Indice
1. La Direttiva 15 marzo del 2007
L’uso dei «telefoni cellulari» a scuola da parte degli studenti rappresenta, dagli inizi del Duemila, uno dei problemi affrontati ricorsivamente da molti ministri dell‘Istruzione che si sono succeduti nei vari governi.
L’utilizzo improprio dei dispositivi digitali, che iniziava a diffondersi 15-20 anni fa nelle nostre scuole, costituiva una forma di trasgressione delle più elementari regole di convivenza e la negazione di una cultura del rispetto, secondo cui la libertà dei singoli deve trovare un limite nella libertà degli altri. Inoltre, tale uso confliggeva palesemente con i doveri che erano stati esplicitati nel Regolamento (D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249) dello Statuto delle studentesse e degli studenti del 1998, voluto dall’allora ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer.
Di fronte alle frequenti azioni di disturbo dell’attività di insegnamento/apprendimento che tale impiego determinava, il ministro Giuseppe Fioroni nel 2007 affrontò in modo sistematico questo problema in due direttive.
La prima è del 15 marzo 2007, n. 30 e reca il seguente titolo: Linee di indirizzo ed indicazioni in materia di “telefonini cellulari” e di altri dispositivi elettronici durante l’attività didattica, irrogazione di sanzioni disciplinari, dovere di vigilanza e di corresponsabilità dei genitori e dei docenti. Tale disposizione rappresentò un punto di svolta in relazione all’uso dei cellulari in classe, sancendo il divieto del loro utilizzo e anticipando di qualche mese alcuni aspetti del D.P.R. del 21 novembre 2007, n. 235, di modifica dello Statuto delle studentesse e degli studenti, che ha introdotto nella scuola secondaria di primo e secondo grado il patto di corresponsabilità educativa.
Nella Direttiva 30/2007 si sottolinea che la scuola è una risorsa fondamentale per la crescita civile e culturale degli studenti e in essa, nell’ottica della promozione di una comunità educante, vengono poste le basi di un’alleanza educativa in cui adulti, ragazzi, genitori e docenti sono chiamati a condividere i principi di una costruttiva appartenenza.
Le Linee guida coinvolgono tutte le componenti nelle quali si esprime l’autonomia delle scuole, chiamate ad aprire una fase di riflessione sui dispositivi digitali, promuovendo tutte le iniziative utili per un corretto uso degli stessi. Si afferma:
È del tutto evidente che il divieto di utilizzo del cellulare durante le ore di lezione risponde ad una generale norma di correttezza che, peraltro, trova una sua codificazione formale nei doveri indicati nello Statuto delle studentesse e degli studenti, di cui al D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249.
Per le medesime ragioni, il divieto di utilizzare telefoni cellulari durante lo svolgimento delle attività di insegnamento opera anche nei confronti del personale docente, in considerazione dei doveri derivanti dal CCNL e della necessità di assicurare all’interno della comunità scolastica le migliori condizioni per uno svolgimento efficace dell’insegnamento medesimo.
Nella nota 30/2007 si sottolinea che l’uso del cellulare e di altri strumenti elettronici rappresenta
un elemento di distrazione sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente configurando, pertanto, un’infrazione disciplinare sanzionabile attraverso provvedimenti orientati non solo a prevenire e scoraggiare tali comportamenti ma anche, secondo una logica educativa propria dell’istituzione scolastica, a stimolare nello studente la consapevolezza del disvalore dei medesimi.
Pertanto, tale utilizzo costituisce una violazione dei doveri che lo studente è tenuto ad assolvere e comporta l’irrogazione delle sanzioni disciplinari previste nell’articolo 4 dello Statuto delle studentesse e degli studenti. Di conseguenza, le istituzioni scolastiche, nella loro autonomia organizzativa e didattica, sono tenute ad aggiornare il Regolamento di istituto.
I regolamenti delle singole istituzioni scolastiche, si afferma, individuano i comportamenti che configurano mancanze disciplinari con riferimento ai doveri degli studenti, al corretto svolgimento dei rapporti all'interno della comunità scolastica.
Si ribadisce poi che i provvedimenti disciplinari hanno finalità educativa e tendono al rafforzamento del senso di responsabilità, al ripristino di rapporti corretti all'interno della scuola e al recupero dello studente attraverso attività di natura sociale, culturale, a vantaggio della comunità scolastica stessa.
La responsabilità disciplinare a carico dello studente è personale e comporta che, prima dell’eventuale sanzione, l’interessato debba essere invitato a esporre le proprie ragioni.
2. La Direttiva 30 novembre del 2007
Il Ministro Giuseppe Fioroni ha ripreso il problema dell’uso dei cellulari a scuola con l’emanazione di una seconda direttiva del 30 novembre 2007, n. 104 (Linee di indirizzo e chiarimenti interpretativi ed applicativi in ordine alla normativa vigente posta a tutela della privacy). La Direttiva fu disposta con il parere favorevole del «Garante della Privacy» e inviata a tutte le scuole con l'intento di informare i ragazzi delle sanzioni correlate a un eventuale utilizzo improprio dei «videotelefonini» a scuola.
Il provvedimento si concentra in particolare sull’utilizzo dei cellulari finalizzato ad acquisire dati personali, che spesso vengono divulgati sui siti Internet.
Tali dati, si legge nella Direttiva,
possono anche riguardare la sfera della salute, della vita sessuale o altre informazioni "sensibili" per cui sono previste particolari garanzie a tutela degli interessati. Sembra opportuno ricordare che per “dati sensibili” si intendono: “i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”.
Nella Direttiva 104/2007 vengono distinte due diverse situazioni giuridiche a seconda che l’acquisizione dei dati sia finalizzata a una successiva divulgazione verso terzi oppure avvenga esclusivamente per un uso personale.
Nella prima fattispecie, lo studente (ma anche l’adulto) che utilizza e invia i dati personali raccolti (immagini, filmati, ecc.) deve sempre rispettare gli specifici obblighi previsti a tutela dei terzi in campo civile e penale, anche nel caso di un utilizzo personale. La diffusione di immagini di altre persone deve avvenire, sempre e comunque, nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali degli interessati, nei modi e nei casi consentiti dal nostro ordinamento giuridico, specificatamente dell’art. 10 del codice civile (Abuso delle immagini altrui), in cui si afferma:
Qualora l'immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l'esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l'autorità giudiziaria, su richiesta dell'interessato, può disporre che cessi l'abuso, salvo il risarcimento dei danni.
La Direttiva, inoltre, elenca una serie di circostanze di natura penale in cui gli studenti possono incorrere:
-
l’indebita raccolta, la rivelazione e la diffusione di immagini attinenti alla vita privata che si svolgono in abitazioni altrui o in altri luoghi di privata dimora (art. 615-bis codice penale);
-
il possibile reato di ingiurie, in caso di particolari messaggi inviati per offendere l’onore o il decoro del destinatario (art. 594 codice penale);
-
le pubblicazioni oscene (art. 528 codice penale);
-
la tutela dei minori riguardo al materiale pornografico (artt. 600-ter codice penale).
Pertanto, chi utilizza immagini o filmati raccolti tramite il proprio cellulare o altri dispositivi deve
vagliare tutte queste circostanze e porre attenzione a che i propri comportamenti non ledano i diritti dei terzi, ad esempio evitando di riprendere persone in atteggiamenti o situazioni che possano lederne la dignità o astenendosi dal divulgare immagini, anche occasionalmente, ad un numero elevato di soggetti senza che la persona fotografata o filmata ne sia a conoscenza e possa attivarsi al fine di tutelare la propria sfera privata.
Per le ragioni suesposte la persona interessata deve essere informata per poter esercitare il diritto alla cancellazione o alla trasformazione in forma anonima dei dati personali. Il docente o lo studente, pertanto, sono obbligati a ottenere in consenso espresso dell’interessato.
Se poi il trattamento riguarda dati sensibili, il consenso dovrà essere acquisito per iscritto.
Nel caso dell’uso personale di filmati e immagini, acquisiti mediante telefonino, non operano i vincoli del consenso in materia di trattamento dei dati.
Ad esempio, la persona che scatta fotografie e le invia a un familiare con il proprio cellulare
soddisfa esclusivamente esigenze di carattere strettamente personale (culturali, di svago o di altro genere) e le immagini comunicate restano in un ambito circoscritto di conoscibilità. Gli obblighi in questione risultano, al contrario, applicabili nel diverso caso in cui, benché per scopi anche semplicemente culturali o informativi, l’immagine sia raccolta per essere diffusa in Internet o comunicata sistematicamente a terzi.
In ogni caso, l’utilizzo di immagini, filmati o registrazioni vocali per fini esclusivamente personali deve tenere nel dovuto conto l’obbligo di mantenere sicure le informazioni raccolte, nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità dei terzi interessati. Qualora si cagioni a terzi un eventuale danno anche non patrimoniale, colui che utilizza in modo improprio le immagini o altri dati personali, raccolti con il cellulare o con analogo dispositivo digitale, è tenuto a risarcirlo.
3. La nota Miur del 31 luglio 2008
Con la nota Miur (Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca) del 31 luglio 2008, n. 3602, la ministra Mariastella Gelmini, succeduta a Giuseppe Fioroni, ha ridefinito una serie di aspetti previsti nel D.P.R. 235/2007 con particolare riferimento alle sanzioni disciplinari degli alunni e studenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado.
Nella nota si richiamano fatti avvenuti in ambio scolastico, quali la trasgressione delle comuni regole di convivenza a causa di atti di bullismo e cyberbullismo.
La scuola, si sottolinea nella premessa della circolare,
quale luogo di crescita civile e culturale della persona, rappresenta, insieme alla famiglia, la risorsa più idonea ad arginare il rischio del dilagare di un fenomeno di caduta progressiva sia della cultura dell’osservanza delle regole sia della consapevolezza che la libertà personale si realizza nel rispetto degli altrui diritti e nell’adempimento dei propri doveri. Il compito della scuola, pertanto, è quello di far acquisire non solo competenze, ma anche valori da trasmettere per formare cittadini che abbiano senso di identità, appartenenza e responsabilità.
Di fronte al diffondersi nelle comunità scolastiche di fenomeni di offesa alla dignità e al rispetto della persona umana, viene previsto un inasprimento delle misure sanzionatorie verso studentesse e studenti che si rendano protagonisti di comportamenti non consoni alla vita della scuola. Si fa riferimento a comportamenti di bullismo fisico, ma anche a condotte connotate da un alto grado di disvalore sociale, come quelle dell’uso dei cellulari a scopo denigratorio. Nella nota si afferma che l’aggravio delle sanzioni per tali comportamenti si inserisce
in un quadro più generale di educazione alla cultura della legalità intesa come rispetto della persona umana e delle regole poste a fondamento della convivenza sociale.
Nella nota, si sottolinea che, a seguito delle modifiche introdotte dal D.P.R. 235/2007, è opportuno riordinare i contenuti dei regolamenti d’istituto in tema di disciplina degli studenti. Detti regolamenti dovranno individuare:
-
le mancanze disciplinari, con riferimento alla specificazione dei doveri e dei divieti di determinati comportamenti;
-
le sanzioni da correlare alle mancanze disciplinari. Nel caso in cui queste ultime siano diverse dall’allontanamento dalla comunità scolastica, il potere di irrogarle è appannaggio del regolamento delle istituzioni scolastiche, che, quindi, le dovrà specificatamente individuare.
Per quanto concerne il procedimento relativo alle sanzioni disciplinari degli studenti si rimanda al contributo compreso nella sezione Alunni e studenti dal titolo Il processo penale minorile e il procedimento disciplinare degli studenti.
4. La legge 71 del 2017
La legge 29 maggio 2017, n. 71 (Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo) introduce una serie di misure di carattere educativo e formativo, finalizzate a favorire una maggior consapevolezza tra i giovani del disvalore di comportamenti persecutori che, generando spesso isolamento ed emarginazione, possono portare a conseguenze anche molto gravi su vittime particolarmente fragili.
Nell’articolo 1 del provvedimento il «cyberbullismo» viene definito come
qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori, ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.
Nel corso del dibattito parlamentare si sono confrontate due distinte strategie di contrasto di questo fenomeno:
-
la prima caratterizzata dall'impiego di strumenti di repressione penale per prevenire e combattere il cyberbullismo, incentrati sulla previsione di una nuova fattispecie di reato;
-
la seconda fondata invece su strumenti educativi e sociali. Nei passaggi del provvedimento tra il Senato e la Camera, quest'ultima impostazione di carattere educativo ha prevalso.
Il 19 gennaio 2018 la ministra del Miur, Valeria Fedeli, in occasione di un seminario sul Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), tenutosi a Bologna, ha presentato il decalogo sul BYOD (Bring Your Own Device). L’orientamento del Ministero era quello di valorizzare le opportunità offerte dall’integrazione della tecnologia nei processi educativi, sostenendo l’applicazione del PNSD descritto nei commi 56-62 dell’articolo 1 della legge 107/2015.
Nel decalogo i primi punti manifestano interesse verso i cambiamenti che l’uso delle tecnologie digitali veicolano. La scuola, si sottolinea nel punto 3,
promuove le condizioni strutturali per l’uso delle tecnologie digitali. Fornisce, per quanto possibile, i necessari servizi e l’indispensabile connettività, favorendo un uso responsabile dei dispositivi personali (BYOD). Le tecnologie digitali sono uno dei modi per sostenere il rinnovamento della scuola.
Le opportunità offerte dall’uso degli strumenti elettronici venivano pienamente accolti anche nei processi legati all’innovazione didattica. Tali risorse
devono essere un mezzo, non un fine. È la didattica che guida l’uso competente e responsabile dei dispositivi. Non basta sviluppare le abilità tecniche, ma occorre sostenere lo sviluppo di una capacità critica e creativa.
Se ben impiegati, essi promuovono l’autonomia degli studenti, a condizione che gli insegnanti sappiano introdurli in modo guidato nella gestione delle attività d’aula. Solo così, si sottolinea nel punto 8 del decalogo,
il digitale trasforma gli ambienti di apprendimento. Le possibilità di apprendere sono ampliate, sia per la frequentazione di ambienti digitali e condivisi, sia per l’accesso alle informazioni, e grazie alla connessione continua con la classe. Occorre regolamentare le modalità e i tempi dell’uso e del non uso, anche per imparare a riconoscere e a mantenere separate le dimensioni del privato e del pubblico.
Gli ultimi due punti di questo documento rimarcavano la centralità della collaborazione educativa tra scuola e la promozione di una cittadinanza digitale, che costituirà una finalità della legge 92/2019 relativa all’introduzione dell’insegnamento dell’educazione civica in tutti i gradi del nostro sistema di istruzione.
5. Il divieto nel primo ciclo di istruzione
Con l’insediamento del governo di centro-destra nell’ottobre del 2018, uno dei primi provvedimenti del ministro dell’Istruzione e del Merito (MIM), Giuseppe Valditara, ha interessato proprio l’uso dei cellulari in classe.
Due mesi dopo il suo insediamento, Valditara ha firmato la nota 19 dicembre 2022, n. 107190 (Indicazioni sull’utilizzo dei telefoni cellulari e analoghi dispositivi elettronici in classe). In essa viene richiamata la circolare 30/2007 del ministro Giuseppe Fioroni nella quale si sottolineava che il divieto di utilizzo del cellulare durante le ore di lezione rispondeva a una norma di correttezza, codificata peraltro nello Statuto delle studentesse e degli studenti del 1998. Pertanto, afferma il ministro Valditara, come si evince dalla circolare 30/2007, «vige in via generale un divieto di utilizzo in classe dei telefoni cellulari».
Il ministro richiama altresì la relazione finale dell’indagine conoscitiva della 7ª Commissione della XVIII legislatura del Senato della Repubblica «sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento».
Il documento evidenzia gli effetti dannosi derivanti dal perdurante uso di telefoni cellulari, tra cui, perdita di capacità di concentrazione, di memoria, di spirito critico, di adattabilità, di capacità dialettica.
Viene considerato, invece, opportuno l’utilizzo del cellulare in classe, quale strumento compensativo per gli alunni con bisogni educativi speciali, nonché, in conformità al Regolamento d’istituto, con il consenso del docente, per finalità inclusive, didattiche e formative, anche nel quadro del Piano Nazionale Scuola Digitale e degli obiettivi della cittadinanza digitale di cui all’art. 5 della legge 92/2019 relativa all’introduzione dell’insegnamento dell’educazione civica.
Si invitano, pertanto, i dirigenti scolastici a promuovere le necessarie integrazioni dei Regolamenti di istituto e dei Patti di corresponsabilità educativa volte a contrastare utilizzi impropri di tali dispositivi in classe.
Due anni dopo il ministro del MIM, con la nota ministeriale 11 luglio 2024, n. 5274 (Disposizioni in merito all’uso degli smartphone e del registro elettronico nel primo ciclo di istruzione. a.s. 2024-2025), ha dettato specifici orientamenti riguardanti gli alunni del primo ciclo di istruzione.
La circolare si articola in due punti: l’uso dei telefonini cellulari e l’utilizzo del registro elettronico.
Relativamente all’uso degli smartphone, vengono richiamati importanti studi internazionali, quali il Rapporto Unesco Global education monitoring report, 2023: technology in education: a tool onwhose terms? nel quale si mette in luce un legame negativo tra l'uso eccessivo delle TIC (Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione) e il rendimento degli studenti.
Nello specifico, si sottolinea nella nota,
nel Rapporto OCSE PISA 2022 (Volume II) Learning during – and from – disruption, si evidenzia come gli smartphone siano fonte di distrazione per gli studenti che lo usano con maggior frequenza a scuola facendo diminuire il livello di attenzione, in particolare durante le lezioni di matematica e, quindi, mettendo a rischio il rendimento nella materia. È stato altresì rilevato che l'uso continuo, spesso senza limiti, dei telefoni cellulari fin dall'infanzia e nella preadolescenza incide negativamente sul naturale sviluppo cognitivo determinando, tra l'altro, perdita di concentrazione e di memoria, diminuzione della capacità dialettica, di spirito critico e di adattabilità.
L’utilizzo eccessivo dei dispositivi elettronici può, inoltre, accrescere il rischio del fenomeno dei ragazzi Hikikomori, ossia dell'isolamento sociale volontario che comporta il ritiro dei giovani nel chiuso delle proprie case rinunciando ai rapporti con il mondo esterno.
Per tali ragioni, nella nota n. 5274/2024,
si dispone il divieto di utilizzo in classe del telefono cellulare, anche a fini educativi e didattici, per gli alunni dalla scuola d'infanzia fino alla secondaria di primo grado, salvo i casi in cui lo stesso sia previsto dal Piano educativo individualizzato o dal Piano didattico personalizzato, come supporto rispettivamente agli alunni con disabilità o con disturbi specifici di apprendimento ovvero per documentate e oggettive condizioni personali.
Potranno, invece, essere utilizzati, per fini didattici, altri dispositivi digitali, quali pc e tablet, sotto la guida dei docenti. Pertanto,
le istituzioni scolastiche del primo ciclo di istruzione provvederanno ad aggiornare i propri regolamenti e il patto di corresponsabilità educativa, anche prevedendo, nella scuola secondaria di primo grado, specifiche sanzioni disciplinari per gli alunni che dovessero contravvenire al divieto di utilizzo in classe dello smartphone.
Per quanto concerne il registro elettronico, la consuetudine da parte dei docenti di assegnare i compiti a casa mediante notazione su tale registro, comporta di fatto che gli alunni consultino sistematicamente questo dispositivo mediante strumenti tecnologici, PC, smartphone e tablet.
Nella nota si sottolinea che
al fine di sostenere, fin dai primi anni della scuola primaria e proseguendo nella scuola secondaria di primo grado, lo sviluppo della responsabilità degli alunni nella gestione dei propri compiti dosando, al contempo, il ricorso alla tecnologia, si raccomanda di accompagnare la notazione sul registro elettronico delle attività da svolgere a casa con la notazione giornaliera su diari/agende personali.
In questo modo ogni alunno potrà acquisire una crescente autonomia nella gestione personale dei compiti e degli impegni scolastici, senza dover ricorrere necessariamente all'utilizzo del registro elettronico.
6. Il divieto nella scuola secondaria di secondo grado
Con la circolare MIM 16 giugno 2025, n. 3392 (Disposizioni in merito all’uso degli smartphone nel secondo ciclo di istruzione), viene disposto anche per gli studenti dell’istruzione superiore il divieto di utilizzo del telefonino durante lo svolgimento della vita didattica e, più in generale, in orario scolastico.
Tale intervento, si afferma,
appare ormai improcrastinabile alla luce degli effetti negativi, ampiamente dimostrati dalla ricerca scientifica, che un uso eccessivo o non corretto dello smartphone può produrre sulla salute e il benessere degli adolescenti e sulle loro prestazioni scolastiche.
Vengono richiamati in proposito alcune ricerche condotte a livello internazionale. Il primo studio è stato realizzato dall’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) nel 2024 From decline to revival: Policies to unlock human capital and productivity, i cui risultati evidenziano gli effetti negativi dell’uso di smartphone e social media sul rendimento scolastico.
Il secondo, dell’Organizzazione mondiale della sanità, in base ai risultati del Rapporto denominato A focus on adolescent social media use and gaming in Europe, central Asia and Canada (2024), ha evidenziato forme di dipendenza, sintomi da astinenza e comportamenti di trascuratezza e conseguenze negative sulla vita quotidiana.
Anche il nostro Istituto Superiore di Sanità evidenzia che, nella fascia di età compresa tra i 14 e i 17 anni, l’uso smodato dei social media è associato a un peggiore rendimento scolastico rispetto a chi non è dipendente da tali dispositivi.
Sulla base di tali evidenze, si afferma nella circolare ministeriale,
le istituzioni scolastiche provvederanno, pertanto, ad aggiornare i propri regolamenti e il patto di corresponsabilità educativa prevedendo per gli studenti del secondo ciclo di istruzione il divieto di utilizzo dello smartphone durante l'orario scolastico anche a fini didattici, nonché specifiche sanzioni disciplinari per coloro che dovessero contravvenire a tale divieto. È rimessa all’autonomia scolastica l’individuazione delle misure organizzative atte ad assicurare il rispetto del divieto in questione.
In ogni caso, l’uso del cellulare viene garantito qualora sia previsto nel Piano educativo individualizzato o nel Piano didattico personalizzato come supporto rispettivamente agli alunni con disabilità o con disturbi specifici di apprendimento, ovvero per motivate necessità personali. Analogamente, l’utilizzo del telefono cellulare rimane consentito se, sulla base del progetto formativo adottato dalla scuola, esso sia strettamente funzionale all’efficace svolgimento dell’attività didattica nell’ambito degli specifici indirizzi del settore tecnologico dell’istruzione tecnica dedicati all’informatica e alle telecomunicazioni. Sempre per finalità didattiche,
resta ovviamente confermato l’impiego degli altri dispositivi tecnologici e digitali a supporto dell’innovazione dei processi di insegnamento e di apprendimento, come pc, tablet e lavagna elettronica, secondo le modalità programmate dalle scuole nell’esercizio della propria autonomia didattica e organizzativa.
La circolare 3392/2025 si chiude con un riferimento all’Intelligenza Artificiale e al suo impiego nelle attività didattiche, come auspicato nelle Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica adottate con D.M. 7 settembre 2024, n. 183, in cui si afferma che, da un lato, lo sviluppo della cittadinanza digitale a scuola significa educare i giovani ad acquisire competenze utili a «stare nel mondo del web», dall’altro metterli al corrente dei rischi e delle insidie che l’ambiente virtuale comporta, considerando anche le conseguenze sul piano concreto.
7. Nel merito: favorevoli
In buona parte dei paesi europei, pur con modalità diverse, è stato disposto il divieto degli smartphone a scuola. Del resto, in Italia, come illustrato nel primo paragrafo, tale proibizione fu introdotta già nel 2007 da un esponente politico, Giuseppe Fioroni, che faceva parte di un governo di centro-sinistra.
All’epoca il ministero intervenne per evitare che un utilizzo improprio del cellulare in classe determinasse rischi di distrazione, disattenzione e deconcentrazione. Non a caso, il ministro Giuseppe Valditara ha ripreso la nota n. 30 del 2007. Il divieto di Fioroni si è poi perso nelle nebbie; il principio, però, non è mi stato messo in discussione anche dai vari ministri che si sono alternati negli anni successivi.
Di fatto, le novità introdotte da Valditara con il divieto nel 2024 per gli alunni del primo ciclo e nel 2025 per gli studenti della secondaria di secondo grado interessano principalmente i dirigenti scolastici che devono far sì che nei Regolamenti di istituto vengano individuate le misure organizzative atte ad assicurare il rispetto del divieto in questione. Il MIM, infatti, si è appellato al principio dell’autonomia scolastica affinché ogni scuola declini le modalità d’applicazione del divieto medesimo.
È ciò che sta avvenendo, ad esempio, negli istituti di istruzione superiore. In genere, le soluzioni sono il frutto di differenti sensibilità che, nel tempo, hanno caratterizzato la storia delle diverse comunità scolastiche. Si va dalla custodia dei cellulari negli zaini degli studenti all’installazione di apposite «tasche» appese alle pareti delle aule. In qualche scuola si è provveduto all’acquisto di particolari armadietti. In altri casi, i dirigenti si sono limitati a fare ricorso a varie forme di sanzioni, da quelle più blande (richiamo verbale, colloquio con i genitori, ecc.) a punizioni più severe (nota disciplinare, ritiro del cellulare per l’intera giornata, cinque in condotta, ecc.).
L’obiettivo di tale divieto è quello di insegnare agli studenti l’importanza di limitare la dipendenza dagli smartphone e promuovere le condizioni di una maggiore attenzione nelle attività didattiche.
Tale finalità è condivisa da autorevoli psicologi. psicanalisti, psichiatri. Massimo Recalcati, ad esempio, sulle pagine di «la Repubblica» ha scritto che il sequestro temporaneo del telefono cellulare non va interpretato come un gesto punitivo, ma come
castrazione simbolica che allontana il soggetto in formazione dalla presenza costante di un oggetto che rischia di ingombrare il suo pensiero. [… ] Affinchè vi sia desiderio vi deve essere esperienza di separazione, di decongestione dello spazio cognitivo, di distanza. Senza la cornice di un limite, il desiderio si confonde con il capriccio o con la schiavitù di una connessione perpetua. L’attenzione viene assorbita da un oggetto psicotecnico che non allarga l’orizzonte del mondo, come potrebbe accadere nel suo uso più adeguato, ma lo sostituisce (Recalcati, 2025).
Si tratta, secondo il noto psicoanalista, di un provvedimento che cerca di evitare, almeno a scuola, lo «stordimento dello scrolling» e l’interruzione della «dittatura della connessione permanente e il regime della distrazione psicotecnica».
Più tranciante è il parere dello psichiatra Paolo Crepet favorevole al divieto dell’uso degli smartphone per l’intero periodo della formazione, cioè fino a 18 anni. Secondo il noto esperto, l’utilizzo dei dispositivi elettronici non influisce negativamente solo sui processi di apprendimento, ma modifica l’antropologia delle persone, alterando le dinamiche sociali.
Dal nostro punto di vista, il divieto dei cellulari a scuola non risolverà certo il problema del rapporto spesso distorto tra i giovani e le tecnologie digitali. In un’epoca in cui questi strumenti sono parte integrante della vita delle persone, l’imposizione di una proibizione non produrrà effetti particolarmente significativi. In ogni caso, va sottolineato che un apprendimento attivo presuppone la capacità di ascolto e l’assenza di altre forme di connessione.
Va detto comunque che un uso corretto di tali tecnologie potrebbe favorire, in caso di lezione frontale, un modo efficace di «prendere appunti», oppure facilitare la ricerca di informazioni sul web, utili a completare un lavoro di gruppo.
In questo senso, le circolari del ministro non vietano un utilizzo finalizzato a specifiche attività didattiche. Spetta alle scuole, nella loro autonomia e discrezionalità, individuare le soluzioni più efficaci.
L'aspetto fondamentale è che in classe ci siano attenzione e ascolto. Se l’uso del cellulare favorirà un maggiore interesse per un canto di Dante o una poesia di Leopardi, ben venga il loro utilizzo, anche perché un divieto indiscriminato può produrre effetti esattamente opposti a quelli che si vogliono raggiungere.
8. Nel merito: contrari
L’Università Bicocca (MI), insieme alle associazioni MEC (Media Educazione Comunità), Aiart (associazione cittadini mediali) e Sloworking (lavoro a ritmo di vita), ha sostenuto la creazione di Patti digitali di comunità, promossi da gruppi di genitori, in collaborazione con le scuole per educare i giovani alla corretta gestione delle tecnologie digitali.
Da questa esperienza, nel 2024, è nato il Decalogo Scuole dei Patti Digitali che, in dieci punti, indica le modalità di coinvolgimento delle istituzioni scolastiche a questa iniziativa.
Gabriele Benassi su «Scuola 7» sottolinea che
a meno di un anno dal lancio, decine di istituti hanno introdotto cambiamenti tangibili ispirati al decalogo: ad esempio, gite scolastiche senza smartphone, una revisione dei regolamenti sui compiti online e perfino modifiche alle impostazioni dei registri elettronici per ridurre la pressione digitale su studenti e genitori (Benassi, 2025).
L’obiettivo di questo progetto non è quindi il divieto degli smartphone ma l’educazione al loro uso consapevole, facendo leva sulla collaborazione tra dirigenti scolastici, docenti, genitori e studenti. Attraverso i Patti viene avanzata l’idea di un approccio regolativo non punitivo dell’uso dei device, come quella di ridurre la dipendenza da piattaforme digitali, la promozione di diari cartacei, le gite «smartphone free», l’uso posticipato (12-13 anni) dei cellulari, ecc.
Vietare tout court lo strumento tecnologico riduce sensibilmente la possibilità di educare a farne buon uso. Imporre una proibizione è un temporaneo tampone che però non risolve in alcun modo il problema della dipendenza dei giovani da tali dispositivi.
Quando qualcosa è proibito in modo assoluto, i ragazzi tendono comunque a trovarvi accesso, ma di nascosto e senza la guida di adulti. In altre parole, il rischio è spostare il problema fuori dal campo visivo di genitori e docenti, rendendo più difficile intervenire in caso di comportamenti scorretti o pericoli online (Benassi, 2025).
Il pedagogista Pier Cesare Rivoltella, il filosofo Stefano Moriggi, il neuroscienziato Vittorio Gallese prendono posizione contro soluzioni meramente proibitive, definendole una forma di «tecnofobia» che non giova alla crescita degli studenti.
Un altro orientamento contrario ad approcci restrittivi dell’uso del cellulare è sostenuto dallo psicologo Matteo Lancini, presidente della Fondazione Minotauro. È controproducente, secondo Lancini, vietare alle nuove generazioni comportamenti che di fatto governano le loro e le nostre vite. Al contrario, serve indicare alternative come quella dei Patti digitali di comunità e altre impostate sul dialogo, sull’ascolto, su progetti che facciano percepire ai ragazzi che li stiamo sostenendo e non solo controllando.
Vietare l’uso dei cellulari a scuola, scrive Lancini,
è un modo per distogliere l’attenzione da quello che è il vero problema della scuola: una realtà che andrebbe riorganizzata intorno alle esigenze attuali e future degli adolescenti. […] Bisognerebbe insegnare a porre all’AI le domande giuste, così si preparerebbero gli studenti alla società odierna e del futuro: un mondo sempre più interconnesso che chiede altri modi di accedere al sapere (Lancini, 2025).
L’accento va posto, dunque, sull’accompagnamento e sulla condivisione di regole che devono valere sia per i giovani che per gli adulti.
Il messaggio degli esperti contrari al divieto dell’uso dei dispositivi digitali è «Educare, non proibire». I tempi dell’educare e dell’educar-ci non sono istantanei; risultano inevitabilmente mediamente lunghi. Ma sappiamo altrettanto bene che il tempo dell’educazione è quello della lentezza non della velocità, della pazienza non dell’impulsività. Non dobbiamo sentirci condannati a capire tutto e subito. Le ragioni hanno bisogno anche di assenze e di attese. A condizione che se ne ravvisi il senso e l’utilità.
Bibliografia di riferimento
Benassi G. (2025), I Patti digitali di comunità, «Scuola 7», n. 446.
Lancini M. (2025), Valditara vieta i cellulari in classe. Ma è solo uno spot inutile e dannoso, «La Stampa».
Recalcati M. (2025), A scuola tornare indietro può insegnarci a crescere, «la Repubblica».
