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I mini gialli dei dettati 2
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Search-ME - Erickson 1 Disabilità
L’iniziativa promossa dall’AIPD giunge a conclusione il 13 ottobre
È partito da Roma il 21 marzo, nella giornata mondiale delle persone con sindrome di down e, dopo 37 tappe in altrettante città italiane, da nord a sud, conclude il suo viaggio ancora a Roma il 13 ottobre, nella giornata nazionale delle persone con sindrome di down. E ovviamente le date di questo viaggio non sono una casualità. Stiamo parlando del camper, con a bordo persone con sindrome di Down, che per 6 mesi ha girato l’Italia per far conoscere meglio questa sindrome, nell’ambito di un’iniziativa voluta dall’Associazione Italiana Persone Down (AIPD) in occasione del suo quarantesimo anno di attività. In questi quarant’anni, molte cose sono cambiate per le persone con sindrome di Down, come racconta Anna Contardi, coordinatrice nazionale AIPD. «Prima la sindrome di Down non si vedeva, perché le persone restavano chiuse in casa - racconta Anna Contardi - Oggi queste si incontrano facilmente nelle strade, sui mezzi pubblici, a scuola e anche nei luoghi di lavoro. Il senso di questo viaggio è stato innanzitutto quello di “mostrarsi” agli altri». Spiegano dall’AIPD che quella a cui si è assistito negli ultimi quarant’anni è stata una vera e propria rivoluzione, perché oggi le persone con sindrome di Down «vivono più a lungo, frequentano le scuole pubbliche, dall’asilo nido all’università, vivono in famiglia e non in istituto, si muovono in città, lavorano e, quasi sempre, desiderano andare a vivere da soli (o con gli amici) una volta diventati adulti. Questa “rivoluzione” è stata resa possibile grazie alla volontà delle persone con sindrome di Down, alle loro famiglie che li hanno sostenuti, alle associazioni, ai volontari, agli operatori che ci hanno creduto e alla scelta dell’inclusione». Ancora oggi restano però molti i luoghi comuni e i pregiudizi nei confronti delle persone con sindrome di Down: luoghi comuni e pregiudizi che l’AIPD cerca di sfatare, anche con iniziative come questa, soprannominata “Down Tour 2019”. In questi sei mesi, da marzo, tanti equipaggi di persone con sindrome di Down si sono alternati a bordo del camper bianco e azzurro dell’associazione, proprio con l’obiettivo di vincere il pregiudizio (“Da 40 anni combattiamo un’unica malattia: il pregiudizio” è lo slogan della campagna). In ogni città in cui hanno fatto tappa, i protagonisti del tour si sono adoperati per interagire con le persone del luogo e presentarsi a loro volta, vuoi con una dimostrazione sportiva o un evento gastronomico, una conferenza o una testimonianza di vita. Il tutto organizzato con l’appoggio della sezione locale dell’AIPD, l’aiuto del popolare attore Lino Guanciale, che ha registrato gli spot video e audio del tour, e il sostegno di alcuni sponsor, tra cui la Creative Factory Frognroll, l’Associazione Italiana Chef, l’Italian Chef Academy e anche la nostra casa editrice.   A conclusione del tour, un momento molto simpatico prevede la consegna del diario dei testi e delle immagini elaborati dai vari equipaggi del camper durante il viaggio direttamente nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, presso il Palazzo del Quirinale.   Il lavoro che rimane da fare a favore delle persone con sindrome di Down è ancora tanto, in particolare, come spiegano dall’AIPD, pensando ai bisogni degli adulti, delle persone più gravi e degli stranieri. Oltre a questa consapevolezza, rimangono però gioia e soddisfazione per questa iniziativa ben riuscita, che ha coinvolto tante persone, contribuendo a diffondere una maggiore conoscenza della sindrome.
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Search-ME - Erickson 2 Disabilità
Le letture consigliate dell’Associazione Italiana Persone Down Onlus
C’è una raccolta di testimonianze che racconta, attraverso la voce dei protagonisti, le piccole-grandi conquiste quotidiane verso l’autonomia. Ci sono le guide pratiche - nate dall’esperienza dei Percorsi di educazione all’autonomia dell’AIPD – nelle quali vengono presentati materiali, attività, esercitazioni per insegnare le abilità fondamentali per l'autonomia ai ragazzi e agli adolescenti con disabilità intellettiva. E ci sono saggi che favoriscono una riflessione più ampia. Sono i 15 libri selezionati dall’Associazione Italiana Persone Down Onlus: testi da non perdere su questo argomento scritti da importanti autori come Anna Contardi, Carlo Scataglini, Martina Fuga, Carlo Lepri, Salvatore Nocera. Libri che possono accompagnare i lettori alla scoperta di ostacoli superati e altri ancora da superare, per continuare la preziosa battaglia per contrastare i pregiudizi nei confronti delle persone con Sindrome di Down portata avanti da quarant’anni a questa parte da AIPD. Scopri i titoli consigliati: .image-carousel-container{ width:60%;} .mondo-erickson .banner-container [class^='banner-lev'] { position: relative; width: 60%; } @media (max-width:767px){ .image-carousel-container{ width:100% !important;} .mondo-erickson .banner-container [class^='banner-lev'] { position: relative; width: 100%; } }
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Search-ME - Erickson 3 Disabilità
Un ragazzo con sindrome di Down racconta la sua vita e le sue avventure sportive
Marta, Francesco, Ilaria, Pierpaolo, Carolina, Nicolò, Federica, Niccolò, Cristina, Spartaco ed Elena sono le ragazze e i ragazzi con sindrome di Down protagonisti del libro “Giù per la salita” di Martina Fuga e Carlo Scataglini. Nel libro parlano delle loro esperienze a scuola, al lavoro e con gli amici, raccontano le loro passioni, le loro storie d’amore e la loro vita indipendente, dandoci un messaggio straordinario di autonomia, consapevolezza e fiducia verso il futuro. Leggendo i loro racconti ci rendiamo conto che la loro vita può essere più vicina alla nostra di quello che crediamo e che i loro bisogni non sono bisogni speciali, ma bisogni umani, così come i loro sogni.  Ecco un estratto dell’intervista realizzata dall’autrice Martina Fuga a Niccolò Vallese, uno dei ragazzi protagonisti del libro. Niccolò, che importanza ha per te lo sport? Allora, in poche parole, prima io non facevo sport. Adesso lo faccio perché adesso comincia a piacermi. Quando dici «prima non lo facevo» cosa intendi? Fino a che età? Se non mi sbaglio fino a 18 anni. Non hai mai fatto sport? No. Quindi tu non facevi tanto sport fino ai 18. Poi a 18 anni cosa è successo? Poi più avanti… ho conosciuto Alex Toselli, è lui che ha preso questo albergo. Ha preso questo albergo e da lì poi mi ha detto: proviamo a inserire Niccolò sullo sport, facendo le maratone. Mi ha proposto per questo sport, per servire, per capire… Ora vorrei che mi raccontassi della tua avventura alla maratona. La mia avventura della maratona, vabbè a parte andare sempre a New York. Per tre volte di fila…   Com’è allenarsi per una maratona? Molto dura e molto difficoltoso. Però io questa cosa adesso comincio a non pensarlo e cerco di tirare avanti e… poi è anche bello lo sport perché ti distrai. Ti distrai? Da che cosa? Ti distrai e poi ti scarica anche la tensione, mi scarico un po’ di tensione, molta tensione. E quando sei andato a New York come è andata? Raccontami di New York, hai preso un aereo insieme ad Alex e a chi? Vabbè, a parte la compagnia anche lì… insieme ad altri ragazzi. Altri ragazzi che hanno corso con te? Sì, esatto, ero con dei ragazzi Down, ero insieme con loro. Siamo andati su insieme fino a New York, eravamo un bel gruppo. Come ti sentivi prima della partenza? Prima della partenza beh, adesso ero tranquillo ma le prime volte ero talmente agitato! Senti, tu e questi ragazzi che erano con te, avete corso insieme? Sì. Oppure ognuno ha corso al suo passo? Abbiamo corso insieme poi ci siamo separati, ci siamo ritrovati poi il giorno dopo. Hai corso tutti e 42 i chilometri e i 195 metri? Sì. E ho pure migliorato il tempo quest’anno. Davvero? Tre volte di fila. Che tempo hai fatto? Allora, la prima è stata 7 ore e 37, la seconda era meno di 7 ore e 37 e la terza ancora meno, sulle 7 ore e 13 minuti. E non trovi che sia straordinaria questa cosa? Anche io ho corso una maratona ed è stata un’impresa… Sì, adesso ho cominciato a sentirmi veramente speciale. Che significato ha avuto per te fare questa esperienza? Comincio a essere molto diverso su questa cosa adesso. Sul serio. Mi sento molto diverso perché adesso mi sento proprio… che si stanno proprio realizzando i miei sogni. Ti chiedo un consiglio per correre la maratona. Allenarsi! Poi questo è quello che so io. Vabbè, bisogna prima pagare l’iscrizione e tutto quanto. Poi su a New York bisogna andare il giorno prima a ritirare, bisogna prendere il kit con la pettorina e tutto quanto con il numerino. Aspetta, ti faccio vedere le foto…
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Search-ME - Erickson 4 Disabilità
Storia di Gio, bambino nato con un cromosoma in più, raccontata dal fratello Jack, al secolo Giacomo Mazzariol
«Gio è uno che balla in mezzo alla piazza, da solo, al ritmo della musica di un artista di strada.  Gio è ...  genuinità e genialità al tempo stesso. Gio è uno che quando si trova in un corridoio corre perché nei “corridoi” ... si corre. Gio è uno che ogni mattina si sveglia e ti chiede se fuori c’è il sole e ogni mattina porta un fiore alle sorelle. E se è inverno e non lo trova, porta loro foglie secche. E quando mi chiedono cos’ha Gio, io rispondo sempre “Mio fratello rincorre i dinosauri”». Gio è un bambino speciale, molto spontaneo e autentico, che fa divertire chi gli è accanto con la sua carica di simpatia e vitalità. Anche perché Gio non si cura molto delle convenzioni  sociali: lui semplicemente è sempre e solo se stesso, in qualsiasi situazione e in qualsiasi contesto si trovi. Gio è un bambino speciale nato con un cromosoma in più.  Questa sua “specialità” però non è proprio facile da accettare, anche da parte del fratello Jack che, da piccolo, questo bambino “speciale” se l’era immaginato tutto diverso, come un supereroe, dotato di  poteri incredibili. Ecco allora la fatica di accoglierlo, di accettare che faccia parte della propria vita, di crescere insieme. Fino a quando, un bel giorno, passata l’adolescenza, Jack arriva a vedere suo fratello con occhi nuovi e a scoprire che Gio alla fine un supereroe lo è davvero e che quindi l’idea iniziale non era poi così sbagliata. Dopo il successo di “Mio fratello rincorre i dinosauri”, bestseller tradotto in più di dieci lingue, ora la storia autobiografica di Jack, al secolo Giacomo Mazzariol, diventa anche un film, che sarà distribuito nelle sale cinematografiche italiane a partire da settembre. Giacomo Mazzariol sarà relatore al convegno “La Qualità dell’inclusione scolastica e sociale” con un intervento dal titolo “Vedere e scegliere di amare. Io e mio fratello con un cromosoma in più”. Per vedere il trailer del film, clicca qui.
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Search-ME - Erickson 5 Didattica inclusiva
Marta Sodano, una ragazza di 25 anni con sindrome di Down, lancia un messaggio forte a chi si occupa di educazione
Il 21 marzo di quest’anno, a New York, una ragazza italiana è intervenuta al quartier generale delle Nazioni Unite in occasione della giornata mondiale sulla sindrome di Down per lanciare un messaggio forte. Questa ragazza si chiama Marta Sodano e quello che ha detto nel suo intervento è che la scuola oggi deve favorire programmi che offrano opportunità a tutte le persone, comprese quelle con disabilità, senza lasciar indietro nessuno.  Il messaggio lanciato da Marta nella sede delle Nazioni Unite è arrivato forte e chiaro: “Non dovete essere voi – sottointeso: educatori  –  a decidere fin dove può arrivare un ragazzo con disabilità, cosa può fare e cosa non può fare, quali sono i suoi limiti. Non dovete lasciarvi condizionare dalla disabilità, non dovete avere basse aspettative. Date a tutti la possibilità di imparare e di capire, e trovate modi semplici per spiegare”.    Sono le parole di una ragazza di 25 anni che si è conquistata centimetro per centimetro tutti i risultati che è riuscita ad ottenere nella sua vita e che oggi ha una felice esperienza scolastica alle spalle, un impiego, tanti interessi personali e sogni per il futuro. Marta Sodano racconterà la sua esperienza, insieme a Martina Fuga, nel corso del Convegno Erickson “La Qualità dell’inclusione scolastica e sociale” Nell’attesa di incontrarla vi proponiamo qualche passaggio della sua intervista raccolta nel libro “Giù per la salita”, scritto a quattro mani da Carlo Scataglini e Martina Fuga.   Marta, torniamo ai tempi della scuola: hai due ricordi che puoi raccontare brevemente, magari un o piacevole e uno un po’ meno piacevole? Ho dei ricordi, sì, uno piacevole e uno meno piacevole. Quello che mi è piaciuto è che ero accanto a insegnanti di sostegno molto bravi, soprattutto la prima, Roberta, che è stata quella che mi ha dato una spinta, un aiuto, mi ha dato le cose di base per poter continuare. Mentre quello meno piacevole, che mi ha fatto arrabbiare, riguarda una nuova professoressa: è vero che fa il suo dovere, ma c’è qualcosa di lei che proprio non mi piace, e cioè il fatto di rimproverare sempre gli altri, di non fidarsi.   Il lavoro che facevi con i tuoi insegnanti e con quelli di sostegno in particolare lo svolgevi sempre nella tua classe con i compagni, oppure qualche volta stavi anche al di fuori dell’aula? A me facevano fare cose più semplici perché, siccome sanno che ho delle difficoltà con la sindrome di Down, non mi facevano fare le stesse cose degli altri studenti, ma cose più facili, per esempio le tabelline e anche altro. Alcune volte, una professoressa delle medie mi portava da altre parti a fare le cose.    E tu che ne pensi di questo? Tu preferivi stare in classe o lavorare fuori? Andare fuori non penso che mi aiuta a concentrarmi. Magari fare un poco di lezioni di sostegno mi aiuta perché magari in classe tutti insieme non riesco a sentire quello che l’insegnante di sostegno dice, però un po’ mi lascia distaccata dagli altri e questo non mi va molto bene. Posso capire che quelle che fanno gli altri studenti sono cose difficili per me, ma chi è che può dirlo? Perché se quelli di sostegno, invece che farmi fare altre cose, mi spiegano bene la lezione che l’insegnante fa, mi sento più inclusa.   Marta, c’è un desiderio per il tuo futuro che vuoi si possa avverare? Beh, diciamo che un desiderio può essere possibile anche se non è del tutto realizzabile. So che io non sono una molto appassionata di scrittura di storie, ma se fosse possibile vorrei scrivere un buon libro di storie reali e metterci le persone, come se fossero i personaggi. Per esempio: mia madre mi mette al mondo e il resto della mia storia, quello che rende me ciò che sono. Ed è il consiglio che io darei: che ognuno abbia il coraggio di scrivere il proprio libro, la propria storia. Magari le storie di alcuni ragazzi non avranno degli inizi felici, ma non è l’inizio della storia a rendere le persone quello che sono ma è il resto, il continuo della loro storia, come per me.
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Search-ME - Erickson 6 Disabilità
Utilità e applicazioni della «pratica del prestare attenzione»
Che cos’è la mindfulness? La risposta più semplice a questa domanda potrebbe essere: la pratica del prestare attenzione, sapere dov’è e poter scegliere dove dirigerla. Potremmo anche dire che la mindfulness è una forma di «meditazione di consapevolezza» ampiamente praticata da millenni, anche se negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera esplosione dell’interesse e delle ricerche a riguardo. A chi può essere utile? La mindfulness ha molte applicazioni pratiche in cui si dimostra assai utile, compresi i seguenti ambiti: salute mentale: prevenzione delle ricadute nella depressione, ansia, disturbo di panico, stress, regolazione emotiva e promozione dell’intelligenza emotiva, miglioramento della qualità del sonno, disturbi di personalità, dipendenze; neurologico: cambiamenti strutturali e funzioni nel cervello, neurogenesi, miglioramento del funzionamento esecutivo, miglioramento della circolazione sanguigna e possibile prevenzione della demenza; clinico: gestione del dolore, controllo dei sintomi, fronteggiamento di malattie come il cancro, benefici metabolici, alterazioni ormonali e cambiamenti nella funzione e nella riparazione genetica; prestazionale: sport, studio e leadership; spirituale: pace profonda, percezione netta (insight), unità. Come si pratica? La scansione corporea è l’esercizio di consapevolezza più praticato e, in genere, il migliore per cominciare. Consiste nel prendere consapevolezza di ciascuna parte del corpo, partendo dai piedi, e lasciando che l’attenzione resti lì per un po’, percependo tutto quel che c’è da percepire. Altre forme di «meditazione di consapevolezza» includono: l’attenzione al respiro e l’ascolto consapevole. Si può praticare la meditazione di consapevolezza anche con gli altri sensi, compresi il gusto e l’olfatto. Come iniziare? Per chi si accosta alla mindfulness per la prima volta, una buona «dose iniziale» potrebbe essere un esercizio di 5 minuti per due volte al giorno. La durata dell’esercizio può essere portata a 10, poi a 15, poi a 20 fino anche a 30 minuti o più. Per la meditazione raccomandiamo la posizione da seduti, perché in verticale è più difficile addormentarsi. Si può praticare a occhi aperti, ma chiudendoli è più facile far entrare in gioco gli altri sensi, quelli che di solito trascuriamo. Spesso la gente pensa che la mindfulness sia un esercizio di rilassamento poiché, non di rado, quando la si pratica ci si rilassa. Ma in realtà è innanzitutto una pratica di allenamento dell’attenzione, e il rilassamento è più che altro un effetto collaterale. Com’è nata la mindfulness? La pratica della meditazione è stata divulgata per la prima volta in Occidente alla fine degli anni Cinquanta, quando Maharishi Mahesh Yogi introdusse in California la meditazione trascendentale. Nel decennio successivo, Herbert Benson condusse all’Università di Harvard le prime ricerche scientifiche sull’antico fenomeno della meditazione che ora faceva tendenza. Benson capì che la meditazione produce una risposta contraria a quella dello stress e introdusse l’espressione «risposta di rilassamento» nel suo famoso libro sull’argomento, The relaxation response (Benson, 1975).
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