Liberare dalle ingiustizie e costruire occasioni di emancipazione

Liberare dalle ingiustizie e costruire occasioni di emancipazione

In una scuola giusta ed equa, valorizzare le differenze come risorsa e ricchezza non può ridursi alla celebrazione di uno slogan come «diverso è bello». La realtà sociale in cui la scuola è immersa, infatti, costruisce gerarchie di differenze, attribuendo più o meno valore a caratteristiche umane differenti. Una scuola che reagisca a questo agendo come se fossero tutte sullo stesso piano mancherebbe di assumersi la responsabilità di costruire occasioni di emancipazione.

Riconoscere le forme di ingiustizia, svalutazione o emarginazione laddove queste esistano è infatti un primo passo cruciale perché la scuola possa contribuire alla liberazione da esse. Due elementi possono essere particolarmente utili per riuscire a farlo. Primo, le evidenze di ricerca, laddove ci siano, aiutano a identificare forme di esclusione di vario tipo che la scuola stessa va a perpetrare, spesso senza intenzione, ma per mancanza di consapevolezza. Se la ricerca ci indica ad esempio che le persone con un orientamento sessuale diverso da quello eterosessuale sono maggiormente esposte al rischio di malattie sessualmente trasmissibili, la scuola che ancora promuove percorsi di educazione sessuale considerando la sola possibilità di relazioni eterosessuali rappresenta in modo parziale la realtà, di fatto non occupandosi proprio di quel gruppo di alunne e alunni maggiormente esposti a un rischio. O ancora, se la ricerca ha dimostrato che il momento del consiglio per la scuola secondaria di II grado al termine della scuola secondaria di I grado è spesso distorto dai pregiudizi delle e degli insegnanti, una scuola che non promuove una riflessione critica sulle modalità di formulazione di quel consiglio è fortemente a rischio di limitare le possibilità di sviluppo e crescita di alcuni. Un’altra fonte che aiuta a identificare le ingiustizie è la voce stessa di alunne e alunni. Cosa pensano? Cosa sentono? Cosa vedono nella realtà della scuola? Il loro sguardo può fare luce sul modo in cui le azioni degli adulti sono percepite. Cosa è giusto? Cosa è ingiusto? Chi è avvantaggiato e chi svantaggiato dall’attuale offerta formativa? In una scuola secondario di I grado con una esperienza ben rodata di parlamentino dei ragazzi, ad esempio, un alunno ha potuto parlare apertamente di una situazione di bullismo che aveva osservato contribuendo a comprendere una forma violenta di esclusione.

Al riconoscimento delle diverse forme di discriminazione è importante che segua poi un agire che può esprimersi in due direzioni. Una prima forma di azione è connessa alla prevenzione. Si tratta di ripensare il contesto educativo provando a eliminare quelle situazioni «barrieranti», che limitano cioè la socializzazione o l’apprendimento di alcuni. L’approccio universale all’apprendimento che mira a rendere plurale l’ambiente della scuola in modo che preferenze e stili di apprendimento diversi siano equamente sostenuti e valorizzati è un esempio in questo senso. Concretamente significa immaginare un ambiente in cui uno stesso contenuto possa essere fruito in modi diversi oppure in cui le competenze possano essere mostrate attraverso differenti canali.

Di fronte alle ingiustizie già presenti, invece, si tratta in primo luogo di avere il coraggio di nominarle apertamente, anche quando sono percepite da una minoranza. A partire dal collettivo riconoscimento, diventa possibile pensare a vie per superarle. Questo chiede un lavoro a più livelli: a livello personale, alla ricerca di stereotipi e pregiudizi di cui si è personalmente portatori; a livello di comunità scolastica, per mettere in discussione le pratiche didattiche e organizzative che riproducono ingiustizie; in connessione col mondo fuori da scuola, attivandosi — alunni e insegnanti insieme — contro le ingiustizie del contesto locale e globale.