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Search-ME - Erickson 1 DSA
Dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia, il punto sui disturbi specifici di apprendimento.
I disturbi specifici di apprendimento riguardano in Italia oltre 2 milioni di persone tra bambini, ragazzi e adulti. Secondo le recenti ricerche, dislessia, disortografia, disgrafia e discalculia riguardano circa il 3-4% degli alunni italiani. Questo significa che in una classe di 25 studenti è altamente probabile trovare un bambino o un ragazzo che manifesti una considerevole difficoltà negli ambiti della lettura, del calcolo e della scrittura. Proviamo a rispondere alla domande più frequenti: Quali e cosa sono i DSA? Qual è la diffusione dei DSA in Italia? Quali sono i possibili segnali premonitori di un DSA? È importante l’individuazione precoce dei DSA? Qual è l’età minima per la diagnosi? Quali figure professionali sono specializzate per valutare un DSA? Chi segnala eventuali difficoltà del bambino? Cosa può fare un insegnante? Al bambino con DSA serve l’insegnante di sostegno? Che cosa sono gli strumenti compensativi e le misure dispensative? Che strumenti può utilizzare un insegnante per l’individuazione precoce degli alunni con possibile DSA? Cosa può fare un genitore per capire se suo figlio ha un DSA?     Quali e cosa sono i DSA? I Disturbi evolutivi Specifici dell’Apprendimento (DSA) sono un gruppo di disturbi di origine neurobiologica delle abilità di base che interferiscono con il normale apprendimento della lettura, della scrittura e del calcolo. I DSA si distinguono: Dislessia: disturbo della lettura che si esprime a livello base della decodifica del testo (apprendimento della “tecnica” di lettura: trasformazione dei segni grafici nei suoni che compongono le parole) Disortografia: disturbo della scrittura che si esprime a livello della compitazione del testo (codifica fono-grafica e ortografia) Discalculia: disturbo delle abilità relative al mondo dei numeri e del calcolo  Disgrafia: disturbo della scrittura che si esprime a livello della grafia (aspetti grafo-motori)   Qual è la diffusione dei DSA in Italia? Secondo i dati della ricerca epidemiologica più recente e aggiornata in Italia, la prevalenza stimata dei DSA, rilevata su una popolazione scolastica del quarto anno della scuola primaria, oscilla tra il 3,1% e il 3,2%.  Ciò significa che al termine del primo anno della scuola primaria è possibile aspettarsi che almeno un bambino in ogni classe manifesterà difficoltà significative nell'apprendimento della letto-scrittura. Purtroppo solo l’1% di questi alunni con DSA è riconosciuto con una certificazione diagnostica, mentre il restante 2%, pur manifestando delle difficoltà non è stato identificato come DSA   Quali sono i possibili segnali premonitori di un DSA? Durante la scuola dell’infanzia, alcuni comportamenti e difficoltà in determinate aree possono essere considerati predittori di DSA, per esempio alcune difficoltà nell’orientamento spazio-temporale o nella coordinazione motoria. Mentre nei primi anni della scuola primaria, bambini che hanno difficoltà nell’organizzazione del lavoro o esauriscono rapidamente la loro capacità di concentrazione, possono manifestare un eventuale DSA, soprattutto se nel primo anno di scuola non compiono i progressi attesi.   È importante l’individuazione precoce dei DSA? Sì, perché l’osservazione precoce dello sviluppo delle abilità di apprendimento è fondamentale per contenere le manifestazioni disfunzionali del disturbo. Molte scuole dell’infanzia si sono già attivate in questo senso: a partire dall’ultimo anno si stanno diffondendo metodiche di osservazione scolastica che possono aiutare gli insegnanti nella progettazione didattica a supporto delle difficoltà.  In particolare a partire dall'ingresso alla Scuola Primaria è possibile osservare eventuali ritardi nel percorso di alfabetizzazione che potrebbero essere un indice di disturbo.   Qual è l’età minima per la diagnosi? Non prima della fine della classe seconda della scuola primaria.   Quali figure professionali sono specializzate per valutare un DSA? La valutazione e l’eventuale diagnosi di DSA può essere svolta da Psicologi e Neuropsicologi dello sviluppo esperti in Psicopatologia dell’apprendimento e Neuropsichiatri Infantili. In alcune regioni è possibile presentare alla scuola anche le diagnosi elaborate da privati, mentre in altre sono accettate solo quelle del Servizio Sanitario Nazionale (o enti convenzionati). Per meglio comprendere la specifica situazione di ogni regione far riferimento alla sezione Normativa locale sui DSA   Chi segnala eventuali difficoltà del bambino? Generalmente è l’insegnante che segnala eventuali difficoltà del bambino alla famiglia. In particolare se l’insegnante rileva difficoltà nel rendimento scolastico del bambino, con ritardo nell'apprendimento della letto-scrittura o carenze negli apprendimenti di fatti matematici, può inviare la famiglia a fare una visita specialistica in modo che le figure professionali pertinenti sottopongano il bambino a una serie di test finalizzati.   Cosa può fare un insegnante quando in classe prima della scuola primaria alcuni bambini manifestano un possibile rischio di DSA? Cercare di cambiare l’ottica con cui osservare le difficoltà. Nell’età evolutiva le differenze individuali nello sviluppo dei bambini sono molto ampie, e spesso in classe prima sono moltissimi bambini che hanno difficoltà di letto-scrittura, generalmente molti più di quelli che avranno un DSA.  È quindi fondamentale, nella pratica quotidiana, aiutare tutti i bambini in un’ottica di prevenzione e non di “cura”, agevolando: i bambini che non avrebbero bisogno di un intervento specifico, ma che potrebbero comunque consolidare e meglio padroneggiare l’abilità i bambini che ne avrebbero invece bisogno perché hanno uno sviluppo tardivo delle abilità e che quindi arrivano sempre un po’ dopo gli altri e sono alla continua rincorsa dei compagni e soprattutto della didattica! i bambini che svilupperanno un DSA ma ancora non lo sappiamo con certezza tutti gli altri bambini che portano con sé un disturbo dell’apprendimento non specifico ma secondario ad altre patologie. Una didattica attenta ad alcuni aspetti fondamentali, in classe prima (e alla scuola dell’infanzia), permette a un bambino con DSA di sopravvivere al suo primo anno di scuola e di apprendere come gli altri. Dobbiamo quindi puntare molto su ciò che aiuta a ridurre le manifestazioni del disturbo, dato che non possiamo intervenire sulla causa perché costituzionale.   Al bambino con DSA serve l’insegnante di sostegno? No. Il bambino con DSA per definizione è un bambino intelligente, che però presenta specifiche cadute nelle abilità di lettura e/o scrittura e/o calcolo. Necessita quindi di particolari attenzioni didattiche, ma non dell’insegnante di sostegno. Il supporto di cui ha bisogno può essere attivato dall'insegnante di classe, dalla famiglia e indirettamente dai compagni attraverso metodiche che l’insegnante può adottare nella di gestione della classe, come l’apprendimento collaborativo.   Che cosa sono gli strumenti compensativi e le misure dispensative? Gli strumenti compensativi per i DSA sono strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell'abilità deficitaria, tipica del disturbo. Si distinguono in  “specifici”: strumenti che supportano in modo diretto l’abilità deficitaria (lettura/ortografia/grafia/numero/calcolo), come, per esempio, la sintesi vocale, la calcolatrice, la videoscrittura con correttore ortografico, ecc.  “non specifici” o “funzionali”: strumenti che supportano aspetti deficitari di abilità “trasversali” quali memoria, attenzione, ecc. Tali strumenti sono, per esempio, la tavola pitagorica, le tabelle dei verbi, delle formule matematiche, della sequenza dei giorni/mesi… Le misure dispensative sono particolari interventi didattici che permettono agli alunni con DSA di non svolgere alcuni compiti o di esserne parzialmente esentati (lettura ad alta voce in classe, studio mnemonico delle tabelline, valutazione degli errori ortografici, ecc.).   Che strumenti può utilizzare un insegnante per l’individuazione precoce degli alunni con possibile DSA? Nei primi due anni della scuola primaria nelle scuole sono in uso delle buone pratiche di individuazione precoce delle difficoltà di apprendimento che si basano sull’utilizzo di prove scolastiche per l’osservazione e il monitoraggio dello sviluppo delle competenze di base relative alla lettura, alla scrittura e al calcolo. Questi strumenti possono essere somministrati in forma collettiva, cioè a tutta la classe e/o in forma individuale. Un modello di intervento e valutazione uniforme, rapido e standardizzato è quello offerto dalla piattaforma multimediale Giada, che consente di individuare precocemente eventuali difficoltà di apprendimento legate agli ambiti della letto-scrittura e del numero-calcolo. Di norma con la supervisione di un esperto (consulente scolastico) l’insegnante può farsi un’idea più precisa se il ritardo negli apprendimenti di un alunno può essere un possibile indice di disturbo specifico. Nei primi due anni di scolarizzazione sono frequenti casi di “falsi positivi”, cioè bambini che presentano un semplice ritardo negli apprendimenti senza sviluppare poi un DSA. Prima della segnalazione ai genitori occorre quindi prendere in considerazione anche altri elementi, tra cui i principali sono la familiarità per il disturbo e un pregresso disturbo del linguaggio   Cosa può fare un genitore per capire se suo figlio ha un DSA? Innanzitutto confrontarsi con gli insegnanti per valutare se le problematiche che si evidenziano a casa sono riscontrate anche a scuola. Se è così, in collaborazione con gli insegnanti, raccogliere i principali elementi significativi del possibile disturbo che si evidenziano nello svolgimento delle attività scolastiche (es. lettura lenta e/o scorretta, errori di ortografia, scrittura poco comprensibile e/o molto lenta, difficoltà nell’apprendimento delle tabelline e dei calcoli semplici, ecc.). A questo punto è importante rivolgersi al Servizio Sanitario del territorio o a uno specialista di disturbi dell’apprendimento che lavora privatamente. .cap-glossario{ top: -150px; position: relative; } .url-glossario li, .url-glossario li a {color: #b5161a; font-size: 1.2rem; text-decoration: none; font-weight: bold; } .url-glossario li a:hover {color:#122969; background: rgba(149,165,166,0.2); content: ''; -webkit-transition: -webkit-transform 0.3s; transition: transform 0.3s; -webkit-transform: scaleY(0.618) translateX(-100%); transform: scaleY(0.618) translateX(-100%);}
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Search-ME - Erickson 2 DSA
Erickson e Associazione Italiana Dislessia insieme per la Settimana Nazionale della Dislessia per approfondire la conoscenza sui DSA
In occasione della sesta edizione della Settimana Nazionale della Dislessia, promossa dall’Associazione Italiana Dislessia e in programma dal 4 al 10 ottobre 2021, torna la campagna “Lo sai che…?”, lanciata nel 2018 da Erickson e Associazione Italiana Dislessia con l’obiettivo di sensibilizzare e approfondire la conoscenza sulla dislessia e sugli altri disturbi specifici di apprendimento. Fulcro della campagna di quest’anno il decalogo “10 cose che una persona con DSA vorrebbe che tu sapessi” illustrato da Antongionata Ferrari. Dieci punti sviluppati per conoscere il mondo dei DSA e valorizzare i punti di forza e le caratteristiche di tutte le persone con DSA, sfatando luoghi comuni e pregiudizi. Il decalogo .image-carousel-container{ width:60%;} .mondo-erickson .banner-container [class^='banner-lev'] { position: relative; width: 50%; } @media (max-width:767px){ .image-carousel-container{ width:100% !important;} .mondo-erickson .banner-container [class^='banner-lev'] { position: relative; width: 100%; } }
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Search-ME - Erickson 3 DSA
Sia in ambito formativo che lavorativo si osserva una maggiore attenzione all’integrazione di studenti e lavoratori DSA
L’avvento della Legge 170/2010 ha permesso un radicale cambiamento nella gestione degli studenti con DSA, garantendo loro pari opportunità di formazione nei diversi ordini e gradi scolastici, permettendo un’importante opera di sensibilizzazione e di formazione sulla cultura dei DSA, che ha sicuramente favorito una maggiore inclusione di tali studenti anche all’interno delle Università. Negli atenei italiani il numero totale di studenti in possesso di diagnosi clinica di DSA è così cresciuto in modo esponenziale.  Nel 2012 la CNUDD (Conferenza Nazionale Universitaria dei Delegati per la Disabilità) ha redatto le prime linee guida, intese come indicazioni di base per predisporre, nel rispetto dell’autonomia di ciascun ateneo, i servizi più idonei anche agli studenti con DSA. Ogni ateneo ha dunque una struttura amministrativa che si occupa di favorire l’integrazione, in ambito accademico, di alunni con DSA tramite l’attivazione di diversi servizi. C’è oggi una maggiore sensibilità sociale al problema dei DSA anche in Italia: la recente legislazione che ha provveduto a normare interventi di supporto soprattutto per gli adulti con formazione in corso, come ad esempio il provvedimento siglato il 12 aprile scorso dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati e dalla Corte d’appello di Milano, grazie al quale i candidati con DSA potranno utilizzare strumenti compensativi per l’esame di abilitazione professionale. Anche nel mondo del lavoro si assiste ad una maggiore attenzione nei confronti dei lavoratori DSA e lo dimostra la Legge 25 del 28 marzo 2022, art.7, comma bis, che permette ai lavoratori con DSA l’utilizzo degli strumenti compensativi durante i colloqui di selezione e l’attività lavorativa. Si dimostra quindi cruciale avere a disposizione strumenti valutativi affidabili che tengano conto di questi nuovi scenari.
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Search-ME - Erickson 4 BES DSA e ADHD
Alessandro Venturelli e Elettra Cerruti, formatori dell’Associazione Italiana Dislessia (AID) espongono alcune metodologie didattiche utili per migliorare l’efficacia di DAD e DDI
Punti di forza e limiti della Didattica a Distanza (DAD) e della Didattica Digitale Integrata (DDI) Per quanto riguarda i punti di forza di DAD e DDI, fermo restando il rispetto dei ruoli differenti, è pur vero che l’interazione tra docente e discente risulta semplificata in modalità online, lasciando spazio maggiore a domande su dubbi e incertezze, nonché ad interventi sulla lezione. La tecnologia permette un potenziamento dell’apprendimento attraverso la semplice condivisione del proprio schermo, cosa non sempre possibile nella realtà di tutte le aule del nostro territorio (ricordiamo che nelle scuole superiori non sempre la LIM è disponibile). Si rende ad esempio possibile la costruzione di una mappa o di uno schema in “diretta” con contributi di ogni studente, il pieno utilizzo delle risorse multimediali messe a disposizione delle case editrici e la possibilità di attingere ad altri contenuti video, sia di terzi sia autoprodotti o realizzati in collaborazione con gli alunni. Non ultima, la possibilità di dedicare alla didattica l’intera lezione, certamente nel rispetto delle norme della sicurezza sulle tempistiche di esposizione allo schermo del PC / smartphone / tablet. Per quanto riguarda i limiti e le criticità di DAD e DDI, la prima considerazione da fare è che la partecipazione effettiva dello studente può risultare falsata: non potendo osservare le espressioni degli alunni non si può comprendere appieno il loro livello di attenzione. Ė pure fisiologico il collegamento silente da parte di una minoranza di ragazzi, i quali, pur lasciando attiva la connessione, non seguono attivamente la lezione. Una grande criticità della DDI è osservabile quando, per comprensibili ragioni di spazio, non vengono alternate le intere classi, bensì una porzione delle stesse. Il docente si trova nella difficile situazione di gestire una modalità ibrida mentre gli alunni che seguono in remoto si trovano forzatamente in condizioni svantaggiate e spesso le lezioni necessitano di essere ripetute. Le strategie per migliorare l’efficacia di DAD e DDI L’accompagnamento degli studenti nell’apprendimento della materia Innanzitutto occorre monitorare gli alunni che compongono la classe ed il gruppo nella sua globalità. L’osservazione può essere attuata con test d’ingresso, correzione di esercizi, esercitazioni, piccoli lavori di gruppo. Per verificare l’effettiva partecipazione a DAD e DDI, occorre coinvolgere gli studenti con domande, completamento di esercizi e stimolare la loro curiosità utilizzando esempi concreti. Un modo per rendere attivo lo studente è accompagnarlo nel percorso di comprensione, applicazione e memorizzazione della materia. In tal senso l’utilizzo della mappa può costituire uno strumento operativo disponibile. L’accessibilità dei testi La risoluzione di un problema parte dalla comprensione del testo. Due disturbi specifici, dislessia e, per l’appunto, disturbo della comprensione del testo, possono intervenire in maniera importante sul risultato. È comunque bene non dimenticare che molti problemi richiedono una seconda e anche una terza lettura al docente stesso. I testi proposti devono essere prima di tutto comprensibili: spetta al docente una modifica per renderli accessibili (ad esempio rendendo esplicita la richiesta) e, qualora non siano modificabili ma siano parte imprescindibile della propria attività, occorre supportare con indicazioni, tra le quali eventualmente un disegno, la parte scritta. La condivisione delle informazioni Le piattaforme multimediali utilizzate nella DAD e nella DDI permettono, tra le altre cose, la condivisione di materiale da parte del docente e il caricamento di file da parte degli studenti. In questo modo si può avere una traccia costante di quanto svolto in classe, o attraverso il salvataggio delle schermate del PC utilizzate come lavagne o con la costruzione in diretta di schemi e mappe illustrative di quanto svolto in classe. L’utilizzo di mappe concettuali È opportuno ricordare le molteplici possibilità di utilizzo della mappa in classe: presentazione della lezione, costruzione in diretta con gli studenti, focus riassuntivo. La costruzione passo passo, per fissare gli argomenti che si stanno spiegando, ha innanzitutto il vantaggio di mostrare come realizzare una mappa, poi quello di interagire con gli alunni e capire le loro differenti modalità di apprendimento visuale, infine quella di coinvolgerli e stimolarli anche a livello mnemonico. Seguendo il nostro ragionamento, constatata la soggettività di ogni alunno, va da sé che non può essere definita una mappa perfetta, ma solamente una più funzionale allo studente, che deve essere messo in grado di poterla scrivere o comunque modificare secondo il suo funzionamento. È logico concludere che sarebbe sempre meglio fosse l’alunno a scriversi la propria mappa ma, qualora debba ancora far pratica o si rifletta in schemi proposti, nulla vieta di utilizzare i prodotti di terzi! È inoltre opportuno sottolineare che la realizzazione stessa di una mappa può essere elemento valutativo per il docente. Un’esperienza di DAD con l’utilizzo delle mappe concettuali Partendo dalla volontà di incrementare la partecipazione durante le ore in DAD, si è provato ad utilizzare in modi differenti le mappe, in particolare quelle raccolte, assieme a schemi ed esercizi svolti, nei volumi “Diario di Matematica”, dei quali gli scriventi sono coautori. Utilizzo della mappa per presentare l’argomento La mappa viene esposta in modalità presentazione, facendo scorrere i nodi. Esplicitare un esempio aiuta nella comprensione e nella memorizzazione L’utilizzo di un codice cromatico, ove possibile, aiuta l’alunno Utilizzo di una mappa come base per la lezione Partendo da una mappa già realizzata e opportunamente tagliata, si aggiungono gli esempi Si può utilizzare un semplice programma di modifica immagini per scrivere a mano su schermo capacitivo Se si è pratici nella scrittura di formule, si può utilizzare un software specifico (nella figura è proposto un esempio con Supermappe EVO). Costruzione di una mappa con la classe La mappa, probabilmente meno “editoriale” è scritta con il contributo degli studenti, con i suggerimenti per le immagini e per la posizione dei nodi. Anche questa può essere o riassunto della lezione o base di partenza per gli esercizi, in modo da avere le formule sotto controllo. Il ruolo dei docenti in DAD e DDI La ricerca di accorgimenti utili per gli studenti in difficoltà, finalizzati in prima battuta a non perdere lo studente stesso, è una prerogativa ancor più forte per l’insegnante che, attraverso un prezioso lavoro di osservazione della classe, propone le metodologie di insegnamento più idonee per il gruppo. Quest’ultimo presenta criticità per le condizioni oggettive in cui le relazioni tra gli studenti, e tra loro e il docente, nascono ed evolvono. Così può essere che vengano meno il senso di appartenenza e lo spirito di gruppo tra i primi e la “distanza” diventi il fulcro della relazione tra i secondi. Come docenti dobbiamo essere consapevoli che non siamo operatori neutrali all’interno dell’emergenza. Ponendoci come primo obiettivo la vicinanza emotiva, possiamo dare un valore relazionale allo schermo. All’interno di questa cornice, attività interattive, micro attività per sottogruppo, mappe scritte insieme agli studenti, esercizi che promuovano la metacognizione del singolo e del gruppo classe, conducono a puntare sui processi e non sui contenuti. Da non sottovalutare, infine, la percezione di autoefficacia come docente e di efficacia rispetto allo studente in una fase didattica che, comunque, oltre a rappresentare una grande opportunità, mostra quotidianamente grandi difficoltà, compensate di continuo da un lavoro meticoloso e alla costante ricerca di miglioramento. Per approfondire ulteriormente questo argomento, leggi anche l’articolo “DSA e BES tra Didattica a Distanza e Didattica Digitale Integrata: spunti di riflessione per la didattica alla scuola secondaria di secondo grado”
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Search-ME - Erickson 5 DSA
Agnese, 18 anni, racconta com’è cambiato nel tempo il suo rapporto con la dislessia e di come la sua sfida oggi sia diventata quella di far conoscere meglio a tutti questo disturbo. Con un’esortazione ai ragazzi con DSA a non abbattersi e a non avere paura del giudizio altrui
«La diagnosi di dislessia per me è arrivata in terza elementare, ma io lo sapevo fin dall’asilo di essere dislessica». A parlare è Agnese, una ragazza di 18 anni di Pescia che oggi frequenta la quarta superiore al Liceo delle Scienze Umane. Racconta Agnese che il suo rapporto con lo studio è sempre stato difficile, fin dalla scuola dell’infanzia quando le insegnanti le chiedevano di imparare a memoria le poesie. Poi, procedendo nel percorso scolastico, le difficoltà si sono palesate ancora di più, fino a prendere una forma definita, che ha il nome di “dislessia”, un Disturbo Specifico dell’Apprendimento che oggi in Italia, insieme a disgrafia, disortografia e discalculia, riguarda una percentuale di alunni stimata tra il 3 e il 5% della popolazione studentesca. Oggi Agnese è una ragazza che ha fatto un percorso di presa di consapevolezza del suo disturbo, arrivando ad accettarlo e a conviverci con serenità, fino a diventare una giovane divulgatrice sul tema attraverso la pagina Instagram dsainmodosemplice che ha deciso di aprire l’anno scorso, in pieno lockdown. Agnese, da che intento nasce la tua pagina Instagram? È un’idea che è nata con la maturità. Oggi non ritengo più la dislessia qualcosa di cui vergognarmi, ma anzi la vedo come una qualità in più, un punto di forza che ho. Ho pensato di raccontare la mia esperienza perché potesse essere utile a più ragazzi possibile. Una professoressa mi ha dato la spinta in questo e anche la mia famiglia mi ha sostenuta. Che tipo di rapporto hai con i tuoi follower? Tra i miei follower ci sono tanti tipi di persone diverse: ragazze e ragazzi, insegnanti, genitori... Mi è capitato di parlare con alcune mamme delle app migliori per costruire mappe concettuali o dei migliori siti in cui trovare libri digitali. Mi piace parlare con le persone e condividere la mia esperienza. Qual è stato il tuo vissuto emotivo con la dislessia, nel contesto scolastico e fuori? Ho avuto la fortuna di incontrare dei compagni che non mi hanno mai presa in giro per la mia dislessia. Anche gli insegnanti che ho avuto in genere erano aperti, comprensivi; hanno cercato di aiutarmi. Con sfumature diverse, chi più chi meno, naturalmente. Però a livello emotivo io mi sono sempre vergognata. Mi è capitato di sentirmi diversa, di non sentirmi all’altezza. Ai miei amici fuori dalla scuola non ho mai detto di essere dislessica. Avevo paura del giudizio altrui. Che tipo di ausili hai trovato utili per affrontare la dislessia? Io mi sono trovata bene con le mappe concettuali, ho imparato a usarle facendo un corso con un tutor, in prima e in seconda media. Poi, al liceo, ho trovato il mio metodo di studio, basato sull’utilizzo delle mappe e sull’uso del computer. All’inizio del liceo non lo portavo in classe per prendere appunti perché, come dicevo prima, mi vergognavo. Poi dalla terza liceo in poi ho iniziato a portarlo con me. Cosa ti senti di dire a bambini e ragazzi che hanno un Disturbo Specifico dell’ Apprendimento? Ai più piccoli vorrei dire che è normale sentirsi spaesati, appena si riceve la diagnosi, non capire, sentirsi diversi in qualche modo. Col passare del tempo, però, è importante arrivare ad accettare questa cosa e farne un punto di forza. Bisogna imparare a essere più forti delle persone che ti giudicano. Oggi ci sono tante persone informate sui DSA che possono dare una mano. Anche coltivare interessi fuori dalla scuola è fondamentale. Tutti dovrebbero coltivare degli interessi perché è incontrando altre persone che si arriva a capire meglio se stessi e ad accettarsi. Che progetti hai per il futuro? Dopo il liceo vorrei iscrivermi all’Università. Mi piacerebbe studiare Psicologia o Scienze della Comunicazione, non ho ancora deciso. Sicuramente mi piacerebbe fare un lavoro in cui si sta a contatto con altre persone, forse qualcosa nel sociale. Grazie dell’intervista, Agnese, e in bocca al lupo!
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Search-ME - Erickson 6 BES DSA e ADHD
Alessandro Venturelli e Elettra Cerruti, formatori dell’Associazione Italiana Dislessia (AID) spiegano come possono incidere DAD e DDI sull’apprendimento degli alunni con DSA e BES, in particolare nell’apprendimento della matematica
La DAD e la DDI e le loro ricadute sull’apprendimento per gli studenti con DSA e BES I risvolti della drammatica emergenza sanitaria da COVID-19 in atto da oltre un anno hanno mostrato la loro evidenza anche sul mondo della scuola, stravolgendo in un tempo brevissimo le sue consuetudini e accelerando esponenzialmente una rivoluzione digitale della quale si iniziavano a muovere timidi passi. L’intento iniziale dei docenti è stato quello di mantenere un filo di collegamento con i discenti, attraverso modalità non convenzionali (software di messaggistica, estensioni dei registri elettronici, registrazione e condivisione di filmati). La successiva adozione di piattaforme strutturate ha sancito l’inizio della Didattica a Distanza che, con l’avvio del nuovo anno scolastico, è stata assorbita dalla Didattica Digitale Integrata. Questa prevede l’utilizzo delle tecnologie remote in caso di impossibilità di frequenza e garantisce la presenza su base volontaria agli studenti con BES, DSA e sostegno. L’obiettivo iniziale era garantire una continuità scolastica al maggior numero di alunni; con il perdurare dell’emergenza il focus si è spostato sull’inclusione dell’intero gruppo classe, con la necessità di non lasciare indietro nessuno, intento reso difficile dalle condizioni oggettive. Infatti il docente deve poter alternare la teledidattica con la lezione in presenza, riuscire a sdoppiarsi in caso di classi in presenza al 50%, comprendere le difficoltà degli alunni legate alle loro differenti attitudini all'apprendimento, offrire un ventaglio di proposte didattiche, andare oltre il classico concetto di valutazione. La neurovarietà che caratterizza lo studente con DSA offre opportunità e criticità all’attuale contesto scolastico: l’importante è che l’insegnante non si soffermi solo sulle caratteristiche ma provi ad osservare e a studiare il funzionamento dell’allievo, condividendo momenti metacognitivi con lo stesso e riflessioni con i colleghi. Le diffuse difficoltà legate alla matematica possono essere smorzate o amplificate dalla DDI, a seconda dell’impostazione delle lezioni, della presentazione dei contenuti e della modalità di esercitazione e verifica. Ancora una volta opportunità e difficoltà si contrappongono: se è vero che da un lato le distrazioni del gruppo classe vengono meno, dall’altro anche la possibilità di peer tutoring incontra barriere fisiche. Solo con un’attenta analisi del singolo studente e delle dinamiche di gruppo si potrà scegliere la strategia più adatta: altra incombenza “scaricata” per l’ennesima volta sulle spalle dei docenti. Le principali difficoltà nell’apprendimento della matematica e i possibili alleati per lo studio Alzino la mano coloro che possono vantare un percorso all’interno della matematica senza aver incontrato insufficienze o difficoltà di sorta. Errori di calcolo, complessità nelle espressioni, dimostrazioni geometriche al limite dell’impossibile vanno annoverate tra i colpevoli di troppe ore perse a scrivere e cancellare fogli a quadretti, insidiosi nemici che rendono apparentemente ostica e poco amata la disciplina. Passiamo in rassegna quelli che possono essere dei possibili alleati per lo studio della matematica. Formule, teoremi e procedure Se la memorizzazione di formule e problemi risulta di per sé molto faticosa, ancor più difficile è la competenza strettamente correlata, ovvero la loro applicazione. Teniamo a sintetizzare un’esperienza già affrontata con diverse classi: se si lascia un formulario non costruito dall’alunno durante un esercizio alla lavagna o nel corso di un’esercitazione, si può immediatamente constatare come chi non ha svolto un congruo numero di esercizi non trae nessuna utilità dal medesimo. La scrittura di un formulario e il suo utilizzo rendono più immediata ed efficace l’applicazione delle formule, oltre alla memorizzazione stessa. Il problem solving Immediatamente la parola problem solving riferita alla matematica porta alla mente i classici problemi, in prevalenza geometrici, da risolvere con l’ausilio di teoremi, postulati, formule ed intuito. Dando un’accezione più generica al termine, possiamo affermare che la quasi totalità degli esercizi di matematica rappresenta di per sé un problem solving, implicando la necessità di risolverlo al meglio e con il minor sforzo possibile di tempo ed energia cognitiva. Lo stile cognitivo prevalente: globale vs analitico Il modo in cui si approccia lo svolgimento di un problema dipende anche dallo stile cognitivo prevalente. Se si esaminano gli stili contrapposti globale e analitico, si può facilmente ricondurre al primo lo studente che affronta il problema a partire dalla sua globalità ed al secondo chi parte dal dettaglio cercando di allargare il campo via via. Si prenda per esempio un’espressione letterale: prima di partire a testa bassa con i calcoli, un buon metodo potrebbe essere quello di leggere bene il testo alla ricerca di eventuali proprietà da applicare per capire il percorso più breve. L'accesso all’informazione L’accesso all’informazione implica due distinti aspetti: differenti modalità di presentazione del materiale e chiarezza nelle consegne di un quesito. La DAD e la DDI si prestano affinché il docente si possa prodigare in differenti stili di insegnamento, legati sia alla multimedialità sia alle attività in presenza. Ben più complesso l’accesso alle informazioni dei testi di verifica e, più in generale dei problemi: ancora non si capisce come, ad oltre un decennio dalla legge 170, i libri scolastici continuino a riportare testi a tratti incomprensibili ad una prima lettura. Tra i consigli, quelli di evitare testi particolarmente complessi, evidenziare i dati e le richieste; evitare le richieste multiple o, nel caso, isolare i diversi quesiti anche a livello spaziale (su due righe). Per quanto riguarda il lessico, è raccomandabile evitare doppie negazioni, informazioni non utili e soprattutto dati ridondanti. Il docente può comunque riformulare i testi proposti. L’utilizzo della calcolatrice Vogliamo porre l’accento su un’amica da frequentare con cautela: la calcolatrice. È incredibilmente alta la percentuale degli errori generati da un suo uso non corretto, derivanti sia da erronea digitazione, sia da mancata familiarità con lo strumento, sia da errori di sintassi, spesso associati ad un mancato riconoscimento dell’ordine di grandezza. È pertanto fondamentale attivare sempre un’azione di controllo sul risultato. Difficoltà o Disturbi? Come noto, difficoltà e disturbo non sono sinonimi! Mentre la difficoltà è risolvibile con un’applicazione maggiore nello studio, con una revisione delle strategie e dei metodi di studio o con piani di potenziamento temporanei e percorsi individualizzati, il disturbo è legato a fattori biologici e, pertanto, non risolvibile completamente. Al fine di capire il diverso impatto della DAD e della DDI sul singolo alunno, occorre specificare ancora una volta la soggettività del disturbo specifico. Come sappiamo, oltre alla tipologia (dislessia, disgrafia, disortografia, discalculia, disturbo della comprensione del testo, disturbo dell’elaborazione del testo, ecc.), si riscontra un differente grado di disturbo e, chiaramente, un diverso stile di apprendimento prevalente (uditivo, visivo, verbale, cinetico, ecc.); anche all’interno dello stesso disturbo sono osservabili diversi profili con rispettive abilità. La memoria di lavoro e la memorizzazione a lungo termine, insieme col recupero delle informazioni memorizzate, rappresentano altri aspetti caratteristici dell’apprendimento dello studente così come, non meno importanti, le abilità di pianificazione. Inoltre, tenendo presente che può esistere comorbità tra i vari disturbi capiamo ancor di più come ogni studente rappresenta un caso a sé! In questo contesto non è scontato capire quale studente ha una maggiore attitudine per la DAD: la familiarità con gli strumenti tecnologici caratteristica degli studenti con DSA si contrappone a deficit attentivi che caratterizzano alcuni profili. L’osservazione e l’interlocuzione con i nostri alunni possono rivelarsi come sempre un’arma vincente! Disturbi specifici nell’ambito matematico Sono sempre meno gli insegnanti che considerano la discalculia come disturbo isolato per l’area matematica; ad esempio, il “semplice” accesso all’informazione rende ostica la materia. La dislessia influisce sia sulla lettura dedicata allo studio, sia sulla lettura delle consegne o nel calcolo letterale di una verifica. La comprensione del testo del problema (lo studente riesce a decodificare le parole del testo, senza riuscirne a cogliere il significato globale), prima ancora dell’analisi e della risoluzione, ostacola lo svolgimento della consegna. L’intrusione è la difficoltà nell’inibire le informazioni non necessarie e ad isolare dati e richieste, a causa della quale lo studente non coglie le differenze significative tra i dati e la parte narrata. La difficoltà nell’updating ostacola lo studente nell’aggiornare i dati e le richieste del problema (è il caso di esercizi con domande articolate, richieste multiple o aggiornamento di situazioni). Per approfondire ulteriormente questo argomento, leggi anche l’articolo “DSA e BES tra Didattica a Distanza e Didattica Digitale Integrata: strategie operative per la didattica alla scuola secondaria di secondo grado”
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