia, ovvero come i dolori sopra descritti vengono gestiti sia a casa che nelle strutture sanitarie e se ci sono nuove condizioni di dolore derivanti dalla situazione Covid. Proviamo ad esplorare la prima. Come vengono gestiti i dolori importanti in tempo di pandemia? Molto recentemente alcuni studi internazionali hanno sottolineato l’importanza della telemedicina e dei programmi eHealth quale modalità più promettenti per continuare i trattamenti e l’assistenza ai bambini e adolescenti ma anche quale supporto ai loro genitori durante tutti i periodi della pandemia (Eccleston et al., 2020; Badawy & Radovic, 2020). Singolarmente, in due studi italiani è emerso però anche come il mal di testa negli adolescenti sembra essere migliorato durante il lockdown perché si sono ridotti alcuni fattori di stress come la scuola (Papetti et al., 2020), ma questo è avvenuto anche negli adulti con emicrania (Parodi et al., 2020). Questo ci dice che la gestione di condizioni dolorose preesistenti è possibile anche a casa e, in un periodo come questo, . La pandemia ha portato nuove condizioni di dolore? Per rispondere a questa domanda, partiamo da un piccolo studio francese di settembre 2020 (Nathan et al., 2020) che ha cercato di comprendere come si manifesta il Covid nei bambini: ebbene, sembra che i più piccoli (sotto i 2 anni) presentino forme meno aggressive del virus con sintomi quali tosse, fatigue, dispnea e dolore addominale, in ogni caso con meno comorbidità legate ad altre problematiche/patologie preesistenti. Tutti questi sintomi fanno parte del decorso della malattia e scompaiono una volta che essa si è risolta. In questo caso i sanitari sono in grado di prestare tutte le cure necessarie. Altra questione è la comparsa di una nuova sindrome infiammatoria multisistemica nei bambini, chiamata MIS-C a seguito del COVID-19, caratterizzata da shock, difficoltà respiratorie, disfunzioni cardiache, dolore addominale, mal di testa e positività a diversi marker infiammatori che ha molte caratteristiche in comune con la malattia di Kawasaki (Godfred-Cato et al., 2020). Si sa ancora poco di come si evolveranno questi quadri, ma si spera che il vaccino per il Covid porterà dei benefici anche su questi fronti. Diversa è la questione dell’accertamento alla positività al Covid. Il metodo più utilizzato sia per il costo che per la minor invasività e per la discreta sensibilità è il tampone naso-faringeo (Palmas et al., 2020; Pondaven-Letourm et al. 2020): è infatti simile a quello faringeo che si fa per la tonsillite, quindi molti operatori sanitari erano già addestrati per eseguirlo correttamente. Si tratta probabilmente del più grande attuale stravolgimento della routine di un bambino a cui quasi tutti oggi sono sottoposti. Pertanto è utile che i genitori siano informati di come si svolge e quindi conseguentemente spieghino in anticipo, nel modo più corretto e semplice possibile come si svolgerà la procedura: Per esempio dire che il bastoncino del tampone verrà inserito nel naso fino a toccare un punto specifico, che il tutto durerà massimo 6/7 secondi e che la mamma o il papà cingeranno dolcemente il bambino da dietro e gli terranno ferma la fronte. Può essere doloroso, ma forse più che altro fastidioso. Infatti la lacrimazione successiva è una reazione allo stimolo e alla paura più che l’effetto di un dolore. Le considerazioni derivanti da questo secondo punto ci pongono diverse opzioni realizzabili concretamente da parte dei bambini/adolescenti stessi e delle loro famiglie. Per esempio partire dal rinforzare i fattori di protezione come una chiara ed onesta comunicazione ed un comportamento responsabile, dal giusto riconoscimento del disagio ma anche della conseguente attenuazione subito dopo il tampone/procedura diagnostica. Si possono quindi anche ridurre i fattori di rischio, rappresentati in primis dalla paura di non sapere cosa sta succedendo, dalla minimizzazione del malessere, dall’ansia di dover far tutto velocemente e senza fare domande. Anche durante questo difficile periodo della pandemia si può fare molto per la gestione del dolore nei bambini e negli adolescenti, ed ogni adulto ha la responsabilità – e anche il diritto – di agire per tutelare il più possibile i figli di tutti. Bibliografia Failo A, 2020, Mi fa ancora male. Trento: Erickson Eccleston, C., Blyth, F. M., Dear, B. F., Fisher, E. A., Keefe, F. J., Lynch, M. E., Palermo, T. M., Reid, M. C., & Williams, A. C. de C. (2020). Managing patients with chronic pain during the COVID-19 outbreak: considerations for the rapid introduction of remotely supported (eHealth) pain management services. Pain, 161(5), 889–893 Badawy, S. M., & Radovic, A. (2020). Digital Approaches to Remote Pediatric Health Care Delivery During the COVID-19 Pandemic: Existing Evidence and a Call for Further Research. JMIR Pediatrics and Parenting, 3(1), e20049 Papetti, L., Loro, P. A. D., Tarantino, S., Grazzi, L., Guidetti, V., Parisi, P., Raieli, V., Sciruicchio, V., Termine, C., Toldo, I., Tozzi, E., Verdecchia, P., Carotenuto, M., Battisti, M., Celi, A., D’Agnano, D., Faedda, N., Ferilli, M. A., Grillo, G., … Valeriani, M. (2020). I stay at home with headache. A survey to investigate how the lockdown for COVID-19 impacted on headache in Italian children. Cephalalgia : An International Journal of Headache, 40(13), 1459–1473 Parodi, I. C., Poeta, M. G., Assini, A., Schirinzi, E., & Del Sette, P. (2020). Impact of quarantine due to COVID infection on migraine: a survey in Genova, Italy. Neurological Sciences : Official Journal of the Italian Neurological Society and of the Italian Society of Clinical Neurophysiology, 41(8), 2025–2027. Nathan, N., Prevost, B., Sileo, C., Richard, N., Berdah, L., Thouvenin, G., Aubertin, G., Lecarpentier, T., Schnuriger, A., Jegard, J., Guellec, I., Taytard, J., & Corvol, H. (2020). The Wide Spectrum of COVID-19 Clinical Presentation in Children. Journal of Clinical Medicine, 9(9). Godfred-Cato, S., Bryant, B., Leung, J., Oster, M. E., Conklin, L., Abrams, J., Roguski, K., Wallace, B., Prezzato, E., Koumans, E. H., Lee, E. H., Geevarughese, A., Lash, M. K., Reilly, K. H., Pulver, W. P., Thomas, D., Feder, K. A., Hsu, K. K., Plipat, N., … Belay, E. (2020). COVID-19-Associated Multisystem Inflammatory Syndrome in Children - United States, March-July 2020. MMWR. Morbidity and Mortality Weekly Report, 69(32), 1074–1080. Palmas, G., Moriondo, M., Trapani, S., Ricci, S., Calistri, E., Pisano, L., Perferi, G., Galli, L., Venturini, E., Indolfi, G., & Azzari, C. (2020). Nasal Swab as Preferred Clinical Specimen for COVID-19 Testing in Children. The Pediatric Infectious Disease Journal, 39(9), e267–e270 Pondaven-Letourmy, S., Alvin, F., Boumghit, Y., & Simon, F. (2020). How to perform a nasopharyngeal swab in adults and children in the COVID-19 era. European Annals of Otorhinolaryngology, Head & Neck Diseases, 137(4), 325–327
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Search-ME - Erickson 2 BES DSA e ADHD
I comportamenti caratteristici dei bambini con difficoltà di autoregolazione
I bambini con difficoltà di autocontrollo possono manifestare comportamenti problema differenti. Quali sono i principali comportamenti problema? Reazioni impulsive che possono essere scambiate per comportamenti aggressivi. Questi bimbi, se provocati da un compagno volontariamente, o più spesso involontariamente, mettono in atto reazioni eccessive e quindi inadeguate rispetto al contesto. Raramente iniziano per primi una lite o un conflitto, di solito reagiscono a commenti o azioni che vivono come provocazioni, indipendentemente dalla volontà di chi ha parlato o agito. Non è corretto definire questi bambini «aggressivi», l’aggettivo che meglio li rappresenta è «altamente reattivi». Russell A. Barkley (2016), nel descrivere il loro comportamento, utilizza il termine «iperreattività», proprio a indicare la tendenza a reagire in maniera esagerata, «irruente». Interventi verbali continui associati a incapacità di rispettare i turni di parola. Questi bimbi parlano in continuazione, fanno domande, considerazioni, interrompono l’interlocutore. I loro interventi risultano non tanto inadeguati nei contenuti, quanto inappropriati nella forma. Genitori e insegnanti dicono del bambino: «I suoi interventi sono interessanti, ma deve capire che non esiste solo lui, ci sono anche gli altri, non è possibile sempre interrompere o inserirsi nel discorso in maniera prepotente». Anche in questo caso «prepotente» non è corretto, renderebbe meglio l’idea l’utilizzo di termini come «travolgente», «impetuoso», «prorompente». Tendenza a spostare continuamente l’attenzione da un punto di interesse all’altro. Questi bambini sembrano presi da mille impegni, a volte incapaci di soffermarsi su un unico compito poiché già incuriositi da quello successivo. Potrebbero apparire distratti, in realtà spesso stupiscono per la loro capacità di gestione simultanea di più azioni. L’insegnante, vedendoli giocherellare con la gomma, cerca di «prenderli in castagna» chiedendo, a sorpresa, di continuare la lettura di un brano: sorprendentemente loro iniziano a leggere dimostrando di «avere il segno». Ovviamente, più sono le attività su cui un bambino divide la propria attenzione, maggiore è la probabilità di non riuscire a gestirle in maniera adeguata. Si definiscono disattenti, ma sono in realtà incapaci di focalizzare l’attenzione. Necessità di muoversi in continuazione, come se avessero dentro un motorino che gira sempre al massimo. Ogni idea che passa loro per la testa si trasforma seduta stante in azione. Questi bimbi, vedendo un nido di vespe appeso a un ramo di pino, in men che non si dica afferrano una pigna e fanno il tiro al bersaglio, senza pensare a cosa potrebbe accadere se colpisse l’obiettivo. La loro iperattività è quasi sempre finalizzata a portare a termine un compito che, ai loro occhi, appare non rinviabile (sia che ci si trovi al parco giochi, a scuola, a tavola o seduti al ristorante nel bel mezzo del pranzo per festeggiare il compleanno della nonna). Quando «si accendono» è veramente molto complicato «spegnerli». Queste difficoltà sono legate a particolari modalità di funzionamento: tuttavia, è sempre bene ricordare che un bambino non è un problema, ma può avere dei problemi, e che nessun bambino è identificabile con le sue difficoltà sebbene possa presentare comportamenti molto difficili da gestire.
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Search-ME - Erickson 3 Musica arte e altre discipline
Perché un avvicinamento precoce alla musica favorisce sia lo sviluppo cognitivo che lo sviluppo emotivo-sociale del bambino
Il processo evolutivo di un bambino è costituito da progressive conquiste di abilità, che sono sostenute, oltre che dalla maturazione fisica, anche da un graduale sviluppo cognitivo e sociale. L’esperienza musicale vissuta già a partire dai primissimi anni di vita del bambino può aiutare a porre le basi e a influenzare significativamente le successive conquiste linguistiche, relazionali e cognitive. La musica rappresenta infatti un canale comunicativo vicino al bambino: è un elemento facilmente utilizzabile anche come comunicazione informale (si pensi al diverso utilizzo della voce, delle espressioni facciali, del corpo in movimento). Attraverso la sperimentazione musicale, il bambino impara a produrre, a esporsi e a mettersi in gioco in prima persona. Inizia a differenziarsi dall’adulto di riferimento e a relazionarsi con personalità altre da sé. Nella prima infanzia ogni suono può trasformarsi in strumento comunicativo, unico e privilegiato, grazie al quale entrare in relazione con l’altro. Numerosi studi e ricerche hanno sottolineato l’influenza della musica nel processo di crescita del bambino, con riferimento specifico a due ambiti: cognitivo emozionale-sociale Per quanto riguarda la sfera cognitiva, si è visto come, grazie alla pratica musicale, è possibile favorire lo sviluppo di memoria, concentrazione, attenzione, linguaggio verbale, pensiero logico, creatività, capacità discriminatoria, oltre che della decodifica dei codici utilizzati. Per la sfera emozionale/sociale, la musica diventa invece un mezzo di espressione del proprio essere, favorisce l’acquisizione di regole sociali e dà la possibilità di mettersi in gioco; aiuta a superare i propri limiti e stimola a riconoscere, gestire ed esprimere i propri stati emotivi. Tramite un precoce avvicinamento al linguaggio musicale si possono rafforzare nel bambino: la capacità di relazione intra e interpersonale; il senso di autostima e di fiducia; l’autonomia; il benessere personale e l’autoapprendimento; la motivazione ad apprendere; la padronanza delle emozioni. Si tratta di benefici che possono essere stimolati nel bambino attraverso una pratica musicale precoce: ciò però può avvenire solo partendo dalla conoscenza delle competenze e delle abilità dei piccoli legate nei diversi stadi di sviluppo. Senza tali conoscenze, l’adulto rischia di far vivere al bambino un’esperienza musicale vuota, forzata e non costruttiva, ottenendo come risultato l’allontanamento del piccolo dall’utilizzo consapevole e appropriato del mezzo musicale.
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