La scrittura autobiografica a scuola: maneggiare con molta cura

La scrittura autobiografica a scuola: maneggiare con molta cura

Molteplici sono le modalità attraverso le quali è possibile dare spazio alla scrittura autobiografica a scuola. Trasversali ad esse, però, vi sono alcune accortezze che non si possono trascurare. La scrittura autobiografia necessita, infatti, di massima attenzione e rispetto. Essa è sempre pratica intima, privata e personale, anche quando ad essere oggetto della scrittura stessa è il processo di apprendimento.

Ciò significa, per essere più chiari, che non può esservi giusto o sbagliato, non può esservi giudizio esterno a sancire la correttezza o meno di quanto in esse scritto: soltanto chi scrive è, infatti, autorizzato a esprimere un parere a riguardo.

Non solo: la scrittura autobiografia richiede un rispetto tale che soltanto chi ne è autore può decidere se condividere il suo testo ad altro sguardo oppure no. Detto in altri termini: è del tutto contrario alla logica stessa della scrittura autobiografica, per come la stiamo qui intendendo, imporre la consegna al docente di quanto si è scritto. La scrittura autobiografica non è, dunque, mai materiale che possa tradursi in un tema per la valutazione delle competenze di scrittura, perché è assai complicato, quando il contenuto dello scritto è un pezzo della propria storia, riuscire a ricevere il giudizio sul testo e a recepirlo come «soltanto relativo alla forma», senza sentire intimamente che ad essere giudicato è il contenuto e, dunque, il suo autore.

All’interno del contesto scolastico, allora, dove forte è l’urgenza valutativa, pare impossibile pensare di introdurre una pratica che richiede, invece, l’assenza di giudizio e persino l’assenza dell’obbligo alla condivisione. Allora perché scriverne, si potrebbe chiedere.

Proprio qui, invece, si cela il valore educativo di questa pratica, che si rivela una compagna preziosa nel percorso di crescita.

Proviamo allora a sintetizzare alcune regole che possono aiutare a fare spazio alla scrittura autobiografica a scuola e vediamo in che modo essa si propone così come strategia formativa.

  • Scrivere di sé: ognuno ha il suo modo. La scrittura autobiografica non è una pratica neutra: essa impone un momento di sosta, un ritrovarsi che fa fatica ad essere attivato a comando. Piuttosto, è importante tradurlo in una routine, magari progettando un rituale che indichi l’ingresso in una dimensione differente: una musica di sottofondo, o la possibilità di ascoltare la propria musica in cuffia, ma anche la possibilità di muoversi nello spazio, di trovare la propria posizione comoda, di alzarsi se ci si sente affaticati per respirare fuori dalla finestra. Perché scrivere di sé smuove sempre il proprio sentire, agita e rimescola pezzetti di sé, anche quando la consegna appare banale: non si può mai sapere quali dimensioni di sé arriveranno a galla in quel lavoro di recupero. È, allora, il contesto a creare la possibilità di scrivere, e la predisposizione del contesto è una responsabilità degli adulti in primo luogo.
  • Le regole del rispetto, di sé e degli altri. La scrittura autobiografica, inoltre, è sempre una scrittura privata e intima, quindi da rispettare. Non può esservi obbligo di condivisione, oppure la condivisione deve poter essere parziale; racconto come è stato scrivere, condivido una sola parola, un frammento, resto in silenzio: ognuna di queste possibilità deve esser accolta senza giudizio e rispettata. In questo modo, alunne e alunni stanno imparando che esiste uno spazio privato anche dentro la classe, anche a scuola, dove nessuno è autorizzato a entrare senza il loro permesso. Stanno imparando a legittimarsi ad accogliere ciò che sentono e ciò che pensano, e stanno imparando che gli adulti che li accompagnano nel percorso di crescita devono e vogliono rispettarli, e così si può costruire uno spazio autentico di ascolto reciproco.
  • La scrittura autobiografica richiede fiducia e la restituisce. La scrittura autobiografica richiede un contesto di fiducia e può aiutare a costruirlo. La scrittura necessita di un momento di sosta dalla frenesia e si costruisce un proprio spazio e tempo di pausa dal vortice dell’esperienza. È per questo che, prima di introdurre una pratica autobiografica, è compito dei docenti chiedersi se vi sia il giusto clima di ascolto, rispetto reciproco e di fiducia che consente a ciascuno di prendersi un proprio momento di sosta. Allo stesso tempo, imparare a sostare nell’ascolto e nel silenzio che lo scrivere di sé comporta è una testimonianza importante che di quell’adulto ci si può fidare.
  • E se ci scelgono e condividono, non possiamo chiudere la porta. E infine, ciò che spesso spaventa gli insegnanti nell’utilizzo delle pratiche autobiografiche, è la paura che nel raccontare possano emergere contenuti difficili, scomodi, verità svelate. Su questo è importante essere chiari: sì, a volte capita. Ma, se capita, è perché quel docente è stato in grado di creare una relazione significativa con quell’alunno o quella alunna che fra tutti gli adulti intorno ha scelto proprio quel docente per gridare la sua richiesta di aiuto. Se quel docente è stato scelto, è perché è stato un buon docente. E a questo punto sì, deve affrontare la cosa, capire come accompagnare nel modo più corretto il suo alunno o la sua alunna. Perché è questo che la scuola è chiamata a fare, non solo insegnare ma anche educare e tutelare: prendersi cura dei suoi alunni e delle sue alunne, soprattutto di coloro i quali non hanno altrimenti chi può farlo per loro.

In questo, allora, la scrittura e le pratiche autobiografiche non devono essere guardate come pericolose minacce ma come opportunità di prendersi cura di sé, degli altri, del mondo.