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I mini gialli dei dettati 2
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Search-ME - Erickson 6 ADHD DOP e altri disturbi del comportamento
Come applicare il metodo che aiuta a sviluppare le competenze esecutive
Il metodo START si basa su cinque fasi di programmazione e lavoro che si ripetono ciclicamente con il fine di sviluppare e/o rafforzare le competenze esecutive chiamate in gioco e portare l’alunno verso l’autonomia nel loro uso.  Queste cinque fasi sono le seguenti. - Messa in evidenza di un problema/difficoltà nella gestione quotidiana di un compito: l’insegnante individua un episodio specifico nel quale la mancata pianificazione o organizzazione ha creato ostacolo al raggiungimento di un obiettivo in modo soddisfacente. Questa fase serve a far comprendere agli alunni l’utilità dell’attività che verrà proposta. - Proposta alla classe di una soluzione ipotetica: l’insegnante evoca negli alunni la possibilità di trovare una soluzione al problema, impegnandosi personalmente nell’individuare e sperimentare una strategia o nel costruire uno strumento di intervento. Questa fase è fondamentale per lavorare sull’attribuzione interna delle cause di successo. Solo convincendosi che è attraverso una propria azione che potranno cambiare la situazione attuale, i bambini sentiranno come «meritati e motivati» i risultati raggiunti. - Spiegazione della strategia e/o costruzione dello strumento: l’insegnante guida passo dopo passo nella comprensione delle strategie proposte o degli strumenti costruiti, accertandosi che tutti abbiano compreso in che cosa consistano e quando/come utilizzarli. Questo è importante per far sì che il lavoro coinvolga tutti i bambini, sia quelli con fragilità che quelli con difficoltà o disturbi. - Messa alla prova della strategia o dello strumento nell’organizzazione o pianificazione immediata di uno spazio/attività: l’insegnante individua un’attività già conosciuta, ad esempio un esercizio già svolto, un compito fatto più volte, ecc., che verrà «rifatto» seguendo la nuova strategia o utilizzando lo strumento costruito. In questa fase si sottolineerà la differenza di risultati in presenza di un nuovo metodo di lavoro. - Verifica a distanza della tenuta delle strategie e della messa a sistema degli strumenti: il docente, partendo da quanto suggerito nel testo, controlla a distanza l’effettiva utilità del metodo di pianificazione e organizzazione trasmesso. Quest’ultima fase consente di comprendere se la specifica strategia o lo specifico strumento risultino realmente adeguati al proprio contesto-classe. Se ciò non dovesse essere, è fondamentale intervenire per introdurre nuove strategie e strumenti. I gruppi di competenze all’interno delle quali intende operare il modello START sono definite dall’acronimo stesso: - Spazio; - Tempo; - Attività (intesa come compito da svolgere); - Revisione (intesa come spazio di verifica dell’attività); - Trasferibilità (intesa come spazio di lavoro sulla possibilità di rendere flessibili, e quindi generalizzabili, le competenze sviluppate nell’esecuzione di un compito).    
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Search-ME - Erickson 7 BES DSA e ADHD
I benefici nell’iperattività di un training promettente
La meditazione di consapevolezza mindfulness costituisce un training fisico e mentale volto alla rieducazione dell’attenzione. L’interesse della ricerca psicologica e neuroscientifica sugli effetti della meditazione mindfulness è notevolmente aumentato negli ultimi due decenni, probabilmente a causa degli effetti benefici che questa pratica sembra avere sul benessere psicologico delle persone. Lo sviluppo, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, di una serie di protocolli e modelli terapeutici basati sulla mindfulness ha permesso di sperimentarne gli effetti nella cura di diversi problemi fisici e psicologici come quelli legati allo stress, ai disturbi alimentari, ai disturbi d’ansia, alla depressione e molti altri.    LA MINDFULNESS NEI CONTESTI EDUCATIVI Negli ultimi quindici anni stiamo assistendo a un’estensione dei protocolli mindfulness in bambini e adolescenti nei contesti educativi, scolastici e riabilitativi. La regolazione dell’attenzione sarebbe coinvolta nella pratica della mindfulness secondo quattro aspetti: regolazione dell’attenzione sostenuta, per mantenere la consapevolezza dell’esperienza nel momento presente; ri-direzione dell’attenzione, per permettere il ritorno dell’attenzione al momento presente dopo una distrazione; inibizione del processo elaborativo, per evitare di ruminare o rimuginare su pensieri o sentimenti che sono al di fuori del momento presente;  attenzione non direzionata, per migliorare la consapevolezza dell’esperienza presente, non influenzata da ipotesi o aspettative.   … E CON BAMBINI E ADOLESCENTI CON ADHD Nel complesso, i risultati degli studi condotti finora indicano la mindfulness come un training promettente per i bambini e gli adolescenti con ADHD. Da questi studi sembra infatti emergere come la pratica della consapevolezza possa avere un ruolo importante nel favorire l’attenzione, l’autoregolazione emotiva-comportamentale, l’inibizione della risposta e l’autocontrollo nelle persone con questo disturbo del neurosviluppo.  Tuttavia bisogna tener presente che anche negli studi che hanno applicato training mindfulness su popolazioni di ragazzi con ADHD, i risultati attuali sono limitati dalla mancanza di studi clinici randomizzati e controllati con una metodologia replicabile. Nasce quindi la necessità di sviluppare metodi manualizzati, i cui risultati siano confrontati con quelli ottenuti da gruppi di controllo che svolgono training non mindfulness con caratteristiche simili (per frequenza e durata).   NEL Q-TALK AL CONVEGNO Nel corso del Convegno “La Qualità dell’inclusione scolastica e sociale” in programma a Rimini il 15 novembre, Stefano Vicari, Cristiano Crescentini, Deny Menghini presenteranno una panoramica aggiornata e rigorosa sull’applicazione clinica della mindfulness che agisce mediante un rafforzamento dell’attenzione e della concentrazione e promuove una migliore gestione e regolazione delle emozioni, focalizzando l’attenzione sul «qui e ora». Offriranno inoltre nuovi spunti per le future ricerche nell’ambito dei disturbi del neurosviluppo.
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Search-ME - Erickson 8 ADHD DOP e altri disturbi del comportamento
10 regole utili per tutti gli insegnanti
I bambini e gli adolescenti con ADHD sono caratterizzati da gravi deficit di funzionamento esecutivo e autoregolazione. A causa di questi deficit, i bambini che soffrono di questo disturbo avranno un comportamento meno regolato dalle informazioni interne e meno monitorato attraverso l’autoconsapevolezza rispetto agli altri. Per affrontare nel modo migliore tali deficit consiglio agli insegnanti di  preparare un programma mirato che tenga conto di 10 regole specifiche. Ecco quali sono. 1. Le regole e le istruzioni devono essere chiare e concise e devono essere fornite usando modalità di presentazione visiva ed esterna Può essere utile far ripetere a voce alta all’allievo tali regole, oppure chiedergli di ripeterle sottovoce mentre le esegue, ed esporre visibilmente in tutta la classe delle serie di regole o di suggerimenti. 2. Il tempo e gli intervalli temporali vanno rappresentati con supporti materiali Quando per l’esecuzione di un lavoro vengono concessi brevi lassi temporali – intorno all’ora - conviene darne una rappresentazione (ad esempio, con un orologio o un timer da cucina) per mostrare al bambino quanto tempo ha e con che velocità sta passando. In caso di periodi di tempo più lunghi, scomponete il lavoro in parti più brevi e concedete al bambino la possibilità di fare delle pause frequenti.   3. Le conseguenze (feedback, ricompense, punizioni) utilizzate per gestire il comportamento dei bambini con ADHD devono essere somministrate tempestivamente e in modo più immediato Nel caso dei bambini con ADHD, il tempismo e l’applicazione strategica delle conseguenze devono essere più sistematici che non nel caso dei bambini senza ADHD. L’aspetto fondamentale per l’efficacia della sanzione è la rapidità, non l’asprezza. 4. Le conseguenze devono essere presentate più frequentemente, e non solo in modo più immediato L’osservanza delle regole dopo che esse sono state esplicitate e il bambino ha cominciato a rispettarle, sembra essere problematica per i bambini con ADHD. Per mantenerla nel corso del tempo, è utile ricorrere a feedback o conseguenze frequenti legati all’osservanza delle regole stesse. 5. Le conseguenze proposte ai bambini con ADHD dovranno spesso essere di portata o valore maggiore rispetto a quelle necessarie per gestire il comportamento dei bambini senza ADHD La relativa insensibilità dei bambini con ADHD alle conseguenze della loro risposta obbliga a scegliere quelle che abbiano un valore di rinforzo o una portata sufficienti a motivarli a eseguire i comportamenti desiderati. 6. Prima di passare a un’eventuale punizione bisogna fornire incentivi adeguati e spesso più ricchi, nel contesto di un ambiente o di un compito, per rinforzare il comportamento appropriato Questo significa che la punizione deve essere relativamente bilanciata con le ricompense, altrimenti è improbabile che abbia successo. Perciò è essenziale stabilire un intenso programma di rinforzo e applicarlo per una o due settimane prima di implementare la sanzione affinché quest’ultima, usata con moderazione, abbia la massima efficacia. 7. I rinforzi o le ricompense devono cambiare o alternarsi con frequenza I bambini con ADHD si abituano alle conseguenze delle risposte, e in particolare alle ricompense, più rapidamente dei bambini senza ADHD. Questo implica che, ad esempio, i menù di ricompense usati nelle classi devono essere modificati di tanto in tanto — all’incirca ogni due o tre settimane — affinché il programma mantenga la sua efficacia o la sua capacità di motivare il bambino a comportarsi in modo appropriato. 8. Con i bambini affetti da ADHD è fondamentale agire d’anticipo Nelle fasi di transizione fra un’attività e l’altra o fra una lezione e l’altra, per gli insegnanti può essere utile ritagliarsi un minuto per stimolare il bambino a rievocare le regole di comportamento da rispettare nella situazione in cui sta per entrare, fargliele ripetere e fargli ricordare le ricompense e le sanzioni in cui incorrerà a seconda del suo comportamento in quel contesto. 9. I bambini con ADHD devono rispondere pubblicamente del loro comportamento, e del conseguimento dei loro obiettivi, di più e più spesso rispetto ai bambini senza ADHD Ai bambini con ADHD è necessario fornire un maggior numero di suggerimenti esterni sulle richieste prestazionali al momento della prestazione stessa, monitorarli più attentamente e somministrare loro conseguenze più frequenti durante la giornata scolastica per favorire il controllo del comportamento e il conseguimento degli obiettivi. 10. Gli interventi comportamentali funzionano soltanto finché continuano a essere applicati e in ogni caso devono essere regolarmente monitorati e modificati nel corso del tempo Se, con l’andare del tempo, l’allievo che inizialmente rispondeva bene a un programma adeguatamente personalizzato, comincia a rispondere meno bene, occorre modificare il programma. Le cause potrebbero essere diverse (ad esempio: perdita di valore delle ricompense oppure mancata applicazione delle ricompense).
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adhd deficit di attenzione ADHD DOP e altri disturbi del comportamento
Cosa significa ADHD, quali sono i sintomi nei bambini e come si può intervenire a scuola. Leggi la definizione e alcuni consigli pratici su Erickson.it
Attention Deficit Hyperactivity Disorder: questa è letteralmente la traduzione di ADHD, più comunemente noto come disturbo da deficit di attenzione. Cos’è l’ADHD? Quali sono i sintomi dell’ADHD? Quali sono le cause dell’ADHD? ADHD a scuola: come intervenire e cosa fare in classe?     Cos’è l’ADHD? Il significato della sigla ADHD è Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività e la sua definizione è la seguente: si tratta di un disturbo evolutivo dell’autocontrollo che include difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività. Questi problemi derivano sostanzialmente dall’incapacità del bambino di regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente. Quali sono i sintomi dell’ADHD? L’ADHD è caratterizzato da sintomi precisi che evidenziano livelli importanti di disattenzione, disorganizzazione e/o iperattività-impulsività. La presenza di ADHD è stimata in circa il 5% dei bambini ed il 2,5% degli adulti. La disattenzione comporta prevalentemente divagazione dal compito e mancanza di perseveranza; l’iperattività implica un’eccessiva attività motoria, un dimenarsi, la sensazione che il bambino sia spesso “sotto pressione”; l’impulsività si manifesta con azioni estremamente affrettate e con comportamenti invadenti.   Quali sono le cause dell’ADHD? Non sembra esserci un’unica causa per la comparsa di questo deficit d’attenzione o dell’iperattività nei bambini. Secondo gli esperti, infatti, alla base vi è una combinazione di fattori. La ricerca ha comunque evidenziato un ruolo significativo ricoperto dai fattori genetici sullo sviluppo dell’ADHD   ADHD a scuola: come intervenire e cosa fare in classe? Le difficoltà connesse all’ADHD possono diventare causa di insuccesso in ambito scolastico e questo disturbo porta a un tasso più alto di abbandono scolastico. Come si può quindi intervenire a scuola con i bambini iperattivi? Innanzitutto la normativa prevede che i casi di ADHD rientrano nella normativa sui Bisogni Educativi Speciali e in caso di diagnosi certificata è possibile redigere un Piano Didattico Personalizzato. Concretamente, si possono mettere in atto strategie in classe per il mantenimento dell’attenzione dell’alunno (tono di voce, evitare rimproveri, usare gessi colorati…); consigli su come studiare a casa (ad esempio avere un ambiente adeguato senza distrazioni); dare delle piccole ricompense per gestire i comportamenti problematici. .cap-glossario{ top: -150px; position: relative; height: 1px; } .url-glossario {padding-inline-start: 20px;} .url-glossario li, .url-glossario li a {color: #b5161a; font-size: 1.2rem; text-decoration: none; font-weight: bold; list-style: circle; } .url-glossario li a:hover {color:#122969; background: rgba(149,165,166,0.2); content: ''; -webkit-transition: -webkit-transform 0.3s; transition: transform 0.3s; -webkit-transform: scaleY(0.618) translateX(-100%); transform: scaleY(0.618) translateX(-100%);}
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Search-ME - Erickson 9 BES DSA e ADHD
Perché è importante, attraverso il gioco, rafforzare le cosiddette “funzioni esecutive” nei bambini tra i 3 e i 5 anni
La definizione di «funzioni esecutive» è utilizzata nell’ambito della psicologia dello sviluppo per indicare una serie di abilità cognitive di ordine superiore messe in campo dall’individuo per pianificare e raggiungere uno scopo, quando non è conveniente agire in modo automatico. Il loro funzionamento è comunemente descritto come quello di un direttore d’orchestra che coordina la performance di diversi strumenti — le funzioni esecutive di base — per produrre un suono armonico e complesso. Tali funzioni sono solitamente distinte in tre processi di base che operano in maniera sinergica: controllo inibitorio, memoria di lavoro e flessibilità cognitiva. Queste abilità emergono nella prima infanzia e si sviluppano marcatamente in età prescolare, raggiungendo piena maturità nella prima età adulta. In particolare, nello sviluppo tipico si osservano notevoli progressi nel controllo attentivo e inibitorio intorno al quarto anno di età, nella memoria di lavoro e nella flessibilità cognitiva fra i 4 e i 5 anni. Trent’anni di ricerca hanno dimostrato che le funzioni esecutive sono essenziali per moltissimi aspetti della vita umana, tra cui: il successo scolastico e lavorativo; la salute mentale e fisica; lo sviluppo socio-emotivo e sociorelazionale. Lo studio dello sviluppo atipico delle funzioni esecutive nei disturbi dello sviluppo fornisce importanti evidenze del ruolo che queste ricoprono nei prerequisiti dell’apprendimento. Moltissimi studiosi hanno dimostrato come la presenza di uno sviluppo atipico delle funzioni esecutive possa inficiare sul raggiungimento dei prerequisiti dell’apprendimento della lettura (pre-literacy) e spiegare una successiva scarsa performance nella stessa. Allo stesso modo, moltissime ricerche sui prescolari hanno dimostrato il carattere predittivo delle funzioni esecutive sulle differenze individuali nelle abilità matematiche, da quelle elementari, come il conteggio, fino a quelle più complesse, come il calcolo a mente e scritto. Per quanto riguarda lo sviluppo socio-emotivo e socio-relazionale, diverse ricerche hanno documentato l’importante contributo delle funzioni esecutive. Studi condotti su prescolari con sintomi ADHD hanno dimostrato come deficit a livello esecutivo siano direttamente implicati nello sviluppo socio-emotivo del bambino, spiegando le difficoltà nel riconoscimento delle conseguenze delle proprie azioni e nella comprensione degli stati mentali dell’altro. L’importanza delle funzioni esecutive negli apprendimenti e nell’autoregolazione supporta la necessità di trovare delle strategie per modificare, grazie a interventi di potenziamento, lo sviluppo delle funzioni esecutive. Ciò è utile a sostenere lo sviluppo delle abilità strumentali e di autoregolazione in età precoce, specialmente nelle fasce più deboli (ad esempio bambini nati pretermine, bambini con probabile disturbo del neurosviluppo, bambini con basso status socio-economico) che risultano essere già in ritardo nelle capacità prescolastiche o avere difficoltà di autocontrollo.
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Search-ME - Erickson 10 BES DSA e ADHD
I comportamenti caratteristici dei bambini con difficoltà di autoregolazione
I bambini con difficoltà di autocontrollo possono manifestare comportamenti problema differenti. Quali sono i principali comportamenti problema? Reazioni impulsive che possono essere scambiate per comportamenti aggressivi. Questi bimbi, se provocati da un compagno volontariamente, o più spesso involontariamente, mettono in atto reazioni eccessive e quindi inadeguate rispetto al contesto. Raramente iniziano per primi una lite o un conflitto, di solito reagiscono a commenti o azioni che vivono come provocazioni, indipendentemente dalla volontà di chi ha parlato o agito. Non è corretto definire questi bambini «aggressivi», l’aggettivo che meglio li rappresenta è «altamente reattivi». Russell A. Barkley (2016), nel descrivere il loro comportamento, utilizza il termine «iperreattività», proprio a indicare la tendenza a reagire in maniera esagerata, «irruente». Interventi verbali continui associati a incapacità di rispettare i turni di parola. Questi bimbi parlano in continuazione, fanno domande, considerazioni, interrompono l’interlocutore. I loro interventi risultano non tanto inadeguati nei contenuti, quanto inappropriati nella forma. Genitori e insegnanti dicono del bambino: «I suoi interventi sono interessanti, ma deve capire che non esiste solo lui, ci sono anche gli altri, non è possibile sempre interrompere o inserirsi nel discorso in maniera prepotente». Anche in questo caso «prepotente» non è corretto, renderebbe meglio l’idea l’utilizzo di termini come «travolgente», «impetuoso», «prorompente». Tendenza a spostare continuamente l’attenzione da un punto di interesse all’altro. Questi bambini sembrano presi da mille impegni, a volte incapaci di soffermarsi su un unico compito poiché già incuriositi da quello successivo. Potrebbero apparire distratti, in realtà spesso stupiscono per la loro capacità di gestione simultanea di più azioni. L’insegnante, vedendoli giocherellare con la gomma, cerca di «prenderli in castagna» chiedendo, a sorpresa, di continuare la lettura di un brano: sorprendentemente loro iniziano a leggere dimostrando di «avere il segno». Ovviamente, più sono le attività su cui un bambino divide la propria attenzione, maggiore è la probabilità di non riuscire a gestirle in maniera adeguata. Si definiscono disattenti, ma sono in realtà incapaci di focalizzare l’attenzione. Necessità di muoversi in continuazione, come se avessero dentro un motorino che gira sempre al massimo. Ogni idea che passa loro per la testa si trasforma seduta stante in azione. Questi bimbi, vedendo un nido di vespe appeso a un ramo di pino, in men che non si dica afferrano una pigna e fanno il tiro al bersaglio, senza pensare a cosa potrebbe accadere se colpisse l’obiettivo. La loro iperattività è quasi sempre finalizzata a portare a termine un compito che, ai loro occhi, appare non rinviabile (sia che ci si trovi al parco giochi, a scuola, a tavola o seduti al ristorante nel bel mezzo del pranzo per festeggiare il compleanno della nonna). Quando «si accendono» è veramente molto complicato «spegnerli». Queste difficoltà sono legate a particolari modalità di funzionamento: tuttavia, è sempre bene ricordare che un bambino non è un problema, ma può avere dei problemi, e che nessun bambino è identificabile con le sue difficoltà sebbene possa presentare comportamenti molto difficili da gestire.
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