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I mini gialli dei dettati 2
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Risultati trovati: 27
Search-ME - Erickson 1 Autismo e sindrome di Asperger
L’importanza di condurre un’analisi approfondita del comportamento disadattivo per poter individuare delle strategie di intervento specifiche
Atti autolesionistici, comportamenti ripetitivi senza un apparente senso, aggressività fisica o verbale… Sono molti i comportamenti problema che una persona con un disturbo dello spettro autistico può mettere in atto e che vanno a incidere negativamente sulla qualità di vita sia della persona con autismo stessa, sia delle persone che le stanno accanto. Dietro a ogni comportamento problema, c’è solitamente un disagio, che la persona con autismo non riesce ad esprimere in altro modo e che è importante decodificare, per poter individuare una strategia specifica mirata a risolverlo.  Come va condotta un’analisi della situazione in caso di comportamenti problema? Quali sono le componenti da prendere in considerazione? Risponde a queste domande Roberto Keller, medico specialista in psichiatria e in neuropsichiatria infantile. «La gestione dei comportamenti disadattivi della persona con autismo richiede innanzitutto un’analisi della situazione. Sappiamo infatti che il funzionamento della persona con autismo ha delle caratteristiche peculiari: sappiamo che c’è un’ipersensorialità, una necessità di mantenere l’ambiente immodificato, che c’è la necessità spesso di svolgere dei rituali e di mantenere delle abitudini. Sappiamo che il comportamento disadattivo può in realtà esprimere un aspetto di una problematica organica che – soprattutto in presenza di una disabilità intellettiva o di un disturbo del linguaggio – la persona con autismo non ha altro modo di esprimere se non attraverso il comportamento. La prima cosa da fare per poter gestire il comportamento problema è quella di capire perciò il motivo del comportamento stesso, tramite: un’analisi sensoriale  una valutazione del contesto in cui si è svolto il comportamento una raccolta di dati per capire quello che è successo prima e dopo il comportamento problema (che persone erano presenti, che cosa si è modificato nell’ambiente, che cosa è successo dopo il comportamento stesso). Solo dopo che si è decodificato il comportamento si possono mettere in atto delle strategie che saranno specifiche (strategia sensoriale, strategia di modifica graduale dell’ambiente…). Quando non c’è questo tipo di risposta andiamo a valutare il possibile significato psicopatologico del comportamento stesso. Anche perché sappiamo che nella disabilità intellettiva la psicopatologia può esprimersi attraverso il comportamento. Nel caso in cui ci dovessimo trovare di fronte a un aspetto psicopatologico, gestiremmo il problema psicopatologico stesso».
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Search-ME - Erickson 2 Autismo e sindrome di Asperger
Quale disciplina sportiva scegliere per i bambini con disturbi del neurosviluppo
È esperienza comune che l’attività sportiva determini benefici a livello fisico e psicologico. Per molti bambini con disturbi del neurosviluppo, però, praticare uno sport rappresenta un obiettivo difficile da realizzare e non sono poche le esperienze negative raccontate dalle famiglie al momento dell’inserimento in strutture sportive e campus estivi. La scelta della migliore attività sportiva in cui inserire un bambino affetto da un disturbo del neurosviluppo è complessa perché si basa su una delicata combinazione tra le caratteristiche del disturbo, le peculiarità individuali del bambino, gli aspetti tipici dell’attività sportiva e le necessità organizzative, economiche ed emotive dei genitori.   Una regola generale, valida a prescindere dalla presenza del disturbo e dal grado di compromissione del bambino, è quella di partire da ciò per cui egli è motivato, pertanto dalle sue preferenze. È buona prassi, però, evitare gli sport molto caotici oppure in cui sia difficile decodificare il contesto circostante per mettere in atto il comportamento atteso, come ad esempio potrebbe accadere nel baseball. Sono invece da preferire quegli sport, individuali o di gruppo, in cui le regole sono molto semplici, lo spazio è ben delimitato, gli schemi di gioco non siano modificati di continuo sulla base dell’accordo tra i giocatori e infine il successo non sia misurato principalmente sulla base delle abilità di interazione sociale. Esistono alcune errate convinzioni che riguardano i bambini affetti da disturbi del neurosviluppo nel momento in cui si consiglia un’attività sportiva. Uno degli errori più frequenti riguarda i bambini e gli adolescenti affetti da disturbo dello spettro autistico. Partendo dal presupposto che il deficit sociorelazionale sia il sintomo su cui occorre incidere in maniera più significativa, sono spesso consigliati sport di squadra tipo calcio e rugby. In realtà, un ambiente caotico e con tante persone – come uno spogliatoio con tanti ragazzi che praticano calcio o rugby -  potrebbe inizialmente essere vissuto come frustrante e poco comprensibile. Al contrario, è preferibile iniziare con sport in cui i piccoli gruppi siano privilegiati sia nel setting di allenamento sia all’interno dello spogliatoio e in cui il ragazzo autistico possa mantenere i propri spazi. Ci sono inoltre ulteriori variabili, di tipo più personologico e individuale, da tenere in considerazione prima di scegliere uno sport. È importante: - Chiedersi quali sono le reali abilità motorie: se il bambino presenta uno scarso tono muscolare e difficoltà di coordinazione motoria sono più indicati sport quali il nuoto, la danza, il trekking, l’equitazione, le arti marziali e il ciclismo, poiché si possono iniziare senza che sia richiesta un’eccessiva prestazione fisica. Ciò permette al bambino di implementare le proprie capacità, la forza, la flessibilità e la coordinazione nel corso del tempo, migliorando la performance;   - Chiedersi se il bambino mostra particolare resistenza ad accettare la competizione: se così fosse bisogna pensare a uno sport a bassa competitività o optare inizialmente per uno sport individuale. Esistono molte attività che non richiedono concorrenza: trekking, mountain bike, yoga, danza, pesca, golf sono dei validi esempi; - Chiedersi se il bambino mostra severe difficoltà nel partecipare agli sport di gruppo o un grave isolamento: in tal caso si potrebbe scegliere tra sport che presentano caratteristiche solo apparentemente individuali, ma hanno in realtà una connotazione gruppale e consentono di partecipare senza la necessità di interpretare i segnali verbali degli altri, ad esempio il nuoto di gruppo, il tiro con l’arco, l’atletica, le bocce, la scherma, la lotta libera, il ciclismo e la vela.
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Search-ME - Erickson 3 Autismo e disabilità
Una selezione di proposte editoriali sull’autismo per i nostri lettori in occasione della Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo
Se fino a non molto tempo fa si riteneva che l’autismo fosse una «malattia incurabile», oggi sappiamo invece che si tratta di un disordine neuropsichico, che può comportare gravi problemi nella capacità di comunicare, di entrare in relazione con le persone e di adattarsi all’ambiente. Grazie ai progressi della ricerca, la credenza che chi ne è affetto debba rinunciare a una vita significativa e produttiva non ha più ragion d’essere. Molta strada rimane però ancora da fare per conoscere meglio questo disturbo, o per meglio dire di questi disturbi, data la grande variabilità che li caratterizza, e per migliorare la qualità di vita delle persone che ne sono toccate. In occasione della Giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo, proponiamo una selezione di titoli del nostro catalogo dedicati a questo argomento. Scopri i titoli consigliati: .image-carousel-container{ width:60%;} .mondo-erickson .banner-container [class^='banner-lev'] { position: relative; width: 60%; } @media (max-width:767px){ .image-carousel-container{ width:100% !important;} .mondo-erickson .banner-container [class^='banner-lev'] { position: relative; width: 100%; } }
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Search-ME - Erickson 4 Autismo e disabilità
I punti di forza del metodo ABA, che ha dimostrato la sua efficacia in moltissimi ambiti, oltre all’intervento nei disturbi dello spettro autistico
Negli ultimi dieci anni le principali Linee Guida al mondo raccomandano l’ABA come metodo di intervento elettivo per i disturbi dello spettro autistico. Proviamo a chiederci il perché di tale successo e se questo è confinato all’applicazione dell’intervento ai disturbi dello spettro autistico o se è possibile generalizzarlo al campo delle disabilità nel loro insieme. Una prima argomentazione è nel presupposto dell’ABA, che sposta il focus dell’intervento dalla persona al suo ambiente di vita quotidiana. Non abbiamo bisogno di chiedere al bambino di comportarsi diversamente né di cambiare quelle che sono le sue caratteristiche naturali, ma possiamo modificare le condizioni ambientali affinché lui possa ottenere le migliori opportunità di apprendimento, quindi di sviluppo, altrimenti a lui negate. Cambiando i contesti, «protesizzando» gli ambienti, costruendo sistemi sociali inclusivi, otteniamo cambiamenti significativi e duraturi nel repertorio comportamentale e cognitivo della persona a prescindere dalle sue condizioni di salute. Questo è un formidabile punto di forza dell’ABA: chiedere agli altri, le persone significative che sono in relazione con il bambino, di modificare i propri comportamenti per produrre dei segnali ed erogare delle conseguenze che hanno un effetto significativo nella vita della persona con disabilità. Così facendo si incide notevolmente sulla sua qualità di vita. Una seconda argomentazione richiede una breve riflessione. Proviamo a chiederci: come fa un bambino a sviluppare la competenza linguistica e a parlare con i suoi interlocutori in modo eloquente, rispettando regole grammaticali e sintattiche delle quali ignora l’esistenza? Al di là della predisposizione a parlare, diverse variabili possono indirizzare oppure ostacolare il naturale sviluppo della competenza linguistica: danni al tessuto cerebrale, sindromi genetiche, ambienti particolarmente impoveriti, totale disinteresse, ecc. L’ABA in tutto questo cosa c’entra? Attraverso l’applicazione delle leggi dell’apprendimento noi possiamo costruire passo per passo gran parte del repertorio sostituendoci agli apprendimenti spontanei, naturali, che potremmo chiamare «non formali». I programmi ABA non fanno altro che trasformare in apprendimenti formali comportamenti, cognizioni e processi che comunemente le persone acquisiscono senza che vi sia necessariamente qualcuno o qualcosa che li insegni in modo intenzionale. La terza argomentazione è la più complessa da trattare e apparentemente sembrerebbe essere specifica dello spettro autistico. Si tratta della «ricerca di senso»: con l’insorgere delle varie forme con cui si manifesta l’autismo, il bambino sembra perdere progressivamente ma in modo inarrestabile interesse verso l’esplorazione, gli altri, le attività e la partecipazione in generale, assumendo atteggiamenti e interessi molto selettivi. Questa caduta di senso è disarmante e difficilmente comprensibile per chi ama il bambino, tanto che ad essa è difficile reagire. L’ABA, attraverso un’organizzazione scientifica nell’uso dei rinforzatori, riesce a contrastare questa tendenza e, nel migliore dei casi, a ridare senso all’esplorazione, al piacere di conoscere, di sperimentarsi, di entrare in relazione con l’altro. C’è una cosa ancora più sorprendente che riesce a fare l’ABA: insegnare abilità complesse scomponendole in piccoli passi, rendere possibili apprendimenti che in altro modo sarebbero inaccessibili e rendere questi apprendimenti gradevoli grazie all’uso massiccio ma sapiente dei giusti rinforzatori. La quarta argomentazione è che l’ABA insegna a chi la utilizza a usare un linguaggio descrittivo al posto di quello interpretativo, a osservare piuttosto che dare giudizi, a porsi obiettivi perseguibili, a prestare attenzione ai comportamenti positivi, ignorando quelli negativi, a imparare ad apprezzare i progressi e, soprattutto, a trasformare le situazioni problematiche, potenzialmente percepibili come minacce, in sfide. La quinta argomentazione è che l’ABA non è un programma specifico per bambini con lo spettro autistico né una specifica metodica di analisi e intervento: l’ABA è un insieme di metodi e tecniche rigorosamente ancorati ai principi della scienza del comportamento e dimostra la sua efficacia in moltissimi ambiti di applicazione nella clinica, nella riabilitazione e abilitazione, nella promozione della salute.
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Search-ME - Erickson 5 Autismo e disabilità
Un’attività utile per lo sviluppo della socializzazione tra coetanei, in modo particolare in presenza di ragazzi con disturbi del neurosviluppo
L’attività di musicoterapia, che all’interno del contesto scolastico può essere presentata come «attività per lo sviluppo della socializzazione mediata dalla musica», è una delle attività ritenute adatte per accompagnare processi di inclusione per bambini e ragazzi con Disturbi dello Spettro Autistico (ASD) con altri coetanei. Questa attività può essere proposta all’interno del progetto di rete esistente, come delineato nel modello SEAI (Supporto Emotivo e Attivazione dell’Intersoggettività) e nel modello italiano di intervento, e deve essere condivisa con il Consiglio di classe e supportata dagli insegnanti di riferimento dei bambini/ragazzi con ASD. L’attività deve essere intesa come integrativa del percorso di didattica inclusiva, con la finalità specifica di sviluppare e mantenere le abilità sociali a supporto del percorso di sviluppo e degli apprendimenti previsti dal Progetto Educativo Individualizzato (PEI). Si devono indicare uno spazio e del tempo per il progetto, il numero dei compagni che partecipano al gruppo, la durata delle singole attività e dell’intero percorso. Due sono i possibili percorsi da attivare a scuola. Attività di piccolo gruppo di preadolescenti/adolescenti con strumenti idiofoni e a percussione di semplice utilizzo, che permettano ai giovani di proseguire con la conduzione dell’insegnante di riferimento. Sono attività che possono presentare affinità con le tecniche del drum circle con conduzione (tecnica con cui un gruppo di individui suona delle percussioni per costruire un prodotto musicale o ritmico), in cui si dà inizialmente spazio alle competenze e alla sensibilità musicale dei bambini/ragazzi con ASD. Le attività possono essere iniziate imitando le produzioni del compagno con ASD e si può procedere stabilendo dei turni di conduzione del ritmo da parte dei pari. È un’attività di apprendimento cooperativo fra pari che deve prevedere tempi precisi di attuazione anche in base alle capacità dell’alunno con ASD. Attività di gruppo musicale inclusive per ragazzi adolescenti con ASD nel caso in cui ci siano soggetti che abbiano competenze musicali di base su specifici strumenti. Particolare attenzione, in questo tipo di attività, deve essere posta alla possibilità dei bambini/ragazzi con ASD di mantenere i tempi di attenzione necessari alle attività in piccolo gruppo, alle difficoltà nella regolazione emotiva e ai segnali di disagio manifestati con comportamenti anomali o poco regolati. Gradualmente, quando sarà raggiunto un buon adattamento alla situazione, il musicoterapeuta lascerà spazio alle interazioni spontanee nel gruppo, in modo che bambini o adolescenti possano vivere questa attività come una scelta condivisa, al fine di strutturare relazioni autentiche, che possano essere generalizzate naturalmente in altri momenti della giornata scolastica.
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Search-ME - Erickson 6 Metodologie didattiche / educative
Un docente universitario esperto di disturbi dello spettro autistico spiega come la conoscenza del bambino con autismo sia il primo passo per instaurare una buona relazione
Ogni bambino con disturbi dello spettro autistico è un mondo unico da scoprire. Diffidate di chi pronuncia con leggerezza frasi come «I bambini autistici vanno presi così» oppure «Con i bambini con autismo si deve fare così» perché «i bambini autistici» non esistono, ma esistono Anna, Michele, Giulio che, a modo loro, presentano alcune delle caratteristiche cognitivo-emotive, comunicative, relazionali e comportamentali specifiche. Alcuni bambini possono risultare inizialmente estremamente difficili da comprendere, ma se imparate a costruire una buona relazione di fiducia reciproca, a guardarli come «bambini» e non come «bambini autistici», a scoprire i loro punti di forza e potenzialità, possono offrirci delle soddisfazioni enormi. Cercate prima di tutto di comprendere il loro peculiare funzionamento, scoprite cosa li emoziona, cosa più gli interessa, imparate a distinguere cosa non vogliono fare da ciò che non riescono a fare, senza mai giustificarli se non è opportuno, chiedendo loro aiuto per comprendere meglio il loro funzionamento neurodiverso e dando loro una mano a comprendere il vostro funzionamento neurotipico. Vorrei che iniziaste il vostro percorso riflettendo sulle parole di Jim Sinclair, un ragazzo con autismo: «Essere autistici non significa non essere umani, ma essere diversi. Quello che è normale per altre persone non è normale per me e quello che io ritengo normale non lo è per gli altri. In un certo senso sono mal equipaggiato per sopravvivere in questo mondo, come un extraterrestre che si sia perso senza un manuale per sapere come orientarsi. Ma la mia personalità è rimasta intatta. La mia individualità non è danneggiata. Ritrovo un grande valore e significato nella vita e non desidero essere guarito da me stesso. Concedetemi la dignità di ritrovare me stesso nei modi che desidero; riconoscete che siamo diversi l’uno dall’altro, che il mio modo di essere non è soltanto una versione guasta del vostro. Interrogatevi sulle vostre convinzioni, definite le vostre posizioni. Lavorate con me per costruire ponti tra noi».
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