L’inclusione scolastica degli alunni con cittadinanza non italiana

L’inclusione scolastica degli alunni con cittadinanza non italiana

1. La scelta iniziale

Il nostro è stato (ed è) storicamente un Paese di emigranti. Il processo contrario, cioè l’afflusso di persone e nuclei familiari in Italia da altri Stati, è relativamente recente.

L’inizio del fenomeno immigratorio può essere fatto risalire agli anni Settanta con i primi arrivi di lavoratori provenienti dall’Egitto, da altri Stati nordafricani, dall’estremo oriente (Filippine, Cina, ecc.) e dall’America Latina. In ambito scolastico il processo di integrazione delle alunne e degli alunni con background migratorio ha conosciuto una forte accelerazione negli ultimi 30-35 anni.

La Fondazione ISMU nel 29° Rapporto annuale presentato il 2 febbraio 2024 stima che al 1° gennaio 2023 gli stranieri presenti in Italia siano circa 5 milioni e 775mila, 55mila in meno rispetto alla stessa data del 2022. Il bilancio demografico, in ogni caso, mostra una significativa crescita della popolazione migrante residente in Italia (+110.000 unità).

Sul fronte scolastico, il numero degli alunni con background migratorio è tornato a crescere a un ritmo che lascia presumere che, nel giro di 10 anni, si potrà arrivare al traguardo di un milione di alunni con cittadinanza non italiana (nell’a.s. 2021/22 il numero si è attestato a 872.360 presenze). Si segnala, inoltre, che i nati in Italia rappresentano il 67,5% dei bambini stranieri.

Il nostro paese, sin dalla fine degli anni Ottanta del Novecento, ha fatto una scelta di integrazione adottando una prospettiva interculturale, mentre le altre nazioni europee (Francia, Germania, Belgio, Gran Bretagna, ecc.) e di oltre-oceano (Stati Uniti), che sono state investite prima di noi da questo fenomeno, hanno optato per approcci differenti. Le loro scelte si richiamano alle seguenti opzioni:

  • assimilazione, come in Francia e Germania. Questa logica presuppone un adeguamento totale dei «nuovi arrivati» alla cultura, alle tradizioni e alle leggi dei paesi ospitanti. I migranti debbono, quindi, conformarsi quanto più possibile a essa, mettendo in atto processi di cancellazione delle culture d'origine;

  • comunitarismo, come in Gran Bretagna. In questo caso, i singoli gruppi etnici godono di una certa autonomia, salvaguardando tradizioni e culture delle comunità di provenienza. Le differenze vengono tollerate, tanto da concepire la coesistenza di più culture all'interno di una medesima società;

  • melting pot o della fusione, come negli Stati Uniti. Si basa sulla metafora della società come una pentola in cui si mescolano le varie comunità presenti (melting pot). Il risultato è quello di dar vita a una società omogenea, frutto della fusione di tutte le culture che in essa coesistono.

In Italia, come accennato, ha prevalso il modello interculturale, per il quale si sono adottate soluzioni di inclusione tra culture differenti, perseguendo un reciproco arricchimento tra costumi e tradizioni degli «ospitati» e degli «ospitanti».

L’espressione intercultura è composta dal prefisso inter, che significa scambio, interazione, apertura e cultura. Nella Dichiarazione universale sulla diversità culturale dell’Unesco, per cultura si intende

il riconoscimento dei valori, dei modi di vita, delle rappresentazioni simboliche alle quali si riferiscono gli esseri umani, individui e società, nelle loro relazioni con l'altro e nella loro comprensione del mondo, riconoscimento delle interazioni che intervengono di volta in volta tra i molteplici registri di una stessa cultura e fra differenti culture, nello spazio e nel tempo (Unesco, 2001).

L’approccio interculturale viene esplicitato con molta chiarezza negli Orientamenti della scuola dell’infanzia statale del 1991, in cui si ribadisce che la scuola materna accoglie tutti, nessuno escluso, e rappresenta di per sé un luogo particolarmente adatto per far sì che la bambina e il bambino possano

cogliere la propria identità culturale e i valori specifici della comunità di appartenenza, non in forma esclusiva ed etnocentrica, ma in vista della comprensione di comunità e culture diverse dalla propria. 

Due anni prima, il 20 novembre 1989, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) aveva approvato la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, recepita dal Parlamento italiano con la legge 27 maggio 1991, n. 176.

Quindi, i principi chiave che fanno da sfondo al tema dell’inclusione scolastica vengono affermati a cominciare dalla frequenza dei bambini italiani e stranieri negli asili nido, nei servizi educativi nella fascia 0-3 anni, nelle scuole dell’infanzia, in quelle del primo ciclo di istruzione fino alla scuola di II grado e alla frequenza universitaria.

2. I primi provvedimenti

L’evoluzione in senso multi e interculturale della scuola italiana può essere ricostruita osservando alcuni anni cruciali, che delineano il passaggio da una fase iniziale caratterizzata dalla presenza di piccoli numeri a un periodo di elevato e accelerato incremento, fino all’attuale stabilizzazione.

Nell’a.s.1988/89 gli iscritti con Cittadinanza Non Italiana (CNI) presenti nelle nostre classi erano di poco superiore alle 10.000 unità; nel 1999/2000 era già stata superata la soglia dei 100.000 e nel 2006/2007 quella dei 500.000 CNI (si veda Figura 1).

 

FIG. 1 L’incremento della popolazione scolastica degli alunni CNI (MIM, agosto 2024).

  FIG. 1 L’incremento della popolazione scolastica degli alunni CNI (MIUR, agosto 2024).

 

Nel giro di qualche anno, poi, si è andati oltre gli 800.000 alunni non italiani, cifra che negli ultimi tempi è aumentata più lentamente, come si evince nel grafico. La crescita vertiginosa registratasi nel primo decennio del nuovo secolo è stata accompagnata da parte del Miur da una serie di provvedimenti che hanno gradualmente orientato il lavoro delle scuole, dei dirigenti e degli insegnanti. Partiamo dall’inizio. Nell’anno scolastico 1989-1990, il Ministero della Pubblica Istruzione ha diffuso due circolari molto importanti.

La prima di queste è la C.M. 8 settembre 1989, n. 301, Inserimento degli alunni stranieri nella scuola dell’obbligo: promozione e coordinamento delle iniziative per l’esercizio del diritto allo studio. Nella nota si affronta il problema dell’integrazione degli alunni stranieri nella scuola dell’infanzia, elementare e media con l’obiettivo di assicurare loro tutte le condizioni per il conseguimento del successo formativo. Gli alunni (tutti!), conclude la circolare, devono fare esperienze che li sollecitino a riconoscere il valore della diversità e ad acquisire una «coscienza culturale aperta».

Come precedentemente sottolineato, il 20 novembre 1989, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) ha approvato la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, recepita dal Parlamento italiano con la legge 27 maggio 1991, n. 176. Nella Convenzione si afferma che il bambino gode di diritti inalienabili, che devono essere assicurati a quelle fasce, come i migranti, più esposte ai rischi dell’emarginazione e della vulnerabilità individuale e sociale.

Il secondo provvedimento adottato dal nostro Ministero nell’a.s. 1989-1990 è la C.M. 4 marzo 1990, n. 205, La scuola dell’obbligo e gli alunni stranieri. L’educazione interculturale. In questa circolare si affronta il tema dell’integrazione scolastica dei minori stranieri, affermando in modo esplicito la prospettiva interculturale. La presenza di alunni stranieri, si afferma, pone all’attenzione della scuola l’ulteriore tema della «valorizzazione della lingua» e della «cultura d’origine» in una prospettiva di «educazione interculturale» valida allo stesso tempo per gli alunni italiani e per quelli stranieri.

Nella circolare 205/1990 viene approfondito il significato di democrazia; in particolare, si osserva che l’educazione interculturale avvalora i fondamenti democratici, in quanto le diversità devono essere percepite come risorsa positiva per i complessi processi di crescita delle persone e della società.

In questa ottica, è interessante precisare il significato dei termini multiculturale e interculturale, interdipendenti tra loro, ma spesso utilizzati impropriamente come sinonimi:

  • Società multiculturale: è un dato di fatto. Si tratta di prendere atto che in Italia vivono oltre 5 milioni di persone straniere, compresi i i bambini di seconda generazione. Per questi ultimi si discute da anni di attribuire loro la cittadinanza italiana secondo il principio dello ius culturae (ius scholae), anziché quello vigente dello ius sanguinis.

  • Educazione interculturale: è una delle possibili risposte educative alla multiculturalità. Presuppone azioni e interventi finalizzati a promuovere lo scambio come opportunità di un reciproco arricchimento. Si tratta di un atteggiamento che impegna tutti a sviluppare un confronto costruttivo, perseguibile attraverso la negoziazione di significati presenti nelle culture del paese ospitante e delle comunità ospitate.

Il concetto di multiculturalità indica, dunque, una realtà oggettiva, lo stato dell’arte della struttura sociale di un Paese, mentre quello di interculturalità costituisce una sfida che coinvolge la capacità di incontro e di dialogo tra persone con tradizioni, convinzioni, appartenenze tra loro differenti.

L’interculturalità afferma l’uguaglianza nella diversità. L’unico vincolo a cui tutti devono sottostare è il rispetto della nostra Costituzione e, in particolare, i diritti inviolabili della persona affermati nell’articolo 2.

La prospettiva interculturale prende avvio dal più ampio tema dell’educazione alla mondialità e trae le sue origini nell’educazione civica (vedi paragrafo 9), intesa come formazione dell’uomo e del cittadino in una dimensione internazionale.

 

3. La tutela del diritto allo studio

Alla fine degli anni Novanta del secolo scorso la presenza di alunni non italofoni nella nostra scuola si configura sempre più come un fenomeno in rapida crescita. I numeri non raggiungono le grandezze del decennio successivo; in ogni caso, sono indicativi di una tendenza irreversibile destinata a cambiare il volto delle nostre classi.

La legge 6 novembre 1998, n. 40 (nota come la legge Turco-Napolitano), Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, costituisce lo spartiacque che conferma i principi delle norme precedenti e, allo stesso tempo, apre nuovi scenari sul tema dell’educazione degli alunni con cittadinanza non italiana (CNI).

Nell’art. 36 della legge, che disciplina la materia relativa all’istruzione, si afferma:

i minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all'obbligo scolastico; ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica.

Nello stesso articolo si sottolinea inoltre che

la comunità scolastica accoglie le differenze linguistiche e culturali come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco, dello scambio tra le culture e della tolleranza.

Nel DPR 31 agosto 1999, n. 394 che attua le norme concernenti la disciplina dell’immigrazione, nell’art. 45, si afferma che i minori stranieri:

  • hanno diritto all’istruzione indipendentemente dalla regolarità in ordine al soggiorno;

  • sono soggetti all’obbligo scolastico;

  • vengono iscritti alla classe corrispondente all’età anagrafica, salvo diversa delibera del collegio dei docenti.

Considerata l’importanza di questo articolo, si ripropongono integralmente i primi quattro commi.

art. 45 del DPR 394/1999

  1. I minori stranieri presenti sul territorio nazionale hanno diritto all'istruzione indipendentemente dalla regolarità della posizione in ordine al loro soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani. Essi sono soggetti all'obbligo scolastico secondo le disposizioni vigenti in materia. L'iscrizione dei minori stranieri nelle scuote italiane di ogni ordine e grado avviene nei modi e alle condizioni previsti per i minori italiani. Essa può essere richiesta in qualunque periodo dell'anno scolastico. I minori stranieri privi di documentazione anagrafica ovvero in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva.

  2. L'iscrizione con riserva non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole di ogni ordine e grado. In mancanza di accertamenti negativi sulla identità dichiarata dell'alunno, il titolo viene rilasciato all'interessato con i dati identificativi acquisiti al momento dell'iscrizione. I minori stranieri soggetti all'obbligo scolastico vengono iscritti alla classe corrispondente all'età anagrafica, salvo che il collegio dei docenti deliberi l'iscrizione ad una classe diversa, tenendo conto:

    a) dell'ordinamento degli studi del Paese di provenienza dell'alunno, che può determinare l'iscrizione ad una classe, immediatamente inferiore o superiore rispetto a quella corrispondente all'età anagrafica;

    b) dell'accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione dell'alunno;

    c) del corso di studi eventualmente seguito dall'alunno nel Paese di provenienza;

    d) del titolo di studio eventualmente posseduto dall'alunno.

  3. Il collegio dei docenti formula proposte per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi: la ripartizione è effettuata evitando comunque la costituzione di classi in cui risulti predominante la presenza di alunni stranieri.

  4. Il collegio dei docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni stranieri il necessario adattamento dei programmi di insegnamento; allo scopo possono essere adottati specifici interventi individualizzati o per gruppi di alunni per facilitare l'apprendimento della lingua italiana, utilizzando, ove possibile, le risorse professionali della scuola. Il consolidamento della conoscenza e della pratica della lingua italiana può essere realizzato altresì mediante l'attivazione di corsi intensivi di lingua italiana sulla base di specifici progetti, anche nell'ambito delle attività aggiuntive di insegnamento per l'arricchimento dell'offerta formativa.

L’art. 45 del DPR 394/1999 viene costantemente richiamato in tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi successivi. Di fatto, non è mai stato messo realmente in discussione anche da governi non particolarmente sensibili alla scelta interculturale di cui ci stiamo occupando.

4. Le Linee guida del 2006 e la via italiana alla scuola interculturale

Nel 2006 la ministra del Miur Letizia Moratti emanò la C.M. 1° marzo 2006, n. 24, con allegate le Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri.

Le Linee guida sono suddivise in due parti:

  • il contesto (principi generali e giuridici);

  • le indicazioni operative articolate in tre ambiti specifici: amministrativo (iscrizione, documenti anagrafici, sanitari, ecc.), comunicativo-relazionale (strumenti per l’accoglienza, ecc.) ed educativo-didattico (commissione d’accoglienza, laboratori linguistici, ecc.).

Le Linee guida del 2006 saranno riprese, modificate e integrate da quelle successive del 2014.

Nell’ottobre 2007, l’allora ministro della P.I., Giuseppe Fioroni, esponente del governo di centro-sinistra, presentò un ampio documento redatto dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni non italiani dal titolo La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri.

Il Rapporto, molto articolato, costituisce ancora oggi uno dei richiami più rilevanti in materia di inclusione degli alunni stranieri. Nella premessa del documento si afferma che l’obiettivo della ricerca di una specificità italiana in materia di inclusione degli alunni non italiani è quello di:

  • individuare i punti di forza che devono diventare «sistema»;

  • evidenziare le debolezze da affrontare con nuove pratiche e risorse;

  • dare visibilità a nuovi obiettivi e progettualità.

Ricercare la specificità del modello, si sottolinea nel Rapporto, non significa rimarcare differenze radicali da altre esperienze europee.

Individuare un modello significa mettere a fuoco un insieme di principi, decisioni ed azioni relative all’inserimento nella scuola e nella società italiana dei minori di origine immigrata, attribuibili ad una pluralità di attori, nel riconoscimento generalizzato della rilevanza collettiva del problema e della responsabilità istituzionale pubblica.

In questo senso, 

scegliere l’ottica interculturale significa non limitarsi a mere strategie di integrazione degli alunni immigrati, né a misure compensative di carattere speciale. Si tratta, invece, di assumere la diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola del pluralismo, come occasione per aprire l’intero sistema a tutte le differenze.

Nel 2010, la ministra Mariastella Gelmini ha diffuso la C.M. 8 gennaio 2010, n. 2, Indicazioni e raccomandazioni per l’integrazione di alunni con cittadinanza non italiana. In questo dispositivo, tuttora vigente, viene posto il problema dell’eccessiva presenza nella stessa classe di alunni stranieri, stabilendo un tetto che non oltrepassasse il 30% del totale. Tale obiettivo rientrava (e rientra) in una oggettiva complessità originata da classi in cui si concentra una presenza elevata di alunni con cittadinanza straniera, presenza spesso molto eterogenea e non sempre facilmente gestibile.

È indubbio, si afferma nella circolare, che

le classi formate da alunni con livelli di scolarizzazione fortemente disomogenei, siano essi italiani o stranieri, possono tradursi in un oggettivo fattore di rischio di parziale o totale insuccesso formativo per tutti gli alunni coinvolti in tali situazioni.

Come vedremo nel paragrafo n. 8, il tema dell’eccessiva concentrazione di alunni stranieri nelle classi verrà ripreso dal decreto-legge n. 71/2024 convertito in legge il 23 luglio 2024.

5. Le Linee guida del 2014 e la legge 107/2015 

Come precedentemente accennato, le Linee guida del 2006 sono state riprese e aggiornate con la C.M. 19 febbraio 2014, n. 4233 (Linee guida per l’integrazione degli alunni stranieri). Tale revisione si è resa necessaria perché il fenomeno migratorio ha conosciuto dal 2006 al 2014 significativi cambiamenti, dovuti in parte anche alla crisi economica iniziata nel 2008.

In questo lasso di tempo, infatti, il processo migratorio ha assunto una diversa configurazione: da un lato, si è registrato un significativo aumento degli alunni CNI nati in Italia, dall’altro si evidenzia in modo incontrovertibile una tendenziale riduzione dei neo-arrivati.
L’articolazione delle Linee guida del 2014 richiama in parte il documento del 2006. Nella prima parte del Documento si afferma che

I minori stranieri, come quelli italiani, sono innanzitutto “persone” e, in quanto tali, titolari di diritti e doveri che prescindono dalla loro origine nazionale.

Il Documento prende in considerazione tutte le problematiche concernenti le alunne e gli alunni con cittadinanza non italiana: iscrizione, accoglienza, valutazione, orientamento, documentazione, varie criticità (ritardi, bocciature, abbandoni, ecc.).

Una particolare attenzione merita il paragrafo dedicato agli alunni neo-arrivati, per i quali possono essere previsti interventi didattici personalizzati, che tengano conto dell’importanza dell’apprendimento dell’italiano come L2. A questo proposito, si sottolinea che

gli alunni con cittadinanza non italiana necessitano anzitutto di interventi didattici di natura transitoria relativi all’apprendimento della lingua e che solo in via eccezionale si deve ricorrere alla formalizzazione di un vero e proprio piano didattico personalizzato.

La progettazione del PDP, pertanto, per gli alunni stranieri neo-arrivati, salvo situazioni di particolare gravità, deve avere natura transitoria.

Uno degli elementi che caratterizza il primo quindicennio del Duemila è lo sviluppo della scolarizzazione nel secondo ciclo di istruzione, con un consistente aumento di studenti stranieri iscritti nella scuola secondaria di secondo grado, in particolare negli istituti professionali. A questo proposito, le Linee guida forniscono indicazioni volte a evitare fenomeni di segregazione formativa.

Nel richiamare la specificità dell’insegnamento della lingua italiana come lingua seconda, si suggerisce, nella prima fase di inserimento, di prevedere 8-10 ore settimanali per tre/quattro mesi di insegnamento dell’italiano sotto forma di laboratori linguistici, anche in collaborazione con gli enti locali.

Una particolare attenzione è dedicata al momento dell’accoglienza che comprende adempimenti formali (l’iscrizione ordinaria e quella in corso d’anno per i neo-arrivati, l’esame della documentazione relativa al permesso di soggiorno, ai documenti sanitari, ai documenti scolastici) e una fase educativa: valutazione delle conoscenze della lingua italiana, organizzazione degli ambienti di apprendimento (sezione, classe, laboratori, ecc.), attivazione dei vari dispositivi contenuti nel protocollo di accoglienza, l’importanza del coinvolgimento e della partecipazione delle famiglie, ecc.

Più in generale, si riconferma la centralità dell’educazione interculturale, che rifiuta sia la logica dell’assimilazione sia quella della convivenza tra comunità etniche chiuse.

La prospettiva interculturale è orientata a favorire il confronto, il dialogo, il reciproco riconoscimento e arricchimento delle persone nel rispetto delle diverse identità e appartenenze.

La legge 13 luglio 2015, n. 107, Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti, ha perseguito l’obiettivo di rafforzare il ruolo dell’autonomia scolastica, istituendo l’organico funzionale.

Nel quadro delle progettualità finalizzate a migliorare il servizio erogato, l’art. 1, comma 7 lett. r, della legge 107 ha inserito, fra gli obiettivi del potenziamento dell’offerta formativa,

l’alfabetizzazione e il perfezionamento dell’italiano come lingua seconda attraverso corsi e laboratori per studenti di cittadinanza o di lingua non italiana, da organizzare anche in collaborazione con gli enti locali e il terzo settore, con l’apporto delle comunità di origine, delle famiglie e dei mediatori culturali.

Inoltre, ha disposto (art. 1, c. 32) che le attività e i progetti di orientamento scolastico siano sviluppati con modalità idonee a sostenere anche le eventuali difficoltà e problematiche proprie degli studenti di origine straniera.

ll Piano nazionale 2016/2019, riproposto per il triennio 2019-2022 (vedi nota del Miur, 28 novembre 2019, n. 49062), riguardante la formazione in servizio del personale scolastico, ha individuato tra le priorità nazionali lo sviluppo delle competenze per una scuola inclusiva.

In uno specifico punto del Piano dal titolo Integrazione, competenze di cittadinanza e cittadinanza globale si afferma che la qualità e i risultati dell’inclusione scolastica degli alunni di origine straniera

dipendono in larga misura dalle competenze professionali degli insegnanti e dei dirigenti delle scuole multiculturali. Vent’anni e più di sperimentazioni didattiche e organizzative, di riflessioni sulle azioni realizzate e sui loro risultati hanno sviluppato un patrimonio professionale e di buone pratiche che occorre utilizzare per far diventare il sistema scolastico un “sistema esperto” nell’integrazione scolastica degli studenti stranieri, nell’educazione all’interculturalità e nello sviluppo di competenze di “cittadinanza globale”.

6. I minori stranieri non accompagnati (MSNA)

Un problema di scottante attualità riguarda i minori non accompagnati, che raggiungono spesso il nostro Paese con mezzi di fortuna. Essi costituiscono una componente peculiare dei minori migranti presenti nella realtà italiana, con specifiche esigenze e bisogni, a causa del fatto che si trovano in una condizione di totale assenza di tutela, non avendo figure familiari di riferimento.

Nell’ultimo decennio, la loro presenza sta conoscendo una crescita considerevole.

La norma prevede, poi, un diverso trattamento per le fasce più esposte dei minori stranieri che giungono nel nostro paese. A questo proposito la legge 7 aprile 2017, n° 47 dedica un’attenzione particolare ai minori stranieri non accompagnati (MSNA) con la finalità di garantire maggiori strumenti di tutela in ragione della loro maggiore vulnerabilità.

Il minore non accompagnato, si afferma, è

quel soggetto minorenne non avente cittadinanza italiana o dell’Unione Europea, il qualesi trova, per una qualsiasi causa, nel territorio dello Stato o che è altrimenti sottoposto allagiurisdizione italiana, privo di assistenza e di rappresentanza da parte dei genitori o di altriadulti, per lui legalmente responsabili, in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano.

Secondo i dati del Ministero del lavoro, i minori stranieri non accompagnati (MNSA) censiti al 31 luglio 2024 in Italia sono 20.213, sono in maggioranza maschi (87,9%) e hanno per la maggior parte 17 (47,5%), 16 (23%) e 15 anni (8,1%). Arrivano soprattutto da Egitto (3.925 minori), Ucraina (3.757), Gambia (2.283), Tunisia (2.1537) e Guinea (1.659), mentre le Regioni che ne accolgono di più sono la Sicilia (5.101 minori, il 26,3% del totale), la Lombardia (2.446, il 12,6%), l'Emilia-Romagna (1.569, l'8,1%) e la Campania (1.558, l'8%).

La legge n. 47/2017 introduce esplicitamente il divieto assoluto di respingimento alla frontiera dei MSNA, respingimento che non può essere disposto in alcun caso.

Lo stesso dicasi per la disciplina relativa al divieto di espulsione, divieto che può essere derogato esclusivamente per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato. In ogni caso, tale provvedimento può essere assunto a condizione che non comporti «un rischio di danni gravi per il minore».

La legge stabilisce, inoltre, che debba essere nominato un tutore per ogni minore presente sul territorio italiano privo di genitori che possano esercitare la responsabilità genitoriale. Il tutore ha la rappresentanza legale del minore; agisce, pertanto, in nome e per conto del tutelato, compiendo atti giuridici e curando gli interessi della persona.

La legge 47/2017, all’art. 11, ha introdotto la figura dei tutori volontari, ossia privati cittadini disponibili ad assumere la tutela di un MSNA, nel numero massimo di tre. Gli aspiranti a ricoprire tale funzione sono selezionati e adeguatamente formati dai Garanti regionali per l’infanzia e l’adolescenza.

L’art. 12 della legge 47/2017 disciplina il sistema di tutela con particolare riferimento alla richiesta di asilo, alle misure di integrazione, all’istruzione, alla salute, all’ascolto e alla protezione da soprusi e violenze.

In particolare, l’art. 14 si occupa dell’assolvimento dell’obbligo scolastico e formativo. Dal momento dell’accoglienza del MSNA nelle strutture scolastiche, dirigenti e docenti devono predisporre progetti specifici che prevedano, ove possibile, l'utilizzo o il coordinamento dei mediatori culturali, nonché di convenzioni volte a promuovere specifici programmi di apprendistato.

Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM 10 maggio 2024, n. 98), recante Modalità di svolgimento del colloquio del minore straniero non accompagnato, ha stabilito che il colloquio deve svolgersi il prima possibile, in ambienti idonei in grado di «assicurare le migliori condizioni di ascolto con l’adozione di ogni accorgimento necessario a mettere il minore a proprio agio in relazione all’età e al suo grado di sviluppo». Inoltre, si legge nel Regolamento n. 98/2024,

il colloquio avviene secondo un approccio partecipativo e  dialogico, che assicuri un ascolto attivo del minore e una piena comunicazione con l'operatore che lo conduce.

A effettuarlo, alla presenza del tutore, è un assistente sociale, uno psicologo dell’età evolutiva, un educatore professionale o un pedagogista. In via transitoria sarà presente anche un mediatore culturale in grado di parlare una lingua che il minore possa comprendere.

Il Regolamento, in vigore dal 27 luglio 2024, definisce i contenuti del colloquio e della relazione che l’operatore deve stilare al termine del colloquio medesimo.

7. Gli Orientamenti interculturali del 2022

Nel 2015, un anno dopo l’emanazione delle Linee guida, il Miur con nota 9 settembre 2015, n. 5535 ha pubblicato un vademecum, curato dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura, Diversi da chi? Raccomandazioni per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura.

Nel «prontuario» si prevede lo stanziamento di:

  • 500 euro per il potenziamento dell'italiano come lingua seconda, con particolare attenzione agli studenti di recente immigrazione;

  • 500 euro (per la prima volta) per progetti di accoglienza e di sostegno linguistico e psicologico dedicati a minori stranieri non accompagnati.

Nel vademecum viene sottolineata l’importanza di diffondere le buone pratiche che, costruite sul campo, offrono un ricco repertorio di indicazioni e di proposte. Si suggeriscono, poi, particolari attenzioni e azioni, tra le quali:

  • ribadire il diritto all’inserimento immediato degli alunni neo-arrivati;

  • rendere consapevoli dell’importanza della scuola materna;

  • contrastare il ritardo scolastico;

  • accompagnare i passaggi, in particolare quello dal primo al secondo ciclo di istruzione;

  • sostenere l’italiano come L2.

I percorsi scolastici degli alunni con background migratorio presentano criticità diffuse relativamente ai risultati conseguiti e un’evidente disparità rispetto agli alunni italiani che, sia pure in forme attenuate, riguardano anche i bambini delle seconde generazioni, nati in Italia o arrivati da piccoli nel nostro paese.

Nel mese di marzo 2022, nella fase del superamento dell’emergenza sanitaria, il Ministero dell’Istruzione ha diffuso il testo degli Orientamenti interculturaliIdee e proposte per l’integrazione di alunni e alunne provenienti da contesti migratori. Di fatto, si tratta della terza edizione delle Linee guida, dopo l’ultima del 2014.

La continuità con i documenti precedenti (Linee guida, 2006; La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri, 2007; Linee guida, 2014; Diversi da chi?, 2015) è esplicitata nelle prime righe del testo.

Al tempo stesso, si afferma, che gli Orientamenti interculturali del 2022

attualizzano le proposte e le attenzioni, in considerazione delle modificazioni del contesto e dei cambiamenti intervenuti in questi anni.

Nella lettera di presentazione, l’allora Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, affermava che le sfide più difficili devono essere affrontate nei momenti di difficoltà. Il Covid ha contribuito a marginalizzare le fasce più fragili della popolazione scolastica, tra cui quelle legate agli alunni con background culturale.

Gli Orientamenti del 2022 ripropongono le criticità ricorsivamente segnalate: povertà delle famiglie, bassa presenza nei servizi educativi zerosei, difficoltà di accesso all’istruzione superiore, ripetenze, ritardi, abbandoni, ecc.

Permane nella scuola italiana, si afferma nel testo,

l’abitudine a riproporre contenuti curricolari poco aperti alla dimensione globale (lingue straniere, storia, geografia, letteratura, educazione civica, tradizioni religiose), che coesistono talvolta con interpretazioni riduttive e parziali dell’educazione interculturale.

Viene ribadita, oltre alle competenze professionali degli insegnanti, la centralità del dirigente scolastico che risulta decisiva nel promuovere

un clima e uno stile di apertura tra tutte le componenti scolastiche, in relazione ai temi dell’integrazione e della multiculturalità, e nel facilitare un miglior uso delle risorse e dei servizi.

Si riserva una particolare attenzione all’attivazione di Patti educativi di comunità tra scuole ed enti locali per evitare eccessive concentrazioni di alunne e alunni stranieri in alcuni istituti o aree, nella direzione di una maggiore equità e di contrasto alla marginalità scolastica.

8. Il docente specializzato per l’insegnamento dell’italiano come L2 

Il 23 luglio 2024 è stato approvato definitivamente dall’assemblea del Senato il decreto-legge 31 maggio 2024, n. 71, composto da 26 articoli. La legge di conversione del decreto (29 luglio 2024, n. 106 recante Disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per il regolare avvio dell’anno scolastico 2024/2025) è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 30 luglio 2024.

Nell’art. 11 della legge (Misure per l’integrazione scolastica degli alunni stranieri), si afferma che il Ministro dell’Istruzione e del Merito, in occasione del decreto degli organici, potrà disporre, dall’anno scolastico 2025/2026,

l’assegnazione di un docente destinato all’insegnamento dell’italiano per stranieri per le classi con un numero di studenti stranieri (che si iscrivono per la prima volta al sistema nazionale di istruzione e che non sono in possesso delle competenze di base della lingua italiana) pari o superiore al 20% degli studenti della classe.

Di seguito, i successivi punti dell’art. 11:

2. Ai fini dell'accertamento obbligatorio delle competenze in ingresso (nella lingua italiana)) secondo il Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (Livello A2 del QCER), nonché per la predisposizione dei Piani didattici personalizzati finalizzati al pieno inserimento scolastico degli studenti stranieri che si iscrivono, per la prima volta, al Sistema nazionale di istruzione, le istituzioni scolastiche possono stipulare accordi con i Centri provinciali per l'istruzione degli adulti (CPIA), anche avvalendosi delle risorse di cui al comma 3 e, in ogni caso, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

3. A decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, le istituzioni scolastiche promuovono attività di potenziamento didattico in orario extracurricolare a valere sulle risorse di cui al Programma nazionale «PN Scuola e competenze 2021‐2027», in attuazione del regolamento (UE) 2021/1060 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 giugno 2021, e nel rispetto delle procedure, dei vincoli territoriali, programmatici e finanziari previsti dalla programmazione 2021‐2027 e dei criteri di ammissibilità del predetto Programma. La partecipazione alle attività di cui al presente comma è riservata alle istituzioni scolastiche che registrano tassi di presenza di alunni stranieri, che non sono in possesso ((di competenze linguistiche di base nella lingua italiana almeno pari al livello A2 del QCER)), definiti con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, con il quale sono individuate, altresì, le modalità di partecipazione al Programma nazionale «PN Scuola e competenze 2021‐2027» sulla base delle risorse disponibili di cui al primo periodo.

Si prevede, inoltre, che sia definito il numero delle classi

con una percentuale di studenti stranieri, che si iscrivono per la prima volta al sistema nazionale di istruzione e che non sono in (possesso di competenze linguistiche di base nella lingua italiana almeno pari al livello A2 del QCER), pari o superiore al 20 per cento degli studenti della classe e il relativo numero dei posti di docente.

I benefici della legge riguarderanno anche gli alunni che non sono in possesso di competenze linguistiche di base nella lingua italiana almeno pari al livello A2 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER), pari o superiori al 20% degli studenti della classe.

Per accertare obbligatoriamente le competenze in italiano e per la predisposizione di piani personalizzati finalizzati all’inserimento nelle classi dell’alunno straniero, le scuole potranno stipulare appositi accordi con i Centri provinciali istruzione per adulti (CPIA).

Alle attività di potenziamento didattico, indicate nell’art. 11, potranno partecipare le scuole che registrano tassi di presenza di alunni stranieri non in possesso delle competenze linguistiche di base in lingua italiana secondo criteri definiti con decreto del Ministro, con il quale sono individuate, altresì, le modalità di partecipazione al sopra richiamato Programma, sulla base delle risorse disponibili.

Già dall’anno scolastico 2024/2025 le istituzioni scolastiche possono promuovere attività di potenziamento didattico in orario extracurricolare utilizzando le risorse del Programma nazionale PN Scuola e competenze 2021-2027.

Il Piano 2021-2027 si pone l’obiettivo di migliorare l’inclusività dei vari sistemi di istruzione e di formazione, potenziando l’apprendimento permanente in tutti i gradi scolastici (scuola dell’infanzia, primo e secondo ciclo di istruzione e CPIA) sull’intero territorio nazionale. Tale programma è reso possibile dal Regolamento UE 2021/1060 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 giugno 2021, nel rispetto delle procedure, dei vincoli territoriali, programmatici e finanziari, dei criteri di ammissibilità previsti dalla programmazione 2021-2027.

Sarà altresì definito il numero delle classi con una percentuale di studenti stranieri, che si iscrivono per la prima volta al Sistema nazionale di istruzione e che non sono in possesso di competenze linguistiche di base nella lingua italiana almeno pari al livello A2 del QCER, pari o superiore al 20% degli studenti della classe e il relativo numero dei posti di docente.

Per garantire la qualità dell’insegnamento dell’italiano come L2, a partire dall’a.s. 2025-2026, saranno assunti docenti italiani specializzati nell’insegnamento degli alunni con background migratorio con uno scarso livello di conoscenza della lingua italiana. 

A partire dall’anno scolastico 2024-2025, le scuole dovranno valutare il livello di conoscenza della lingua italiana di tutti gli alunni che si iscrivono per la prima volta al nostro sistema di istruzione e formazione. In caso di lacune, verranno attivati corsi di potenziamento della lingua italiana in orario extracurricolare, strutturati in base al livello di conoscenza dello studente. Le scuole, pertanto, saranno chiamate a stabilire il grado di conoscenza della lingua italiana degli alunni iscritti, per avviarli ad un piano didattico personalizzato. Tali corsi sono finalizzati al «pieno inserimento scolastico degli studenti stranieri che si iscrivono, per la prima volta, al Sistema nazionale di istruzione» (legge n. 106/2024, art. 11). Le scuole possono stipulare accordi anche con i Centri provinciali per l'istruzione degli adulti (CPIA).

In sintesi, la legge n. 106/2024 prevede un pacchetto di azioni mirato a una più efficace integrazione degli studenti CNI, quali:

  • l’assegnazione di un docente dedicato all’insegnamento dell’italiano per alunni stranieri;

  • attività di potenziamento didattico in orario extracurricolare;

  • la presenza di alunni non italofoni, nella misura massima del 20%, per coloro che si iscrivono per la prima volta al nostro sistema di istruzione e che non sono in possesso di competenze di base in lingua italiana.

9. Le Linee guida sull’educazione civica

Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, con decreto del 7 settembre 2024, n. 183 ha adottato le nuove Linee guida riguardanti l’educazione civica, insegnamento trasversale introdotto con la legge 20 agosto 2019, n. 92.

Nelle Linee guida attuali, che hanno sostituito quelle di cui al DM 22 giugno 2020, n. 35, si afferma che l’educazione civica deve contribuire a una formazione volta a favorire l’inclusione degli alunni stranieri nella scuola italiana.

L’insegnamento dell’educazione civica può supportare gli insegnanti nel lavoro di integrazione, producendo nei suoi esiti coesione civica e senso della comunità, evitando che anche in Italia si verifichino fenomeni di ghettizzazione urbana e sociale.

Si afferma, inoltre, che l’educazione civica può contribuire a formare gli studenti al significato e al valore dell’appartenenza alla «comunità nazionale che è comunemente definita Patria, concetto che è espressamente richiamato e valorizzato dalla Costituzione». Per la verità, l’espressione «patria» nella Carta costituzionale compare solo due volte:

- nell’articolo 52: «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino»;

- nell’articolo 59: «Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario».

In ogni caso, nelle Linee guida diffuse nel settembre 2024, si afferma che occorre

rafforzare il nesso tra il senso civico e l’idea di appartenenza alla comunità nazionale potrà restituire importanza, tra l’altro, al sentimento dei doveri verso la collettività, come prescritto dall’articolo 2 della Costituzione, nonché alla coscienza di una comune identità italiana come parte, peraltro, della civiltà europea ed occidentale e della sua storia, consapevolezza che favorisce un’autentica integrazione. 

Nel paragrafo Principi a fondamento dell’educazione civica, si sottolinea l’importanza della conoscenza della Costituzione e del suo carattere personalistico.

Da qui nasce l’importanza di valorizzare i talenti di ogni studente e la cultura del rispetto verso ogni essere umano. Da qui il carattere fondamentale dei valori di solidarietà, di libertà, di eguaglianza nel godimento dei diritti inviolabili e nell’adempimento dei doveri inderogabili.

Le Linee guida 2024 optano per un’idea di «identità nazionale», che tiene in scarsa considerazione il contesto di globalizzazioni multiple e di identità ibride caratterizzanti la vita dei giovani nel mondo attuale. Inoltre, in un paese come il nostro, in cui il sistema scolastico è frequentato nell’a.s. 2024-2025 da oltre 900.000 studenti non italiani (oltre l’11% del totale), per l’acquisizione della cittadinanza vige lo ius sanguinis, stabilito con la legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza), quando la scolarizzazione degli alunni stranieri era appena agli inizi.

Il concetto di cittadinanza non è immutabile, ma deve essere soggetto a modifiche in relazione ai cambiamenti in atto e alle condizioni sociopolitiche (inter)nazionali. Non si può continuare a non tenere conto della grande varietà di culture ormai presenti in Italia, che si caratterizzano sia in senso etnico (presenza di immigrati), ma anche etico, dovuto alla relazione tra culture laiche e religiose, differenti tra loro.