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I mini gialli dei dettati 2
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Search-ME - Erickson 1 Didattica
Dall’idea originaria all’articolata proposta editoriale e formativa di oggi
Sono partite dal web, a proporre i loro lapbook per l’apprendimento, e da lì, avendo incontrato molto interesse, sono arrivate a pubblicare libri e tenere corsi sull’argomento che coinvolgono insegnanti ed educatori di tutta Italia. Stiamo parlando di Giuditta e Ginevra Gottardi, due intraprendenti sorelle trentine, accomunate dalla passione per la didattica creativa, che da qualche anno hanno unito le forze in un progetto comune, pur provenendo da percorsi professionali diversi. Giuditta, infatti, è maestra di professione e blogger per passione, mentre Ginevra è archeologa e si occupa di progetti didattici di divulgazione dei beni culturali . A far convergere i loro percorsi sono stati i lapbook, ossia degli elaborati in forma di cartella tridimensionale che raccolgono materiali e mini libri per presentare, in maniera organizzata, tutte le conoscenze utili su un determinato argomento di studio. Si tratta di uno strumento molto prezioso per lo studio, che coinvolge gli alunni dalla fase di progettazione a quella di realizzazione, con forbici e colla, e che permette loro di esercitare sia le capacità cognitive che le abilità manuali.   A Giuditta e Ginevra abbiamo chiesto come sono partite e come si è sviluppato il progetto lapbook. Ecco che cosa ci hanno raccontato. A cosa vi siete ispirate nella creazione dei lapbook? Abbiamo preso spunto da alcuni blog americani. Nel 2013, infatti, lavorando in una classe CLIL, Giuditta si è interessata ad alcuni blog americani, “inciampando” così nei lapbook. In questi ha intravisto uno strumento dinamico, creativo e dalle molteplici possibilità e lo ha proposto a Ginevra che, avendo studiato design, ha sempre avuto un grande interesse per le forme geometriche tridimensionali. Dopo un’attenta analisi di quello che erano i lapbook americani e il loro utilizzo principalmente nel contesto dell’homeschooling, abbiamo ripulito il lapbook da quelli che erano elementi puramente ornamentali, ne abbiamo ridotto le dimensioni e inventato da zero la didattica da proporre in aula con questo strumento. La vostra attività è partita sul web, tra tutorial su YouTube e Facebook: com’è stato il passaggio all’editoria e poi alla formazione? All’inizio abbiamo creato un sito come supporto alla didattica in classe in quanto non avevamo ancora a disposizione le piattaforme di e-learning. Poi l’interesse degli altri insegnanti ci ha sostenute nella voglia di condividere quanto facevamo. Ad un certo punto ci siamo rese conto che fornire solo lapbook strutturati non bastava. In quel momento, mentre cominciavamo a pensare che era tempo di creare dei quaderni operativi, ci ha contattate Erickson proponendoci di scrivere un manuale per capire come creare lapbook. Così è nato “Il mio primo lapbook”. Le insegnanti che ci seguivano hanno accolto molto bene questo strumento, ma poi hanno chiesto sempre più insistentemente di poter partecipare ad un corso per potersi maggiormente formare e confrontare su questo strumento, ed è così che è iniziata la nostra avventura nella formazione. Com’è nata l’idea di realizzare una serie di libri dedicata ai lapbook? Dopo il primo manuale, abbiamo rispolverato l’idea iniziale di creare dei quaderni operativi che potessero supportare l’attività didattica in classe. È nata così la collana “Imparo con i lapbook” che comprende il quaderno di Italiano, Storia e Geografia e quello di Matematica e Scienze per le classi terza, quarta e quinta. A settembre di quest’anno uscirà invece il quaderno dedicato alla Lingua Inglese per la classe terza a cui seguiranno quarta e quinta. Quest’anno è uscito anche il nostro secondo manuale “Didattica per competenze con i lapbook”, che approfondisce il tema della didattica e del lavoro per competenze. Infine abbiamo creato una nuova collana, “Agenti Geoforce”, che ha come scopo non solo quello di costruire il lapbook, ma anche di studiare e approfondire l’argomento preso in esame. Abbiamo inventato un intero universo dove dei giovani agenti si cimentano in avventure tecnologiche alla scoperta di argomenti di storia, geografia e scienze. Poter creare non solo il lapbook ma l’intera storia ci ha entusiasmate moltissimo!  
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Search-ME - Erickson 2 Pedagogia
Le riflessioni di alcuni insegnanti e autori Erickson in occasione della Giornata Mondiale degli insegnanti
Chi crede nel valore dell’educazione sa che quello di insegnante è uno dei lavori più delicati e allo stesso tempo più importanti del mondo. Assieme a chi la pensa così ci siamo anche noi di Erickson. In occasione della Giornata Mondiale degli insegnanti che si celebra il 5 ottobre, abbiamo chiesto ad alcuni docenti e autori Erickson una riflessione su cosa significhi essere insegnante oggi. Ecco che cosa ci hanno raccontato.   «Molti anni fa, agli inizi della mia professione, da ventenne universitaria, mi trovai catapultata  in una scuola elementare (allora si chiamava così); lì  incontrai una “maestra”, di quelle storiche per quella scuola… mi guardò,  mi abbracciò e mi disse sottovoce: “Vedrai questo è il più bel mestiere del mondo… Coraggio!” Sono passati quasi 40 anni da allora, ma non ho mai dimenticato quell'abbraccio e quelle parole… molte cose nel frattempo sono cambiate nella scuola, nelle famiglie, negli studenti, e il “mestiere” dell’insegnante è diventato sempre più complesso e complicato. E molte volte mi sono chiesta, spesso alla fine di una estenuante giornata scolastica, se quelle parole oggi avessero ancora un senso. Be' tutte le volte la mia risposta è stata sempre quella: Sì!!  Essere un insegnante, anche oggi, non è solo la cosa più bella del mondo, essere un insegnante significa, oggi più che mai, avere il grande potere e la grande responsabilità di aiutare i bambini a cambiare il mondo e a rincorrere i propri sogni, fornendo loro gli strumenti necessari per farlo!» Giuseppina Gentili «Vicino a casa mia, nell'Oregon, c'è una piccola città fantasma del vecchio West e, al centro di questa città, c'è l'edificio della scuola. Avete presente la Casa nella Prateria? O la Signora del West? Una di quelle, con la campana e la stufa a legna, esattamente una di quelle. Reliquia di un tempo in cui insegnare voleva dire "sapere" e "trasmettere il sapere", e l'insegnante era il custode della conoscenza al quale ci si rivolgeva per imparare. Reliquia di ieri. Oggi l'insegnante, nella trasmissione del sapere, ha un'agguerrita concorrenza nei mezzi di comunicazione, nei media, negli strumenti digitali che mettono qualsiasi contenuto e informazione alla portata di tutti, alla distanza di un click. Cosa significa, dunque, essere insegnante oggi? Me lo sono chiesta spesso. Un vecchio proverbio dice che "L'insegnante non riempie un vaso, ma accende un fuoco". Credo che una delle possibili risposte stia proprio lì. La differenza tra quello che ci può dare Google (o Wikipedia, o quello che volete voi) e quello che ci può dare un insegnante è esattamente questa: se il primo riempie, il secondo accende. Insegnare oggi, per me, non dovrebbe essere solo fornire solide basi culturali, ma significa soprattutto risvegliare l'interesse nei ragazzi, far divampare quell'incendio di curiosità, entusiasmo e voglia di conoscere che, una volta acceso, li accompagnerà per tutta la loro vita. In altre parole, fare quello che nessun media digitale potrà mai fare. I contenuti potranno prenderli dove vorranno, ma la voglia di conoscere cose nuove e di allargare i loro orizzonti, potrà trasmetterla solo un buon insegnante». Lara Carnovali «Essere insegnanti oggi, in un momento in cui la scuola è per necessità obbligata a rivedersi e modificarsi, è una sfida motivante. L’insegnante ha necessità di essere in primo luogo un abile costruttore di relazioni. Se usiamo una metafora, l’insegnante si trova all’interno di una complessa e intricata ragnatela e ha il compito quotidiano di “tessere i fili in una trama a diversi e intrecciati ancoraggi”: gli alunni, la/le famiglia/famiglie, la comunità, i colleghi, l’istituzione scolastica, i contenuti di apprendimento, la motivazione, i processi attivati e i bisogni educativi speciali. Ognuno di questi ancoraggi va connesso con gli altri e l’insegnante ha proprio il compito di lavorare con grande delicatezza per mantenere un equilibrio che non sempre è stabile. Non si può infatti toccare un ancoraggio/filo senza che il movimento sia percepito anche dagli altri perché la ragnatela è in stretta interdipendenza; dunque ogni azione, pensiero, comunicazione vanno pensati e progettati lasciando poco spazio alla casualità e all’improvvisazione. Potrebbe sembrare faticoso, è lo è davvero molto quando si entra nella professione mettendo ogni parte di sé e ogni competenza presente. Sapere di poter fare “la differenza” in quello che è il futuro dei propri alunni, e quindi lavorare non per il qui ed ora, ma per il domani e per la globalità, oltre a richiedere un’assunzione di grande responsabilità, è anche altamente motivante. Questa è la bellezza dell’insegnamento». Desirèe Rossi   «Quest’anno sei in prima. I sorrisi sono ancora da latte e le finestrelle sono poche. I bambini dicono cose buffe, ma non ti puoi permettere di ridere perché sono seri, loro. Tutto molto rassicurante, ti dici, tutto come una volta. Eppure lo sai bene che non è così. I bambini che hai davanti saranno gli adulti del 2045-2050, date da romanzo di fantascienza. E questo non suona poi così rassicurante. Che cosa vuol dire fare l’insegnante oggi? Immaginare la fantascienza, probabilmente questo. Vivi in un piccolo osservatorio (piccolo in termini anagrafici, ovviamente) e hai a che fare con un futuro difficile da immaginare. Non puoi prevedere quale rapporto, questi bambini, avranno con le conoscenze. Quali tecnologie dovranno gestire e quale umanesimo tutto questo potrà far nascere. Puoi solo puntare a sviluppare competenze sufficientemente solide per affrontare i cambiamenti che (di questo sì, sei sicuro) ci saranno. Sei nella navicella di un romanzo di fantascienza e navighi a vista, superi asteroide dopo asteroide e ci si diverte come dei matti. Perché è un po’ come per Colombo: non c’è niente di meglio che essere visionari per scoprire nuove rotte e nuovi tesori». Ivan Sciapeconi e Eva Pigliapoco   «Il docente della scuola attuale deve possedere competenze disciplinari, psico pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzative e relazionali, ma deve anche essere in grado di attuare una regolazione continua  della propria progettazione  in base alle risposte degli alunni, dell’insegnante stesso e  del mutamento del contesto al fine di riconoscere, accogliere e valorizzare  tutte le differenze individuali per trasformarle in opportunità di apprendimento. Tutto questo risulta possibile solo se l’insegnante riesce a diventare il costruttore di un ambiente di apprendimento in cui si diventa competenti insieme, in cui ognuno si mette in gioco, avendo ben chiari i propri limiti e le proprie potenzialità.  L’insegnante deve anche essere una guida in grado di aiutare gli studenti a connettere il sapere con l’esperienza quotidiana, a servirsi di strumenti efficaci, a costruirsi strategie operative e a riscoprire l’importanza dell’impegno e della fatica. Solo dando senso “al fare scuola” innovando, sperimentando e agganciando le conoscenze proposte ai contesti di vita reale si può incrementare la motivazione ad apprendere, che risulta essere uno dei fondamenti del successo formativo, finalità imprescindibile per un docente alle prese con la scuola attuale, vista con un organismo complicato interconnesso con molteplici aspetti della società». Elisabetta Grassi «Essere insegnanti oggi vuol dire essere fonte di ispirazione: un promotore di cultura a cui i bambini possano attingere ciò di cui hanno bisogno. L’insegnante deve accendere la scintilla dell’interesse dove manca ed essere capace di coltivare gli interessi che gli studenti manifestano, mettendo la sua competenza e professionalità al servizio del discente. Credo fortemente che il ruolo dell’insegnante debba essere quello di sostegno all’apprendimento, e che il suo scopo sia quello di creare un ambiente di apprendimento sereno e ricco di stimoli. L’obiettivo che mi prefiggo per ogni mio alunno è quello che sia autonomo, motivato, curioso e creativo. Queste sono abilità e competenze che lo accompagneranno per tutta la vita». Giuditta Gottardi «Per un’insegnante della primaria essere insegnante oggi vuol dire andare ogni mattina a scuola con il pensiero che nel pomeriggio ci saranno riunioni su riunioni e poi si andrà a casa pieni di freddo e svuotati di energie. Il messaggio di chi segue il metodo analogico è che si può cambiare la scuola solo nella propria classe ed è un’operazione già difficilissima perché, più che di pensieri comporta un cambiamento di sentimenti profondi. Solo in  questa prospettiva  è possibile lavorare in  serenità, anche se tutto intorno è un mare oscuro di tempesta. Naturalmente bambini permettendo». Camillo Bortolato «Il mio lavoro è fare il maestro di scuola Primaria, un lavoro prezioso per lasciarlo degenerare nella dialettica della politica e nelle chiacchiere ideologiche. È importante per me  importantissimo, per  ridurlo ai tempi di vacanza, ai concetti aziendali delle performances e della valutazione. È troppo prezioso per me, per pensare di poter  contrattare  qualche ora di lavoro, qualche soldo in più senza preoccuparsi della qualità della proposta educativa e didattica o per essere macchiato dalle conversazioni dei gruppi whatsapp dei genitori. Fare l'insegnante oggi è provare l'ebbrezza di sentirsi in mezzo alle correnti ascensionali,  difficili da trovare, ma che ti porteranno lontano senza preoccuparti di scegliere la meta nell'infinito spazio della conoscenza. Ci vuole passione e commozione per capire le intime emozioni e desideri dei tuoi alunni, di  ognuno dei tuoi alunni. Ci vuole pazienza per vedere fiorire nei loro sguardi il sorriso della soddisfazione per avere compreso. Ci vuole carisma per vincere gli incanti di voci che dicono “meglio altro che questo luogo”». Fausto Amenta «Essere insegnante oggi vuol dire prima di tutto essere inclusivi e privi di pregiudizi. Se ripenso ai dialoghi che a volte si potevano ascoltare venti anni fa in Sala Insegnanti, mi vengono in mente alcune frasi del tipo: “Che classaccia la Prima A di quest’anno, proprio a me doveva capitare?”. Oppure, viceversa: “La Prima A di quest’anno non è niente male, per fortuna, è proprio una bella classetta!”. Cosa determinava le fortune o le sfortune di una classe? L’essere “classaccia” oppure “bella classetta”? Ecco, essere inclusivi e privi di pregiudizi significa proprio evitare qualunque catalogazione degli alunni in categorie rigide e immutabili. L’insegnante di oggi deve essere aperto, dinamico e deve possedere quello sguardo sottile che gli consente di scoprire talenti e risorse. È un lavoro, quello dell’insegnante, che va all'attacco con coraggio e intraprendenza, senza tatticismi difensivi per evitare il peggio. Va all’attacco per cercare il meglio in ciascuno degli studenti che vivono nella classe e dà loro fiducia, li incoraggia, li aiuta e chiede loro aiuto. Questo è il lavoro degli insegnanti oggi: far sentire gli studenti importanti, indispensabili, protagonisti. Essere insegnanti vuol dire occuparsi di persone, non solo di contenuti scolastici. Occuparsi di tutti, senza lasciare mai indietro nessuno, nemmeno uno solo!». Carlo Scataglini «Essere insegnanti significa dare il buon esempio mostrandosi onesti, leali, alleati e assertivi, ricordarci che per aspettarci rispetto e ascolto sta a noi per primi donarli se vogliamo la loro fiducia, la loro sincerità dobbiamo in primis offrirle. Essere insegnanti oggi significa non trascurare l’importanza delle regole, non imponendole ma condividendone il senso. Stare dalla parte della debolezza, della fatica ad apprendere, dell’esuberanza, senza etichettare i comportamenti fuori dall'ordinario ma cercandone le spiegazioni e offrendo aiuto. Essere insegnanti oggi significa fare gioco di squadra con le famiglie, per fare fronte comune ad una società in cambiamento. Essere insegnanti oggi in un mondo di apparenze infine, significa valorizzare l’imperfezione, senza nascondere le proprie imperfezioni». Valeria Razzini   «Stiamo consegnando ai bambini di oggi cose molto diverse da quelle che ci consegnarono i nostri padri: stiamo bruciando risorse che mandano gli ecosistemi al collasso in cambio di uno sviluppo che comunque resta ingiusto, perché lascia ancora sopravvivere 4 miliardi di persone con meno di 120 dollari al mese. Noi adulti siamo coscienti che abbiamo sbagliato qualcosa ma non sappiamo esattamente cosa. Per Greta Thunberg siamo all’inizio di un’estinzione di massa ed abbiamo rubato la speranza dei ragazzi. È proprio difficile pretendere di essere un educatore di fronte ad una ragazza di 16 anni che, parlando all’ONU, dimostra più logica dei governanti. Ma possiamo farcela! Possiamo ricominciare da ciò che rende la vita degna di essere vissuta e cambiare modo di alzarsi la mattina. Da oggi io vorrei dire ai miei ragazzi: “Non ho nulla da insegnarti oltre alla voglia di rincorrere la bellezza, la scienza, la giustizia, l’amicizia insieme a coloro che vorranno farlo con me”. Se il mio lavoro è stare con i ragazzi, io correrò con loro. Saranno sempre nei miei occhi, non li giudicherò se non lo vorranno, non li obbligherò mai a fare cose che non desiderano. Non li educherò: ci educheremo a vicenda». Maurizio Maglioni
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Search-ME - Erickson 3 Didattica
Il titolo premiato in occasione della Fiera del Libro di Francoforte 2019
Un libro insolito che parla di una materia inconsueta a un pubblico inusuale: è questo il segreto di “Giochi filosofici”, il libro di Luca Mori, pubblicato da Erickson che, in questi giorni, nel corso della Fiera internazionale del libro di Francoforte, si è aggiudicato il Premio Speciale BELMA 2019, come miglior materiale educativo pubblicato in Europa  Il BELMA (Best European Learning Materials Awards), un concorso letterario che ogni anno premia i migliori materiali educativi pubblicati in tutta Europa,  quest’anno ha registrato la partecipazione-record di 28 case editrici provenienti da 17 Paesi diversi. In questo contesto, il libro “Giochi filosofici” si è distinto per essere un libro che tratta un argomento - il pensiero filosofico - che abitualmente non è affrontato con bambini così piccoli,  come ha spiegato la giuria del BELMA nel conferire il premio “Speciale BELMA 2019” Il libro, a partire da domande come “Che cos’è un essere umano?”, “C’è qualcosa da cui tutte le cose hanno origine?”, si propone di accompagnare i bambini dagli 8 ai 11 anni, sotto la guida di un insegnante, nel pensiero e nel ragionamento filosofico. Ma perché è utile avviare i bambini al pensiero e al ragionamento filosofico già a partire dalla scuola primaria? A spiegarcelo Luca Mori, dottore di ricerca in Discipline filosofiche e autore del libro “Giochi filosofici”: «Fare filosofia con i bambini è come invitarli a esplorare sentieri e paesaggi che, per essere attraversati, richiedono di sperimentare andature nuove, di trovare connessioni tra quel che si sa – o si crede di sapere - e quel che ancora non si sa». C’è un’analogia interessante tra esercizio filosofico ed esercizio fisico, che è lo stesso Luca Mori a suggerire: «Si potrebbe dire che l’esercizio filosofico è, per il pensiero e il  linguaggio, l’analogo di ciò che l’esercizio fisico è il corpo: esercitandosi ci si accorge, strada facendo, di avere più possibilità di movimento di quelle che inizialmente si sospettavano e si scoprono nuovi modi per stare in equilibrio o per cavarsela quando si perde l’equilibrio». Il libro propone 15 problemi ispirati alla storia della filosofia, formulati in modo che risultino comprensibili, sfidanti e stimolanti per la riflessione di bambine e bambini tra gli otto e gli undici anni. Ogni problema è proposto attraverso una prima pagina, dedicata alla formulazione della domanda; una sezione dedicata al punto di vista dei filosofi, con una sintetica presentazione dei filosofi di riferimento per il tema in questione con le loro ipotesi; in una terza sezione si trova poi il punto di vista dei bambini, ossia ciò che bambine e bambini tra i sei e gli undici anni hanno detto sulle domande proposte, in modo da offrire agli insegnanti un’idea preliminare su alcune traiettorie possibili che possono attivarsi nella conversazione sui singoli problemi; infine, una sezione è dedicata alle idee per continuare, dove gli insegnanti troveranno suggerimenti utili  per proseguire nella conversazione filosofica con i bambini, connettendo l’argomento alle attività della classe e mettendo in relazione le domande filosofiche con altre esperienze, osservazioni, letture. Tra coloro che hanno contribuito al successo editoriale del libro, oltre all’autore Luca Mori, c’è anche AntonGionata Ferrari, che ha curato le illustrazioni, e il team Erickson composto da: Silvia Larentis e Serena Larentis (progettazione/editing); Mattia Casagrande, Francesca Gottardi e Lorenza Faes (progetto grafico e illustrazioni) e Giordano Pacenza (direzione artistica).
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
La didattica a stazioni dimostra come si possa applicare una metodologia didattica incentrata sul concetto di autonomia
La didattica a stazioni si posiziona all’interno di una cornice più ampia definita didattica aperta, dove per «didattica aperta» si intende una didattica incentrata sul concetto di «autonomia», in cui l’insegnante progetta delle situazioni e dei percorsi all’interno dei quali lo studente, attraverso delle scelte personali su tempi, luoghi, spazi e contenuti, diventa protagonista della propria azione didattica. Questa definizione potrebbe sembrare un po’ «fumosa», ma d’altra parte risulta davvero complesso incasellare un tipo di didattica che per sua accezione dovrebbe essere il più libera possibile. Anche in Germania e nei Paesi di lingua tedesca, dove vengono proposte attività di didattica aperta da circa 40 anni, le sfumature metodologiche e le scuole di pensiero sono talmente tante che non si è arrivati a dare una definizione univoca a questo tipo di didattica. Si tratta quindi di una pratica didattica ben radicata nel tempo, che ha visto l’evolversi di diverse correnti di pensiero e diversi approcci concreti.  Punto in comune tra tutte è che la centralità dell’azione spetta sempre al discente, che oltre a costruire i suoi saperi andrà ad affinare e sviluppare aspetti come l’autonomia e l’autoregolazione. In questo tipo di didattica l’insegnante coinvolge e mette a parte lo studente di quelli che sono gli obiettivi e le finalità dell’attività, al fine di trasmettere non solo i contenuti, ma anche i ragionamenti che stanno dietro alla progettazione stessa delle attività. Un altro aspetto importante è che con questa metodologia si possono utilizzare molte modalità differenti per l’apprendimento dei contenuti, facendo ad esempio utilizzare in vario modo tutti i cinque sensi, alternando attività manipolative a fasi di gioco ad attività di ascolto e parlato, di lettura, di scrittura, di calcolo e di disegno; in questo modo si andranno a stimolare sia l’emisfero destro del cervello sia quello sinistro. Come e perché utilizzare la didattica a stazioni La didattica a stazioni può essere proposta, con i dovuti adattamenti, in tutte le classi della scuola primaria. Non esiste un momento dell’anno più o meno idoneo all’utilizzo di questa metodologia, che può essere inserita nella programmazione didattica una o più volte all’anno senza una scadenza precisa oppure con sistematicità. Può essere attivata in classi più o meno numerose, l’importante è predisporre un numero di tavoli, e quindi di stazioni, sufficiente, con gruppi di 4–5 bambini al massimo. Questa metodologia può essere utilizzata sia per introdurre un argomento nuovo, sia per consolidare un argomento già studiato. Con questa modalità di lavoro l’aula perde la sua connotazione frontale e l’insegnante cambia il suo ruolo di «detentore delle conoscenze» in quello di supporto e guida (scaffolding). Proporre l’apprendimento a stazioni permette di spostare il focus dell’azione sullo studente, che diventa figura attiva in tutti i sensi. Questa metodologia permette inoltre di includere anche i bambini fragili nei gruppi di pari, che diventeranno loro sostegno e supporto (peer–to–peer). Lo studio in piccoli gruppi contribuisce a sviluppare competenze di autonomia e anche a coltivare competenze di collaborazione e dialogo. La diversificazione dei contenuti e degli approcci nelle diverse stazioni risponde a stili cognitivi differenti e permette di rispondere ai bisogni personali di ogni alunno. Non meno importanti sono le life skills che vengono allenate, come il problem solving, l’empatia, il pensiero critico e quello creativo, e le capacità di relazione e comunicazione.
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Il miglior modo di promuovere questa disciplina è quello di scegliere una tematica e di lavorare insieme come Consiglio di classe e trovare collegamenti e idee per promuovere il curricolo
Ricchezza è l’aggettivo che si può associare all’educazione civica, perché questa disciplina travalica i confini delle discipline rendendo concreto e tangibile ciò che sappiamo, ma che molto spesso, per correre dietro ai programmi, dimentichiamo: le discipline si parlano tra loro, hanno competenze e argomenti in comune. Quando sono entrati in vigore i piani di studio, nelle Indicazioni per il curricolo si invitava a cercare tali legami e si caldeggiava una progettazione trasversale. Tuttavia, creare Unità di Apprendimento pluridisciplinari, ancora oggi, non risulta essere così immediato e scontato come si era auspicato. L’introduzione dell’educazione civica ha posto i Consigli di classe davanti a una scelta: polverizzare il curricolo di questa disciplina e  continuare ciascuno per suo conto a occuparsi di quella parte che gli compete, esattamente come si faceva prima, oppure lavorare insieme per trovare quei legami che rendono l’apprendimento migliore e più duraturo. Vediamo quindi quali sono le indicazioni date nelle “Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica". Il piano delle competenze La Legge 20 agosto 2019, n. 92, recante «Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica» individua alcune tematiche comuni per tutti gli ordini scolastici. Costituzione, diritto (nazionale e internazionale), legalità e solidarietà: la Costituzione Italiana viene indicata come fondamento dell’insegnamento dell’educazione civica, al fine di promuovere non solo la conoscenza della stessa e degli organi preposti alla gestione dello Stato e delle Regioni, ma anche a promuovere le competenze ispirate ai valori della legalità, della solidarietà, della partecipazione e della responsabilità. A tale fine sono da proporre lo studio della Costituzione, degli organi di governo a livello statale, regionale e locale, con attenzione alle regioni a statuto speciale. Sviluppo sostenibile, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio: in questo nucleo trovano spazio approfondimenti riguardanti i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 fissati dall’ONU a salvaguardia dello sviluppo sostenibile e della convivenza. Tali obiettivi si dividono tra obiettivi dedicati alla salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali e obiettivi dedicati alla costruzione di modi di vivere inclusivi e sostenibili, rispettosi dei diritti delle persone. Cittadinanza digitale: considerata la prossimità con gli strumenti digitali che i bambini e le bambine vivono quotidianamente, l’insegnamento dell’educazione civica deve mirare a sviluppare diverse competenze digitali, oltre a rafforzare la collaborazione con le famiglie attraverso il Patto educativo di corresponsabilità che viene esteso anche alla Scuola primaria. Interdisciplinarità dei progetti Come già accennato, il percorso di educazione civica dovrebbe promuovere il più possibile la relazione tra le discipline, mettendo in evidenza nessi e connessioni tra gli argomenti trattati, ma non solo, perché in questo caso si rischierebbe di creare superficiali aggregazioni di contenuti. Pertanto, l’aspetto più importante da tenere presente è l’aspetto valoriale che sta alla base dei nuclei fondamentali.  L’insegnamento dell’educazione civica può essere assegnato a uno o più docenti del Consiglio di classe con delibera del Collegio dei docenti, su proposta degli stessi docenti della classe. Nel caso in cui l’insegnamento dell’educazione civica trovasse uno spazio nell’orario settimanale come le altre discipline, grazie alla quota di autonomia del 20%, esso dovrà comunque salvaguardare la trasversalità dell’insegnamento e la corresponsabilità dei docenti dell’intero Consiglio di classe. 
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Metodo Montessori e anziani fragili Didattica
Che cos’è e perché utilizzare questo strumento anche alla scuola secondaria di primo grado
L’utilizzo di template e minibook nel contesto dell’apprendimento è documentato fin dal XIV secolo in alcuni libri di anatomia e di astronomia. Possiamo quindi affermare che docenti e studenti del 1500 avevano già compreso l’utilità di approfondire un argomento utilizzando immagini e forme. Negli anni Trenta del Novecento i libri animati furono battezzati pop-up da una casa editrice americana e cominciarono ad essere prodotti in numero sempre maggiore. Negli anni Ottanta del Novecento anche le università si interessarono a questi libri, provando a proporre soluzioni semplificate di pop-up in ambito didattico. Perché proporre i lapbook alla scuola secondaria? In primo luogo, molti ragazzi e ragazze che oggi arrivano alla scuola secondaria sono stati abituati a utilizzare questo strumento alla scuola primaria; decidere di proporre la stessa metodologia anche alla scuola secondaria significa creare un ponte metodologico e di pensiero con il grado scolastico precedente, promuovendo la continuità e l’apprendimento per competenze.  Promuovere una didattica con i lapbook vuol dire anche rompere lo schema della lezione frontale, prediligendo un approccio più operativo e maggiormente costruito sui tempi di attenzione di questa fascia d’età. Infine, il lapbook ha la peculiarità di poter essere completamente personalizzabile, aspetto non trascurabile nell’ottica dell’inclusione. Un ulteriore punto a favore di questo strumento è quello di rientrare nella sfera del learning by doing, dell’apprendimento «legato al fare», che sviluppa e rafforza le competenze metacognitive. Nella progettazione del lapbook, infatti, lo studente deve soffermarsi a pensare e pianificare le attività da svolgere, deve decidere dove porre l’attenzione e analizzare i contenuti con un atteggiamento critico per scegliere in maniera efficace i canali comunicativi da usare (testi, font, immagini, ecc.). Attraverso la manipolazione di concetti astratti trasformati in forme concrete si facilita la categorizzazione e la gerarchizzazione degli argomenti. Gli studenti e le studentesse della scuola secondaria, alla fine di un percorso che prenda in esame lapbook strutturati, lapbook a gruppi e lapbook individuali, saranno in grado di progettare nuovi strumenti per studiare e consolidare quanto già appreso, utilizzando gli esempi che già conoscono. Quale lapbook scegliere? Possiamo definire il lapbook come un libro fatto di falde che si piega, aprendosi e chiudendosi, e che può essere tenuto in grembo. Di solito un lapbook è dedicato a un argomento ben preciso e i template al suo interno ne rappresentano i sottoargomenti. Ci sono diverse tipologie di lapbook, che si differenziano nella modalità di costruzione, nella somministrazione agli studenti e nel loro coinvolgimento. Lapbook strutturati: sono lapbook già pronti da ritagliare, assemblare e completare, che l’insegnante realizza personalmente o trova già pronti da costruire in un libro o in Internet. Questa tipologia viene utilizzata per avvicinare gli studenti al nuovo strumento di studio. Lapbook a gruppi: vengono sviluppati all’interno di un lavoro a gruppi. Progettare un lapbook da zero è un processo complesso che richiede buone capacità di sintesi e chiarezza riguardo i diversi livelli di approfondimento. Lavorare in gruppo permette un confronto costruttivo utile per progettare questo strumento le prime volte. Lapbook individuali: sono la tipologia di lapbook più complessa poiché prevedono che l’alunno progetti e costruisca il lapbook in completa autonomia. Lo stesso argomento darà luogo a soluzioni anche molto differenti, in quanto proiezione del pensiero visivo di ciascuno. Non esistono soluzioni sbagliate, in quanto ogni studente sintetizza e usa le forme secondo la propria necessità. @media (max-width: 576px){ .me-text ul li { font-size: 19px !important; line-height: 28px !important; } .me-text ol li { font-size: 19px; line-height: 28px; } } .me-text ul li { font-size: 22px; line-height: 34px; } .me-text ol li { font-size: 22px; line-height: 34px; }
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