Nel parlare di salute sessuale con riferimento al target adolescenziale, alcune delle parole chiave che possono risultare più significative di altre sono: prevenzione, riduzione del rischio, infezioni sessualmente trasmissibili, gravidanze indesiderate, esordio sessuale e consenso. Pur essendo tutte aree tematiche e di intervento degne di considerazione, è importante evidenziare le dovute differenze tra di esse. Alcune, infatti, fanno un esplicito richiamo al tema del rischio sessuale; altre, invece, sono portatrici di una visione positiva e rivolta all’incremento dell’informazione e dell’esercizio dei diritti in età giovanile.
Partendo da una definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ritenuta, ormai, “classica” dagli addetti ai lavori nel settore dell’educazione sessuale, la salute sessuale: “è uno stato di benessere fisico, emotivo, mentale e sociale legato alla sessualità; non riducibile all’assenza di malattia, disfunzione o infermità. La salute sessuale richiede un approccio positivo e rispettoso alla sessualità e alle relazioni sessuali, così come la possibilità di avere esperienze sessuali piacevoli e sicure, libere da coercizioni, discriminazioni e violenza. Per far sì che la salute sessuale venga raggiunta e mantenuta, i diritti sessuali di ognuno devono essere rispettati, protetti e soddisfatti”.
Se uno dei valori cardine della definizione è quello di mettere in luce, trasversalmente nella popolazione generale, l’importanza del processo di empowerment e di agency nell’esercizio dei diritti e della competenza sessuale, è, altresì, innovativo, se non rivoluzionario, l’esplicito riferimento alla sessualità come a una componente che interessa ben oltre il comportamento sessuale delle persone, comunemente chiamato “sesso”.
Tale passaggio teorico comporta l’assunzione di una prospettiva che guardi alla sessualità dei più giovani (includendo l’infanzia, l’adolescenza e la giovane età adulta, con le dovute specificità di espressione) come un processo da coltivare. Diversamente da quanto accaduto nel passato, dunque, l’educazione sessuale non poteva più ritenersi efficace con il solo passaggio di informazioni riguardanti la riduzione del rischio (con focus sulle infezioni sessualmente trasmissibili e sulle gravidanze indesiderate). È anche a questo che si fa riferimento quando l’OMS parla di “assenza di malattia, disfunzione o infermità”.
Verrebbe da chiedersi come si sia giunti a tale passaggio concettuale; in effetti, alcuni grandi trend nell’educare alla sessualità (ben documentati nella letteratura scientifica tra gli anni ’90 del 1900 e il primo decennio degli anni 2000), unitamente ad eventi su larga scala (come l’epidemia da HIV/AIDS degli anni ’80 del ‘900) hanno permesso una riflessione sugli effetti a brevissimo, breve, medio e lungo termine dei programmi di educazione sessuale rivolti ai giovani.
Se, storicamente, è possibile individuare tre principali metodologie implementate nei paesi occidentali per occuparsi di sessualità con i giovani - Modello abstinenceonly, Modello informativo e Modello olistico - ad essere capaci di produrre risultati interessanti e miglioramenti nella salute sessuale dei giovani sono proprio gli approcci olistici e sexpositive.
Come diverse ricerche mostrano i giovani e gli adolescenti, indipendentemente da eventuali condizioni di salute croniche o disabilità, traggono beneficio quando sono fornite loro informazioni accurate e adeguate alla loro fase di sviluppo, sulle dimensioni biologiche, socioculturali, psicologiche, relazionali e spirituali della sessualità.
Considerando, inoltre, le contemporanee modalità di utilizzo degli strumenti digitali, entrati in modo massiccio e significativo nell’espressione identitaria individuale e relazionale, è necessario che l’educazione sessuale si adegui all’opportuna inclusione di tali strumenti all’interno dei programmi di promozione della salute sessuale con i più giovani.
L'educazione alla sessualità è, pertanto, molto più che l'istruzione sull'anatomia e sulla fisiologia del sesso e della riproduzione; riguarda lo sviluppo di una sessualità sana, che è una tappa fondamentale dello sviluppo dell’essere umano e dipende dall'acquisizione di informazioni e dalla formazione di atteggiamenti, credenze e valori sul consenso, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere, sull'immagine corporea, sulle relazioni e sull'intimità.
Per maturare un atteggiamento positivo e responsabile verso la sessualità, è necessario che i giovani possano conoscerla sia nei suoi aspetti di rischio che di arricchimento, per essere messi in grado di agire responsabilmente verso sé stessi e gli altri.
Un interessante contributo di Palmer e collaboratori del 2019 è servito ad individuare tre fattori principali nella definizione di competenza sessuale dei giovani. Questo lavoro ha il pregio, oltre che l’ardire, di aver provato a rispondere alla domanda: “Cosa può descrivere una buona esperienza sessuale per un giovane occidentale contemporaneo?”. Secondo gli studiosi risultano essere predittori positivi di una sana esperienza sessuale nei giovani:
- la conoscenza e l’utilizzo del metodo a barriera (il preservativo, l’unico in grado di proteggere dalle infezioni sessualmente trasmissibili),
- la capacità di padroneggiare il consenso (attraverso la comprensione del suo essere dinamico, reciproco e reversibile),
- percepirsi in una relazione sessuale con pari sperimentazione di potere decisionale.
Attraverso questi elementi, gli Autori arrivano a definire la competenza sessuale come quell’approccio alterativo che permetta di guardare all’esordio sessuale e alla sessualità dei giovani non facendo solo riferimento al dato anagrafico, quanto ai processi di maturazione raggiunti, evidenziando in tal modo un interessante cambio di prospettiva.