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I mini gialli dei dettati 2
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Search-ME - Erickson 1 Didattica
Lo spettro di chi non crede nell’inclusione e il ghost-buster di ricerca, evidenze, buone prassi
Si è aperta oggi la 12esima edizione del convegno Erickson “La Qualità dell’inclusione scolastica e sociale”, con la partecipazione di oltre 150 relatori ed esperti di fama nazionale e internazionale, provenienti da ambiti diversi, che portano le loro esperienze e visioni per offrire spunti di riflessione a una platea di oltre quattromila persone. Ecco alcuni passaggi degli interventi dei relatori alla prima giornata di convegno, durante la sessione plenaria. Dario Ianes (Libera Università di Bolzano e co-fondatore di Erickson) Lo spettro dell’incluso-scetticismo si aggira per l’Europa… ma non a Rimini  «Gli inclusio-scettici sono quelli che non credono che l’inclusione sia possibile, quelli che non credono che una scuola inclusiva sia possibile, quelli che credono che se una scuola inclusiva si potesse in qualche maniera realizzare non sarebbe comunque utile, positiva, efficace per i bisogni reali degli alunni e delle alunne con disabilità. Questi spettri che si aggirano per l’Europa in questi giorni a Rimini non ci sono, li stiamo allontanando. Per controbattere alle tesi degli inclusio-scettici possiamo fare molte cose, cose molto concrete. Prima cosa: raccogliere evidenze. Noi abbiamo bisogno di evidenze, abbiamo bisogno di dati. Evidenze non sono solo dati empirici fatti dalla ricerca, le evidenze sono le buone prassi, le cose concrete che facciamo che vanno documentate, tesaurizzate, vanno diffuse. Questo è un nostro compito fondamentale. Le buone prassi non vanno chiuse in un cassetto e lasciate lì. Dobbiamo svilupparle e poi diffonderle in tutti i modi possibili». Massimo Faggioli (IUL-Università Telematica degli Studi) Il progetto Expert Teacher «“Expert Teacher” è un progetto sviluppato da Erickson che viene da lontano perché ormai sono tre anni che ne parliamo. È un progetto su cui abbiamo ragionato a lungo anche all’INDIRE che riguarda la creazione di profili di docenti esperti e la certificazione di questi profili. È un progetto molto importante e ambizioso perché nella scuola in cui viviamo le competenze crescono spesso attraverso la consuetudine, l’esperienza, ma non esistono quadri di riferimento. Mi riferisco soprattutto alle figure di sistema, a quello che potremmo definire “middle management scolastico”». Susanna Tamaro (scrittrice) Alzare lo sguardo. Il diritto di crescere, il dovere di educare «Oggi è difficile fare leggere i bambini, oggi nelle scuole primaria si fa fare l'analisi del testo, è una cosa da università! Secondo me, bisogna fare leggere cose che appassionino. “Cuore di ciccia” è un libro che furoreggia da 30 anni, i bambini lo amano, lo rileggono, se lo regalano. Se il libro è noioso non c'è speranza. Sibilla Aleramo viene imparata a memoria ma dopo vade retro. Fate leggere anche Fabio Volo, o un libro sul calcio, perché l'importante è la lettura. Bisogna andare incontro all'interesse dei ragazzi, perché se scopri che la lettura è bella, impari a leggere. Io detestavo il Verga. Verga non si può imporre a 15 anni, lo farà chi sceglierà Lettere all'università. Bisogna andare incontro con intelligenza alle passioni dei ragazzi».   Giacomo Mazzariol (scrittore) Vedere e scegliere di amare. Io e mio fratello con un cromosoma in più «Il mio rapporto con mio fratello Giò che ha quasi 17 anni, è stata la sorpresa più bella che io ho avuto in questa piccola parte della mia vita. Ho solo 22 anni. Parlare un po’ di me e un po’ di lui l’ho fatto tante volte. Adesso è uscito il film “Mio fratello rincorre i dinosauri”. Io sono il tipo di fratello che lo carica sulle spalle e salta la siepe perché è troppo alta per lui, quando cado ci sfracelliamo al suolo, mia madre muore secca sul colpo! Non sono una persona “educativa”, anzi. La protezione che posso dare adesso a mio fratello è di linguaggio. Quello che faccio io è un lavoro sugli sguardi, sui corridoi, sui commentini, le sgomitate, insomma tutte le relazioni, tutta quella che è la vita al di là della scuola e che crea pregiudizio, una risatina in più. Bisogna cercare di ridere con una persona, anziché di una persona. Che è il problema delle relazioni a scuola». Serenella Besio (Università degli Studi di Bergamo) Il diritto al piacere del gioco per tutti «Il gioco è importante. Se ne è occupata anche l’ONU che ha istituito il diritto al gioco per il bambino, che deve essere assicurato per tutti i bambini. Implicitamente questo ci dice: se il bambino non gioca, non si sviluppa nel modo migliore possibile. Anche il bambino con disabilità deve poter giocare per il piacere stesso del gioco, proprio come gli altri bambini. In particolare, non deve essere sovrastato da attività ludiformi, attività riabilitative rivestite da una patina ludica che non sono gioco in sé». Alessandro Zanchettin (Dipartimento di scienze dell’educazione Università degli Studi di Bologna) Conoscere e apprendere il mondo attraverso il teatro «Negli anni Settanta il teatro era entrato in maniera importante a scuola nella sperimentazione di didattiche innovative. Successivamente, si è perso un po’, non il teatro in sé ma la sua pratica a scuola, diventando un’attività extra-curricolare. Ora sarebbe necessaria una riflessione per aprire nuovi spazi per la teatralità all'interno di altri setting della scuola. Il teatro aiuta ad imparare molte cose. Ad esempio, ad apprendere in una dimensione di gruppo, una cosa che non è affatto semplice, perché le dinamiche che si creano all'interno di un gruppo, delle relazioni, sono spesso legate a grandi difficoltà, addirittura generano emozioni negative che non si riescono a esprimere. Cercare soluzioni a queste difficoltà per la convivenza è uno degli elementi interessanti che si potrebbero sviluppare all'interno di una pratica teatrale non fuori dagli ambienti scolastici, ma dentro agli ambienti di apprendimento dove si impara a stare insieme». Camillo Bortolato (pedagogista e insegnante, ideatore del Metodo Analogico intuitivo) La straordinaria normalità del Metodo Analogico «Perché i bambini non battono ciglio quando sono davanti a un computer e devono fare cose difficili, mentre a scuola con noi vanno in catalessi? Perché la scuola è troppo lenta per loro. I bambini oggi hanno bisogno di vedere tutto, di istantaneità e non di gradualità. Perciò a scuola dobbiamo buttarci anche noi con i bambini, come fa l’anatra con i suoi piccoli quando li porta a nuotare per la prima volta. Si butta, e va avanti, senza frenare nessuno con le sue preoccupazioni».
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