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I mini gialli dei dettati 2
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Search-ME - Erickson 1 Abilità / metodo di studio
I consigli per mamma e papà per vivere serenamente il momento dei compiti
Con il mese di settembre riprendono molte cose: la scuola, le attività extra-scolastiche, le attività sportive ... E sì, anche i compiti! Un momento generalmente non molto amato da bambini e genitori e troppo spesso vissuto come un assillo fastidioso se non come un vero e proprio incubo. Ma c’è un modo “giusto” per aiutare i propri figli a fare i compiti? E come si può alleggerire questo momento, rendendolo più piacevole? Ne abbiamo parlato con Silvia Andrich, psicologa dello sviluppo ed esperta di Disturbi Specifici dell’Apprendimento, di riabilitazione dei processi cognitivi e dell’apprendimento scolastico. Ecco che cosa suggerisce a tutti i genitori alle prese con la gestione dei compiti a casa dei propri figli. È GIUSTO AIUTARE I PROPRI FIGLI A FARE I COMPITI? CI SONO DEGLI ERRORI CHE UN GENITORE DOVREBBE EVITARE DI COMMETTERE? Partendo dal presupposto che i compiti a casa dovrebbero essere ragionevoli, sia per quantità che per complessità, cioè a portata di ciascun alunno, ne vien da sé che qualunque bambino dovrebbe essere in grado nell’applicazione domestica, di essere autonomo nello svolgimento degli esercizi. I compiti non sono inutili perché lavorando a casa, da solo, il ragazzo fa pratica, mette ordine tra le informazioni e consolida ciò ha appreso a scuola. È richiesto un po’ di sforzo e vengono acquisiti senso di responsabilità, di autonomia e impegno. Ma è chiaro che ogni bambino possiede un proprio funzionamento cognitivo, metacognitivo e affettivo-emotivo, per cui, ritornando alla domanda iniziale, la risposta non può che essere: dipende. Anche un bambino che non presenta delle difficoltà cognitive può necessitare di un aiuto nei compiti per una questione di insicurezza, di scarso autocontrollo e motivazione. Un bambino che invece presenta delle difficoltà o un disturbo specifico dell’apprendimento, ne può avere maggiormente necessità. Il momento dei compiti può diventare così uno spazio privilegiato e di relazione con il genitore. CHE TIPO DI SOSTEGNO È OPPORTUNO FORNIRE AI BAMBINI? Il giusto sostegno può essere sicuramente di tipo affettivo-emotivo, di trasmissione di fiducia riguardo alle capacità del proprio figlio, di incoraggiamento e di sostegno alla sfida apprenditiva e all’impegno cognitivo. È importante anche aiutare nell’organizzazione, partendo dallo spazio e dal luogo dedicato ai compiti, alla fascia oraria in cui cimentarsi nei compiti, alla gestione del diario scolastico, all’utilizzo di internet nel caso dovesse fare delle ricerche, all’assicurarsi che quando studia non usi il cellulare, ad interrompere lo studio con piccole e brevi pause ricreative e rigeneranti e, infine, alla gestione del tempo. Stabilire in anticipo un tempo per l’esecuzione di un compito, serve ad ottimizzare e a concentrarsi con maggiore efficacia. L’importante è non sostituirsi al proprio figlio e fare al posto suo per non creare un eccessivo senso di dipendenza. Piuttosto è preferibile comunicare per iscritto all’insegnante che il proprio figlio non è stato in grado di svolgere gli esercizi per un problema di comprensione o per qualsiasi altro impedimento straordinario: tenere sempre aperta una positiva comunicazione scuola-famiglia è fondamentale. A volte però, e purtroppo questo è un’eccezione tutt’altro che rara, serve proprio l’insegnamento diretto. Per svariati motivi, il bambino può non avere appreso un concetto o una nuovo spiegazione, può avere bisogno di maggior tempo rispetto ai compagni per assimilare e memorizzare. In quel caso i genitori sono legittimati ad intervenire. Meglio sarebbe rivolgersi ad un homeworktutor. Il coinvolgimento emotivo e l’ansia che deriva dal seguire il proprio figlio nello studio è spesso causa di conflitti e di emozioni negative che creano un dispendio norme di energia creando inevitabilmente conflitti, richiami, minacce e sensi di colpa da ambo le parti. Seguire un figlio scarsamente autonomo nei compiti e nello studio richiede un notevole autocontrollo emotivo. C’È QUALCHE CONSIGLIO PER RENDERE PIÙ LEGGERO IL MOMENTO DEI COMPITI? Sarebbe auspicabile cercare di rendere il bambino maggiormente autonomo almeno nei compiti e nelle attività per le quali è più predisposto. Stabilire delle pause e intervallare lo studio e i compiti con delle attività piacevoli, come una piccola merenda o un giochino. Se ciò è possibile, è molto più piacevole svolgere dei compiti in compagnia di un compagno e organizzare a casa dei piacevoli pomeriggi di studio. I rinforzi positivi, il mettere in luce gli aspetti positivi dell’operato e i progresso ottenuti dall’impegno e dalla costanza sono importanti. Il sorriso non deve mai mancare.
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Search-ME - Erickson 2 BES DSA e ADHD
Alcuni suggerimenti per i docenti per agevolare l’apprendimento dei contenuti filosofici da parte degli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento
La filosofia è una disciplina senz’altro affascinante per gli studenti soprattutto per la possibilità che offre di ragionare insieme agli altri, di esprimere i propri pensieri, di usare il dialogo educativo come strategia didattica euristica; tuttavia essi hanno bisogno di punti di riferimento certi per non «perdersi» e per poter sistematizzare le proprie conoscenze. La lezione, sicuramente, è il momento in cui si avvia il lavoro in classe e prelude allo studio a casa da parte dello studente sul manuale o sugli altri materiali forniti dal docente. È in questa fase che lo studente mette in atto strategie e metodi personali. Alcuni semplici accorgimenti da parte del docente possono agevolare notevolmente il processo di apprendimento dei contenuti filosofici di uno studente con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), i quali possono avere difficoltà nella capacità di ascolto, di memorizzazione, di espressione verbale efficace e di organizzazione. Uno studente con DSA, infatti, può avere bisogno di tempo maggiore per organizzare lo studio, prendere appunti, leggere o produrre un testo. In particolare risulta chiaramente poco efficace una lezione in cui non si dia rilevanza e attenzione agli aspetti comunicativi, cognitivi e strategici, gestionali, interattivi e partecipativi. Una strategia di insegnamento efficace, che consenta anche agli studenti con DSA di avere un migliore accesso ai contenuti filosofici deve essere realizzata prevedendo l’uso di forme di comunicazione e rappresentazione diverse nella proposta di contenuti e conoscenze. Il superamento delle loro difficoltà deve avvenire attraverso il potenziamento di altre forme di acquisizione delle conoscenze e l’offerta di molteplici possibilità di espressione, secondo il Principio II dell’Universal Design for Learning (UDL). Uno studente con difficoltà di lettura cerca di trarre la maggior parte delle informazioni direttamente dalle spiegazioni dei docenti, utilizza strumenti compensativi quali programmi di sintesi vocale per trasformare in audio il testo scritto. Nelle Linee guida sull’UDL, nella parte dedicata alla Scuola secondaria di primo e secondo grado, si legge: «Per lo studente dislessico è inoltre più appropriata la proposta di nuovi contenuti attraverso il canale orale piuttosto che attraverso lo scritto, consentendo anche la registrazione delle lezioni» (MIUR, 2011, p. 18). Lo studente in tal modo può sfruttare al meglio le proprie abilità per acquisire le informazioni tramite il processo a lui più congeniale e compensare le proprie difficoltà. Il docente, curando l’aspetto comunicativo, potrebbe presentare la lezione avvalendosi anche di altri codici e canali, cioè affiancare la dimensione espositiva e narrativa anche con codici visivi (documentari, video, animazioni in flash, infografiche animate, slide, immagini…) che hanno una funzione facilitatrice, facendo attenzione ad evitare il sovraccarico cognitivo. Per gli studenti con DSA, le Linee guida sottolineano l’esigenza di usare strumenti che ne favoriscano il coinvolgimento e la motivazione, ma che allo stesso tempo si rivelino utili anche per tutti gli altri studenti. Nel Principio I dell’UDL («fornire molteplici mezzi di coinvolgimento») si sottolinea proprio come l’affettività e l’emotività rappresentano elementi cruciali dell’apprendimento e gli studenti si differenziano notevolmente nel modo in cui sono coinvolti e motivati. Un principio fondamentale di una didattica di tipo inclusivo è il rispetto dei diversi tempi di apprendimento degli studenti. I processi di apprendimento e di sistematizzazione delle conoscenze di uno studente con DSA, infatti, possono essere più lunghi e faticosi rispetto a quelli degli altri studenti. Ciò comporta anche l’opportunità di non eccedere nella durata o nella quantità di contenuti da trasmettere durante la lezione, e l’importanza di fornire per tempo e in forma chiara materiali didattici. Va curato, quindi, l’aspetto partecipativo, gestionale e interattivo della lezione: l’insegnante può usare pause per introdurre i ragazzi a riflessioni e stimoli di gruppo. Ciò anche al fine di gestire il feedback orientativo (valutazione formativa), l’attenzione e la motivazione. Dovrebbe inoltre essere sempre previsto del tempo per il chiarimento e la sistematizzazione di quanto esposto, prevedendo a conclusione di ogni lezione un riepilogo (anche sotto forma di sintesi registrata o scritta) di quanto trattato e del tempo per eventuali domande per verificare la comprensione dell’argomento.
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Search-ME - Erickson 3 Prerequisiti per l'apprendimento
Potenziare le abilità di base per arrivare pronti alla scuola primaria
Numerose ricerche dimostrano come il passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria sia un momento cruciale per gli apprendimenti e lo sviluppo delle capacità di base. È fondamentale osservare il livello di prontezza di fronte a questo grande passo, perché riveste un importante ruolo preventivo nei confronti di abbandoni scolastici e futuri insuccessi. Una valutazione precoce delle competenze di base può aiutare insegnanti ed educatori a riconoscere punti di forza e di debolezza dei bambini, così da programmare interventi didattici volti a sostenere un adeguato sviluppo di abilità e competenze. Possedere un buon livello di readiness nell’infanzia, ossia di “prontezza” cognitiva, permette di affrontare con serenità le sfide dell’apprendimento che si presenteranno nel futuro percorso scolastico. Se in bambini così piccoli si rilevano alcune carenze, per esempio, queste potranno essere affrontate e anche risolte con successo, attraverso compiti mirati all’interno di un programma di potenziamento cognitivo. È quindi importante creare le condizioni perché ciascuno possa sviluppare il proprio potenziale attraverso l’attivazione di contesti in cui ciascun bambino si senta supportato dall’adulto, che con la sua sensibilità dovrà essere in grado di rispondere ai bisogni fisici ed emotivi dei bambini. Si tratta quindi non solo di offrire un ambiente protetto in cui il bambino possa imparare a conoscere sé stesso e gli altri, ma anche di offrire opportunità di esplorazione e apprendimento attraverso la messa in atto di pratiche cognitivamente stimolanti e in grado di fornire supporto emotivo. Nello sviluppo individuale è importante la creazione di un «ponte» che favorisca esperienze condivise e continuità formativa. Il sistema educativo rappresenta il contesto privilegiato per garantire continuità, come ben descritto anche dalle Linee pedagogiche per il sistema integrato Zerosei proposto dal Miur, che intende promuovere la continuità del percorso educativo e scolastico riducendo svantaggi socio-culturali e promuovendo la qualità del percorso formativo complessivo. Il passaggio da una scuola all’altra, scandito dalla conclusione di un ciclo scolastico, rappresenta per l’alunno e per i genitori un momento estremamente delicato, non privo di timori e interrogativi. L’alunno troverà nuove organizzazioni, nuovi ambienti, nuove relazioni, nuovi insegnanti e nuovi compagni di classe: tutti elementi di incertezza che necessitano di supporto e attenzione. Un progetto ben strutturato di potenziamento delle abilità di base consente ai docenti di garantire  continuità,  attraverso  esperienze  di  interazione  didattica di qualità, e agli alunni di essere pronti ad affrontare il futuro percorso senza fratture tra i vari ordini di scuola. Arrivare a scuola «pronti», sia dal punto di vista cognitivo che emotivo, a partecipare attivamente è senz'altro fondamentale per rendere positive le esperienze vissute dai bambini. Il concetto di readiness o «prontezza», ossia l’idoneità del bambino a intraprendere il cammino verso l’alfabetizzazione, è stato introdotto per la prima volta negli anni Venti per poi affermarsi soprattutto in America a partire dagli anni Ottanta. Ad oggi questo concetto assume anche in Italia una visione integrata che possiamo ritrovare nelle Indicazioni Nazionali del 2012, che mettono l’accento su come la continuità, e pertanto la prontezza, si costruisca gradualmente nei primi anni di vita mediante interazione tra le naturali capacità cognitive del bambino e l’ambiente sociale in cui si trova, famiglia e scuola dell’infanzia in particolare. Si tratta in sostanza dell’insieme di abilità, conoscenze e comportamenti che ci si attende che ogni bambino acquisisca ed eserciti per uno sviluppo sano e un sereno percorso di apprendimento. Obiettivo della scuola dell’infanzia è infatti accogliere, promuovere e arricchire l’esperienza vissuta dai bambini in una prospettiva evolutiva. Le attività educative devono dunque offrire occasioni di crescita e devono essere orientate alla promozione del benessere. Nell’ottica della continuità è importante che nel periodo dai tre ai sei anni lo sviluppo di abilità funzionali ai prerequisiti di apprendimento venga sostenuto con proposte didattiche e metodologiche specifiche e coinvolgenti. In questo senso si identificano sei ambiti fondamentali dello sviluppo sui quali è bene lavorare nell’arco del percorso prescolare: 1. Abilità percettive 2. Abilità cognitive e logico-matematiche 3. Abilità linguistiche 4. Imparare a imparare e utilizzo delle funzioni esecutive 5. Competenze socio-emotive e di autoregolazione 6. Sviluppo psico-motorio e benessere generale. Un progetto di potenziamento assume quindi il ruolo di un intervento in grado di favorire lo sviluppo, al meglio delle potenzialità individuali, di una funzione che sta emergendo, fornendo occasioni di apprendimento che stimolano il bambino a imparare e che gli permettano di farlo serenamente nell’arco di tutta la vita. Durante lo svolgimento delle attività non deve essere privilegiato solo l’insegnamento di un concetto, ma soprattutto l’insegnamento delle strategie di apprendimento metacognitive. Obiettivo del potenziamento è infatti quello di lavorare con il bambino sul mantenimento della concentrazione e dell’attenzione; l’acquisizione di nuove conoscenze e abilità, infatti, molto spesso dipende da come i bambini prestano attenzione alle istruzioni che vengono loro date e agli eventi che li circondano. Possono essere utili a questo scopo attività come quelle contenute nel libro “Materiali SR 4-5”, che facciano sentire i bambini e le bambine coinvolti in un gioco stimolante e che allo stesso tempo permettano a insegnanti, educatori e genitori di osservarli e sostenerli nel loro percorso di preparazione all’apprendimento.
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Search-ME - Erickson 4 Abilità / metodo di studio
Due formatrici dell’Associazione Italiana Dislessia (AID) suggeriscono alcune strategie utili per la buona riuscita dei ragazzi nello studio, anche in assenza di Disturbi Specifici di Apprendimento
“L'educazione è il momento che decide se noi amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità e salvarlo così dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento, senza l'arrivo di esseri nuovi, di giovani” (Hannah Arendt, Tra passato e futuro, 1961/68) Un buon metodo di studio parte necessariamente dall’ascolto attivo in classe: si possono chiarire i dubbi si può comprendere quali siano i materiali utili si possono chiedere spiegazioni si possono appuntare dei promemoria attraverso i canali più funzionali alle proprie caratteristiche (appunti classici, schemi, elementi iconografici, registrazioni di segmenti significativi di spiegazioni etc). È da sottolineare quanto il ruolo del docente assuma un’importanza fondamentale per la buona riuscita del processo di apprendimento: l’ascolto attivo dovrebbe avviarsi non solo nell’alunno che impara, ma anche nel docente che insegna, in un’ottica di profonda sinergia. Per gli studenti con Disturbo Specifico dell’apprendimento, per esempio, sarà molto utile da parte dell’insegnante tenere in considerazione la diffusa preferenza per gli schemi e le immagini come canale preferenziale per l’accesso all’informazione scritta. Per favorire una rielaborazione indipendente a casa, sarà quindi importante utilizzare nel corso delle spiegazioni anche tabelle, grafici, immagini, mappe mentali, concettuali e procedurali e risorse video, consentendone l’utilizzo autonomo anche nei compiti. Organizzare l’apprendimento tenendo conto anche degli impegni extra-scolastici Per promuovere uno studio efficace di contenuti anche a casa, finalizzato a sviluppare competenze, è necessario tenere conto che il processo di apprendimento è caratterizzato da tappe peculiari: leggere (o ascoltare) e comprendere rielaborare e selezionare creare collegamenti a precedenti conoscenze organizzare e memorizzare recuperare e verbalizzare Nel processo di analisi di un testo, in particolare, sarà fondamentale concentrarsi su alcuni elementi significativi. L’analisi degli indici testuali costituisce una condizione necessaria per codificare e comprendere efficacemente i contenuti. Relazionarsi con un testo significa quindi porre attenzione a: titoli, figure e foto, didascalie, suddivisione in paragrafi, grafici o tabelle, glossario. Tuttavia, anche attivando il metodo di studio più funzionale alle proprie caratteristiche, il processo di ripensamento e rielaborazione dei contenuti richiede tempo. Diventa quindi necessario sapersi organizzare, distribuendo le attività di studio a casa all’interno di un piano settimanale. L’utilizzo di un planning per la gestione dei compiti può costituirsi come un ottimo strumento di organizzazione e monitoraggio. Sarà importante in questo senso, inserire nel planning sia le attività di tipo scolastico, ovvero la distribuzione dei compiti scritti e i materiali di studio necessari a preparare le interrogazioni o le verifiche, che le attività extrascolastiche. Tale strategia consente allo studente di poter visualizzare settimanalmente i propri impegni, attribuendo la medesima importanza a tutte le attività che caratterizzano la propria vita quotidiana. Occorre considerare infatti, che per alcuni studenti che hanno affrontato numerosi insuccessi scolastici, è fondamentale percepire che vi sono contesti della propria vita in cui possono attingere elementi per promuovere la propria autostima. Uno studente eccellente nelle attività sportive avrà certamente il dovere di impegnarsi anche a scuola, ma trarrà significativo beneficio nel percepirsi competente nello sport. Tale processo può diminuire la probabilità che il senso di inadeguatezza consolidi una pericolosa bassa autostima. Pianificare l’apprendimento in base al calendario delle lezioni I compiti e lo studio a casa devono essere concettualizzati come impegni da attivarsi in momenti strategici. Ciò significa che ci saranno alcune strategie di apprendimento da attivare lo stesso giorno della lezione, prima di una nuova lezione e prima delle prove di verifica. Vi sono strategie che risultano estremamente funzionali all’avvio e al consolidamento delle abilità metacognitive. Il giorno della spiegazione in classe Tenuto conto del fatto che più passano i giorni dalla spiegazione in classe, più è alto il rischio di dimenticarsi i contenuti, sarebbe importante, ad esempio, rivedere, nello stesso giorno in cui è stato affrontato, il materiale relativo alla lezione, comprendere se vi sono dubbi sui contenuti e ipotizzare le domande che il docente potrebbe porre in un contesto di verifica. Il giorno prima della lezione successiva Al fine di ancorare le nuove conoscenze alle precedenti, diventa importante rivedere i contenuti delle lezioni ed interrogarsi su quali elementi siano già consolidati in memoria. L’analisi delle conoscenze pregresse è una strategia estremamente utile, anche e soprattutto, per gli studenti che possiedono una memoria di lavoro fragile, come sovente accade nelle persone con Disturbo Specifico dell’Apprendimento. Alcune utili domande di autoverifica delle conoscenze teoriche possono essere: chi?; quando?; con chi?; cosa?; dove?. Risulta inoltre essere molto efficace nel processo di studio, appuntarsi dei promemoria molto brevi, caratterizzati da informazioni minime da leggere, funzionali a massimizzare la permanenza in memoria nel tempo. Anche l’utilizzo di organizzatori grafici può favorire l’elaborazione e la memorizzazione di contenuti. Tra gli organizzatori grafici ricordiamo: schemi, grafici di sequenza, diagrammi di Venn, grafici per l’organizzazione causale, semantica, funzionale e gerarchica dei dati, grafici per visualizzare sequenza o variazioni di stato, mappe mentali, concettuali e procedurali. Il giorno prima della verifica o dell’interrogazione Se lo studente è stato indirizzato al corretto metodo di studio nella gestione dei compiti per casa, ed ha imparato ad utilizzarlo, nel giorno precedente alle prove di valutazione, avrà a disposizione tutti gli strumenti necessari al ripasso: promemoria, mappe, schemi etc. Per gli studenti che utilizzano delle mappe nel corso delle prove di verifica, sarà importante tenere in considerazione il fatto che tali strumenti non dovrebbero contenere tutti i contenuti, ma stimoli chiave utili a recuperare in memoria le informazioni studiate. Una buona prassi sarebbe quella di condividere con i docenti lo strumento almeno un giorno prima. In questo modo il docente potrà fornire dei feedback strategici sulla funzionalità dello strumento e lo studente, a sua volta, avrà l’occasione di spiegare al docente la ragione che sottende alcune scelte metodologiche (perchè sono state inserite delle immagini, perchè sono stati utilizzati alcuni simboli, ecc..). In questo senso, anche l’utilizzo di strumenti compensativi, ad esempio per quanto riguarda gli studenti con DSA, potrà costituirsi come esperienza arricchente anche per i docenti. Il ruolo fondamentale dello studente per la sua buona riuscita scolastica Si sente spesso parlare di alleanza scuola-famiglia, come condizione necessaria per la buona riuscita del percorso scolastico. Si tratta di una considerazione assolutamente corretta e condivisibile. Tuttavia, meno frequentemente si riconosce in maniera esplicita il ruolo determinante dello studente all’interno di tale processo. C’è da ricordare, invece, che la famiglia rappresenta un sistema di cui il figlio/l’alunno è parte integrante e attiva. Lo studente, a partire dalla scuola primaria, può essere concepito come il vero protagonista del percorso e valorizzato per quelle che sono le proprie caratteristiche personali. Tale approccio, potrà favorire, negli ordini di scuola successivi, lo sviluppo di studenti motivati, competenti e responsabili, realmente in grado di farsi portavoce di sé stessi, consapevoli delle proprie abilità metacognitive. Sviluppare profonde, stabili ed efficaci sinergie tra docenti e studenti diventa quindi una condizione quasi imprescindibile. Nel 2009, Debra Masters, all’interno del filone di ricerca sull’Evidence Based Learning, aveva scoperto che una delle variabili che interviene maggiormente nel favorire i processi di apprendimento sono le aspettative degli studenti. È dunque dovere della scuola rispondere alle aspettative degli studenti attraverso una didattica che superi le barriere dell’apprendimento e sia agita con consapevolezza, anche nell’assegnazione dei compiti. Resta dovere dello studente, d’altro canto, sviluppare un senso di responsabilità rispetto a quelli che sono i propri impegni scolastici, relazionali e sociali. L’attivazione sinergica dei reciproci ruoli, all’interno di una scuola che non sia solo mura, ma ambiente flessibile di apprendimento, costituisce un’opportunità importante per promuovere lo sviluppo equilibrato e creativo di quegli uomini e quelle donne che potranno contribuire al miglioramento del contesto sociale.
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Search-ME - Erickson 5 Didattica ludica
Un modo alternativo di viaggiare nello spazio stellare esercitando le abilità logiche
In questi giorni in cui ricorre il cinquantesimo anniversario dello sbarco sulla luna, si parla molto di spazio e di esplorazione spaziale. Questo argomento affascina moltissimo e accende, da sempre, la fantasia di bambini e bambine. Per l’attuale generazione di bambini, il sogno di viaggiare nello spazio potrebbe anche realizzarsi in un giorno non molto lontano da adesso, se è vero che “il bambino che camminerà su Marte è già nato”, come diceva l’astrofisico Giovanni Bignami. Nel frattempo, in attesa che prendano forma i nuovi programmi di sbarchi lunari ed extra-lunari, noi proponiamo ai bambini – ma, perché no? anche agli adulti – di provare a viaggiare nello spazio in modo alternativo, con “Missione Spazio”, un gioco educativo ideato da Eva Pigliapoco e Ivan Sciapeconi. Con “Missione spazio”, tutti – ma proprio tutti – possono raggiungere mondi lontani, congiungendo pianeti e satelliti attraverso un favoloso viaggio intergalattico in cui occorre individuare le traiettorie giuste, avendo cura di evitare il contatto con temibili alieni e pericolosi asteroidi. Gli autori di questo gioco sono Eva Pigliapoco e Ivan Sciapeconi, due insegnanti di scuola primaria e formatori. A loro abbiamo chiesto di farcelo conoscere meglio. Ci raccontate com’è nato “Missione spazio”? Le nostre pubblicazioni per Erickson nascono sempre da un’esigenza che sperimentiamo come insegnanti ed educatori in generale. Abbiamo cercato a lungo un gioco divertente e orientato allo sviluppo del pensiero computazionale, ma non l’abbiamo trovato. La nostra esigenza era fare del coding unplugged in modo stimolante per i bambini. Abbiamo trovato proposte interessanti da punto di vista delle abilità cognitive, ma noiose sotto il profilo ludico, oppure all’opposto, molto divertenti ma poco significative. Alla fine abbiamo deciso di crearcelo e lo abbiamo sperimentato con i bambini.   Quali abilità stimola questo gioco? Missione spazio è un gioco che stimola il ragionamento strategico, il problem solving legato alla costruzione di percorsi. È un gioco che si avvicina molto alla riflessione di Jeannette Wing sul pensiero computazionale, ovvero aiuta a “pensare come un informatico, in modo algoritmico e a livelli multipli di astrazione”. Tutto questo, ovviamente, senza far ricorso al computer. Il primo livello di gioco è incentrato su stimoli visivi e quindi la comprensione del problema da risolvere è demandata alle immagini. Il secondo livello propone delle sfide testuali, semplici e lineari. Il terzo livello, il più complesso, ha una struttura narrativa.   Quali impressioni avete avuto vedendo i bambini giocarci? Prima di proporlo a Erickson, abbiamo testato il gioco con decine di bambini diversi. Abbiamo constatato una grande velocità nella comprensione delle regole del gioco. Questo aspetto è stato per noi molto importante perché ha confermato le nostre premesse: si può fare coding unplugged con strumenti semplici e immediati. Tra i tanti feedback, uno dei più significativi è stato quello fornito da un bambino di sette anni. Dopo aver sperimentato il gioco nella versione “casalinga”, fatta di fotocopie plastificate, ha deciso di costruirne una versione per la sorellina più piccola. Dopo questo episodio, ci siamo detti: “missione raggiunta” anche in questo “spazio”.
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Attraverso il confronto dialettico e il dibattito critico gli studenti della scuola primaria si mettono al centro del loro percorso di apprendimento
La prassi didattica diffusa a livello internazionale con il nome Debate può essere concepita sia come metodologia sia come disciplina. In estrema sintesi, si tratta di un confronto strutturato tra posizioni diverse (pro e contro) su tematiche di carattere curricolare o extracurricolare. Non esiste una definizione univoca di Debate né tantomeno un unico modello o un unico impiego, bensì; una pluralità; di modelli, impieghi e scopi. Tra le possibili definizioni, ecco quella data da Avanguardie Educative: «Confronto dialettico, dibattito critico, fortemente regolamentato, nel quale due squadre sostengono e controbattono un'affermazione o un argomento assegnato ponendosi in un campo (pro) o nell'altro (contro)». Come noto, l'origine della metodologia è riconducibile all'epoca classica, in particolare alla nascita e allo sviluppo della democrazia ateniese: è qui che l'arte del parlare in pubblico sviluppa e consolida il legame con l'esercizio democratico della parola, come espressione personale e civile. Nel contesto scolastico, si configura come una metodologia capace di porre lo studente al centro del proprio percorso di apprendimento, motivandolo alla discussione e alla partecipazione attraverso la ricerca e l'approfondimento, sviluppando competenze di base e competenze trasversali, soft skills. Proprio per la sua flessibilità;, la varietà; di modelli, la pluralità di impieghi, è l'insegnante a determinare quali competenze e abilità; sviluppare attraverso l'impiego della metodologia. La prima scelta fondamentale è stabilire se optare per un modello competitivo o per un modello formativo. Sono numerose le esperienze riguardanti il modello competitivo, documentate e diffuse in modo particolare tra le scuole secondarie di 2° grado. Esiste però anche un modello formativo, pensato e sperimentato all'interno della scuola primaria, che trova nell'attività stessa, e non nella gara, la propria finalità.
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