La valutazione degli apprendimenti degli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES)

La valutazione degli apprendimenti degli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES)

1. La Direttiva 27 dicembre 2012

Le norme relative all’inclusione scolastica hanno riguardato nel nostro Paese principalmente le problematiche concernenti gli alunni con disabilità e, a partire dai primi anni del Duemila, anche gli studenti con disturbi specifici di apprendimento (DSA).

Nel 2012 il Miur si è occupato anche degli allievi che vivono condizioni particolari di svantaggio e di difficoltà che, in qualche caso, risultano più complesse di quelle legate alla disabilità e alla condizione di DSA.

Sul piano meramente statistico, si calcola che almeno il 20-25% degli allievi frequentanti la scuola manifesti evidenti problematicità sul piano cognitivo, affettivo e sociale. Di questi, il 2,5% è ascrivibile alla tipologia della disabilità, il 4-5% può essere ricondotto a situazioni di disturbi specifici di apprendimento e la restante parte a un «universo» giovanile in cui rientra una molteplicità di casi: disagio psicologico, demotivazione, comportamenti problema, ecc. In questo senso la Direttiva 27 dicembre 2012, Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica, rappresenta una tappa particolarmente significativa nell’allargamento anche sul piano normativo a questa nuova «tipologia» di alunni.

In questa Direttiva si afferma che

l’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta speciale di attenzione per una varietà di ragioni.

La Direttiva propone una visione allargata di inclusione che comprende studentesse e studenti esposte/i a rischi di maggiori fragilità rispetto al complesso della popolazione scolastica: svantaggio sociale e culturale, disturbi evolutivi specifici dell’attenzione e iperattività, difficoltà derivanti dalla scarsa conoscenza della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse, ecc.

Gli alunni con BES vengono distinti in tre «macroaree»:

  • allievi con disabilità;

  • allievi con disturbi specifici di apprendimento;

  • allievi con bisogni educativi speciali. Si tratta degli alunni con BES in senso stretto, non riconducili a una particolare tipologia clinica. La condizione di BES è legata a qualsiasi difficoltà che si registra in età evolutiva (entro i primi 18 anni di vita). Secondo Dario Ianes, Sofia Cramerotti e Vanessa Macchia, 

il bisogno educativo speciale in ambito educativo e/o apprenditivo consiste in un funzionamento problematico in termini di danno, ostacolo o stigma sociale, indipendentemente dall’eziologia; necessita di educazione speciale individualizzata (Ianes, Cramerotti e Macchia, 2019).

Il Miur ha ripreso i problemi della Direttiva del 27 dicembre 2012, nella circolare ministeriale 6 marzo 2013, n. 8, in cui vengono dettate indicazioni operative.

In particolare, si prevede per gli alunni con BES, la predisposizione del Piano Didattico Personalizzato (PDP) e per l’istituzione scolastica del Piano per l’inclusività (PI), allora «annuale», oggi «triennale» perché deve essere inserito nel Piano triennale dell’offerta formativa (PTOF). La redazione del PDP per studenti con BES, in accordo con la famiglia, può essere decisa autonomamente dal team dei docenti (scuola primaria) o dal consiglio di classe (secondaria di primo e di secondo grado).

La circolare n. 8/2013 individua due livelli di intervento: quello della singola istituzione scolastica e il secondo territoriale. In relazione alla singola scuola, si prevede un Gruppo di lavoro per l’inclusione (GLI), tenuto a:

  • rilevare la presenza di alunni BES;

  • raccogliere specifiche documentazioni di natura educativo-didattica;

  • promuovere consulenze ai docenti per un’efficace strategia di gestione delle classi;

  • rilevare, monitorare e valutare il livello di inclusività della scuola.

A livello territoriale, si prevede l’attivazione dei Centri Territoriali per l’Inclusione (CTI), all’interno dei quali è possibile dare vita a reti di scuole con l’obiettivo di «conseguire la gestione ottimale delle risorse umane, strumentali e finanziarie».

2. Chiarimenti successivi

La materia relativa agli alunni con BES ha richiesto ulteriori precisazioni emanate dal Miur subito dopo la diffusione della circolare n. 8/2013.

Nella nota 27 giugno 2013, n. 1551 (Piano annuale per l’inclusività – P.A.I. L’art. 8 del decreto legislativo n. 66/2017 prevede che ogni istituzione predisponga il Piano per l’inclusione, parte integrante del PTOF), il Ministero sottolinea che il Piano per l’inclusività (non più annuale) non è tanto un «documento» per gli alunni che presentano bisogni educativi speciali, quanto

lo strumento per una progettazione dell’offerta formativa della scuola, in senso inclusivo, è lo sfondo ed il fondamento sul quale sviluppare una didattica attenta ai bisogni di ciascuno nel realizzare gli obiettivi comuni.

Tale passaggio culturale presuppone un percorso partecipato e condiviso da parte di tutte le componenti della comunità educante, impegnate ad assicurare didattiche inclusive e una progettazione individualizzata, nella prospettiva di un effettivo miglioramento della qualità dell’integrazione scolastica.

In una nota successiva del 22 novembre 2013, n. 2563 (Strumenti di intervento per alunni con bisogni educativi speciali. A.S. 2013-2014), il Miur fornisce indicazioni circa il piano didattico personalizzato per gli alunni con BES.

La Direttiva del 27 dicembre 2012 ha voluto tutelare tutte quelle situazioni in cui è presente un disturbo clinicamente fondato, diagnosticabile ma non ricadente nelle previsioni della Legge 104/92 né in quelle della Legge 170/2010. Spetta, in ogni caso, al team docenti (nelle scuole primarie) e al consiglio di classe (nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado) valutare l’eventualità di utilizzare strumenti compensativi e misure dispensative con la formulazione di un Piano Didattico Personalizzato.

Nella nota ministeriale si ribadisce che,

anche in presenza di richieste dei genitori accompagnate da diagnosi che però non hanno dato diritto alla certificazione di disabilità o di DSA, il Consiglio di classe è autonomo nel decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico Personalizzato, avendo cura di verbalizzare le motivazioni della decisione.

Viene precisato inoltre che

per “certificazione” si intende un documento, con valore legale, che attesta il diritto dell’interessato ad avvalersi delle misure previste da precise disposizioni di legge – nei casi che qui interessano: dalla Legge 104/92 o dalla Legge 170/2010 - le cui procedure di rilascio ed i conseguenti diritti che ne derivano sono disciplinati dalle suddette leggi e dalla normativa di riferimento.

Per “diagnosi” si intende invece un giudizio clinico, attestante la presenza di una patologia o di un disturbo, che può essere rilasciato da un medico, da uno psicologo o comunque da uno specialista iscritto negli albi delle professioni sanitarie. Pertanto, le strutture pubbliche (e quelle accreditate nel caso della Legge 170), rilasciano “certificazioni” per alunni con disabilità e con DSA. Per disturbi ed altre patologie non certificabili (disturbi del linguaggio, ritardo maturativo, ecc.), ma che hanno un fondamento clinico, si parla di “diagnosi”.

La nota Miur 2563/2013 fornisce indicazioni anche in merito agli alunni con background migratorio, precisando che

essi necessitano anzitutto di interventi didattici relativi all’apprendimento della lingua e solo in via eccezionale della formalizzazione tramite un Piano Didattico Personalizzato. Si tratta soprattutto – ma non solo – di quegli alunni neo arrivati in Italia, ultratredicenni, provenienti da Paesi di lingua non latina […] ovvero ove siano chiamate in causa altre problematiche.

Tali interventi configurano spesso una natura transitoria. La provenienza da altro Paese non deve, in ogni caso, costituire un elemento discriminante.

Un’attenzione particolare va inoltre riservata agli alunni con ADHD (Attention Deficit Hypercativity Disorder), per i quali la valutazione del comportamento (soprattutto nella scuola secondaria di primo e di secondo grado) va adeguatamente soppesata. Come sottolineato nella nota del Miur 15 giugno 2010, n. 4089 (Disturbo di deficit di attenzione ed iperattività), che richiama a sua volta la norma sancita dal Decreto Ministeriale 16 gennaio 2009 n° 5 che riguarda Criteri e modalità applicative della valutazione del comportamento, è auspicabile che i docenti considerino i fattori presenti nella diagnosi ADHD prima di procedere alla valutazione dell’alunno/a.

Nella nota n. 4089/2010, si sottolinea l'importanza e delicatezza della valutazione periodica del comportamento dell'alunno (voto di condotta). Occorre, infatti, tenere conto del fatto che il comportamento di un alunno con ADHD è condizionato fortemente dalla presenza dei sintomi del disturbo. Sarebbe pertanto auspicabile che la valutazione delle sue azioni fosse fatta evitando di attribuire valutazioni negative per comportamenti che sono riconducibili a fattori di tipo neurobiologico.

3. La valutazione e la partecipazione alle prove INVALSI degli alunni con BES nel primo ciclo di istruzione

La circolare ministeriale del 3 giugno 2014, n. 3587 (Esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione) detta alcune prescrizioni riguardanti gli alunni con disabilità, con DSA e con BES.

Per questi ultimi, la Commissione d’esame dovrà essere edotta dai consigli di classe di tutte le informazioni utili allo svolgimento dell’esame medesimo. Pertanto, esaminati gli elementi forniti dai Consigli di classe, essa terrà in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive, relative ai candidati con Bisogni Educativi Speciali, per i quali sia stato redatto apposito Piano Didattico Personalizzato. In particolare, dovranno essere evidenziate le modalità didattiche e le forme di valutazione individuate nel PDP, che dovrà essere trasmesso alla Commissione d’esame.

In ogni caso, viene precisato nella circolare, che per siffatte tipologie, non è prevista alcuna misura dispensativa sia scritta che orale. È possibile, invece, prevedere l’utilizzo di strumenti compensativi, in analogia a quanto previsto per gli alunni con DSA.

Quest’ultima precisazione sarà confermata in tutti i dispositivi normativi emanati negli anni successivi.

In una nota del Miur 9 maggio 2018, n. 7885 (Esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione. Chiarimenti), vengono fornite istruzioni circa lo svolgimento della prova scritta riguardante le lingue straniere. A questo proposito si sottolinea quanto segue:

La prova scritta relativa alle competenze di lingua straniera è articolata in due sezioni distinte, rispettivamente per l'inglese e per la seconda lingua comunitaria, salvo nei casi in cui le ore della seconda lingua comunitaria siano utilizzate per il potenziamento dell’inglese o della lingua italiana. Trattandosi di una unica prova, ancorché predisposta per le due lingue, essa deve essere svolta in un’unica giornata.

Inoltre vengono fornite specifiche indicazioni circa i compiti che la commissione d’esame, in sede plenaria, è tenuta a espletare: scegliere la tipologia delle prove per la prima e la seconda lingua comunitaria; definire i criteri di valutazione delle due sezioni della prova ai fini della formulazione di un voto unico espresso in decimi e le modalità organizzative per lo svolgimento della prova, ferma restando la previsione di eventuali tempi aggiuntivi e strumenti compensativi già individuati per gli alunni disabili e con disturbi specifici dell’apprendimento; stabilire la durata oraria della prova, che non deve superare le quattro ore.

Si raccomanda, poi, che il voto espresso non sia frutto di una mera operazione aritmetica, ma che consideri nel complesso lo svolgimento della prova in relazione ai livelli attesi di apprendimento.

Relativamente agli alunni con BES, nella nota n. 7885/2018 viene operata la distinzione tra coloro che sono in possesso di una certificazione e coloro, invece, che vengono individuati autonomamente dai consigli di classe, in accordo con la famiglia, ma privi di qualsiasi diagnosi clinica. Per questi ultimi vengono negate sia le misure dispensative, sia l’impiego degli strumenti compensativi che, al contrario, possono essere utilizzati per le alunne e gli alunni in possesso di un PDP, a seguito di una regolare certificazione. 

Il non utilizzo di strumenti compensativi per gli alunni con BES non certificati era stato anticipato anche nella nota del Miur 20 febbraio 2018, n. 2936 (Esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione. Indicazioni per lo svolgimento delle prove Invalsi), relativa alla partecipazione degli studenti alle prove standardizzate dell’Invalsi (italiano, matematica e inglese), computer based, da tenersi entro il mese di aprile.

Tuttavia, si precisa incidentalmente nella nota, per gli alunni con Bisogni Educativi Speciali

la commissione, in sede di riunione preliminare, nell’individuare gli eventuali strumenti che le alunne e gli alunni possono utilizzare per le prove scritte, potrà prevederne l’uso per tutti gli alunni se funzionali allo svolgimento della prova assegnata.

Nella nota viene ripreso il tema della valutazione degli alunni con disabilità certificata, ai sensi della legge 104/1992, o con disturbi specifici di apprendimento, certificati in base alla legge 170/2010, per i quali possono essere previsti eventuali strumenti compensativi o misure dispensative, in base a quanto disposto dall’articolo 11 del decreto legislativo n. 62/2017, in coerenza con quanto previsto dal PEI o dal PDP.

Viene ribadito altresì che, con riferimento all’art. 11 del d.lgs. 62/2017, per le alunne e gli alunni con disabilità il consiglio di classe può prevedere adeguati strumenti compensativi e/o misure dispensative per lo svolgimento delle prove INVALSI e, ove non fossero sufficienti, predisporre specifici adattamenti della prova – che sarà esclusivamente cartacea – ovvero l'esonero da una o più prove.

Per le alunne e gli alunni con DSA sono previsti strumenti compensativi, se indicati nel PDP e abitualmente utilizzati nel percorso scolastico. Se la certificazione di disturbo specifico di apprendimento prevede la dispensa dalla prova scritta relativa alle lingue straniere, ovvero l’esonero dall’insegnamento delle lingue straniere, la prova INVALSI di lingua inglese non sarà sostenuta.

Invece, il decreto legislativo 62/2017 nulla dice relativamente alle alunne e agli alunni con Bisogni Educativi Speciali, anche se nella nota annuale predisposta dall’Invalsi si ribadisce che i BES non certificati svolgono le prove INVALSI computer based, senza l’utilizzo di strumenti compensativi.

Si precisa, inoltre, che gli alunni dispensati da una o più prove INVALSI, o che sostengono una o più prove differenziate in forma cartacea, secondo quanto previsto dal consiglio di classe, non riceveranno la relativa certificazione delle competenze da parte di INVALSI. In tali casi, sarà cura del consiglio di classe integrare, in sede di scrutinio finale, la certificazione delle competenze rilasciata dalla scuola con puntuali elementi di informazione.

Il quadro delineato nell’informativa ministeriale n. 2936/2018 è stato costantemente confermato anche nelle norme successive. A questo proposito, nella Nota dell’Invalsi relativa allo svolgimento delle prove nell’anno scolastico 2023-2024, si ribadisce che gli alunni con BES, in possesso di un PDP, possono utilizzare strumenti compensativi, ma non misure dispensative.

Nella nota del Miur 17 maggio 2018, n. 1143 (Autonomia scolastica quale fondamento per il successo formativo di ognuno), vengono ribaditi i principi che dalla Direttiva 27 dicembre 2012 in poi hanno caratterizzato la materia relativa agli alunni con BES. La finalità dei provvedimenti concernenti tale tipologia di studenti, si afferma, è quella di assicurare loro il diritto alla personalizzazione del percorso formativo. L’insegnante

è chiamato a svolgere la propria professione affinché tutti e ciascuno raggiungano il successo formativo nella ricchezza e opportunità di essere parte di un gruppo classe che fruisce del valore aggiunto di un ambiente di apprendimento e di socializzazione educativa. Guardare la classe solo come un insieme di singole persone tralascia la dimensione sociale e l'acquisizione di importanti competenze relazionali strettamente connesse con la sfera dell'autonomia, della responsabilità e della capacità di saper "prendersi cura".

4. La valutazione degli alunni con BES nel secondo ciclo di istruzione

Le norme relative al primo ciclo di istruzione sono riprese quasi integralmente anche per quanto concerne il secondo ciclo. Va precisato, in ogni caso, che anche per la valutazione e lo svolgimento dell’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione, nel decreto legislativo 62/2017 non si fa menzione delle studentesse e degli studenti con BES.

Il tema viene ripreso, però, nelle annuali ordinanze relative allo svolgimento dell’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione.

In una delle prime ordinanze, dopo la riforma dell’esame contenuta nel d.Lgs. 62/2017, (O.M. 11 marzo 2019, n. 205, Istruzioni e modalità organizzative e operative per lo svolgimento dell’esame di Stato conclusivo dell’istruzione secondaria di secondo grado nelle scuole statali e paritarie – anno scolastico 2018-2019), in relazione agli studenti con BES, si afferma quanto segue:

per altre situazioni di studenti con bisogni educativi speciali (BES), formalmente individuati dal consiglio di classe, devono essere fomite dal medesimo organo utili e opportune indicazioni per consentire a tali allievi di sostenere adeguatamente l'esame di Stato. La commissione d'esame, esaminati gli elementi forniti dal consiglio di classe, tiene in debita considerazione le specifiche situazioni soggettive, relative ai candidati con BES. A tal fine il consiglio di classe trasmette alla commissione d'esame l'eventuale piano didattico personalizzato. In ogni caso, per tali studenti non è prevista alcuna misura dispensativa in sede di esame, mentre è possibile concedere strumenti compensativi, in analogia a quanto previsto per studenti con DSA, solo nel caso in cui siano già stati impiegati per le verifiche in corso d'anno o comunque siano ritenuti funzionali allo svolgimento dell'esame senza che venga pregiudicata la validità delle prove scritte. Gli studenti che sostengono con esito positivo l'esame di Stato alle condizioni cui al presente comma conseguono il diploma conclusivo del secondo ciclo di istruzione.

Analoga affermazione è contenuta nell’O.M. del 22 marzo 2024, n. 55 (Esame di Stato conclusivo del secondo ciclo d’istruzione per l’a.s. 2023/2024), nella quale si riprende quanto affermato nelle precedenti ordinanze. Per le situazioni di studenti con altri bisogni educativi speciali, formalmente individuate dal consiglio di classe,

il consiglio di classe trasmette alla commissione/classe l’eventuale piano didattico personalizzato. Per tali studenti non è prevista alcuna misura dispensativa in sede di esame, mentre è assicurato l’utilizzo degli strumenti compensativi già previsti per le verifiche in corso d’anno o che comunque siano ritenuti funzionali allo svolgimento dell’esame senza che venga pregiudicata la validità delle prove scritte. Gli studenti che sostengono con esito positivo l’esame di Stato alle condizioni cui al presente comma conseguono il diploma conclusivo del secondo ciclo di istruzione.

Dunque, per le studentesse e gli studenti con BES, formalmente individuati dal consiglio di classe e, quindi, con PDP a seguito di regolare certificazione, è previsto l’uso di strumenti compensativi, ma non delle misure dispensative.

Si ricorda che, nella Nota tecnica dell’INVALSI relativa allo svolgimento delle prove nazionali di italiano, matematica e inglese degli alunni con BES, viene operata la distinzione tra gli studenti che sono in possesso del Piano Didattico Personalizzato e coloro per i quali sono state predisposte misure personalizzate ma non un vero e proprio PDP.

Per i primi non sono previste prove dispensative, ma

possono essere utilizzati strumenti compensativi, qualora sia stato redatto un PDP che ne preveda l’utilizzo, se funzionali allo svolgimento delle prove medesime. Per tutti gli altri alunni con BES, non in possesso di un PDP, non sono previsti strumenti compensativi.

Queste disposizioni valgono per alunni e studenti delle classi coinvolte, dalla scuola primaria alla secondaria di secondo grado.

5. La valutazione personalizzata

L’elemento che accomuna l’educazione degli alunni con disabilità, DSA e BES è la personalizzazione degli interventi didattici. Questo basilare principio viene richiamato nella nota del Miur 3 aprile 2019, n. 562 (Alunni con bisogni educativi speciali. Chiarimenti) nella quale si afferma che l’intero quadro normativo (legge 104/1992; legge 170/2010; Direttiva del 27 dicembre 2012)

mirano ad assicurare agli alunni con bisogni educativi speciali, bisogni che possono assumere anche forma transitoria, gli adeguati strumenti di supporto indispensabili per la loro partecipazione alla vita scolastica su un piano di uguaglianza con gli altri compagni e compagne di classe. In questa prospettiva, il Piano Didattico Personalizzato non deve essere un semplice adempimento burocratico, ma uno strumento condiviso per consentire ad un alunno di dialogare e di cooperare con il gruppo classe, nell' ottica della progettazione inclusiva di classe, della corresponsabilità educativa di ogni componente scolastica, per il raggiungimento degli obiettivi previsti secondo il ritmo e lo stile di apprendimento di ciascuno. Esistono, infatti, caratteristiche personali, collegate all'esperienza vissuta e a condizioni di salute, anche di natura transitoria, che necessitano di tutela, di "cura educativa", che si esplicita nel Piano Didattico Personalizzato. Esso ha, pertanto, la funzione, anche con riferimento agli alunni con bisogni educativi speciali, di dichiarare e di sistematizzare gli interventi educativi e didattici, di coinvolgere attivamente la famiglia, nonché di garantire la verifica e il monitoraggio degli obiettivi raggiunti.

In un’ottica di «cura educativa», come sottolineato nelle Linee guida del 2011, relative al diritto allo studio degli alunni con DSA, la didattica personalizzata

calibra l’offerta didattica, e le modalità relazionali, sulla specificità ed unicità a livello personale dei bisogni educativi che caratterizzano gli alunni della classe, considerando le differenze individuali soprattutto sotto il profilo qualitativo.

Si può così favorire l’integrazione e il rafforzamento dei punti di forza di ciascun alunno, lo sviluppo consapevole delle sue «preferenze» e del suo talento.

A una didattica personalizzata deve corrispondere una valutazione formativa altrettanto personalizzata. I dispositivi di tale scelta sono il PEI (Piano Educativo Personalizzato) e il PDP, che devono essere progettati collegialmente dagli insegnanti della classe nella fase iniziale dei vari percorsi di apprendimento. Infatti, come precedentemente sottolineato, nelle Indicazioni nazionali per il curricolo (scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione) del novembre 2012, si afferma che la valutazione «precede, accompagna e segue i percorsi curricolari».

Principi e criteri, sottolineati nella citazione di cui sopra, vengono ulteriormente esplicitati, ancora una volta nelle Indicazioni – 2012, nella parte relativa all’organizzazione del curricolo per la scuola dell’infanzia, nella quale si afferma che la valutazione delle bambine e dei bambini risponde

ad una funzione di carattere formativo, che riconosce, accompagna, descrive e documenta i processi di crescita, evita di classificare e giudicare le prestazioni dei bambini, perchè è orientata a esplorare e incoraggiare lo sviluppo di tutte le loro potenzialità.

La valutazione personalizzata risponde a un criterio individuale e privilegia uno sguardo di medio-lungo periodo. Meno prigioniera del presente e più orientata al futuro. L’obiettivo, infatti, è quello di accrescere la consapevolezza dell’alunno e dello studente e renderlo responsabile del proprio apprendimento.

Tale principio è sostenuto da molti esponenti della psicologia mondiale. Ad esempio, lo psicologo statunitense David McClelland (1917-1998), nella sua teoria pedagogico-educativa, ha individuato il bisogno di realizzazione (need for achievement), ovvero la necessità di portare a termine un’attività con successo, ipotizzando che la motivazione e la prestazione variano in base alla forza individuale della capacità di autorealizzazione.

Analogo principio troviamo affermato anche nell’art. 1 (comma 1) del D.lgs. 62/2017, in cui si afferma che «la valutazione promuove l’autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni delle conoscenze, abilità e competenze».

ll compito peculiare della valutazione personalizzata è scoprire ogni possibilità di eccellenza presente in ciascun alunno. La prospettiva è quella di una scuola che non persegue la finalità di classificare gli studenti, ma di valorizzare i potenziali di ciascuno, promuovendo spazi di autonomia, capacità di orientamento e responsabilità delle scelte.

Siamo, in buona sostanza, nel campo della valutazione formativa tesa a privilegiare lo sviluppo di processi e di atteggiamenti sul lungo periodo (orientata al divenire) piuttosto che su prestazioni nell’immediato.

La finalità è rendere gli studenti più consapevoli del loro apprendimento e stimolare la ricerca di nuovi strumenti capaci di sostenere e confermare aspettative, desideri, attese. 

La valutazione personalizzata assume la sua veste migliore quando coincide non con forme di accertamento «oggettivo» (valutazione dell’apprendimento: test, verifiche, prove, ecc.), ma con strategie ricadenti in una valutazione per l’apprendimento, che fornisce informazioni da utilizzare come feedback per modificare le attività dell’apprendimento medesimo. Essa focalizza l’attenzione su perché e come si impara, riconoscendo i risultati conseguiti dagli alunni in rapporto alle loro potenzialità. 

Bibliografia di riferimento

Ianes D., Cramerotti S. e Macchia V. (2019), I bambini in difficoltà: bisogni educativi speciali e progettazione individualizzata. In D. Ianes, S. ramerotti S., D. Rossi, N. Capaldo e L. Rondanini (a cura di), Insegnare domani nella scuola dell’infanzia, Trento, Erickson.